DOPO L’INGANNO DOVEVAMO ASPETTARCI LA BEFFA CHE PUNTUAMENTE È ARRIVATA. ORA MARIO LOZANO SI “PENTE” E “SOFFRE” PER AVERE “UCCISO” SUO MALGRADO UN “EROE” COME CALIPARI, UN “SEMIDIO” CHE HA SEMPRE SOGNATO DI ESSERE, DICE.
E NON PAGO DI UNA SIMILE E GROTTESCA DICHIARAZIONE, RINCARA LA DOSE ACCUSANDO GIULIANA SGRENA, PROPRIO L’OSTAGGIO, DELLA RESPONSABILITÀ DEL SUO ATTO CRIMINALE.
SE LOZANO È VERAMENTE PENTITO È SICURO DI CIÒ CHE DICE, DOVREBBE VENIRE AL PROCESSO E NON NASCONDERSI DIETRO LA LEGGE AMERICANA CHE “PROTEGGE” I PROPRI MILITARI DALLA GIUSTIZIA ITALIANA COME DI ALTRI PAESI ALLEATI, MENTRE NON È VERO L’INVERSO.
INVECE LOZANO PREFERISCE “SPARARE” LE SUE ACCUSE DA UN “POSTO SICURO” COME HA FATTO CON LE "PALLOTTOLE" A CALIPARI VIOLANDO LE SUE STESSE “REGOLE D’INGAGGIO” SENZA CORRERE ALCUN RISCHIO DI DOVERNE “RISPONDERE” NE ALLORA E NE ADESSO CON BUONA PACE DI CHI CREDE AL SUO IMPROBABILE PENTIMENTO!
Raffaele B.
MAGAZINE.EXCITE.IT/NEWS
Mario Lozano: "Giuliana Sgrena è colpevole"
10:04 MER 09 maggio 2007
Mario Lozano, ovvero il militare americano che sparò il colpo che uccise Nicola Calipari.
Il Tg5 per la prima volta mostra in video il volto e la voce del marine incriminato per la morte del nostro agente in Iraq.
La breve intervista è stata fatta in un centralissimo studio del suo avvocato, il celebre penalista Ed Hayes.
"Capisco benissimo che l'Italia sia arrabbiata con me", ha detto il militare 37enne. "Ho ucciso uno dei vostri eroi. L'uomo, o meglio il semidio che ho sempre sognato di essere".
Lozano si è presentato con delle foto sotto braccio, immagini tratte da un video (guarda la sequenza) che dimostrerebbero senza alcun dubbio che "l'auto era vicinissima al check-point quando ho sparato una dozzina di colpi in tutto. Non per uccidere ma per difendermi".
"Due giorni prima della tragedia", ha spiegato il marine, "due miei amici erano saltati in aria al checkpoint per un'auto bomba.
Ma il nostro, quel terribile 4 marzo 2005, era un blocking point, non un checkpoint. Avevamo ricevuto l'ordine di non far passare alcun veicolo perché l'ambasciatore John Negroponte era in zona. E, infatti, appena hanno avvistato il nostro faro di segnalazione, sinonimo inequivocabile di stop, una trentina di auto avevano già fatto dietrofront. Tutte, tranne quella dove viaggiavano Sgrena, Calipari e Carpani".
Secondo un'inchiesta italiana l'auto viaggiava a velocità ridotta e stava addirittura rallentando al momento degli spari. "L'auto viaggiava intorno agli 80 chilometri orari. Come mostrano le mie foto, ho sparato quando era a un centinaio di metri e, a differenza delle altre auto visibili all'orizzonte, non si era fermata neppure dopo i miei colpi d'avvertimento in aria. Alla fine l'autista ha sventagliato il telefonino. Avrei dovuto sparare ancora, come ordina il protocollo, visto che i cellulari in Iraq sono spesso detonatori di autobomba. Invece ho preferito rischiare la mia vita".
Il militare non risparmia critiche alla Sgrena: "Ha un'agenda politica. Mi sta usando come un capro espiatorio per il suo anti-americanismo. Vuole colpire gli Usa ma se la prende con un povero diavolo, che ha solo ubbidito agli ordini. Bella comunista! Ha distrutto il mio matrimonio e la mia carriera e oggi le mie due figlie vivono nel terrore che finirò in carcere. La colpa di tutto ciò è della Sgrena che ha avuto la malaugurata idea di andare in un Paese off limits ai giornalisti, costringendo un eroe come Calipari a morire per liberarla. Oggi lui è in paradiso, io sono il mostro di un'intera nazione e lei, che è la causa di tutto, è viva, vegeta e fa soldi raccontando bugie".
Come si vive dopo un episodio del genere? "Malissimo. Il volto di Calipari mi perseguiterà per il resto della mia vita. Aveva un'espressione seria ma piena di serenità e pace, come quella di un guerriero che sa di essere morto per una causa in cui credeva. Ho letto tutto ciò che ho potuto trovare su di lui e ci sono pochi eroi che stimo tanto. Lo sogno la notte.
Mi piacerebbe incontrare la moglie, se ciò può aiutarla ad alleviare il dolore. Ho visto le sue foto: piange in tutte. Mi spezza il cuore".
E NON PAGO DI UNA SIMILE E GROTTESCA DICHIARAZIONE, RINCARA LA DOSE ACCUSANDO GIULIANA SGRENA, PROPRIO L’OSTAGGIO, DELLA RESPONSABILITÀ DEL SUO ATTO CRIMINALE.
SE LOZANO È VERAMENTE PENTITO È SICURO DI CIÒ CHE DICE, DOVREBBE VENIRE AL PROCESSO E NON NASCONDERSI DIETRO LA LEGGE AMERICANA CHE “PROTEGGE” I PROPRI MILITARI DALLA GIUSTIZIA ITALIANA COME DI ALTRI PAESI ALLEATI, MENTRE NON È VERO L’INVERSO.
INVECE LOZANO PREFERISCE “SPARARE” LE SUE ACCUSE DA UN “POSTO SICURO” COME HA FATTO CON LE "PALLOTTOLE" A CALIPARI VIOLANDO LE SUE STESSE “REGOLE D’INGAGGIO” SENZA CORRERE ALCUN RISCHIO DI DOVERNE “RISPONDERE” NE ALLORA E NE ADESSO CON BUONA PACE DI CHI CREDE AL SUO IMPROBABILE PENTIMENTO!
Raffaele B.
MAGAZINE.EXCITE.IT/NEWS
Mario Lozano: "Giuliana Sgrena è colpevole"
10:04 MER 09 maggio 2007
Mario Lozano, ovvero il militare americano che sparò il colpo che uccise Nicola Calipari.
Il Tg5 per la prima volta mostra in video il volto e la voce del marine incriminato per la morte del nostro agente in Iraq.
La breve intervista è stata fatta in un centralissimo studio del suo avvocato, il celebre penalista Ed Hayes.
"Capisco benissimo che l'Italia sia arrabbiata con me", ha detto il militare 37enne. "Ho ucciso uno dei vostri eroi. L'uomo, o meglio il semidio che ho sempre sognato di essere".
Lozano si è presentato con delle foto sotto braccio, immagini tratte da un video (guarda la sequenza) che dimostrerebbero senza alcun dubbio che "l'auto era vicinissima al check-point quando ho sparato una dozzina di colpi in tutto. Non per uccidere ma per difendermi".
"Due giorni prima della tragedia", ha spiegato il marine, "due miei amici erano saltati in aria al checkpoint per un'auto bomba.
Ma il nostro, quel terribile 4 marzo 2005, era un blocking point, non un checkpoint. Avevamo ricevuto l'ordine di non far passare alcun veicolo perché l'ambasciatore John Negroponte era in zona. E, infatti, appena hanno avvistato il nostro faro di segnalazione, sinonimo inequivocabile di stop, una trentina di auto avevano già fatto dietrofront. Tutte, tranne quella dove viaggiavano Sgrena, Calipari e Carpani".
Secondo un'inchiesta italiana l'auto viaggiava a velocità ridotta e stava addirittura rallentando al momento degli spari. "L'auto viaggiava intorno agli 80 chilometri orari. Come mostrano le mie foto, ho sparato quando era a un centinaio di metri e, a differenza delle altre auto visibili all'orizzonte, non si era fermata neppure dopo i miei colpi d'avvertimento in aria. Alla fine l'autista ha sventagliato il telefonino. Avrei dovuto sparare ancora, come ordina il protocollo, visto che i cellulari in Iraq sono spesso detonatori di autobomba. Invece ho preferito rischiare la mia vita".
Il militare non risparmia critiche alla Sgrena: "Ha un'agenda politica. Mi sta usando come un capro espiatorio per il suo anti-americanismo. Vuole colpire gli Usa ma se la prende con un povero diavolo, che ha solo ubbidito agli ordini. Bella comunista! Ha distrutto il mio matrimonio e la mia carriera e oggi le mie due figlie vivono nel terrore che finirò in carcere. La colpa di tutto ciò è della Sgrena che ha avuto la malaugurata idea di andare in un Paese off limits ai giornalisti, costringendo un eroe come Calipari a morire per liberarla. Oggi lui è in paradiso, io sono il mostro di un'intera nazione e lei, che è la causa di tutto, è viva, vegeta e fa soldi raccontando bugie".
Come si vive dopo un episodio del genere? "Malissimo. Il volto di Calipari mi perseguiterà per il resto della mia vita. Aveva un'espressione seria ma piena di serenità e pace, come quella di un guerriero che sa di essere morto per una causa in cui credeva. Ho letto tutto ciò che ho potuto trovare su di lui e ci sono pochi eroi che stimo tanto. Lo sogno la notte.
Mi piacerebbe incontrare la moglie, se ciò può aiutarla ad alleviare il dolore. Ho visto le sue foto: piange in tutte. Mi spezza il cuore".
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