martedì, ottobre 30, 2007

IL VATICANO E L'INGERENZA SUI FARMACISTI

CONTINUA L'AZIONE D'INGERENZA DEL VATICANO. QUESTA VOLTA TOCCA AI FARMACISTI.

IL PAPA ARRIVA AD INVITARE QUESTI A "RIFIUTARSI" DI FORNIRE LE MEDICINE RITENUTE "IMMORALI" DALLA CHIESA CATTOLICA AI PAZIENTI CHE LO RICHIEDONO CON LA NECESSARIA PRESCRIZIONE MEDICA.

SECONDO LA CHIESA SAREBBE “GIUSTO” RICONOSCERE ANCHE A COSTORO L'OBIEZIONE DI COSCIENZA RICONOSCIUTA AI MEDICI.

L'INVITO DELLA CHIESA SI ESERCITA IN MODO EVIDENTE COME STATO SOVRANO DEL VATICANO CHE CHIEDE AI CITTADINI DI UNA ALTRO STATO SOVRANO DI VIOLARE LA LEGGE IN VIGORE PER TRE ORDINI DI MOTIVI:

1. L'INVITO È FATTO AD UNA CATEGORIA DI FEDELI E NON A TUTTI I FEDELI
2. L'INVITO È A COMMETTERE UN ATTO ILLEGALE CONTRO LA LEGGE ATTUALE CHE LO VIETA E QUINDI CONTRO LO STATO ITALIANO
3. L'INVITO RAPPRESENTA ANCHE UNA PROPOSTA DI MODIFICA DI QUELLA LEGGE ARROGANDOSI UN DIRITTO POLITICO CHE NON PUÒ AVERE
.

QUINDI NON PUÒ AGIRE COME "CHIESA" PERCHÈ ESSA PARLEREBBE A TUTTI I FEDELI SENZA DISTINZIONI DI CATEGORIE. NON ISTIGHEREBBE ALCUNI FEDELI A VIOLARE LA LEGGE ED INFINE NON SI FAREBBE PROMOTRICE DI UNA PROPOSTA DI LEGGE TRASFORMANDOSI IN UN SOGGETTO POLITICO.

PERCIÒ È CHIARO CHE NON PUÒ AGIRE COME CHIESA MA COME STATO SOVRANO CHE “INTERFERISCE” CON UN ALTRO STATO, PURE SOVRANO.

A TALE PROPOSITO SUGGERISCO LA LETTURA DELL'ARTICOLO DI MICHELE AINIS SUL LASTAMPA DAL TITOLO "Libera Chiesa in debole Stato". L'ARTICOLISTA FA UNA RICOGNIZIONE STORICA DELLA NASCITA DEGLI STATI NAZIONALI A CAUSA DELLA SEPARAZIONE DEL POTERE POLITICO DA QUELLO RELIGIOSO CON LA LOTTA DELLE INVESTITURE (1057-1122). IN PRATICA SENZA L’EMANCIPAZIONE DALLA RELIGIONE NON POTREBBERO ESISTERE GLI STATI NAZIONALI.
INOLTRE LA CHIESA CATTOLICA È L’UNICA RELIGIONE IL CUI VERTICE, IL PAPA, È POSTO A CAPO DI UNO STATO.
Raffaele B.

RAINEWS24
Benedetto XVI ai farmacisti: obiezione di coscienza su aborto e eutanasia.
Federfarma: non e' attuabile
Citta del Vaticano 29 ottobre 2007

L'obiezione di coscienza dei farmacisti è un "diritto riconosciuto" quando si tratti di fornire medicine "che abbiano scopi chiaramente immorali, come per esempio l'aborto e l'eutanasia". Lo ricorda Benedetto XVI, chiedendo che i farmacisti, importanti "intermediari tra i medici e i pazienti" "facciano conoscere le implicazioni etiche dell'uso di alcuni farmaci".

"In questo campo - afferma il Papa - non è possibile anestetizzare le coscienze, per esempio circa gli effetti di molecole che hanno lo scopo di evitare l'annidamento di un embrione o di cancellare la vita di una persona".
Papa Ratzinger lo ha detto nell'udienza concessa ai partecipanti al congresso internazionale dei farmacisti cattolici, rimarcando che "il farmacista deve invitare ciascuno a un sussulto di umanita', perche' ogni essere sia protetto dalla concepimento fino alla morte naturale e perche' i farmaci svolgano davvero il proprio ruolo terapeutico".

Nel suo discorso, Papa Ratzinger ha esortato a combattere la mentalita' che "anestetizza le coscienze per esempio sugli effetti delle molecole che hanno come scopo quello di non permettere l'annidamento (e lo sviluppo) dell'embrione o di abbreviare la vita di una persona". "Il farmacista - ha sottolineato - deve invitare ciascuno a un sussulto di umanita' perche' la vita umana sia difesa dal concepimento alla morte naturale".

Rivolgendosi ai partecipanti al Congresso Internazionale dei Farmacisti cattolici, Benedetto XVI ha affrontato anche il problema del progresso della medicina, che porta grandi benefici ma talvolta espone i pazienti ai rischi di una incontrollata sperimentazione. "Nessuna persona - ha scandito - puo' essere utilizzata in maniera sconsiderata come un oggetto per realizzare sperimentazioni terapeutiche che devono svilupparsi secondo protocolli rispettosi delle norme etiche fondamentali".

Reazione di Federfarma: obiezione di coscienza non è attuabile
Immediata la risposta del segretario di Federfarma, Franco Caprino. I farmacisti, dice, hanno "l'obbligo di garantire ai cittadini di trovare in farmacia i medicinali prescritti dal medico", così come è previsto dalla legge. "Secondo Caprino, quindi, l'obiezione di coscienza per i farmacisti non è attuabile - conclude - poiché costringerebbe i cittadini ad aprire una vera e proprio caccia alle farmacie dove è possibile reperire il farmaco in questione".

LASTAMPA
Libera Chiesa in debole Stato
Troppe le ingerenze vaticane nella politica italiana
MICHELE AINIS Martedì 30/10/07

Negli ultimi tempi la laicità si è trasformata in un prezzemolo buono per ogni salsa. Ma se tutti sono laici, allora questa parola non significa più nulla: tanto varrebbe sbarazzarsene. È una tentazione irresistibile, davanti alle acrobazie verbali che ci consegna l’esperienza. Nel dibattito pubblico ricorre l’appello verso una «sana» laicità pronunziato da Benedetto XVI e dai suoi predecessori; ma ricorre inoltre, e per esempio, il monito col quale un capo dello Stato (Scalfaro) definisce «sacra» la laicità delle istituzioni, che è un po’ come dichiarare ateo il Padreterno. Insomma abbiamo in circolo pontefici laici e presidenti ieratici. D’altra parte, «laos» era in origine il popolo di Dio; evidentemente stiamo riportando a nudo le radici.

In realtà queste radici hanno alimentato lo sviluppo degli Stati nazionali. Perché lo Stato nasce laico, o altrimenti non sarebbe nato. Nasce quando il potere politico divorzia da quello religioso, attraverso un processo storico che ha origine nella Lotta delle Investiture (1057-1122), trova la sua prima sistemazione teorica nella dottrina dello Stato di Thomas Hobbes, viene poi codificato dalla Costituzione francese del 1791, quando la libertà di fede sancisce la definitiva emancipazione dello Stato rispetto alla cura degli affari religiosi. Come diceva Locke, la salvezza delle anime non ricade fra i compiti dello Stato. Sicché la laicità si risolve in un’indicazione puramente negativa, che vieta alla legge di farsi contaminare da valori religiosi. Evoca il «muro» fra Stato e chiese di cui parlava Jefferson, e ripete in qualche modo il verso di Montale: «codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Questa idea si specchia nell’articolo 7 della Costituzione italiana, che dichiara l’indipendenza dello Stato dalla Chiesa. Al contempo, esso riconosce la sovranità della Chiesa cattolica, e perciò la riconosce come Stato. Uno Stato enclave, ma pur sempre uno Stato, che intrattiene relazioni diplomatiche con 176 Paesi. Insomma il cattolicesimo è l’unica confessione religiosa il cui organo di governo è posto al vertice d’uno Stato sovrano. Ma dal fatto che la Santa Sede sia uno Stato derivano vincoli e divieti. A una garanzia in più (e quale garanzia!) fa da contrappeso un limite in più. Quindi se un monaco buddista o un rabbino ebreo possono ben intervenire sulle vicende legislative della Repubblica italiana, non può farlo il Vaticano. Qui, difatti, non viene in campo la libertà di religione. Non viene in campo una questione di diritto costituzionale, bensì una questione di diritto internazionale. Quando non i parroci, ma il governo stesso della Chiesa attraverso la Cei invita per esempio a disertare un referendum, è come se a pronunziare quell’invito fosse il presidente francese Sarkozy. E la reazione dovrebbe essere affidata ai nostri rappresentanti diplomatici, se vogliamo prendere sul serio l’articolo 7.

D’altronde, che accadrebbe se il premier italiano si scagliasse contro i principi che governano il diritto della Chiesa? Gli argomenti, diciamo così, non mancherebbero. Il diritto canonico non conosce la separazione dei poteri, dato che il Pontefice è al vertice del potere legislativo, esecutivo, giudiziario: una concentrazione che a suo tempo Cavour aveva definito come «il più schifoso despotismo». Non conosce il suffragio universale per la preposizione alle cariche ecclesiastiche. Non conosce la certezza del diritto, sepolta da un sistema di dispense e privilegi. Non conosce la libertà di culto, giacché qualunque offesa alla religione cattolica riveste la natura di reato. Non conosce la regola della maggiore età, dal momento che le leggi ecclesiastiche obbligano tutti i battezzati che abbiano compiuto 7 anni. Non conosce il principio d’eguaglianza fra i sessi, negando il sacerdozio femminile. Ma neppure lo riconosce all’interno del sesso maschile, dato che laici e chierici hanno una differente capacità giuridica, dato che i diritti politici restano in appannaggio ai sacerdoti, e dato infine che questi ultimi sono una casta con proprie norme, sanzioni, tribunali.

In breve, la Chiesa è retta da un ordinamento dove il potere politico coincide con quello religioso, e dove vengono smentite le più elementari regole dello Stato di diritto. Eppure da quel pulpito piovono scomuniche e indirizzi per condizionare la vita pubblica italiana. Basterà rievocare un episodio: il 16 marzo scorso Benedetto XVI ha esortato all’obiezione di coscienza in difesa della vita non solo farmacisti e medici, ma anche i giudici italiani. Sennonché i giudici - afferma la Costituzione - «sono soggetti soltanto alla legge»; l’unica obiezione di coscienza che viene loro consentita è impugnare la legge per incostituzionalità. Se potessero rifiutarsi di rendere giustizia appellandosi ai propri umori e amori personali, verrebbe scardinato non tanto lo Stato di diritto, bensì lo Stato in sé e per sé, l’ordine civile.

Tuttavia le nostre istituzioni hanno risposto, ancora una volta, col silenzio. Un silenzio complice, non soltanto perché la degenerazione d’un regime democratico in regime clericale (diceva Salvemini) avviene gradualmente, e te ne accorgi quando si è già consumata; non soltanto perché altrove i governi reagiscono con una protesta diplomatica, come ha fatto Zapatero nel 2005, dopo la scomunica ecclesiastica dei matrimoni gay; ma infine perché tale atteggiamento implica una cessione di sovranità. Peraltro in molti casi gli interventi della Santa Sede vengono sollecitati proprio da chi ci rappresenta: è accaduto in agosto, quando Prodi ha chiesto l’aiuto della Chiesa per far pagare le tasse ai cittadini, ottenendo una dichiarazione del segretario di Stato vaticano. Appelli come questo rivelano tutta la debolezza della classe politica italiana, ma il loro effetto è legittimare le istituzioni di uno Stato straniero all’esercizio d’un anomalo ruolo di supplenza sulle nostre istituzioni. Che perciò si spogliano della propria laicità, e insieme della propria sovranità.

lunedì, ottobre 22, 2007

IRAQ - SI ALLARGA IL CONFLITTO CON LA TURCHIA

STA AVVENENDO CIÒ CHE SI ERA SEMPRE PAVENTATO! CON L'INVASIONE E DESTABILIZZAZIONE DELL'IRAQ, L'AREA È DIVENTATA VULNERABILE AD ATTACCHI ED APPETITI DI PAESI CONFINANTI TRA I QUALI L'IRAN AD EST E LA TURCHIA AL NORD.

PARADOSSALMENTE IL PERICOLO MAGGIORE NON POTEVA CHE VENIRE PROPRIO DALLA TURCHIA A CAUSA DEL PROBLEMA CON I CURDI. LA FORMAZIONE CURDA DEL PKK LOTTA DA DIVERSI LUSTRI PER UN KURDISTAN INDIPENDENTE CONTRO LA TURCHIA. QUESTO SCONTRO SI TRASFERISCE ORA NEL NORD DELL'IRAQ PERCHÈ QUI I CURDI IRACHENI HANNO COSTITUITO IL LORO TERRITORIO CON UN LORO ESERCITO E PERFINO IL CAPO DEL GOVERNO IRACHENO A BAGHDAD È CURDO: TALABANI.

COSTORO NON SONO AFFATTO DISPONIBILI A CUOR LEGGERO A COMBATTERE I LORO FRATELLI DEL PKK PER ACQUIETARE GLI ODIATI TURCHI.

LA TURCHIA NON PUÒ NON FAR NULLA SENZA SUSCITARE LA SOLLEVAZIONE DEL SUO POPOLO. SARÀ QUINDI INEVITABILE CHE INVADA IL TERRITORIO IRACHENO PROVOCANDO DI CONSEGUENZA UNA NUOVA GUERRA CHE COMPLICHERÀ LA SITUAZONE GIÀ PERICOLOSA NELL'AREA.

LA SPERANZA È ULTIMA A MORIRE E PER QUESTO SPERIAMO CHE POSSANO ESSERE FERMATI PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI.
Raffaele B.

RAINEWS24
Veicoli militari turchi diretti verso il confine con l'Iraq
Ankara 22 ottobre 2007

Decine di veicoli militari turchi si stanno dirigendo verso il confine con l'Iraq. Secondo quanto riferito da un reporter dell'agenzia stampa 'Associated Press' si tratta di una cinquantina di veicoli, carichi di soldati e di armi, provenienti dalla citta' di Sirnak (sud-est dell'Anatolia) e diretti verso Uludere, al confine iracheno.

Non e' chiaro se i convogli siano stati inviati a sostegno delle truppe impegnate nella difesa degli attacchi dei ribelli curdi sul suolo turco, oppure se Ankara si stia preparando ad un possibile intervento militare oltre confine, in territorio iracheno. Decine di migliaia di soldati turchi si trovano già nella zona.

Quattro giorni fa il parlamento ha autorizzato il governo di Ankara a dispiegare truppe al confine e ad intervenire militarmente sul territorio iracheno.

Ieri morti 16 soldati turchi e e 32 uomini del Pkk
L'agguato teso ieri dai guerriglieri del Pkk (il Movimento dei lavoratori del Kurdistan) e' costato la vita ad almeno 16 soldati turchi. Un numero imprecisato di soldati turchi sarebbe stato rapito dai guerriglieri curdi.

Ieri l'esercito turco, supportato dall'aviazione, ha sferrato una rappresaglia al confine, uccidendo 32 uomini del Pkk.

Manifestazioni in Turchia
In diverse citta' della Turchia si sono svolte, fin da ieri, manifestazioni spontanee di protesta da parte della popolazione turca, che chiede un'immediata risposta militare contro le basi del Pkk in Iraq, nonostante gli appelli alla calma rivolti da americani ed europei alla leadership turca. Ad Istanbul, circa 2.000 persone sono scese in piazza per denunciare l'attacco, invitando il governo di Recep Tayyip a dimettersi.

domenica, ottobre 21, 2007

INFORMAZIONE - DDL LEVI SULL'EDITORIA E SUI BLOGS

DOPO LA SACROSANTA DENUNCIA DI GRILLO SUL DISEGNO DI LEGGE DEL SOTTOSEGRETARIO RICCARDO LEVI, SI MUOVE UNA VOCE NEL GOVERNO CHE "AMMETTE" UN ERRORE GROSSOLANO A TAL PUNTO CHE COSÌ COME È SCRITTA LASCIA AMPI SPAZI D'INTERPRETAZIONE ALL'AUTORITÀ DELLE COMUNICAZIONI SU CHI SARÀ SOGGETTO AD ADEMPIMENTI E CHI NO.

UNA LEGGE COSÌ AMBIGUA CHE AVREBBE INEVITABILMENTE COLPITO ANCHE I BLOGS CON GRAVE PREGIUDIZIO ALLA LIBERTÀ D'INFORMAZIONE NELLA RETE DELLE RETI: INTERNET.

RESTA COMUNQUE IMPOSSIBILE INTERVENIRE IN INTERNET PERCHÈ SI PUÒ SEMPRE TRASFERIRE IL PROPRIO SITO O BLOG SU PROVIDERS STRANIERI CON UN COLPO DI CLICK. SAREBBE PERCIÒ UNA MISURA INUTILE!

ORA, MENTRE SI PUÒ COMPRENDERE CHE IL MONDO DELL'EDITORIA HA BISOGNO DI UN RIORDINO ANCHE PER CONSENTIRE, CON UNA NORMAZIONE EQUILIBRATA, L'ESERCIZIO D'INFORMAZIONE DA PARTE DI TUTTI I SOGGETTI EDITORIALI CHE LO VOGLIONO, LIMITANDO PER QUESTO LE POSIZIONI DOMINANTI CHE DI FATTO RESTRINGONO QUESTA LIBERTÀ, È NECESSARIO CHE QUELLE STESSE NORMATIVE ESCLUDANO IN MODO CHIARO ED INEQUIVOCABILE I BLOGS, CIOÈ PROPRIO COLORO A CUI SI VUOLE CONSENTIRE LA PIENA LIBERTÀ D'INFORMAZIONE.

SE COSÌ NON FOSSE, ALLORA È MEGLIO NON LEGIFERARE PERCHÈ IL VANTAGGIO DEL RIORDINO DELL'EDITORIA COSTEREBBE IL CARO PREZZO DELLA LIMITAZIONE DELLA LIBERTÀ IN INTERNET!

UN PREZZO QUESTO CHE NON POSSIAMO PERMETTERCI SE NON VOGLIAMO ASSOMIGLIARE ALLA CINA E AD ALTRI PAESI DOVE LA DEMOCRAZIA È ANCORA UNA CHIMERA.

NON CI RESTA CHE ATTENDERE LA MODIFICA DEL DDL CHE IL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI GENTILONI PROPONE. VEDIAMO!
Raffaele B.

UNITA
Gentiloni: modicheremo la norma sui blog
Pubblicato il: 20.10.07

Il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, prende carta e penna _ virtuali - per scrivere sul suo blog che il ddl editoria - che inizia la prossima settimana il suo iter alla Camera - contiene «un errore da correggere», ovvero la norma a suo avviso ambigua sull'iscrizione al Roc per i blog. Dopo le proteste di Beppe Grillo, Giuseppe Giulietti di Articolo 21 e di numerosi blogger, arriva dunque l'apertura di Gentiloni sulla norma contenuta nel disegno di legge studiata dal sottosegretario Riccardo Levi.

Quanto all'Autorità garante la norma contenuta nel decreto collegato alla Finanziaria conferma a suo avviso la «grave» distorsione concorrenziale nel mercato, già segnalata nell'indagine sul settore in vista del ddl. Nel mirino dell'Antitrust l'anomalia che già aveva rilevato, tra l'altro in contrasto con le linee contenute nel progetto di riforma dell'editoria, e che vede una disparità tra le Poste, che possono fare tariffe agevolate in quanto gli sconti sono sostenuti dal bilancio pubblico, e gli altri operatori del settore. Per questo si chiede una modifica da inserire nel decreto legge attualmente all'esame della Commissione Bilancio di Palazzo Madama e che sarà discusso lunedì. Per l'ad di Poste Italiane, Massimo Sarmi, «la materia relativa alle agevolazioni tariffarie per le spedizioni di prodotti editoriali costituisce un beneficio concesso agli editori». Sarmi sottolinea poi che a sua volta il ddl Levi «non prevede alcuna agevolazione tariffaria in un panorama di totale liberalizzazione al quale tende anche Poste Italiane». Ed infatti il «padre» del disegno di legge sull'editoria Ricardo Franco Levi, sostiene che «del parere dell'Antitrust il governo ha pienamente tenuto conto nel ddl sull'editoria appena approvato dal Consiglio dei ministri e che inizierà nei prossimi giorni il suo cammino parlamentare».

Un ddl che ancora non ha iniziato il suo iter, ma è già oggetto di polemiche e discussioni che preludono ad emendamenti. Gentiloni interviene duramente nella polemica aperta da Beppe Grillo. «L'allarme lanciato da Beppe Grillo e ripreso da molti commenti al mio blog è giustificato», scrive il ministro. A suo avviso il ddl «va corretto perch‚ la norma sulla registrazione dei siti internet non è chiara e lascia spazio a interpretazioni assurde e restrittive». Il presidente della Fieg, Boris Biancheri pensa che il settore dell'informazione su Internet ha bisogno di una disciplina, ma non di subire limitazioni. «Se si tratta solo di una registrazione - sostiene - può rientrare in una visione ordinata di un settore cresciuto in modo spontaneo e che ha raggiunto dimensioni che hanno senza dubbio bisogno di una disciplina. Ma non vorrei che fosse il preludio di un sistema di imposizione anche fiscale là dove invece la fortuna stessa della rete e la sua crescente importanza nella vita sociale vengono dal fatto che si tratta di un sistema gratuito».

Anche oggi comunque Grillo non rinuncia a dire la sua in merito e annuncia che, in data da definire, dedicherà il prossimo V-day all'informazione. Il comico insiste: «Questa legge va cancellata» sollecitando in serata una decisa replica del sottosegretario Levi: «Ho già detto e ripetuto che, con il disegno di legge di riforma dell'editoria, non avevamo e non abbiamo alcuna intenzione di limitare la libertà di espressione attraverso Internet ed i blog»: risponde Levi. Ed ha aggiunto: «Per ogni legge il passaggio parlamentare è l'occasione per migliorare i testi e, quando necessario, chiarire gli eventuali punti ambigui». La prossima settimana il sottosegretario sarà alla commissione cultura della Camera per una prima discussione del ddl. «Credo che già in quell'occasione potremo trovare una soluzione che chiarisca ogni problema», ha aggiunto.

sabato, ottobre 20, 2007

MASTELLA E MAGISTRATURA A SOVRANITÀ LIMITATA

CON UN INCREDIBILE COLPO DI SCENA SI SOTTRAE AL MAGISTRATO LUIGI DE MAGISTRIS (NELLA FOTO) L'INCHIESTA "WHY NOT" CUI SONO IMPLICATI A VARIO TITOLO DIVERSI PERSONAGGI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA DI AMBEDUE GLI SCHIERAMENTI TRA CUI CLEMENTE MASTELLA MEDESIMO E PERFINO PRODI.

CIÒ AVVIENE DOPO IL NULLA DI FATTO SULLA RICHIESTA DEL SUO TRASFERIMENTO DA PARTE DEL MINISTRO DI GIUSTIZIA CLEMENTE MASTELLA. GLI ISPETTORI DA LUI INVIATI PER VERIFICARE LA CORRETTEZZA DELLA SUA AZIONE, NON HANNO TROVATO NULLA DI RILEVANTE

QUESTA VOLTA A TOGLIERE L'INCHIESTA AL MAGISTRATO È STATO IL SUO CAPO DOLCINO CAVI CON LA SORPRENDENTE MOTIVAZIONE CHE SAREBBE "INCOMPATIBILE CONDURRE L'INDAGINE SUL MINISTRO CHE NE HA CHIESTO IL TRASFERIMENTO". UNA NORMA PREVISTA DALL'ART. 372 DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE.

GENIALE! SE UN MINISTRO È INDAGATO SAREBBE SUFFICIENTE CHE EGLI RICHIEDA IL TRASFERIMENTO DEL GIUDICE PER FAR SCATTARE L'INCOMPATIBILITÀ A CHE TALE GIUDICE POSSA CONTINUARE L'INCHIESTA.

NEMMENO L'EX MINISTRO CASTELLI DEL PRECEDENTE GOVERNO BERLUSCONI SAREBBE POTUTO ARRIVARE A COSÌ TANTA "FURBIZIA".

LA LETTURA CHE SI PUÒ DARE A QUESTA NOTIZIA NON PUÒ CHE ESSERE UNA SOLA: “INTERFERENZA DELLA POLITICA CON LA GIUSTIZIA”.

SI È VOLUTO FERMARE UN MAGISTRATO PERCHÈ STAVA INDAGANDO SU UN GROSSO CASO DI CORRUZIONE. LE GIUSTIFICAZIONI DI LEGGE E LE PRESUNTE IRREGOLARITÀ PER FERMARLO TROVANO IL TEMPO CHE TROVANO.

ESSE SONO INCONSISTENTI ED APPAIONO COME SCUSE ASSURDE E CLAMOROSAMENTE INCREDIBILI OLTRE CHE INOPPORTUNE.

NEMMENO BERLUSCONI AVREBBE POTUTO FARE DI MEGLIO!

PERCHÈ LO SI È VOLUTO FERMARE?
FORSE CHE IL NUOVO INDAGATORE, IL PROCURATORE CAPO DOLCINO CAVI, PORTERÀ AVANTI L'INCHIESTA, A SE AVOCATA, CON LA STESSA VOLONTA E IMPEGNO DEL PRECEDENTE?
A QUESTO PUNTO, SE PERMETTETE NE DUBITO!
Raffaele B.

UNITA
Catanzaro, la Procura toglie l'inchiesta a De Magistris
Pubblicato il: 20.10.07

Incompatibile a indagare su Mastella. Luigi De Magistris costretto dalla Procura di Catanzaro a lasciare l’inchiesta Why not. È l’ennesimo colpo di scena della saga che vede coinvolti il pubblico ministero calabrese e il ministro della Giustizia. Dopo che venerdì si era avuta notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di Clemente Mastella, sabato mattina, il procuratore generale di Catanzaro, Dolcino Favi, ha avocato l’inchiesta al pm Luigi De Magistris. Il motivo sarebbe proprio l’incompatibilità del pm a indagare sul ministro che ne ha chiesto il trasferimento.

La richiesta in corso di trasferire De Magistris da Catanzaro avrebbe dovuto, secondo la Procura, far desistere il pm dall’iscrivere il ministro Mastella, ovvero colui che ha chiesto di mandarlo via dalla Calabria, nel registro degli indagati. Ma non è andata così, e il procuratore Favi ha sentito il bisogno di intervenire direttamente. Favi ha applicato l’articolo 372 lettera A del codice di procedura penale, secondo il quale il procuratore è obbligato a disporre l'avocazione dell’inchiesta nel momento in cui si presenti una situazione di incompatibilità con il titolare dell’inchiesta stessa. «Il giudizio terzo arriva», ha commentato Mastella, che si è detto «sereno in attesa di giudizio». «Bisogna che ognuno rispetti la legalità e i principi - ha concluso - nessuno oltrepassi la linea di demarcazione dei principi legali».

Aveva destato scalpore venerdì la notizia che nella sterminata lista degli iscritti al registro degli indagati dell’inchiesta Why Not fosse finito anche il nome di Mastella. Sì, proprio il ministro che da settimane porta avanti una dura campagna contro il pubblico ministero Luigi De Magistris, quello che sostiene l’esistenza di una sorta di "nuova tangentopoli", una vera e propria associazione a delinquere che coinvolgerebbe politici e imprenditori, non solo calabresi. Un terremoto che aveva avuto una nuova scossa con la decisione del ministro Mastella di chiedere il trasferimento del pm calabrese, per la sua «vigilanza assai inefficace» sull'iter di alcune inchieste, nonché per «comportamenti svincolati dalle norme processuali, ordinamentali e deontologiche».

Ma ad oggi, gli ispettori del ministero della Giustizia non hanno trovato nulla, e sul caso De Magistris si era alzato il polverone: in molti, dalle associazioni ai parenti delle vittime di mafia, fino al gip Clementina Forleo, sostengono che l’unica colpa di De Magistris sia quella di essere arrivato dove non doveva arrivare. Mastella, comunque, venerdì si era detto tranquillo, sereno e soprattutto estraneo ai fatti. Dalle prime indiscrezioni, pare che al centro delle accuse contro Mastella ci siano i suoi presunti rapporti con l'imprenditore Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria e pedina centrale dell'inchiesta Why Not, dal nome dell’agenzia interinale intestata allo stesso Saladino.

Ora, l’intervento della Procura rimette in gioco tutte le carte. Il pm De Magistris, intanto, dice di non sapere nulla dell'avocazione: «Ancora una volta - ha detto - vengono rese pubbliche a mezzo stampa notizie riservate che riguardano il mio ufficio, le mie indagini, e la mia persona. Se è vero quello che l'Ansa ha scritto, non avendo io ricevuto alcuna notifica - conclude - ci avviamo al crollo dello stato di diritto, registrandosi anche, nel mio caso, la fine dell'indipendenza e dell'autonomia dei magistrati quale potere diffuso».

giovedì, ottobre 18, 2007

IL VATICANO ED INGERENZA SUL CASO ELUANA

ANCORA UNA VOLTA IL VATICANO, CON IL SUO GIORNALE "L'OSSERVATORE ROMANO", SI “SCAGLIA” CONTRO UN ORGANO DELLO STATO ITALIANO: LA CASSAZIONE, REO DI CONSENTIRE UN NUOVO PROCESSO SULL'INTERRUZIONE DELL'ALIMENTAZIONE ARTIFICIALE A ELUANA ENGLARO DA 15 ANNI IN COMA VEGETATIVO.

È UN INGERENZA IN PIENA REGOLA PER TRE ORDINI DI MOTIVI:
1. ATTACCANDO UN ORGANO DELLO STATO ITALIANO, IL VATICANO AGISCE COME STATO SOVRANO CONTRO UN'ALTRO STATO SOVRANO.
2. NESSUN UOMO E/O ISTITUZIONE PUÒ CONSIDERARSI AL DI SOPRA DI TUTTI TALE DA IMPORRE I PROPRI VALORI MORALI ALLA INTERA SOCIETÀ E AD ALTRI STATI.
3. IL RIFIUTO DI UNA TERAPIA MEDICA NON È “EUTANASIA” E RIENTRA FRA I DIRITTI RICONOSCIUTI DALLA COSTITUZIONE

È EVIDENTE CHE L'ALIMENTAZIONE DI CUI SI CHIEDE L'INTERRUZIONE È ARTIFICIALE PERCHÈ AVVIENE TRAMITE UN SONDINO NASOGASTRICO, QUINDI È UN TRATTAMENTO MEDICO-CHIRURGO CHE IN QUESTO CASO DA 15 ANNI MANTIENE IN STATO VEGETATIVO UN CORPO IL CUI CERVELLO È MORTO DA ALLORA.

CON LA INTERRUZIONE DEL TRATTAMENTO SI DA CORSO SOLO ALLA MORTE "NATURALE" DEL “CORPO” VEGETATIVO E NON INVECE ALLA “PERSONA” PERCHÈ GIÀ “MORTA”.

CURIOSO! SI CONCEDE L'ESPIANTO DI ORGANI PER I TRAPIANTI QUANDO IL DONATORE PRESENTA UN ENCEFALOGRAMMA PIATTO, CIOÈ QUANDO LA SUA MORTE COINCIDE CON QUELLA DEL CERVELLO E NON DEL RESTO DEL CORPO CHE DEVE ESSERE VIVO PER L'ESPIANTO. DUE PESI E DUE MISURE?

DOPO 15 ANNI SI PUÒ RAGIONEVOLMENTE AFFERMARE CHE QUESTO TRATTAMENTO È ACCANIMENTO TERAPEUTICO CHE "FORZA" IN MODO INNATURALE UNA PERSONA "MORTA" DA TEMPO A VIVERE IN UNO STATO VEGETATIVO COME AVVIENE PER UN DONATORE PRONTO PER L'ESPIANTO, VALE A DIRE CHIARAMENTE IRREVERSIBILE.

ORA È BENE CHE LO STATO LEGIFERI IN TAL SENSO E CHE I GIUDICI POSSANO RISOLVERE LA QUESTIONE SULLA BASE DEI DIRITTI RICONOSCIUTI A TUTTI SENZA CHE IL VATICANO E CHI PER ESSO “INTRALCI” IL PROCESSO IN NOME DI UNA STRUMENTALE E CONFUSA "DIFESA DELLA VITA" A TUTTI I COSTI ANCHE DI QUELLA VEGETATIVA SENZA ALCUNA CONSIDERAZIONE DEL VOLERE E DELLE SOFFERENZE DEI SOGGETTI CHE STANNO ATTORNO A ELUANA.
Raffaele B.

DIRITTO-OGGI
EUTANASIA: CONSULTA BIOETICA, SGOMENTO PER RICHIESTA PG

(AGI) - Roma, 4 ott. - La Consulta di Bioetica e’ sgomenta di fronte alla notizia che il sostituto procuratore generale della Cassazione Giacomo Caliendo abbia richiesto ancora una volta di non sospendere le terapie nutritive come richiesto dai genitori di Eluana Englaro.
Lo sgomento - si legge in una nota - e’ ancora piu’ grande quando si apprende che la richiesta sarebbe motivata dal fatto che la terapia nutritiva non costituisce accanimento terapeutico e che il consenso non e’ attuale. Questa ultima ragione mostra il disprezzo verso i genitori e tutti coloro che hanno testimoniato negli ultimi 15 anni la volonta’ espressa da Eluana e sembra essere un pretesto che cela la vera motivazione, ossia che la terapia nutrizionale non sarebbe accanimento terapeutico. Rinveniamo in questo motivo un eco della recente dichiarazione della Congregrazione per la Dottrina della Fede che viene pedissequamente accolto dall’ultimo grado di giudizio.
La Consulta di Bioetica - prosegue la nota - e’ preoccupata per l’arretratezza con cui i tribunali italiani negano il diritto civile riconosciuto ormai in tutti i paesi avanzati. E’ vicina alla famiglia Englaro per la quale la richiesta del sostituto procuratore e’ un ulteriore torto. Auspica che la Cassazione saggiamente respinga e decida autonomamente ristabilendo la giustizia.(AGI)
Red

MENTELOCALE
Eluana: si può parlare di eutanasia?
di Bia Sarasini
18 ott 2007

È in coma vegetativo da 15 anni. Due anni fa il divieto di sospendere l'alimentazione artificiale, oggi si riapre il processo. Le opposte reazioni.

Il rifiuto delle terapie medico-chirirgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un ipotesi di eutanasia. Non v'è dubbio che l'idratazione e l'alimentazione artificiali con sondino nasogastrico costituiscono un trattamento sanitario...e senza il sondino di alimentazione, lasciato a sè stesso, il corpo muore…
CONTINUA

REUTERS
Per Vaticano "inaccettabile" sentenza della Cassazione su Eluana
mercoledì, 17 ottobre 2007 4.53

ROMA (Reuters) - La decisione della Corte di Cassazione di consentire un nuovo processo sull'interruzione dell'alimentazione artificiale a Eluana Englaro "è inaccettabile", perché apre la strada al riconoscimento giuridico dell'eutanasia ha detto oggi l'organo della Santa Sede, l'Osservatore Romano.

Nel caso specifico della sentenza della Cassazione è inaccettabile il relativismo dei valori, soprattutto se riguarda la conservazione o meno della vita", scrive oggi l'Osservatore.

"Accettare pure nel vuoto legislativo una tale posizione significa orientare fatalmente il legislatore verso l'eutanasia. Di più: introdurre il concetto di pluralismo dei valori.... significherebbe attribuire a ciascuno una potestà indeterminata sulla propria esistenza".

La Cassazione ha deciso ieri che dovrà essere celebrato un nuovo processo d'appello sul caso della giovane di Lecco in stato vegetativo da 15 anni e che il padre chiede di lasciare morire, terminando l'alimentazione artificiale.

Nella sentenza, la Corte ha spiegato che per autorizzare il distacco dell'alimentazione deve essere provato "come irreversibile lo stato vegetativo e deve essere accertato che il convincimento di Eluana avrebbe portato a tale decisione".

L'Osservatore sostiene che entrambe le premesse sono "evidentemente confutabili", perché nessuno esperto potrebbe dichiarare l'irreversibilità di tale condizione e la volontà di Eluana non si potrebbe desumere dalla "dichiarazione di un momento".

Eluana Engaro è rimasta vittima di un incidente stradale nel 1992, e da allora non è mai più uscita dal coma. Il padre si batte da anni perché termini la sua vita artificiale.

In Parlamento sono stati depositati fin dalla scorsa legislatura diversi disegni di legge sul "testamento biologico" -- il documento che contiene le disposizioni di una persona sulle cure mediche da affrontare verso il termine della vita, come la rinuncia all'accanimento terapeutico -- ma l'argomento non è stato ancora esaminato.

lunedì, ottobre 15, 2007

STORACE CONTRO TUTTI

NON PAGO DI ESSERE IMPUTATO SUL CASO DI SPIONAGGIO POLITICO DI CUI SARÀ PRESTO CHIAMATO A RISPONDERE, (VEDI Storace – Si allarga lo scandalo del Laziogate) AI DANNI DI ESPONENTI POLITICI E SUOI DIRETTI CONCORRENTI ALLA CARICA DI GOVERNATORE DEL LAZIO NEL 2005 PIERO MARRAZZO E ALESSANDRA MUSSOLINI, DI ESSERE USCITO DA AN FONDANDO UN ENNESIMO ALTRO MOVIMENTO, IL SUO: “LA DESTRA”, ISOLANDOSI DAI SUOI EX-AMICI ALLEATI, ORA STORACE ATTACCA PERFINO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NAPOLITANO, REO DI AVERE DIFESO LA SENATRICE A VITA PREMIO NOBEL LEVI MONTALCINI DALLA SUA “IGNOBILE” OFFERTA DI FARLE RECAPITARE A CASA LE “STAMPELLE”. RINCARANDO POI LA DOSE CON ALTRE OFFESE ALLA ETÀ DELLA SCIENZIATA.

IL SENATORE STORACE PUR DI ATTACCARE I SENATORI A VITA CHE “VOTANO” IL GOVERNO IN CARICA CHE, SECONDO LUI ED ANCHE QUALCUN ALTRO, NON DOVREBBERO (QUANDO INVECE “VOTAVANO” PER IL GOVERNO BERLUSCONI NON C’ERA PROBLEMA), È INCORSO IN QUESTO INCREDIBILE “INCIDENTE” UNICO NELLA STORIA DEL NOSTRO PAESE CHE LO VEDE PERÒ “ISOLATO” ANCHE A DESTRA, (VEDI L’ARTICOLO DELLA SIGNORA ASSUNTA ALMIRANTE).

IL PERCHÈ IL SENATORE STORACE SI SIA CACCIATO IN UNA POLEMICA COSÌ “PERDENTE” È DIFFICILE DIRLO MA SI POTREBBE AZZARDARE AD UN TENTATIVO DI RACCOLTA DELLE ADESIONI DEI PIÙ OLTRANZISTI ED IRRIDUCIBILI ESTREMISTI FASCISTI AL SUO MOVIMENTO PER RAFFORZARE COSÌ LA SUA POSIZIONE POLITICA A DANNO ALTRE FORMAZIONI DI DESTRA.

INFATTI DA QUANDO È COMINCIATA LA POLEMICA PARE CHE IL SUO SITO È DIVENTATO PIÙ TRAFFICATO DI QUELLO DI DI PIETRO. MA SE FOSSE COSÌ ALLORA CREDO CHE STORACE NON SI SIA FATTO BENE I CONTI. IL COSTO DELL’OPERAZIONE POTREBBE RIVELARSI PIÙ ALTO DI QUANTO DA LUI PREVISTO.
Raffaele B.

ANSA
STORACE: NON MI PENTO. BERLUSCONI LO DIFENDE
di Alessandra Chini
2007-10-14 21:29


ROMA - Il giorno dopo il polverone piovutogli addosso per aver dato dell'"indegno" al presidente della Repubblica, il leader della 'Destra' Francesco Storace non arretra. Non è pentito, ma fa comunque sapere che scriverà al Quirinale per avere udienza. E in sua difesa arriva la presa di posizione del leader azzurro Silvio Berlusconi: "Capita a tutti di sbagliare, errare humanum est", dice il Cavaliere che chiede al senatore di riconoscere l'errore per non fornire alibi all'Unione. Restano le critiche del centrosinistra e nel centrodestra sono soprattutto i centristi a stigmatizzare la sua uscita.

"La mia non è una polemica - puntualizza Storace che ieri aveva risposto alle critiche con "uno sbadiglio" - ma la risposta ad un attacco, non riesco a vedere il motivo di tante reazioni e non comprendo tutta questa ipocrisia. Ci tengo a sottolineare che non voglio la guerra totale. Non sono pentito di questo polverone, ho solo espresso un'idea come prevede la Costituzione".

Insomma, sembra chiedere Storace, dove sta lo scandalo? Tanto più che sono altri, a suo avviso, i temi sui quali ci si dovrebbe indignare. E' questo, in buona sostanza, quello che andrà a dire al Quirinale, se verrà ricevuto. "Domani - spiega - scriverò a Napolitano sul caso di un italiano affetto da una grave sindrome per cui non può muoversi né comunicare per la completa paralisi dei muscoli del corpo e che vive con soli 23 euro al giorno per affrontare la sua malattia, la parola indignazione credo sia più adatta a situazioni del genere". Inoltre, il giorno dopo la bufera sulle sue parole, l'ex governatore del Lazio ricorda i casi in cui il centrosinistra attaccò il Colle ("volevano portare davanti all'Alta corte per alto tradimento Francesco Cossiga") così come le posizioni del centrodestra sui senatori a vita ("non ho fatto che ripetere i giudizi che sono stati pronunciati in questo anno e mezzo in primis dai leader del centrodestra").

Appena rientrato dalla Russia, però, il leader azzurro Berlusconi scende in campo a sua difesa. "Capita a tutti di sbagliare - sottolinea l'ex premier - errare humanum est. Questa volta è capitato anche a Francesco Storace e me ne dispiaccio. Sono sicuro, però, che non gli mancherà l'intelligenza per riconoscerlo, come ha avuto il coraggio di fare altre volte". In questo modo, sottolinea il Cavaliere, "toglierà alla sinistra un pretesto e un'arma per continuare ad attaccarlo". Berlusconi a parte, Storace, però, non trova troppa comprensione nel resto della Cdl. Per il centrista Rocco Buttiglione, infatti, il suo è stato "un errore, un errore grave" visto che "Napolitano fa un mestiere difficile e davvero non si merita che glielo si renda ancora più difficile con uscite di quel tipo".

Un po' più morbido ma sempre sulla stessa linea il vice coordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto. "Francamente - sottolinea l'azzurro - non mi sento di condividere ciò che ha detto Francesco Storace, non solo per il merito delle sue affermazioni, ma perché il nodo dei senatori a vita non può essere affrontato e risolto né con attacchi personali ad alcuni di essi, né con ammonimenti istituzionali per quegli attacchi". Il problema, dice Cicchitto, sono le scelte "squilibrate" di Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi


QN.QUOTIDIANO
Storace: "Stampelle alla Montalcini"
E lei, sdegnata: "E' un totalitarista"

"Sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali e fisiche - manda a dire il premio Nobel - Come senatore a vita espleterò le mie funzioni di voto". Controreplica: "A 98 anni non ha più ironia... Lei è lo strumento micidiale di sostegno al governo Prodi" Commenta

Roma, 10 ottobre 2007 - "Non ho alcun bisogno delle stampelle, sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali e fisiche". Così Rita Levi-Montalcini risponde al Francesco Storace, segretario nazionale di La destra, dopo aver letto sul quotidiano 'Repubblica' di ieri, la decisione del segretario di consegnarle le stampelle direttamente a casa.

"Esprimo il mio profondo sdegno, a quanti non possiedono le mie stesse facoltà mentali, perchè - continua il premio Nobel, le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria. In qualità di senatore a vita e in base all' articolo 59 della Costituzione Italiana - aggiunge la Montalcini - espleterò le mie funzioni di voto fino a che il Parlamento non deciderà di apporre relative modifiche".

"Inoltre - conclude la scienziata - non possiedo i miliardi, dato che ho sempre destinato le mie modestie risorse a favore delle persone bisognose, e per sostenere cause sociali di prioritaria importanza".

Pronta la risposta del senatore Storace, che anzichè scusarsi per l'uscita poco rispettosa torna all'attacco: "Non pretendiamo che alla nobile e veneranda eta' di 98 anni ci sia capacita' di ironia, pur se nel pieno delle facolta' mentali, come rivendica oggi Rita Levi Montalcini, chiamata da Repubblica a difendersi da stampelle inesistenti".

Il segretario nazionale de La Destra in una nota osserva: "Questa gagliarda signora non e' solo la ricercatrice che abbiamo conosciuto, bensi' si e' trasformata nello strumento micidiale di sostegno del governo Prodi, diventando, cosi', persona di parte. Percio', anche lei dovra' tenersi tutte le critiche piu' dure".

Insiste Storace: "Tra i privilegi dei senatori a vita non e' prevista l'immunita' per essersi schierati pregiudizialmente da una parte". La democrazia, conclude, "e' consenso. Questo governo non ha il consenso dei cittadini, ma lo estorce in Parlamento, grazie a questi signori. Altro che totalitarismo".

NOTIZIE.ALICE
STORACE/ ASSUNTA ALMIRANTE: FRANCESCO HAI SBAGLIATO (CORSERA)
La vedova di Almirante difende Napolitano e la Montalcini

Milano, 14 ott. (Apcom) - "Francesco sbaglia, un uomo nella sua posizione di senatore della Repubblica non deve usare parole insultanti sia verso Rita Levi Montalcini sia verso il presidente Napolitano". Donna Assunta Almirante in un'intervista al 'Corriere della Sera' condanna le dure dichiarazioni di ieri di Francesco Storace, leader della "Destra", nei confronti della senatrice a vita e del presidente della Repubblica.

"Ho avuto il piacere - sottolinea la vedova del fondatore del Msi - di conoscere la senatrice Montalcini a una colazione e l'ho trovata una persona di straordinaria intelligenza e vivacità".

Le si deve rispetto, aggiunge, per l'età, "un'età che non le impedisce di svolgere il ruolo di senatrice a vita, il mio augurio è che possa continuare a essere presente alle sedute del Senato".

Le critiche di donna Assunta all'ex ministro si rivolgono anche alle espressioni con cui Storace si è rivolto al capo dello Stato. "Ha dato dell'indegno a Napolitano? Io gli dico: Francesco hai sbagliato. Le istituzioni si devono rispettare proprio adesso che siamo nel degrado totale".

Dalle parole della vedova di Almirante sembra di capire che non condivida la polemica del centrodestra sul ruolo dei senatori a vita, accusati di tenere in vita un governo traballante. E anche per Napolitano nutre un'idea positiva. "Il capo dello Stato - osserva - si sta comportando in modo corretto. Per dirla in parole semplici, dà una botta al cerchio e uno alla botte".

DIRITTO-OGGI
SENATORI A VITA: COLOMBO,STORACE ELETTO CON LEGGE-PORCATA

(AGI) - Roma, 14 ott. - Intervistato dal Corriere della Sera, il senatore a vita Emilio Colombo interviene sulle polemiche scatenate dal durissimo attacco del leader della Destra Francesco Storace contro il Capo dello Stato che era intervenuto in difesa di Rita Levi Montalcini, a sua volta oggetto di una feroce polemica da parte della formazione guidata dall’ex presidente della Regione Lazio. ‘Da chi vengono certe contestazioni ai senatori a vita?’ si chiede Colombo ‘Da chi e’ stato eletto con una legge che essi stessi definiscoo una ‘porcata’. Un segretario politico si chiude in una stanza, butta giu’ una lista e la sottopone agli elettori privati del diritto di votarsi i candidati. Quindi si arriva in parlamento nominati da un segretario… se permette, e’ ben piu’ onorevole essere nominati da un presidente della Repubblica, magari per il merito di aver partecipato a sessant’anni di vita politica e a quaranta di governo, o essere ex Capi dello Stato’. Colombo ribadisce che ‘quello del senatore a vita e’ un mandato parlamentare piano. Ovvero, secondo la carta costituzionale, ha ‘pieno’ diritto alla liberta’ di esercizio. Ovviamente incluso il voto di fiducia e sfiducia’.(AGI)
Red/Lam

giovedì, ottobre 11, 2007

IL GENERALE SPECIALE ED USO PRIVATO DEI MEZZI GDF

MI SEMBRA DOVEROSO EVIDENZIARE QUESTA NOTIZIA CHE FA TABULA RASA SULLA FAMOSA INTEGRITÀ DEL TANTO IMPECCABILE ED ONORABILE GENERALE ROBERTO SPECIALE, TANTO DIFESO DALLA DESTRA QUANTO DALLO STESSO DI PIETRO A SINISTRA CONTRO IL MINISTRO DELL’ECONOMIA PAOLO SCHIOPPA E DEL SUO COSIDDETTO “CATTIVO” VICE MINISTRO VISCO CHE L’HANNO VOLUTO “CACCIARE” DALLA POSIZIONE DI COMANDANTE DELLA GUARDIA DI FINANZA.

IL SEGRETO DIVENTA NOTIZIA PER CASO E SI COMMENTA TANTO DA SOLA CON QUESTO ARTICOLO RICCO DI DETTAGLI CHE CON UN
VIDEO UFFICIALE GIRATO NEL FEBBRAIO 2005 DA UN OPERATORE DELLE FIAMME GIALLE MEDESIME.

DI FRONTE A QUESTA DENUNCIA COSÌ CIRCOSTANZIATA NESSUNO OSA PIÙ DIFENDERLO NÉ TANTOMENO DI PIETRO. DEVONO SENTIRE MOLTO IMBARAZZO DOPO TANTA VEEMENTE DIFESA.
Vedi precedente commento CASO SPECIALE - ATTACCO A VISCO E AL GOVERNO PRODI
Raffaele B.

REPUBBLICA
Gite in montagna e pesce fresco in baita così Speciale usava l'Atr della Finanza
di CARLO BONINI
11 ottobre 2007

Mogli e amici a bordo di un aereo del corpo, e poi di un elicottero
per una gara di sci sulle Dolomiti. Una trasferta filmata: ecco il video


ROBERTO Speciale con coppola e montone. Le signore in pelliccia. Tutti a Passo Rolle. Per la festa sulla neve. A bordo
dell'Atr 42 della Guardia di Finanza. E a cena pesce freschissimo. In casse caricate all'aeroporto di Pratica di Mare e spedite con volo militare. L'ex comandante della Guardia di Finanza ha chiesto al Paese cinque milioni di euro perché il suo onore di "uomo delle Istituzioni" e di "ufficiale" con la schiena dritta trovi giusto ristoro al "massacro" che ne avrebbero fatto in Parlamento il ministro dell'Economia Padoa-Schioppa e il suo vice Vincenzo Visco.

Un giudice amministrativo deciderà di qui a tre settimane del risarcimento. E' un fatto che, liberi dalla sua ombra, gli archivi della Guardia di Finanza cominciano a restituire qualche documento che racconta chi è Roberto Speciale. Come ha interpretato il suo comando. Quale uso abbia fatto delle risorse destinate al lavoro di un Corpo che, spesso, a fine anno, non ha risorse per mettere la benzina nelle sue macchine.

Parliamo di un filmato ufficiale girato in una fredda mattina del febbraio 2005. A passo Rolle (Trentino Alto Adige) si apre la 55esima edizione delle "gare invernali di sci" del Corpo. Un operatore delle Fiamme Gialle rivolge l'obiettivo della telecamera sull'orizzonte cobalto della pista di atterraggio dell'aeroporto di Bolzano. Nell'assolo trionfale e lancinante di una chitarra elettrica che fa da colonna sonora alle immagini, un Atr 42 turboelica del Corpo (aereo destinato, secondo le informazioni diffuse dal sito istituzionale della Finanza, al "contrasto del contrabbando", alla "sorveglianza delle coste", alle "missioni umanitarie", giocattolo da 3.500 euro l'ora, escluso il costo dell'equipaggio) si posa a terra. Il bestione rulla, avvicinandosi lentamente all'aerostazione e la musica cresce. Cresce nell'enfasi compiaciuta della regia.

Un drappello di infreddoliti ufficiali si avvicina al portellone posteriore, guidato dal generale Giulio Abati (allora comandante regionale del Trentino Alto Adige). Attesa. Poi, ecco il primo passeggero. Una signora avvolta in una pelliccia di volpe. La moglie di Roberto Speciale. Ecco il secondo. Un'altra pelliccia di volpe. La signora D'Amato, moglie del generale Salvatore D'Amato (all'epoca comandante interregionale di Napoli). Ora, la terza pelliccia. Volpe come sopra, ma rovesciata. Una giovane donna che nessuno dei presenti sembra conoscere o riconoscere, salvo l'autista del comandante generale che aspetta sottobordo e con cui scambia un affettuoso bacio.

Quindi tocca agli uomini. Un ragazzone dall'abito sportivo con una sporta di carta; un uomo di mezza età che sembra accompagni la più giovane delle signore; il generale D'Amato, in giacca a vento e quindi lui, il Comandante. Immagini di vederlo fare capolino in alta uniforme. E invece il generale si è "messo" da montagna. Coppola, giacca di montone con bottoni in osso, morbidi pantaloni in velluto verde petrolio. Lo salutano militarmente. Lui risponde allungando morbidamente la mano nel gesto dell'omaggio.

Da Bolzano a Passo Rolle sono 50 minuti di auto. La giornata è serena. In fondovalle non c'è neve. Ma la comitiva, visibilmente compiaciuta, non si nega lo spettacolo delle cime. Si accomoda su un elicottero Ab 412 del Corpo che attende a bordo pista. La chitarra elettrica della colonna sonora pesta in un ennesimo assolo, mentre l'obiettivo stringe sulle signore in pelliccia issate a bordo, su un comandante chino ad allacciare le cinture di sicurezza a chi non sa neppure da dove si cominci. Su Speciale, che ora ha tolto la coppola e inforcato dei "Rayban" a goccia con cui osserva compiaciuto il lavoro agiografico del cine-operatore.

Di nuovo in aria. Il Cimon della Pala è magnifico. I tre generali che attendono a Malga Fossa (Nino Di Paolo, generale di corpo d'armata, comandante a Firenze; Luciano Pezzi, generale di divisione, Lucio Macchia, generale di corpo d'armata) sono tre deferenti statue di ghiaccio. Alla malga, ai piedi dell'elicottero appena atterrato in una nuvola di neve farinosa, il cerimoniale si ripete nella sua sequenza grottesca. Nessuno sa bene chi salutare. Anche perché alcuni di quelle signore e signori non li conosce nessuno. Finche una Land Rover blu notte tirata a lucido se ne va con gli ospiti.

Non sembra questa la sola pagina umiliante scritta a Passo Rolle. Di storie, nel Corpo, se ne raccontano di tutti i colori. E almeno una ha lasciato tracce documentali e testimoniali. Speciale ama il pesce fresco. E, si sa, le malghe non ne offrono. In un'occasione, dunque, dall'aeroporto di Pratica di Mare viene fatto sollevare un Atr 42 con a bordo un metro cubo di pesce. Il piano di volo prevede l'atterraggio a Bolzano, quindi il disimbarco e la consegna del prezioso carico in montagna.

Il pilota è il maggiore Aldo Venditti. Ma il poveretto non ha fortuna. Le condizioni meteo su Bolzano lo obbligano ad atterrare a Verona, dove nessuno aspetta pesce. Tantomeno un drappello di sconcertati "baschi verdi" che rifiutano di farsi facchini. Tocca al pilota. E la storia smette di essere un segreto.

lunedì, ottobre 01, 2007

IRAQ - LA GUERRA SI POTEVA EVITARE

UNA NOTIZIA QUESTA PASSATA IN SILENZIO. LE TV NON NE HANNO PARLATO A SUFFICIENZA, I GIORNALI INVECE SI MA NON IN PRIMA PAGINA, QUINDI PASSATA IN SORDINA. QUANTI LA CONOSCONO?

EPPURE È AVVENUTO! ED È TUTTO DOCUMENTATO: SADDAM HUSSEIN STAVA PER ANDARSENE. AVEVA ACCETTATO DI LASCIARE IL POTERE E ANDARE IN ESILIO. VOLEVA SOLO UNA BUONA USCITA DI UN MILIARDO DI DOLLARI.

COSA SONO UN MILIARDO DI DOLLARI RISPETTO A TUTTI I MORTI (AMERICANI E NON), LE DISTRUZIONI E LE CENTINAIA DI MILIARDI DI DOLLARI GIÀ SPESI (CHISSÀ QUANTI ANCORA) PER LA GUERRA CHE BUSH HA VOLUTO FARE COMUNQUE OTTENENDO PERFINO L'APPOGGIO DEGLI ALTRI CAPI DI STATO QUALI AZNAR (SPAGNA), BERLUSCONI (ITALIA) E BLAIR (INGHILTERRA) NONOSTANTE SAPESSERO.

ESSI FECERO CARTE FALSE (VEDI ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA) PER OTTENERE L'APPOGGIO DELL'ONU CHE AVVENNE PERÒ SOLO A GUERRA GIÀ FATTA! MA CONVINSERO L'OPINIONE PUBBLICA E MOLTI GOVERNI E COSÌ L'IRAQ FU ATTACCATA SENZA L'AVALLO DELL'ONU CON IL NUOVO PRINCIPIO DELLA GUERRA PREVENTIVA CON LA SCUSA DI COMBATTERE IL TERRORISMO. INVECE IL TERRORISMO È AUMENTATO.

SE COSÌ È STATO, ALLORA SU QUESTI UOMINI GRAVA UNA GRANDE RESPONSABILITÀ CHE SOLO LA STORIA POTRÀ DOMANI GIUDICARE ED ESSERE ACCOSTATI AI PEGGIORI ED LUGUBRI PERSONAGGI DEL PASSATO.
Raffaele B.

RAINEWS24
Bush rivelo' ad Aznar: Saddam pronto all'esilio in cambio di 1mld di dollari
Londra 29 settembre 2007

Una trascrizione di un colloquio tra George W. Bush e Jose Maria Aznar alla vigilia della guerra in Iraq ha portato alla luce un'iniziativa per evitare il conflitto armato portando via dal Paese Saddam Hussein. Lo rivela il quotidiano britannico 'The Independent'.
"Sì, e' possibile", disse il presidente degli Stati Uniti all'allora primo ministro spagnolo: "Gli egiziani stanno parlando con Saddam Hussein... Sembra aver indicato di essere disponibile all'esilio se gli permetteranno di prendere un miliardo di dollari e tutte le informazioni che vuole sulle armi di distruzione di massa".
Ma Bush bocciò l'idea, sostenendo che "è inoltre possibile che venga assassinato" e ribadendo che in ogni caso gli Stati Uniti non avrebbero dato "alcuna garanzia" al presidente iracheno.
"E' un ladro, un terrorista e un criminale di guerra. Paragonato a Saddam, (Slobodan) Milosevic sarebbe madre Teresa".

RAINEWS24
El Pais: ecco come Bush convinse Aznar sull'Iraq.
E gli rivelo' che la guerra era gia' decisa
Madrid 26 settembre 2007

Strette di mano, photo opportunity, battute fra amici. Ma quella fine settimana al ranch texano di Crawford, in Texas, il 22 febbraio 2003, il premier spagnolo José Maria Aznar aveva appena saputo dal presidente americano George W. Bush che gli USA avrebbero invaso l'Iraq, con o senza l'avvallo Onu.
Quattro settimane prima dell'invasione dell'Iraq, che avvenne nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2003, Bush illustrò ad Aznar le condizioni poste a Saddam Hussein: disarmo o guerra. A porte chiuse, scrive il quotidiano spagnolo El Pais, il presidente degli Stati Uniti sosteneva che orami la guerra era inevitabile. El Pais rivela che nel corso di una lunga conversazione privata con Aznar Bush indicò con chiarezza che era arrivato il momento di disfarsi di Saddam. "Rimangono due settimane. Tra due settimane saremo militarmente pronti. Saremo a Baghdad a fine marzo", spiegò al fedele alleato Aznar...
CONTINUA

VOCEDITALIA
Iraq: Hussein era pronto all'esilio
Chiese di portare con se' un miliardo di dollari
Aznar tento' di dissuadere il presidente Usa, per poi sostenerlo in sede del Consiglio di Sicurezza


Madrid, 27 set.- Il quotidiano spagnolo El Pais ha rivelato che poche settimane prima dell’inizio dell’invasione americana in Iraq, George W. Bush illustrò ad Aznar, allora capo del governo spagnolo, le condizioni di Saddam Hussein per evitare di cadere nelle mani dell’esercito a stelle e strisce. La richiesta posta da Saddm era quella di poter andare in esilio, lasciando in balia lo stato iracheno, portando però con sé un miliardo di dollari, oltre alla documentazione che lo incastrava sulle armi di sterminio di massa. Aznar cercò di limitare Bush chiedendogli di “avere pazienza”, ma il presidente americano sosteneva che ormai il paese era pronto alla guerra e che entro marzo l’esercito avrebbe invaso l’Iraq, “cambiando la politica estera amercana degli ultimi 200 anni”.

ILSECOLOXIX
Bush e Aznar avevano già deciso
27 settembre 2007

Saddam Hussein aveva lasciato intendere di esser pronto ad andarsene in esilio se gli fosse stato consentito di portare con sé un miliardo di dollari, ma il presidente degli Stati Uniti George W. Bush era ormai deciso alla guerra. È quanto emerge dal testo di un incontro alla casa Bianca fra George W. Bush e l’allora premier spagnolo José Maria Aznar il 23 febbraio del 2003, poche settimane prima dell’invasione, di cui il quotidiano El Pais ha pubblicato ieri la minuta...
CONTINUA