mercoledì, dicembre 19, 2007

ECONOMIA - IL SORPASSO DELLA SPAGNA

NONOSTANTE LA SPAGNA PARTA DA UNA CONDIZIONE STORICA PEGGIORE, OGGI ESSA SUPERA L'ITALIA SUL PIL PRO-CAPITE.

NEGLI ULTIMI TRENT'ANNI, DALLA FINE DEL FRANCHISMO, I NOSTRI CUGINI HANNO FATTO PASSI DA GIGANTE RECUPERANDO L'ARRETRATEZZA SIA NEL CAMPO DELL'ECONOMIA CHE IN QUELLO DELLA DEMOCRAZIA.

NEGLI ULTIMI 10 ANNI LA CRESCITA SPAGNOLA È STATA IN MEDIA PIÙ DEL DOPPIO DELL'ITALIA E NEGLI ULTIMISSIMI LA CRESCITA ITALIANA È ANDATA DIMINUENDO. ERA QUINDI PREVEDIBILE CHE CI SAREBBE STATO IL SORPASSO.

L'ITALIA SCONTA UN "IMMOBILISMO" DEL SISTEMA POLITICO DA OLTRE 15 ANNI. IN QUESTI ANNI IL PAESE HA "DILAPIDATO" IL TEMPO E LE RISORSE A "LITIGARE" IN CONTINUAZIONE TRA LE COALIZIONI E LE VARIE FAZIONI POLITICHE.

NEL FRATTEMPO GLI ALTRI PAESI E LA SPAGNA IN PARTICOLARE, HANNO REALIZZATO UN SISTEMA POLITICO "STABILE" ED "EFFICIENTE" CHE HA PERMESSO IN POCHI ANNI A QUESTO PAESE, COME A TUTTI GLI ALTRI, D'ALTRONDE, DI "RIORGANIZZARE" IL SISTEMA "AMMINISTRATIVO" E "PRODUTTIVO" IN MODO TALE DA ESSERE OGGI IN GRADO DI REGGERE IL “MERCATO GLOBALE”.

LA MAGGIOR PARTE DEL CENTRO E DELLA SINISTRA SPAGNOLA HANNO AVUTO LA CAPACITÀ DI ORGANIZZARSI DENTRO UN UNICO GRANDE PARTITO SOCIALISTA CONTENDENDOSI IL POTERE CON UN ALTRO GRANDE PARTITO POPOLARE DI CENTRO-DESTRA.

INSIEME HANNO DATO VITA AD ALTERNANZE VIRTUOSE CHE HANNO PRODOTTO QUESTI RISULTATI. LA SPAGNA PERÒ NON SI FERMA, CONTINUA COME UN TRENO, MENTRE L'ITALIA RESTA PRATICAMENTE FERMA.

È EVIDENTE ALLORA CHE FINTANTO CHE IL NOSTRO PAESE RESTA IN "BALIA" DI UN SISTEMA "BLOCCATO" CHE NON GLI PERMETTE DI "DECIDERE" "RAPIDAMENTE" SULLE "RIFORME IMPORTANTI" NON SE NE ESCE E IL "DECLINO ECONOMICO" SARÀ LA CONSEGUENZA LOGICA CHE NE SEGUIRÀ CON GRAVE RIPERCUSSIONE SUL FUTURO DEI CITTADINI E SULLA NOSTRA DEMOCRAZIA.

NE GONSEGUE ORMAI CHE ABBIAMO RAGGIUNTO IL "PUNTO DI NON RITORNO" OLTRE IL QUALE O SI "RIORGANIZZA" IL "SISTEMA POLITICO" OPPURE NON VE NE SARÀ PIÙ IL TEMPO PER FARLO, PERCHÈ DA NOI I "GOVERNI" A TUTTI I LIVELLI, CON I POTERI CHE HANNO, POSSONO SOLO FARE "PICCOLE RIFORME" (QUANDO VA BENE), PER QUANTO "NECESSARI" MA NON PIÙ "SUFFICIENTI" PER RISOLLEVARE LE SORTI DEL PAESE.

LA POLITICA È COSÌ "MALATA" CHE NON POTRÀ MAI "GUARIRE" IL PAESE. NEMMENO SE CI PROVASSE VERAMENTE.

SOLO SE LA POLITICA "GUARISCE" SE STESSA “AUTORIFORMANDOSI” IN MODO ADEGUATO POTRÀ A SUA VOLTA "GUARIRE" IL PAESE FACENDOLO DIVENTARE UN "PAESE NORMALE" IN POCHI ANNI. PROPRIO COME HA FATTO LA SPAGNA.
Raffaele B.

ILSOLE24ORE
La lunga marcia di Madrid
di Mario Margiocco
19 Dicembre 2007


La marcia economica dell'Italia è stata assai più lunga e di maggior successo di quella spagnola, più di un secolo contro 40 anni. Con l'ingresso quasi mezzo secolo fa fra le maggiori potenze economiche mondiali. Ma l'indicazione data due giorni fa da Eurostat secondo cui il Pil pro capite spagnolo ha battuto quello italiano, fatto senza precedenti nel 900, lancia un segnale di allarme. Abituati a confrontarsi con la Francia, più strutturata ma con una ricchezza media delle famiglie assolutamente analoga a quella italiana, ci si trova battuti su una classifica non onnicomprensiva, ma citatissima e indicativa, dalla Spagna. Vuol dire che l'anno scorso gli spagnoli hanno prodotto più ricchezza, a testa, degli italiani. Il che implica alle spalle un sistema economico e amministrativo che, sia pure più piccolo di un quarto rispetto a quello italiano, ha funzionato assai meglio.
La ricetta è nota: classe politica e amministrativa migliore, banche più strutturate, maggiore apertura internazionale. In media la crescita del Pil è stata del 3,8% all'anno negli ultimi 10 anni, più del doppio di quella italiana. I consumi privati sono aumentati del 4% all'anno contro una media del 2% nell'area euro. Il debito pubblico è sceso dal 70% del Pil nel 96 al 40%, in forte contrasto con la persistenmza in Italia di un debito oltre il 100% della ricchezza prodotta. «Le quattro chiavi del successo spagnolo sono l'aumento della forza lavoro, grazie a maggiori impieghi nazionali, immigrazione, minore disoccupazione, migliore qualità di operai e impiegati, più apertura internazionale, e più innovazione", dice Stefan Bergheim, economista di Deutsche Bank Reserach, autore di un recente ed elogiativo studio sull'economia spagnola, destinata a crescere «e a superare non solo l'Italia, ma anche la Germania come Pil pro capite nel 2020».
La Spagna, a differenza dell'Italia, non ha trascorso gli ultimi 15 anni della politica a decidere poco e a litigare, astiosamente e senza esclusione di colpi a volte, molto.Il sorpasso ricorda inoltre che nelle grandi classifiche, quelle che l'Italia è stata ed è così fiera di avere scalato a partire dalla fine degli anni 50, si entra ma anche si esce.Al momento la fiducia internazionale nella capacità dell'Italia di mantenere la posizione acquisita fra le nazioni più ricche della terra è bassa. Goldman Sachs, McKinsey e altri ancora hanno fatto proiezioni di come potrebbe essere ripartita la ricchezza nel Globo fra 30-40 anni: tutti fanno compiere all'Italia un salto di categoria, al ribasso. Verso la metà dell'attuale secolo, secondo queste proiezioni sempre da prendere con le pinze, l'Italia lascerebbe il club dei Paesi ricchi, dove tutti gli altri attuali soci saranno riusciti a rimanere nonostante le grosse redistribuzioni internazionali dei capitali, e passerebbe in quella dei semi-ricchi. Non saremmo più in compagnia di Francia e Germania ma di Messico e Corea del Sud.
La demografia, con l'eccezionale peso dell'invecchiamento in Italia, condiziona molto il gudizio. E così le debolezze del sistema universitario e di ricerca, che spende sproporzionatamente rispetto a quanto produce. «Per anni pensavo che in Italia ci fosse soltanto la Bocconi, perché quasi tutti gli allievi italiani che avevo avuto venivano da quella scuola», ha detto recentemente il Nobel 2007 per l'economia, Eric Maskin.
L'unica cosa che si può aggiungere è che c'è sempre stato scetticismo sulle capacità italiane di arrivare ad essere una importante nazione industriale e, da 30 anni, di riuscire a mantenere quel ruolo. Uno scetticismo causato probabilmente anche dal fatto che l'Italia ufficiale sembra spesso non adatta al compito.
La Spagna ha i suoi punti deboli, e al momento il forte squilibrio delle partite correnti, che hanno un rosso più che triplo di quello italiano nel 2007, è pari a quasi il 10% del Pil contro il 2,4% italiano. Sono l'altra faccia dell'ottimismo spagnolo, che consuma più di quanto produce. Ma il debito pubblico indica che, a differenza di quanto fatto dall'Italia, gli spagnoli non presentano il conto allo Stato.

domenica, dicembre 09, 2007

UNIONE DELLE SINISTRE MA NELLA FEDERAZIONE

IL VENTO DELLE UNIFICAZIONI E SEMPLIFICAZIONE DEL QUADRO POLITICO-ISTITUZIONALE VA AVANTI E SI FA SENTIRE ANCHE ALLA SINISTRA DEL PD, E QUESTO È UN BENE.

MA QUELLO CHE SI PROFILA È AL MASSIMO UNA FEDERAZIONE DI PARTITI CON ALTRETTANTI CAPI E GRUPPI DIRIGENTI TANTI QUANTI SONO I PARTITI CHE LO COSTITUISCONO E CHE PER QUESTO NON SI SCIOLGONO.

LO STESSO DIRIGENTE STORICO DELLA SINISTRA PIETRO INGRAO AUSPICA UNA VERA UNITÀ PERCHÈ IL TEMPO SI È ESAURITO. LE INSANABILI DIVERSITÀ RENDONO PERÒ DIFFICILE QUESTO COMPITO A QUESTI PARTITI.

LA VERA UNITÀ SAREBBE STATA LA “CONFLUENZA” IN UN “SOLO PARTITO” CON UN “SOLO CAPO” E UN “SOLO GRUPPO DIRIGENTE”. UN GRANDE INVESTIMENTO POLITICO CHE HA FATTO FINORA SOLO IL PD E CHE NON SEMBRA SIANO IN GRADO DI FARE GLI ALTRI PARTITI DI QUESTO PAESE.

QUINDI CON LA "FEDERAZIONE" SI “FABBRICA” SOLO LA FACCIATA DELL'UNITÀ MA SI LASCIA DENTRO LE COSE COME PRIMA.

ANCHE A DESTRA AVREBBERO VOLUTO LA FEDERAZIONE PER LO STESSO PRINCIPIO. TUTTO CIÒ PERÒ NON SEMPLIFICA IL SISTEMA POLITICO-ISTITUZIONALE ED A SOFFRIRNE E' LO STATO, OVVERO IL PAESE INTERO ED I SUOI CITTADINI.

ORMAI È DIVENTATO CHIARO ANCHE AI PIÙ DISATTENTI CHE UN SISTEMA POLITICO CON TANTI PARTITI PICCOLI SIA A DESTRA CHE A SINISTRA "IMPEDISCE" LO “SVILUPPO” IN TUTTI I “CAMPI” E NON PERMETTE PIÙ ALL’ITALIA DI “COMPETERE” EFFICACEMENTE CON GLI ALTRI PAESI EUROPEI E DEL RESTO DEL MONDO.

SE SI CONTINUA COSI ANCORA PER QUALCHE ANNO IL “DECLINO” DIVENTERÀ “INEVITABILE” CON GRAVI CONSEGUENZE PER TUTTI.

L'INTERA MACCHINA STATALE DOVRÀ ESSERE "RIDISEGNATA" PER ADEGUARLA ALLE NUOVE “CONDIZIONI”, PER ESSERE IN GRADO DI GUIDARE UN “NUOVO SVILUPPO”, LA NECESSARIA “RIDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA” E INFINE LA “GIUSTIZIA GIURIDICA E SOCIALE”.

LA LEGGE ELETTORALE È LA MADRE DI TUTTE LE RIFORME E QUELLA ATTUALMENTE IN VIGORE “LA PORCATA” VA CAMBIATA, LO RICONOSCONO TUTTI. I PARTITI PERCIÒ DEVONO AVERE IL CORAGGIO DI "PENSARE" AL PAESE ANZICHÈ AI PROPRI “INTERESSI DI BOTTEGA” NEL CAMBIARLA.

SE INVECE SI RIPROPORRÀ UN “FALSO CAMBIAMENTO” CON GLI STESSI NUMEROSI SOGGETTI DENTRO MENTITE SPOGLIE DI “FEDERAZIONI” CON LA "SCUSA" ORMAI NON PIÙ SOSTENIBILE CHE BISOGNA DARE “RAPPRESENTANZA” A TUTTI I CITTADINI (VALE A DIRE ANCHE A PICCOLI GRUPPI), IL SISTEMA NON SI SEMPLIFICHERÀ E CONTINUERANNO I “VETI” DEI PICCOLI PARTITI IN OGNI “SEDE DECISIONALE” E TUTTI I GOVERNI E/O ISTITUZIONI NON RIUSCIRANNO A CONTRASTARE IN MODO EFFICACE LA “PARALISI” CHE ATTANAGLIA IL PAESE ORMAI DA ANNI.

SE VOGLIAMO DIVENTARE UN PAESE “NORMALE” ED “EUROPEO” PER DAVVERO E RECUPERARE IL TERRENO PERDUTO, I PARTITI PICCOLI DEVONO ACQUISIRE IL “CORAGGIO” DI SACRIFICARE LE LORO "IDENTITÀ" ORMAI "OBSOLETE" (UTILE SOLO A SE STESSI MA NON AL PAESE) A SOGGETTI UNICI CHE PARLANO CON UNA SOLA VOCE
.

SE SI FACESSE ANCHE E SOLO QUESTO SAREMMO GIÀ A METÀ DELL'OPERA
Raffaele B.

CORRIERE DELLA SERA
Sinistra Arcobaleno, «puntiamo al 15%»
I leader: «Competeremo da sinistra col Pd».
Ingrao: «Unitevi». Giordano: «Lavoriamo per liste comuni»

09 dicembre 2007

ROMA - Non è un partito ma un "soggetto unitario", non ha la falce e il martello nel simbolo (o forse, come dice Diliberto, ne ha due), vuole competere da sinistra con il Partito Democratico di Walter Veltroni puntando a raccogliere il 15% dei voti, e dice che non intende far cadere il governo di Romano Prodi, a cui chiede però una "svolta" a gennaio. È la Sinistra - l'Arcobaleno, nata ufficialmente alla Fiera di Roma dopo due giorni di assemblea e tenuta a battesimo al canto di "Bella Ciao" (intonata dai leader di Rifondazione Comunista, Pdci, Sinistra Democratica, mentre i Verdi hanno preferito non cantare).

LA CARTA - «Siamo impegnati nella costruzione di un un nuovo soggetto unitario, plurale, federativo», che punta alla costruzione di una «sinistra politica rinnovata», recita la "Carta d'intenti" letta alla fine degli "Stati generali" della nuova formazione. "Sa" avrà come simbolo l'arcobaleno e non la falce e martello, che però spicca ancora sui distintivi di Rifondazione Comunista e del Partito dei Comunisti italiani. I principi a cui fa riferimento la nuova formazione sono "uguaglianza, giustizia, libertà", ma anche "pace, dialogo di civiltà, valore del lavoro e del sapere, centralità dell'ambiente" e ancora "laicità dello stato" e "critica dei modelli patriarcali e maschilisti", dice ancora la Carta, letta dal palco della Fiera alla presenza del segretario del Prc Franco Giordano, del leader del Pdci Oliviero Diliberto, del presidente dei Verdi, il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, e del coordinatore di Sd, il ministro dell'Università Fabio Mussi.

"LANCIAMO UNA SFIDA AL PD" - Se Pecoraro Scanio ha detto esplicitamente nel suo intervento che Sinistra Arcobaleno deve «puntare a superare il 15% dei voti per essere una forza di governo», Giordano, che guida il partito più grande della federazione, ha aggiunto che «da oggi lanciamo una sfida sull'egemonia al Pd», il nuovo partito di centrosinistra nato dall'incontro di Ds e Margherita. «Lavoriamo per presentare alle prossime scadenze elettorali liste comuni con un simbolo comune», ha spiegato Giordano (il prossimo importante turno elettorale previsto è quello del 2009, con il voto per il Parlamento europeo, dove le quattro formazioni di "Sa" siedono attualmente in gruppi diversi). Il leader del Prc ha anche difeso la richiesta di una verifica di governo a gennaio, e ha detto che gli attacchi alla stabilità dell'esecutivo vengono non dalla sinistra ma da "voltagabbana" di centro, in chiara polemica con la senatrice del Pd Paola Binetti, che in settimana non ha votato la fiducia al governo sul decreto sicurezza per un passaggio relativo alla discriminazione degli omosessuali, ma anche con i liberaldemocratici di Dini e con l'Udeur. «Abbiamo riconquistato un peso, non possiamo accettare che un voltagabbana di turno conti più di un terzo della coalizione» ha detto Giordano. E a proposito dei rapporti con il governo Prodi, il segretario dei Comunisti italiani, Oliviero Diliberto, ha ribadito il suo scetticismo sulla verifica: «Bisogna vedere i fatti concreti che ci verranno proposti. Prima della verifica c'è stato il programma elettorale, poi Caserta, poi il dodecalogo ma dopo di allora non è stato fatto nulla». «Allora è inutile vedersi - conclude - se poi non si rispettano gli accordi».

INGRAO: UNITEVI - Grande protagonista della giornata di chiusura è stato Pietro Ingrao. Sciarpa rossa al collo e bastone in mano, è arrivato all'assemblea dopo la "diserzione" del sabato e il colloquio con 'La Stampa' in cui criticava il progetto di aggregazione con l'ala radicale per la sua eccessiva lentezza. Parole che non hanno però raffreddato l'affetto del suo "popolo": Ingrao è stato infatti accolto da una lunghissima ovazione delle migliaia di militanti presenti. «Io vi dico solo una cosa - ha scandito Ingrao ai presenti - unitevi, unitevi. Dovete fare presto perché la situazione urge e i problemi della vita quotidiana non possono ritardare».

VENDOLA - Applausi anche per Nicky Vendola. «Questo deve essere il nostro cimento del futuro - ha affermato il Governatore della Puglia -. Un parto, un partire, non so se un partito, ma certo una costituente, un soggetto che sappia leggere il cuore della nostra società. Una sinistra - scandisce Vendola - che non è un bignami di ciò che fummo. È doloroso uscire da se stessi, si teme di perdere il proprio patrimonio, ma oggi è necessario. C'è una poesia di Pasolini che dice che "il vento del futuro non cessa di ferire". Ecco, nel parto c'è il dolore, c'è sempre, ma c'è anche la gioia di una nascita». All'assemblea ha partecipato anche Fausto Bertinotti. Ai giornalisti il presidente della Camera ha riservato poche battute: «Sono molto contento, per imparare a nuotare bisogna buttarsi nell'acqua. Oggi mi pare ci sia un grande tuffo».

IRRUZIONE COMITATI - Durante i lavori c'è stato anche un fuori-programma: i 300 manifestanti del comitato "No Dal Molin", giunti da Vicenza per chiedere risposte sulla sospensione dei lavori per la costruzione della base Nato Usa, hanno fatto irruzione nella sala plenaria dove si sta svolgendo l’assemblea. I manifestanti hanno bloccato per un po' gli interventi previsti in scaletta e sono stati accolti dai militanti delle sinistre da fischi e applausi.

domenica, dicembre 02, 2007

ETICA - PAPA RATZINGER CONTRO L'ONU

LA DENUNCIA DI PAPA RATZINGER, SECONDO LA QUALE LE AZIONI DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI TRA CUI L'ONU SONO IMPRONTATE SOLTANTO SULLE RAGIONI POLITICHE E NON ETICHE CIOÈ AL "RELATIVISMO ETICO", HA PRODOTTO UNA SORTA DI INCIDENTE DIPLOMATICO COME MAI AVVENUTO IN PASSATO.

SECONDO IL PAPA QUESTE ORGANIZZAZIONI NON TENGONO CONTO DELLA “LEGGE MORALE NATURALE” E DELLA “DIGNITÀ DELL'UOMO” E SONO PER QUESTO INCURANTI DEI BISOGNI DEI POPOLI PIÙ POVERI.

L'ONU RISPONDE CHE LA SUA ETICA È QUELLA DELLA “DIFESA DEI DIRITTI UMANI” SANCITI DALLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO FIRMATA A PARIGI IL 10-DIC-1948. RIBADISCE INOLTRE CHE I PRINCIPII CONTENUTI IN QUELLA CARTA COSTITUISCONO ORMAI IL PROPRIO DNA CHE NE GUIDA L'AZIONE DA ALLORA E CHE TALI PRINCIPII NON SONO MAI NEGOZIABILI.

QUINDI L'ONU RESPINGE SIA LE ACCUSE DI RIFIUTARE LA "LEGGE MORALE NATURALE" CHE DI ESSERE CONDIZIONATO DALLA “PRESSIONE IDEOLOGICA”.

IL VATICANO RENDENDOSI CONTO DI AVERLA FATTA GROSSA CORRE AI RIPARI CON PRECISAZIONI E DISTINGUO AL FINE DI RIDURRE LA PORTATA DELL'INCIDENTE ANCHE NELLA PROSPETTIVA DELLA VISITA ALL'ONU DEL PAPA IL 18 APRILE PROSSIMO.
Raffaele B.

NOI PRESS LA FAMIGLIA ITALIANA
La denuncia del Papa: “Il relativismo etico domina l’Onu”
sabato 1 dicembre 2007

Le discussioni in seno all’Onu e alle altre organizzazioni internazionali sono carenti perché sono improntate al “relativismo etico” e cercano un consenso “manipolato dalla pressione ideologica” o “condizionato da interessi di breve termine”.
Lo ha denunciato Papa Benedetto XVI parlando ad un centinaio di rappresentanti delle più importanti Ong di ispirazione cattolica accreditate presso le istituzioni delle Nazioni Unite.
Secondo Benedetto XVI, infatti “le discussioni internazionali sembrano caratterizzate da una logica relativistica che vorrebbe considerare come sola garanzia di una pacifica coesistenza tra i popoli un rifiuto di ammettere la verità sull’uomo e la sua dignità, senza dire nulla sulla possibilità di un’etica fondata sul riconoscimento di una legge morale naturale”.
“Ciò ha condotto, in realtà, - ha evidenziato il Santo Padre- all’imposizione di una nozione della legge e della politica che alla fine genera consenso tra gli Stati - un consenso condizionato da interessi di breve termine o manipolato dalla pressione ideologica - considerato l’unica vera base delle norme internazionali”.

E “i frutti amari di questa logica relativistica - ha osservato Papa Ratzinger - sono purtroppo evidenti”.
Il Papa ha citato quindi come esempi palesi di quest’atteggiamento il “tentativo di considerare come diritti umani le conseguenze di certi stili di vita auto-centrati” (con chiaro riferimento all’interruzione di gravidanza), la “mancanza di preoccupazione per i bisogni economici e sociali delle nazioni più povere”, il “disprezzo per la legge umanitaria e la difesa selettiva dei diritti umani”.

Benedetto XVI ha pertanto incoraggiato le Ong cattoliche a “contrastare il relativismo in modo creativo, presentando la grande verità sull’innata dignità dell’uomo e i diritti derivati da questa dignità”.
Per il Papa bisogna infatti “promuovere come un insieme quei principi etici che, per la loro natura e il loro ruolo di fondamento della vita sociale, rimangono non negoziabili”.
Questo, a sua volta, permetterà di costruire una risposta più adeguata sui molti temi oggi in discussione a livello internazionale e, soprattutto, aiuterà a portare avanti specifiche iniziative segnate “dallo spirito della solidarietà e della libertà”.


UNITA
L'Onu risponde al Papa La nostra etica? I diritti umani
L'accusa di «relativismo morale»

Altro che relativismo morale, noi siamo fondati sui diritti umani. Le Nazioni Unite non ci stanno a subire le accuse che arrivano dalla Santa Sede e rivendicano il fondamento dell’Onu, la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Un botta e risposta che non capita tutti i giorni, certo. Da una parte Papa Benedetto XVI e le sue critiche alle organizzazioni internazionali che «mancano di etica». Dall’altra, le Nazioni Unite che un’etica ce l’hanno eccome, ed è quella della difesa dei diritti umani.

A rispondere al Papa è il portavoce dell’Onu, Farhan Haq: «Le Nazioni Unite – ha detto – nascono da un accordo tra Stati, ma non dimenticano che una delle pietre miliari dell'Onu è la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo». Ovvero, quel documento firmato a Parigi quasi sessant'anni fa, il 10 dicembre 1948, che ha «innestato nel dna» dell'Onu quegli stessi principi etici di cui parla il Papa. Le Nazioni Unite, aggiungono dal Palazzo di Vetro, «ascoltano i popoli, le ong, gli attivisti per i diritti umani e i singoli parlamentari. Dobbiamo fare di più – spiegano – ma l'Onu cerca sempre di includere il maggior numero possibile di interlocutori».

Respinte così al mittente le accuse di rifiutare la «legge morale naturale» e di essere «manipolati dalla pressione ideologica», come aveva detto sabato mattina Benedetto XVI a un centinaio di rappresentanti delle ong cattoliche più importanti del mondo. I diritti umani, rivendicano da New York, «non sono negoziabili per loro natura e per il loro ruolo di fondamento della vita sociale».

Nel pomeriggio, prima che l’Onu esprimesse il suo dissenso, il Vaticano si era probabilmente già reso contro dell’incidente diplomatico scatenato dalle parole del Papa: Benedetto XIV, precisavano dalla Santa Sede, «non ha affermato che il relativismo morale domina le Nazioni unite e le altre organizzazioni internazionali ma che spesso “il dibattito internazionale appare segnato da una logica relativistica”». Il Papa, a dire il vero, aveva parlato dell’«imposizione di una nozione della legge e della politica che alla fine genera consenso tra gli Stati - un consenso condizionato da interessi di breve termine o manipolato dalla pressione ideologica - considerato l'unica vera base delle norme internazionali».

Dopo le polemiche tra Vaticano e Amnesty international sull'inclusione o meno dell'aborto tra i diritti umani, insomma, un’altra brutta giornata in Vaticano. Ma per qualcuno è solo colpa dei media. Sul blog Paparatzinger, un post dice: «Chiaramente i media non possono a lungo sopportare il concerto di lodi sull'Enciclica che sta riempiendo le loro pagine, allora si gettano, che dico, si inventano, una ragione per di nuovo attaccare il Santo Padre, cercare di discreditarlo. Posso dirlo? Mi fanno schifo».

Pubblicato il: 01.12.07
Modificato il: 01.12.07 alle ore 21.27

REPUBBLICA
Duro attacco del Papa all'Onu
"Dimentica la dignità dell'uomo"
1 dicembre 2007

Stizzita replica del palazzo di Vetro: "Il nostro è un accordo tra Stati. Siamo fondati
sui diritti umani e cerchiamo di parlare con il più alto numero di interlocutori"


ROMA - Papa Benedetto XVI denuncia la logica del "relativismo morale" che a suo avviso domina l'Onu e gli altri organismi internazionali. C'è un rifiuto, ha detto, a riconoscere la centralità della "legge morale naturale" e la difesa della "dignità dell'uomo". Le regole internazionali - ha proseguito il Pontefice - si basano solo su una ragione politica e non etica e ciò porta ad "amari risultati". E con il palazzo di Vetro si apre una lacerazione che se non è una frattura poco ci manca. Lo staff del segretario generale Ban Ki-Moon ci ha pensato su quasi mezza giornata e in serata è stato mandato avanti il portavoce dell'Onu Farhan Haq per precisare che "le Nazioni Unite nascono da un accordo tra Stati e si fondano sui diritti dell'uomo".
CONTINUA
……
Il prossimo 18 aprile il Pontefice visiterà il Palazzo di Vetro. "Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon vuole parlare con il Papa di una grande varietà di argomenti" ha riferito Haq. L'agenda dell'incontro deve essere ancora discussa in dettaglio. E' possibile che sia posto anche per il "relativismo morale" delle organizzazioni internazionali.

venerdì, novembre 16, 2007

LE RIFORME E IL CAVALIERE SOLITARIO

NONOSTANTE L'ULTIMA DEFIANCE SULLA FINE PREMATURA DEL GOVERNO PRODI, IL CAVALIERE INSISTE QUESTA VOLTA SOLITARIO NELLA SUA “PREDIZIONE” E RIFIUTA IL “CONFRONTO” SULLE RIFORME, RICONOSCIUTE DA TUTTI, NECESSARIE AL PAESE.

IL CAPO DEL PIÙ GRANDE PARTITO DEL CENTRODESTRA NON RIESCE A PENSARE AD UNA ALTERNATIVA POLITICA DA CONTRAPPORRE AL GOVERNO CHE NON SIA QUELLA DI RICHIEDERNE LE PRECOCI DIMISSIONI, VEDI LA INSOLITA RACCOLTA DI FIRME A QUESTO SCOPO.

UNA STRATEGIA MOLTO DISCUTIBILE NON SOLO SUL PIANO DEMOCRATICO MA ANCHE POLITICO. COSA SUCCEDEREBBE SE OGNI OPPOSIZIONE FACESSE LA STESSA COSA?

IL COMPITO DELL'OPPOSIZIONE IN UNA DEMOCRAZIA MATURA È QUELLO DEL CONFRONTO “PROPOSITIVO” CON IL GOVERNO SUI PROBLEMI DEL PAESE E SULLE POSSIBILI SOLUZIONI. NON PUÒ CERTO ESSERE SOLO QUELLO ASPETTARSI CHE POSSA CADERE AD OGNI OCCASIONE, DATA LA SUA ESIGUA MAGGIORANZA AL SENATO. VISTO CHE NONOSTANTE CIÒ ANCORA NON AVVIENE, PROMUOVE UNA RACCOLTA FIRME A QUESTO SCOPO. UNA FATTO PIÙ UNICO CHE RARO.

NEMMENO UN AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO SI PUÒ MANDARE VIA COSÌ. E POI I CITTADINI GIUDICANO ALLA FINE DELLA LEGISLATURA DI 5 ANNI COME È AVVENUTO PER BERLUSCONI, MENTRE IL GOVERNO PRODI È IN CARICA DA 18 MESI SOLTANTO. PERCHÈ QUESTA FRETTA? A MENO CHE CADA DA SOLO, MA FINORA HA RETTO!

INSISTERE A LUNGO CON LA STRATEGIA DELLA SPALLATA O DELL'ATTESA DELLA CADUTA DEL GOVERNO SI RIVELA “CONTROPRODUCENTE” PER IL CENTRODESTRA CHE COMINCIA AD APPARIRE COME UNA FORZA CHE PUNTA A "SFASCIARE" ANZICHÈ "COSTRUIRE" AL SOLO SCOPO DI "RICONQUISTARE" IL GOVERNO DEL PAESE, MA PER FARE COSA? È UNA LINEA PERDENTE CHE "STANCA" E "MORTIFICA" IL SUO ELETTORATO MODERATO E RESPONSABILE.

PARADOSSALMENTE È PROPRIO LA DEBOLEZZA DEL GOVERNO PRODI A COSTITUIRE LA “TRAPPOLA” PER IL CAVALIERE. I SUOI ALLEATI ORA VOGLIONO CHE SI VOLTI PAGINA E SI RECUPERI IL TERRENO PERDUTO.

IL CAVALIERE PERÒ CONTINUA INCURANTE CON LA SUA UNICA STRATEGIA DI CUI È CAPACE E NON RIESCE A LIBERARSI DALLA TRAPPOLA CHE LO PORTERÀ INEVITABILMENTE AL DECLINO.
Raffaele B.

REUTERS
Berlusconi: crisi solo rinviata. Fini: cambiare strategia
venerdì, 16 novembre 2007 9.18

MILANO (Reuters) - La crisi del governo Prodi è solo rinviata, ha detto oggi il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi che aveva ipotizzato una "spallata" in Senato in occasione del voto sulla Finanziaria, la cui approvazione, ieri sera, ha invece consolidato l'esecutivo.

Intanto, però, il leader di An Gianfranco Fini avverte: il centrodestra cambi strategia, e non si limiti ad aspettare che il governo cada.

"La crisi di governo è solo rinviata, la maggioranza non c'è più", ha detto Berlusconi oggi intervenendo al telefono alla trasmissione "Panorama del giorno" su Canale 5, e ha aggiunto che "si può prevedere che al Senato, al prossimo provvedimento presentato dal governo, non ci sarà la maggioranza che lo approverà, e il governo cadrà".

"Non ho mai parlato di spallata, ma di implosione del centrosinistra. E l'implosione c'è stata: due formazioni della maggioranza [i Liberaldemocratici di Lamberto Dini e l'Unione democratica di Willer Bordon] hanno annunciato di non farne più parte", ha proseguito Berlusconi.

FINI: OPPOSIZIONE CAMBI STRATEGIA
Oggi il leader di Alleanza Nazionale ed ex ministro degli Esteri Gianfranco Fini ha detto che è necessario che il centrodestra cambi strategia e si concentri sul varo di necessarie riforme, in primis quella della legge elettorale, anziché attendere sterilmente il crollo del governo Prodi.

In quello che suona un appello al leader dell'opposizione Silvio Berlusconi, che continua a chiedere di andare al voto subito e senza riforme, Fini, dalle pagine del Corriere della Sera, ha detto che per il centrodestra è "doveroso riflettere e cambiare strategia" adottandone una "semplice e chiara che parta da un dato politico tanto ovvio quanto fin qui pervicacemente negato da Berlusconi. Il governo cadrà un secondo dopo che si avrà certezza che dopo Prodi non si torna subito alle urne con l'attuale legge elettorale".

Alla richiesta di un commento alla lettera aperta di Fini, Berlusconi ha detto solo: "Se ci sono nuove idee che finora sono mancate io sono pronto a prenderle in considerazione".

Ma, ha aggiunto, "l'unico che si è dato da fare sono io. Credo di esserci riuscito a far implodere la maggioranza. Finora l'unico che si è mobilitato per dare voce alla volontà degli italiani sono io".
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LASTAMPA
Prodi e Veltroni: "La Cdl dialoghi"
Lega, An e Udc: pronti al confronto

Venerdì 16/11/07

Riforme, Berlusconi resta solo.
Casini incalza: «Alla fine anche Forza Italia si siederà al tavolo»


ROMA
La spallata non c’è stata, l’affondo di Silvio Berlusconi è andato a vuoto e ora bisogna sfruttare il 2007 per fare le riforme necessarie al Paese: la modifica della Carta, la revisione dei regolamenti parlamentari e una nuova legge elettorale. Questo il senso delle parole del segretario del Pd, Walter Veltroni, nel giorno dopo l'approvazione della Finanziaria.

«Le regole si scrivono insieme»
«Il dato politico (del voto di ieri sera sulla Finanziaria, ndr) è che la famosa spallata non c’è stata», dice Veltroni. «Ed era stata annunciata più volte». Per Veltroni la la legge elettorale «va cambiata in tempi rapidi», considerando anche che nella Cdl solo Silvio Berlusconi «dice che "quella attuale funziona benissimo"». E la riforma è urgente anche perché, sottolinea Veltroni, se si fosse fatta adesso «avremmo guadagnato molto tempo». E questo vale su tutte le riforme, che, ribadisce Veltroni, vanno fatte sulla base di un dialogo perché «le regole del gioco si scrivono insieme»…
CONTINUA

giovedì, novembre 01, 2007

G8 - COMMISSIONE D'INCHIESTA E LA VERITÀ SU GENOVA

DOPO LA BOCCIATURA DA PARTE DI DI PIETRO E MASTELLA SULLA ISTITUZIONE DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA (CURIOSO, I DUE NON SI PARLANO NEMMENO), PRODI È DECISO AD ANDARE AVANTI FINO IN FONDO E RIPROPORLA ALLE CAMERE PERCHÈ È PREVISTO NEL PROGRAMMA DI GOVERNO SOTTOSCRITTO DA TUTTI GLI ALLEATI, ANCHE DA LORO!

MENTRE LA ROSA NEL PUGNO ERA “ASSENTE”, I DUE MINISTRI HANNO VOTATO INSIEME ALLA CDL E QUINDI “CONTRO” LA COMMISSIONE PERCHÈ, DICONO, NON VOGLIONO METTERE ULTERIORMENTE SOTTO INCHIESTA LA POLIZIA CHE INVECE HA DOVUTO FAR FRONTE AI DISORDINI DI QUEI GIORNI ED ANCHE PERCHÈ SONO GIÀ IN CORSO DEI PROCESSI CONTRO POLIZIOTTI A TUTTI I LIVELLI E LA MAGISTRATURA QUINDI ACCERTERÀ LE LORO RESPONSABILITÀ.

ORA È CHIARO CHE NON È COSÌ PERCHÈ LO SCOPO DELLA COMMISSIONE È QUELLO DI ACCERTARE RESPONSABILITÀ POLITICHE MENTRE LA MAGISTRATURA QUELLE PENALI CHE SONO SOLO ED ESCLUSIVAMENTE PERSONALI. QUESTO DI PIETRO CHE È STATO MAGISTRATO E MASTELLA MINISTRO DELLA GIUSTIZIA NON POTEVANO NON SAPERLO DATE LE LORO COMPETENZE IN MATERIA!

NON SI PUÒ A PRIORI ESCLUDERE UN SETTORE (QUELLO DELLA POLIZIA) DALL'INCHIESTA PER ACCERTARE TUTTA LA VERITÀ DEI FATTI ACCADUTI. LA COMMISSIONE DEVE POTER INVESTIGARE IN TUTTE LE DIREZIONI PER ACCERTARE LA VERITÀ ALTRIMENTI NON SARÀ POSSIBILE E ALLA FINE SARANNO, NELLA MIGLIORE DELLE IPOTESI "CONDANNATI" SOLO QUEI POLIZIOTTI E QUEI CIVILI CHE HANNO COMMESSO DEI "REATI" E BASTA.

VI SONO MOLTE E CIRCOSTANZIATE DENUNCE E FATTI ACCERTATI CON I MEDIA E TESTIMONIANZE PERFINO DI POLIZIOTTI DI "COINVOLGIMENTI" DI "POLITICI" ALL'INTERNO DEI CENTRI OPERATIVI DURANTE GLI AVVENIMENTI, FATTO ANOMALO IN UNO STATO DEMOCRATICO. MAI ACCADUTO PRIMA AD ECCEZIONE DEL PERIODO "FASCISTA".

VI SONO INSOMMA DELLE RESPONSABILITÀ "POLITICHE" CHE DEVONO ESSERE "ACCERTATE" E CHE POTREBBERO AVERE "DEVIATO" IL COMPORTAMENTO DELLA POLIZIA CON QUELLE NOTE CONSEGUENZE

LA COMMISSIONE SERVIREBBE A FARE “PIENA LUCE” SU TUTTE QUELLE OMBRE CHE STANNO "OFFUSCANDO" L'IMMAGINE DELLA POLIZIA ACCERTANDO EVENTUALI "INTERFERENZE" DI POLITICI CHE NE HANNO "ALTERATO" “ILLEGALMENTE” LA LINEA DI COMANDO FINO A PRODURRE QUELLA GRANDE "CONFUSIONE" CHE STAREBBE ALLA BASE DELLE VIOLAZIONI DI LEGGE DI DIVERSI POLIZIOTTI E QUESTORI CHE SONO OGGI SOTTO PROCESSO.

SI POTREBBE FARE COSÌ LA NECESSARIA “PULIZIA” PER RESTITUIRE SIA ALLA POLIZIA MEDESIMA CHE AL PAESE TUTTO QUELLA IMMAGINE DI “DEMOCRAZIA” E DI CIVILTÀ AL MOMENTO "COMPROMESSI" SIA ALL'INTERNO CHE ALL'ESTERO. ANCHE PER EVITARE CHE SIMILI FENOMENI ABBIANO A RIPETERSI IN ALTRI MOMENTI DIFFICILI.
Raffaele B.

LASTAMPA
G8, Prodi blinda la commissione
Il premier: «E' nel programma,vogliamo la verità su Gonova»
31/10/2007 (20:54)

ROMA
«La commissione d’inchiesta sul G8 di Genova è un impegno preso con il programma del governo che non intendiamo disattendere. La ricerca della verità deve continuare». Il premier Romano Prodi, il giorno dopo la bocciatura nella commissione Affari Costituzionali della Camera della pdl per istituire la commissione d’inchiesta sui fatti di Genova, fa sentire la sua voce e ’bacchettà gli alleati ’disobbedientì: l’Idv e l’Udeur, che hanno votato contro il provvedimento insieme alla Cdl, e la Rosa nel Pugno che era assente.

Anche il segretario del Pd Walter Veltroni prende posizione scrivendo una lunga lettera al sindaco di Genova Marta Vincenzi nella quale afferma che della commissione d’inchiesta «Genova non può fare a meno». La scuola Diaz, la Caserma di Bolzaneto, Piazza Alimonda e Carlo Giuliani, aggiunge, sono ferite che «non si sono ancora rimarginate», per le quali «non c’è che una cura: l’accertamento della verità, di tutta la verità su quanto accadde in quei giorni».

E questo, incalza il capogruppo dell’Ulivo alla Camera Dario Franceschini, può avvenire solo con una commissione d’inchiesta la cui proposta di legge istitutrice verrà comunque portata in Aula, nonostante la bocciatura di ieri. Perchè anche il capo della polizia Antonio Manganelli, ricorda il sindaco di Roma, disse proprio al «giornale di Genova di non avere timori, ma di auspicare anzi l’accertamento» della verità. Anche il Prc e il Pdci, che avevano chiesto l’intervento di Prodi, fanno sapere di essere pronti a chiedere alla prossima conferenza dei capigruppo di Montecitorio che la proposta di legge venga inserita all’ordine del giorno dei lavori dell’Aula.

La Cdl insorge e protesta contro quella che definisce «una forzatura». L’Udc si appella al presidente della commissione Affari Costituzionali Luciano Violante affinchè archivi il testo bocciato, mentre FI chiede a gran voce che si faccia una commissione «equilibrata» che indaghi cioè soprattutto sui manifestanti. Una richiesta pressochè analoga a quella dell’Idv e dell’Udeur. Antonio Di Pietro infatti vuole «una commissione che non sia di parte», mentre il capogruppo del Campanile Mauro Fabris dà la disponibilità dei deputati Udeur a votare un «testo rivisto» con una commissione che non indaghi «solo sulle forze dell’ordine». Clemente Mastella però insiste sul ’nò al testo affermando che «il programma non è certo la bibbia e che può essere cambiato».

Le rassicurazioni del premier, di Veltroni e anche di Massimo D’Alema sul fatto che la pdl arriverà comunque in Aula sembrano rasserenare la sinistra radicale, soprattutto al Senato dove il governo è a ’rischio-Finanziarià. La senatrice del Prc Heidi Giuliani, che aveva minacciato di dimettersi per protesta, definisce «rassicuranti» le loro parole. E proprio di lei si era parlato, secondo quanto si è appreso, nell’incontro di oggi tra il segretario del Prc Franco Giordano e Walter Veltroni. Alla Camera però Francesco Caruso (Prc) conferma la sua intenzione di aderire alla manifestazione del 17 novembre a Genova «contro il tentativo di criminalizzare i movimenti». Oggi intanto, mentre si arroventano le polemiche tra i poli, la Corte d’Assise di Cosenza acquisisce intercettazioni telefoniche e ambientali relative ai G8 di Genova e Napoli; e l’ex carabiniere Mario Placanica, accusato di aver ucciso Carlo Giuliani, annuncia una nuova perizia balistica che potrebbe dimostrare come non siano stati suoi i colpi che hanno tolto la vita al giovane manifestante.

martedì, ottobre 30, 2007

IL VATICANO E L'INGERENZA SUI FARMACISTI

CONTINUA L'AZIONE D'INGERENZA DEL VATICANO. QUESTA VOLTA TOCCA AI FARMACISTI.

IL PAPA ARRIVA AD INVITARE QUESTI A "RIFIUTARSI" DI FORNIRE LE MEDICINE RITENUTE "IMMORALI" DALLA CHIESA CATTOLICA AI PAZIENTI CHE LO RICHIEDONO CON LA NECESSARIA PRESCRIZIONE MEDICA.

SECONDO LA CHIESA SAREBBE “GIUSTO” RICONOSCERE ANCHE A COSTORO L'OBIEZIONE DI COSCIENZA RICONOSCIUTA AI MEDICI.

L'INVITO DELLA CHIESA SI ESERCITA IN MODO EVIDENTE COME STATO SOVRANO DEL VATICANO CHE CHIEDE AI CITTADINI DI UNA ALTRO STATO SOVRANO DI VIOLARE LA LEGGE IN VIGORE PER TRE ORDINI DI MOTIVI:

1. L'INVITO È FATTO AD UNA CATEGORIA DI FEDELI E NON A TUTTI I FEDELI
2. L'INVITO È A COMMETTERE UN ATTO ILLEGALE CONTRO LA LEGGE ATTUALE CHE LO VIETA E QUINDI CONTRO LO STATO ITALIANO
3. L'INVITO RAPPRESENTA ANCHE UNA PROPOSTA DI MODIFICA DI QUELLA LEGGE ARROGANDOSI UN DIRITTO POLITICO CHE NON PUÒ AVERE
.

QUINDI NON PUÒ AGIRE COME "CHIESA" PERCHÈ ESSA PARLEREBBE A TUTTI I FEDELI SENZA DISTINZIONI DI CATEGORIE. NON ISTIGHEREBBE ALCUNI FEDELI A VIOLARE LA LEGGE ED INFINE NON SI FAREBBE PROMOTRICE DI UNA PROPOSTA DI LEGGE TRASFORMANDOSI IN UN SOGGETTO POLITICO.

PERCIÒ È CHIARO CHE NON PUÒ AGIRE COME CHIESA MA COME STATO SOVRANO CHE “INTERFERISCE” CON UN ALTRO STATO, PURE SOVRANO.

A TALE PROPOSITO SUGGERISCO LA LETTURA DELL'ARTICOLO DI MICHELE AINIS SUL LASTAMPA DAL TITOLO "Libera Chiesa in debole Stato". L'ARTICOLISTA FA UNA RICOGNIZIONE STORICA DELLA NASCITA DEGLI STATI NAZIONALI A CAUSA DELLA SEPARAZIONE DEL POTERE POLITICO DA QUELLO RELIGIOSO CON LA LOTTA DELLE INVESTITURE (1057-1122). IN PRATICA SENZA L’EMANCIPAZIONE DALLA RELIGIONE NON POTREBBERO ESISTERE GLI STATI NAZIONALI.
INOLTRE LA CHIESA CATTOLICA È L’UNICA RELIGIONE IL CUI VERTICE, IL PAPA, È POSTO A CAPO DI UNO STATO.
Raffaele B.

RAINEWS24
Benedetto XVI ai farmacisti: obiezione di coscienza su aborto e eutanasia.
Federfarma: non e' attuabile
Citta del Vaticano 29 ottobre 2007

L'obiezione di coscienza dei farmacisti è un "diritto riconosciuto" quando si tratti di fornire medicine "che abbiano scopi chiaramente immorali, come per esempio l'aborto e l'eutanasia". Lo ricorda Benedetto XVI, chiedendo che i farmacisti, importanti "intermediari tra i medici e i pazienti" "facciano conoscere le implicazioni etiche dell'uso di alcuni farmaci".

"In questo campo - afferma il Papa - non è possibile anestetizzare le coscienze, per esempio circa gli effetti di molecole che hanno lo scopo di evitare l'annidamento di un embrione o di cancellare la vita di una persona".
Papa Ratzinger lo ha detto nell'udienza concessa ai partecipanti al congresso internazionale dei farmacisti cattolici, rimarcando che "il farmacista deve invitare ciascuno a un sussulto di umanita', perche' ogni essere sia protetto dalla concepimento fino alla morte naturale e perche' i farmaci svolgano davvero il proprio ruolo terapeutico".

Nel suo discorso, Papa Ratzinger ha esortato a combattere la mentalita' che "anestetizza le coscienze per esempio sugli effetti delle molecole che hanno come scopo quello di non permettere l'annidamento (e lo sviluppo) dell'embrione o di abbreviare la vita di una persona". "Il farmacista - ha sottolineato - deve invitare ciascuno a un sussulto di umanita' perche' la vita umana sia difesa dal concepimento alla morte naturale".

Rivolgendosi ai partecipanti al Congresso Internazionale dei Farmacisti cattolici, Benedetto XVI ha affrontato anche il problema del progresso della medicina, che porta grandi benefici ma talvolta espone i pazienti ai rischi di una incontrollata sperimentazione. "Nessuna persona - ha scandito - puo' essere utilizzata in maniera sconsiderata come un oggetto per realizzare sperimentazioni terapeutiche che devono svilupparsi secondo protocolli rispettosi delle norme etiche fondamentali".

Reazione di Federfarma: obiezione di coscienza non è attuabile
Immediata la risposta del segretario di Federfarma, Franco Caprino. I farmacisti, dice, hanno "l'obbligo di garantire ai cittadini di trovare in farmacia i medicinali prescritti dal medico", così come è previsto dalla legge. "Secondo Caprino, quindi, l'obiezione di coscienza per i farmacisti non è attuabile - conclude - poiché costringerebbe i cittadini ad aprire una vera e proprio caccia alle farmacie dove è possibile reperire il farmaco in questione".

LASTAMPA
Libera Chiesa in debole Stato
Troppe le ingerenze vaticane nella politica italiana
MICHELE AINIS Martedì 30/10/07

Negli ultimi tempi la laicità si è trasformata in un prezzemolo buono per ogni salsa. Ma se tutti sono laici, allora questa parola non significa più nulla: tanto varrebbe sbarazzarsene. È una tentazione irresistibile, davanti alle acrobazie verbali che ci consegna l’esperienza. Nel dibattito pubblico ricorre l’appello verso una «sana» laicità pronunziato da Benedetto XVI e dai suoi predecessori; ma ricorre inoltre, e per esempio, il monito col quale un capo dello Stato (Scalfaro) definisce «sacra» la laicità delle istituzioni, che è un po’ come dichiarare ateo il Padreterno. Insomma abbiamo in circolo pontefici laici e presidenti ieratici. D’altra parte, «laos» era in origine il popolo di Dio; evidentemente stiamo riportando a nudo le radici.

In realtà queste radici hanno alimentato lo sviluppo degli Stati nazionali. Perché lo Stato nasce laico, o altrimenti non sarebbe nato. Nasce quando il potere politico divorzia da quello religioso, attraverso un processo storico che ha origine nella Lotta delle Investiture (1057-1122), trova la sua prima sistemazione teorica nella dottrina dello Stato di Thomas Hobbes, viene poi codificato dalla Costituzione francese del 1791, quando la libertà di fede sancisce la definitiva emancipazione dello Stato rispetto alla cura degli affari religiosi. Come diceva Locke, la salvezza delle anime non ricade fra i compiti dello Stato. Sicché la laicità si risolve in un’indicazione puramente negativa, che vieta alla legge di farsi contaminare da valori religiosi. Evoca il «muro» fra Stato e chiese di cui parlava Jefferson, e ripete in qualche modo il verso di Montale: «codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Questa idea si specchia nell’articolo 7 della Costituzione italiana, che dichiara l’indipendenza dello Stato dalla Chiesa. Al contempo, esso riconosce la sovranità della Chiesa cattolica, e perciò la riconosce come Stato. Uno Stato enclave, ma pur sempre uno Stato, che intrattiene relazioni diplomatiche con 176 Paesi. Insomma il cattolicesimo è l’unica confessione religiosa il cui organo di governo è posto al vertice d’uno Stato sovrano. Ma dal fatto che la Santa Sede sia uno Stato derivano vincoli e divieti. A una garanzia in più (e quale garanzia!) fa da contrappeso un limite in più. Quindi se un monaco buddista o un rabbino ebreo possono ben intervenire sulle vicende legislative della Repubblica italiana, non può farlo il Vaticano. Qui, difatti, non viene in campo la libertà di religione. Non viene in campo una questione di diritto costituzionale, bensì una questione di diritto internazionale. Quando non i parroci, ma il governo stesso della Chiesa attraverso la Cei invita per esempio a disertare un referendum, è come se a pronunziare quell’invito fosse il presidente francese Sarkozy. E la reazione dovrebbe essere affidata ai nostri rappresentanti diplomatici, se vogliamo prendere sul serio l’articolo 7.

D’altronde, che accadrebbe se il premier italiano si scagliasse contro i principi che governano il diritto della Chiesa? Gli argomenti, diciamo così, non mancherebbero. Il diritto canonico non conosce la separazione dei poteri, dato che il Pontefice è al vertice del potere legislativo, esecutivo, giudiziario: una concentrazione che a suo tempo Cavour aveva definito come «il più schifoso despotismo». Non conosce il suffragio universale per la preposizione alle cariche ecclesiastiche. Non conosce la certezza del diritto, sepolta da un sistema di dispense e privilegi. Non conosce la libertà di culto, giacché qualunque offesa alla religione cattolica riveste la natura di reato. Non conosce la regola della maggiore età, dal momento che le leggi ecclesiastiche obbligano tutti i battezzati che abbiano compiuto 7 anni. Non conosce il principio d’eguaglianza fra i sessi, negando il sacerdozio femminile. Ma neppure lo riconosce all’interno del sesso maschile, dato che laici e chierici hanno una differente capacità giuridica, dato che i diritti politici restano in appannaggio ai sacerdoti, e dato infine che questi ultimi sono una casta con proprie norme, sanzioni, tribunali.

In breve, la Chiesa è retta da un ordinamento dove il potere politico coincide con quello religioso, e dove vengono smentite le più elementari regole dello Stato di diritto. Eppure da quel pulpito piovono scomuniche e indirizzi per condizionare la vita pubblica italiana. Basterà rievocare un episodio: il 16 marzo scorso Benedetto XVI ha esortato all’obiezione di coscienza in difesa della vita non solo farmacisti e medici, ma anche i giudici italiani. Sennonché i giudici - afferma la Costituzione - «sono soggetti soltanto alla legge»; l’unica obiezione di coscienza che viene loro consentita è impugnare la legge per incostituzionalità. Se potessero rifiutarsi di rendere giustizia appellandosi ai propri umori e amori personali, verrebbe scardinato non tanto lo Stato di diritto, bensì lo Stato in sé e per sé, l’ordine civile.

Tuttavia le nostre istituzioni hanno risposto, ancora una volta, col silenzio. Un silenzio complice, non soltanto perché la degenerazione d’un regime democratico in regime clericale (diceva Salvemini) avviene gradualmente, e te ne accorgi quando si è già consumata; non soltanto perché altrove i governi reagiscono con una protesta diplomatica, come ha fatto Zapatero nel 2005, dopo la scomunica ecclesiastica dei matrimoni gay; ma infine perché tale atteggiamento implica una cessione di sovranità. Peraltro in molti casi gli interventi della Santa Sede vengono sollecitati proprio da chi ci rappresenta: è accaduto in agosto, quando Prodi ha chiesto l’aiuto della Chiesa per far pagare le tasse ai cittadini, ottenendo una dichiarazione del segretario di Stato vaticano. Appelli come questo rivelano tutta la debolezza della classe politica italiana, ma il loro effetto è legittimare le istituzioni di uno Stato straniero all’esercizio d’un anomalo ruolo di supplenza sulle nostre istituzioni. Che perciò si spogliano della propria laicità, e insieme della propria sovranità.

lunedì, ottobre 22, 2007

IRAQ - SI ALLARGA IL CONFLITTO CON LA TURCHIA

STA AVVENENDO CIÒ CHE SI ERA SEMPRE PAVENTATO! CON L'INVASIONE E DESTABILIZZAZIONE DELL'IRAQ, L'AREA È DIVENTATA VULNERABILE AD ATTACCHI ED APPETITI DI PAESI CONFINANTI TRA I QUALI L'IRAN AD EST E LA TURCHIA AL NORD.

PARADOSSALMENTE IL PERICOLO MAGGIORE NON POTEVA CHE VENIRE PROPRIO DALLA TURCHIA A CAUSA DEL PROBLEMA CON I CURDI. LA FORMAZIONE CURDA DEL PKK LOTTA DA DIVERSI LUSTRI PER UN KURDISTAN INDIPENDENTE CONTRO LA TURCHIA. QUESTO SCONTRO SI TRASFERISCE ORA NEL NORD DELL'IRAQ PERCHÈ QUI I CURDI IRACHENI HANNO COSTITUITO IL LORO TERRITORIO CON UN LORO ESERCITO E PERFINO IL CAPO DEL GOVERNO IRACHENO A BAGHDAD È CURDO: TALABANI.

COSTORO NON SONO AFFATTO DISPONIBILI A CUOR LEGGERO A COMBATTERE I LORO FRATELLI DEL PKK PER ACQUIETARE GLI ODIATI TURCHI.

LA TURCHIA NON PUÒ NON FAR NULLA SENZA SUSCITARE LA SOLLEVAZIONE DEL SUO POPOLO. SARÀ QUINDI INEVITABILE CHE INVADA IL TERRITORIO IRACHENO PROVOCANDO DI CONSEGUENZA UNA NUOVA GUERRA CHE COMPLICHERÀ LA SITUAZONE GIÀ PERICOLOSA NELL'AREA.

LA SPERANZA È ULTIMA A MORIRE E PER QUESTO SPERIAMO CHE POSSANO ESSERE FERMATI PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI.
Raffaele B.

RAINEWS24
Veicoli militari turchi diretti verso il confine con l'Iraq
Ankara 22 ottobre 2007

Decine di veicoli militari turchi si stanno dirigendo verso il confine con l'Iraq. Secondo quanto riferito da un reporter dell'agenzia stampa 'Associated Press' si tratta di una cinquantina di veicoli, carichi di soldati e di armi, provenienti dalla citta' di Sirnak (sud-est dell'Anatolia) e diretti verso Uludere, al confine iracheno.

Non e' chiaro se i convogli siano stati inviati a sostegno delle truppe impegnate nella difesa degli attacchi dei ribelli curdi sul suolo turco, oppure se Ankara si stia preparando ad un possibile intervento militare oltre confine, in territorio iracheno. Decine di migliaia di soldati turchi si trovano già nella zona.

Quattro giorni fa il parlamento ha autorizzato il governo di Ankara a dispiegare truppe al confine e ad intervenire militarmente sul territorio iracheno.

Ieri morti 16 soldati turchi e e 32 uomini del Pkk
L'agguato teso ieri dai guerriglieri del Pkk (il Movimento dei lavoratori del Kurdistan) e' costato la vita ad almeno 16 soldati turchi. Un numero imprecisato di soldati turchi sarebbe stato rapito dai guerriglieri curdi.

Ieri l'esercito turco, supportato dall'aviazione, ha sferrato una rappresaglia al confine, uccidendo 32 uomini del Pkk.

Manifestazioni in Turchia
In diverse citta' della Turchia si sono svolte, fin da ieri, manifestazioni spontanee di protesta da parte della popolazione turca, che chiede un'immediata risposta militare contro le basi del Pkk in Iraq, nonostante gli appelli alla calma rivolti da americani ed europei alla leadership turca. Ad Istanbul, circa 2.000 persone sono scese in piazza per denunciare l'attacco, invitando il governo di Recep Tayyip a dimettersi.

domenica, ottobre 21, 2007

INFORMAZIONE - DDL LEVI SULL'EDITORIA E SUI BLOGS

DOPO LA SACROSANTA DENUNCIA DI GRILLO SUL DISEGNO DI LEGGE DEL SOTTOSEGRETARIO RICCARDO LEVI, SI MUOVE UNA VOCE NEL GOVERNO CHE "AMMETTE" UN ERRORE GROSSOLANO A TAL PUNTO CHE COSÌ COME È SCRITTA LASCIA AMPI SPAZI D'INTERPRETAZIONE ALL'AUTORITÀ DELLE COMUNICAZIONI SU CHI SARÀ SOGGETTO AD ADEMPIMENTI E CHI NO.

UNA LEGGE COSÌ AMBIGUA CHE AVREBBE INEVITABILMENTE COLPITO ANCHE I BLOGS CON GRAVE PREGIUDIZIO ALLA LIBERTÀ D'INFORMAZIONE NELLA RETE DELLE RETI: INTERNET.

RESTA COMUNQUE IMPOSSIBILE INTERVENIRE IN INTERNET PERCHÈ SI PUÒ SEMPRE TRASFERIRE IL PROPRIO SITO O BLOG SU PROVIDERS STRANIERI CON UN COLPO DI CLICK. SAREBBE PERCIÒ UNA MISURA INUTILE!

ORA, MENTRE SI PUÒ COMPRENDERE CHE IL MONDO DELL'EDITORIA HA BISOGNO DI UN RIORDINO ANCHE PER CONSENTIRE, CON UNA NORMAZIONE EQUILIBRATA, L'ESERCIZIO D'INFORMAZIONE DA PARTE DI TUTTI I SOGGETTI EDITORIALI CHE LO VOGLIONO, LIMITANDO PER QUESTO LE POSIZIONI DOMINANTI CHE DI FATTO RESTRINGONO QUESTA LIBERTÀ, È NECESSARIO CHE QUELLE STESSE NORMATIVE ESCLUDANO IN MODO CHIARO ED INEQUIVOCABILE I BLOGS, CIOÈ PROPRIO COLORO A CUI SI VUOLE CONSENTIRE LA PIENA LIBERTÀ D'INFORMAZIONE.

SE COSÌ NON FOSSE, ALLORA È MEGLIO NON LEGIFERARE PERCHÈ IL VANTAGGIO DEL RIORDINO DELL'EDITORIA COSTEREBBE IL CARO PREZZO DELLA LIMITAZIONE DELLA LIBERTÀ IN INTERNET!

UN PREZZO QUESTO CHE NON POSSIAMO PERMETTERCI SE NON VOGLIAMO ASSOMIGLIARE ALLA CINA E AD ALTRI PAESI DOVE LA DEMOCRAZIA È ANCORA UNA CHIMERA.

NON CI RESTA CHE ATTENDERE LA MODIFICA DEL DDL CHE IL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI GENTILONI PROPONE. VEDIAMO!
Raffaele B.

UNITA
Gentiloni: modicheremo la norma sui blog
Pubblicato il: 20.10.07

Il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, prende carta e penna _ virtuali - per scrivere sul suo blog che il ddl editoria - che inizia la prossima settimana il suo iter alla Camera - contiene «un errore da correggere», ovvero la norma a suo avviso ambigua sull'iscrizione al Roc per i blog. Dopo le proteste di Beppe Grillo, Giuseppe Giulietti di Articolo 21 e di numerosi blogger, arriva dunque l'apertura di Gentiloni sulla norma contenuta nel disegno di legge studiata dal sottosegretario Riccardo Levi.

Quanto all'Autorità garante la norma contenuta nel decreto collegato alla Finanziaria conferma a suo avviso la «grave» distorsione concorrenziale nel mercato, già segnalata nell'indagine sul settore in vista del ddl. Nel mirino dell'Antitrust l'anomalia che già aveva rilevato, tra l'altro in contrasto con le linee contenute nel progetto di riforma dell'editoria, e che vede una disparità tra le Poste, che possono fare tariffe agevolate in quanto gli sconti sono sostenuti dal bilancio pubblico, e gli altri operatori del settore. Per questo si chiede una modifica da inserire nel decreto legge attualmente all'esame della Commissione Bilancio di Palazzo Madama e che sarà discusso lunedì. Per l'ad di Poste Italiane, Massimo Sarmi, «la materia relativa alle agevolazioni tariffarie per le spedizioni di prodotti editoriali costituisce un beneficio concesso agli editori». Sarmi sottolinea poi che a sua volta il ddl Levi «non prevede alcuna agevolazione tariffaria in un panorama di totale liberalizzazione al quale tende anche Poste Italiane». Ed infatti il «padre» del disegno di legge sull'editoria Ricardo Franco Levi, sostiene che «del parere dell'Antitrust il governo ha pienamente tenuto conto nel ddl sull'editoria appena approvato dal Consiglio dei ministri e che inizierà nei prossimi giorni il suo cammino parlamentare».

Un ddl che ancora non ha iniziato il suo iter, ma è già oggetto di polemiche e discussioni che preludono ad emendamenti. Gentiloni interviene duramente nella polemica aperta da Beppe Grillo. «L'allarme lanciato da Beppe Grillo e ripreso da molti commenti al mio blog è giustificato», scrive il ministro. A suo avviso il ddl «va corretto perch‚ la norma sulla registrazione dei siti internet non è chiara e lascia spazio a interpretazioni assurde e restrittive». Il presidente della Fieg, Boris Biancheri pensa che il settore dell'informazione su Internet ha bisogno di una disciplina, ma non di subire limitazioni. «Se si tratta solo di una registrazione - sostiene - può rientrare in una visione ordinata di un settore cresciuto in modo spontaneo e che ha raggiunto dimensioni che hanno senza dubbio bisogno di una disciplina. Ma non vorrei che fosse il preludio di un sistema di imposizione anche fiscale là dove invece la fortuna stessa della rete e la sua crescente importanza nella vita sociale vengono dal fatto che si tratta di un sistema gratuito».

Anche oggi comunque Grillo non rinuncia a dire la sua in merito e annuncia che, in data da definire, dedicherà il prossimo V-day all'informazione. Il comico insiste: «Questa legge va cancellata» sollecitando in serata una decisa replica del sottosegretario Levi: «Ho già detto e ripetuto che, con il disegno di legge di riforma dell'editoria, non avevamo e non abbiamo alcuna intenzione di limitare la libertà di espressione attraverso Internet ed i blog»: risponde Levi. Ed ha aggiunto: «Per ogni legge il passaggio parlamentare è l'occasione per migliorare i testi e, quando necessario, chiarire gli eventuali punti ambigui». La prossima settimana il sottosegretario sarà alla commissione cultura della Camera per una prima discussione del ddl. «Credo che già in quell'occasione potremo trovare una soluzione che chiarisca ogni problema», ha aggiunto.

sabato, ottobre 20, 2007

MASTELLA E MAGISTRATURA A SOVRANITÀ LIMITATA

CON UN INCREDIBILE COLPO DI SCENA SI SOTTRAE AL MAGISTRATO LUIGI DE MAGISTRIS (NELLA FOTO) L'INCHIESTA "WHY NOT" CUI SONO IMPLICATI A VARIO TITOLO DIVERSI PERSONAGGI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA DI AMBEDUE GLI SCHIERAMENTI TRA CUI CLEMENTE MASTELLA MEDESIMO E PERFINO PRODI.

CIÒ AVVIENE DOPO IL NULLA DI FATTO SULLA RICHIESTA DEL SUO TRASFERIMENTO DA PARTE DEL MINISTRO DI GIUSTIZIA CLEMENTE MASTELLA. GLI ISPETTORI DA LUI INVIATI PER VERIFICARE LA CORRETTEZZA DELLA SUA AZIONE, NON HANNO TROVATO NULLA DI RILEVANTE

QUESTA VOLTA A TOGLIERE L'INCHIESTA AL MAGISTRATO È STATO IL SUO CAPO DOLCINO CAVI CON LA SORPRENDENTE MOTIVAZIONE CHE SAREBBE "INCOMPATIBILE CONDURRE L'INDAGINE SUL MINISTRO CHE NE HA CHIESTO IL TRASFERIMENTO". UNA NORMA PREVISTA DALL'ART. 372 DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE.

GENIALE! SE UN MINISTRO È INDAGATO SAREBBE SUFFICIENTE CHE EGLI RICHIEDA IL TRASFERIMENTO DEL GIUDICE PER FAR SCATTARE L'INCOMPATIBILITÀ A CHE TALE GIUDICE POSSA CONTINUARE L'INCHIESTA.

NEMMENO L'EX MINISTRO CASTELLI DEL PRECEDENTE GOVERNO BERLUSCONI SAREBBE POTUTO ARRIVARE A COSÌ TANTA "FURBIZIA".

LA LETTURA CHE SI PUÒ DARE A QUESTA NOTIZIA NON PUÒ CHE ESSERE UNA SOLA: “INTERFERENZA DELLA POLITICA CON LA GIUSTIZIA”.

SI È VOLUTO FERMARE UN MAGISTRATO PERCHÈ STAVA INDAGANDO SU UN GROSSO CASO DI CORRUZIONE. LE GIUSTIFICAZIONI DI LEGGE E LE PRESUNTE IRREGOLARITÀ PER FERMARLO TROVANO IL TEMPO CHE TROVANO.

ESSE SONO INCONSISTENTI ED APPAIONO COME SCUSE ASSURDE E CLAMOROSAMENTE INCREDIBILI OLTRE CHE INOPPORTUNE.

NEMMENO BERLUSCONI AVREBBE POTUTO FARE DI MEGLIO!

PERCHÈ LO SI È VOLUTO FERMARE?
FORSE CHE IL NUOVO INDAGATORE, IL PROCURATORE CAPO DOLCINO CAVI, PORTERÀ AVANTI L'INCHIESTA, A SE AVOCATA, CON LA STESSA VOLONTA E IMPEGNO DEL PRECEDENTE?
A QUESTO PUNTO, SE PERMETTETE NE DUBITO!
Raffaele B.

UNITA
Catanzaro, la Procura toglie l'inchiesta a De Magistris
Pubblicato il: 20.10.07

Incompatibile a indagare su Mastella. Luigi De Magistris costretto dalla Procura di Catanzaro a lasciare l’inchiesta Why not. È l’ennesimo colpo di scena della saga che vede coinvolti il pubblico ministero calabrese e il ministro della Giustizia. Dopo che venerdì si era avuta notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di Clemente Mastella, sabato mattina, il procuratore generale di Catanzaro, Dolcino Favi, ha avocato l’inchiesta al pm Luigi De Magistris. Il motivo sarebbe proprio l’incompatibilità del pm a indagare sul ministro che ne ha chiesto il trasferimento.

La richiesta in corso di trasferire De Magistris da Catanzaro avrebbe dovuto, secondo la Procura, far desistere il pm dall’iscrivere il ministro Mastella, ovvero colui che ha chiesto di mandarlo via dalla Calabria, nel registro degli indagati. Ma non è andata così, e il procuratore Favi ha sentito il bisogno di intervenire direttamente. Favi ha applicato l’articolo 372 lettera A del codice di procedura penale, secondo il quale il procuratore è obbligato a disporre l'avocazione dell’inchiesta nel momento in cui si presenti una situazione di incompatibilità con il titolare dell’inchiesta stessa. «Il giudizio terzo arriva», ha commentato Mastella, che si è detto «sereno in attesa di giudizio». «Bisogna che ognuno rispetti la legalità e i principi - ha concluso - nessuno oltrepassi la linea di demarcazione dei principi legali».

Aveva destato scalpore venerdì la notizia che nella sterminata lista degli iscritti al registro degli indagati dell’inchiesta Why Not fosse finito anche il nome di Mastella. Sì, proprio il ministro che da settimane porta avanti una dura campagna contro il pubblico ministero Luigi De Magistris, quello che sostiene l’esistenza di una sorta di "nuova tangentopoli", una vera e propria associazione a delinquere che coinvolgerebbe politici e imprenditori, non solo calabresi. Un terremoto che aveva avuto una nuova scossa con la decisione del ministro Mastella di chiedere il trasferimento del pm calabrese, per la sua «vigilanza assai inefficace» sull'iter di alcune inchieste, nonché per «comportamenti svincolati dalle norme processuali, ordinamentali e deontologiche».

Ma ad oggi, gli ispettori del ministero della Giustizia non hanno trovato nulla, e sul caso De Magistris si era alzato il polverone: in molti, dalle associazioni ai parenti delle vittime di mafia, fino al gip Clementina Forleo, sostengono che l’unica colpa di De Magistris sia quella di essere arrivato dove non doveva arrivare. Mastella, comunque, venerdì si era detto tranquillo, sereno e soprattutto estraneo ai fatti. Dalle prime indiscrezioni, pare che al centro delle accuse contro Mastella ci siano i suoi presunti rapporti con l'imprenditore Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria e pedina centrale dell'inchiesta Why Not, dal nome dell’agenzia interinale intestata allo stesso Saladino.

Ora, l’intervento della Procura rimette in gioco tutte le carte. Il pm De Magistris, intanto, dice di non sapere nulla dell'avocazione: «Ancora una volta - ha detto - vengono rese pubbliche a mezzo stampa notizie riservate che riguardano il mio ufficio, le mie indagini, e la mia persona. Se è vero quello che l'Ansa ha scritto, non avendo io ricevuto alcuna notifica - conclude - ci avviamo al crollo dello stato di diritto, registrandosi anche, nel mio caso, la fine dell'indipendenza e dell'autonomia dei magistrati quale potere diffuso».

giovedì, ottobre 18, 2007

IL VATICANO ED INGERENZA SUL CASO ELUANA

ANCORA UNA VOLTA IL VATICANO, CON IL SUO GIORNALE "L'OSSERVATORE ROMANO", SI “SCAGLIA” CONTRO UN ORGANO DELLO STATO ITALIANO: LA CASSAZIONE, REO DI CONSENTIRE UN NUOVO PROCESSO SULL'INTERRUZIONE DELL'ALIMENTAZIONE ARTIFICIALE A ELUANA ENGLARO DA 15 ANNI IN COMA VEGETATIVO.

È UN INGERENZA IN PIENA REGOLA PER TRE ORDINI DI MOTIVI:
1. ATTACCANDO UN ORGANO DELLO STATO ITALIANO, IL VATICANO AGISCE COME STATO SOVRANO CONTRO UN'ALTRO STATO SOVRANO.
2. NESSUN UOMO E/O ISTITUZIONE PUÒ CONSIDERARSI AL DI SOPRA DI TUTTI TALE DA IMPORRE I PROPRI VALORI MORALI ALLA INTERA SOCIETÀ E AD ALTRI STATI.
3. IL RIFIUTO DI UNA TERAPIA MEDICA NON È “EUTANASIA” E RIENTRA FRA I DIRITTI RICONOSCIUTI DALLA COSTITUZIONE

È EVIDENTE CHE L'ALIMENTAZIONE DI CUI SI CHIEDE L'INTERRUZIONE È ARTIFICIALE PERCHÈ AVVIENE TRAMITE UN SONDINO NASOGASTRICO, QUINDI È UN TRATTAMENTO MEDICO-CHIRURGO CHE IN QUESTO CASO DA 15 ANNI MANTIENE IN STATO VEGETATIVO UN CORPO IL CUI CERVELLO È MORTO DA ALLORA.

CON LA INTERRUZIONE DEL TRATTAMENTO SI DA CORSO SOLO ALLA MORTE "NATURALE" DEL “CORPO” VEGETATIVO E NON INVECE ALLA “PERSONA” PERCHÈ GIÀ “MORTA”.

CURIOSO! SI CONCEDE L'ESPIANTO DI ORGANI PER I TRAPIANTI QUANDO IL DONATORE PRESENTA UN ENCEFALOGRAMMA PIATTO, CIOÈ QUANDO LA SUA MORTE COINCIDE CON QUELLA DEL CERVELLO E NON DEL RESTO DEL CORPO CHE DEVE ESSERE VIVO PER L'ESPIANTO. DUE PESI E DUE MISURE?

DOPO 15 ANNI SI PUÒ RAGIONEVOLMENTE AFFERMARE CHE QUESTO TRATTAMENTO È ACCANIMENTO TERAPEUTICO CHE "FORZA" IN MODO INNATURALE UNA PERSONA "MORTA" DA TEMPO A VIVERE IN UNO STATO VEGETATIVO COME AVVIENE PER UN DONATORE PRONTO PER L'ESPIANTO, VALE A DIRE CHIARAMENTE IRREVERSIBILE.

ORA È BENE CHE LO STATO LEGIFERI IN TAL SENSO E CHE I GIUDICI POSSANO RISOLVERE LA QUESTIONE SULLA BASE DEI DIRITTI RICONOSCIUTI A TUTTI SENZA CHE IL VATICANO E CHI PER ESSO “INTRALCI” IL PROCESSO IN NOME DI UNA STRUMENTALE E CONFUSA "DIFESA DELLA VITA" A TUTTI I COSTI ANCHE DI QUELLA VEGETATIVA SENZA ALCUNA CONSIDERAZIONE DEL VOLERE E DELLE SOFFERENZE DEI SOGGETTI CHE STANNO ATTORNO A ELUANA.
Raffaele B.

DIRITTO-OGGI
EUTANASIA: CONSULTA BIOETICA, SGOMENTO PER RICHIESTA PG

(AGI) - Roma, 4 ott. - La Consulta di Bioetica e’ sgomenta di fronte alla notizia che il sostituto procuratore generale della Cassazione Giacomo Caliendo abbia richiesto ancora una volta di non sospendere le terapie nutritive come richiesto dai genitori di Eluana Englaro.
Lo sgomento - si legge in una nota - e’ ancora piu’ grande quando si apprende che la richiesta sarebbe motivata dal fatto che la terapia nutritiva non costituisce accanimento terapeutico e che il consenso non e’ attuale. Questa ultima ragione mostra il disprezzo verso i genitori e tutti coloro che hanno testimoniato negli ultimi 15 anni la volonta’ espressa da Eluana e sembra essere un pretesto che cela la vera motivazione, ossia che la terapia nutrizionale non sarebbe accanimento terapeutico. Rinveniamo in questo motivo un eco della recente dichiarazione della Congregrazione per la Dottrina della Fede che viene pedissequamente accolto dall’ultimo grado di giudizio.
La Consulta di Bioetica - prosegue la nota - e’ preoccupata per l’arretratezza con cui i tribunali italiani negano il diritto civile riconosciuto ormai in tutti i paesi avanzati. E’ vicina alla famiglia Englaro per la quale la richiesta del sostituto procuratore e’ un ulteriore torto. Auspica che la Cassazione saggiamente respinga e decida autonomamente ristabilendo la giustizia.(AGI)
Red

MENTELOCALE
Eluana: si può parlare di eutanasia?
di Bia Sarasini
18 ott 2007

È in coma vegetativo da 15 anni. Due anni fa il divieto di sospendere l'alimentazione artificiale, oggi si riapre il processo. Le opposte reazioni.

Il rifiuto delle terapie medico-chirirgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un ipotesi di eutanasia. Non v'è dubbio che l'idratazione e l'alimentazione artificiali con sondino nasogastrico costituiscono un trattamento sanitario...e senza il sondino di alimentazione, lasciato a sè stesso, il corpo muore…
CONTINUA

REUTERS
Per Vaticano "inaccettabile" sentenza della Cassazione su Eluana
mercoledì, 17 ottobre 2007 4.53

ROMA (Reuters) - La decisione della Corte di Cassazione di consentire un nuovo processo sull'interruzione dell'alimentazione artificiale a Eluana Englaro "è inaccettabile", perché apre la strada al riconoscimento giuridico dell'eutanasia ha detto oggi l'organo della Santa Sede, l'Osservatore Romano.

Nel caso specifico della sentenza della Cassazione è inaccettabile il relativismo dei valori, soprattutto se riguarda la conservazione o meno della vita", scrive oggi l'Osservatore.

"Accettare pure nel vuoto legislativo una tale posizione significa orientare fatalmente il legislatore verso l'eutanasia. Di più: introdurre il concetto di pluralismo dei valori.... significherebbe attribuire a ciascuno una potestà indeterminata sulla propria esistenza".

La Cassazione ha deciso ieri che dovrà essere celebrato un nuovo processo d'appello sul caso della giovane di Lecco in stato vegetativo da 15 anni e che il padre chiede di lasciare morire, terminando l'alimentazione artificiale.

Nella sentenza, la Corte ha spiegato che per autorizzare il distacco dell'alimentazione deve essere provato "come irreversibile lo stato vegetativo e deve essere accertato che il convincimento di Eluana avrebbe portato a tale decisione".

L'Osservatore sostiene che entrambe le premesse sono "evidentemente confutabili", perché nessuno esperto potrebbe dichiarare l'irreversibilità di tale condizione e la volontà di Eluana non si potrebbe desumere dalla "dichiarazione di un momento".

Eluana Engaro è rimasta vittima di un incidente stradale nel 1992, e da allora non è mai più uscita dal coma. Il padre si batte da anni perché termini la sua vita artificiale.

In Parlamento sono stati depositati fin dalla scorsa legislatura diversi disegni di legge sul "testamento biologico" -- il documento che contiene le disposizioni di una persona sulle cure mediche da affrontare verso il termine della vita, come la rinuncia all'accanimento terapeutico -- ma l'argomento non è stato ancora esaminato.

lunedì, ottobre 15, 2007

STORACE CONTRO TUTTI

NON PAGO DI ESSERE IMPUTATO SUL CASO DI SPIONAGGIO POLITICO DI CUI SARÀ PRESTO CHIAMATO A RISPONDERE, (VEDI Storace – Si allarga lo scandalo del Laziogate) AI DANNI DI ESPONENTI POLITICI E SUOI DIRETTI CONCORRENTI ALLA CARICA DI GOVERNATORE DEL LAZIO NEL 2005 PIERO MARRAZZO E ALESSANDRA MUSSOLINI, DI ESSERE USCITO DA AN FONDANDO UN ENNESIMO ALTRO MOVIMENTO, IL SUO: “LA DESTRA”, ISOLANDOSI DAI SUOI EX-AMICI ALLEATI, ORA STORACE ATTACCA PERFINO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NAPOLITANO, REO DI AVERE DIFESO LA SENATRICE A VITA PREMIO NOBEL LEVI MONTALCINI DALLA SUA “IGNOBILE” OFFERTA DI FARLE RECAPITARE A CASA LE “STAMPELLE”. RINCARANDO POI LA DOSE CON ALTRE OFFESE ALLA ETÀ DELLA SCIENZIATA.

IL SENATORE STORACE PUR DI ATTACCARE I SENATORI A VITA CHE “VOTANO” IL GOVERNO IN CARICA CHE, SECONDO LUI ED ANCHE QUALCUN ALTRO, NON DOVREBBERO (QUANDO INVECE “VOTAVANO” PER IL GOVERNO BERLUSCONI NON C’ERA PROBLEMA), È INCORSO IN QUESTO INCREDIBILE “INCIDENTE” UNICO NELLA STORIA DEL NOSTRO PAESE CHE LO VEDE PERÒ “ISOLATO” ANCHE A DESTRA, (VEDI L’ARTICOLO DELLA SIGNORA ASSUNTA ALMIRANTE).

IL PERCHÈ IL SENATORE STORACE SI SIA CACCIATO IN UNA POLEMICA COSÌ “PERDENTE” È DIFFICILE DIRLO MA SI POTREBBE AZZARDARE AD UN TENTATIVO DI RACCOLTA DELLE ADESIONI DEI PIÙ OLTRANZISTI ED IRRIDUCIBILI ESTREMISTI FASCISTI AL SUO MOVIMENTO PER RAFFORZARE COSÌ LA SUA POSIZIONE POLITICA A DANNO ALTRE FORMAZIONI DI DESTRA.

INFATTI DA QUANDO È COMINCIATA LA POLEMICA PARE CHE IL SUO SITO È DIVENTATO PIÙ TRAFFICATO DI QUELLO DI DI PIETRO. MA SE FOSSE COSÌ ALLORA CREDO CHE STORACE NON SI SIA FATTO BENE I CONTI. IL COSTO DELL’OPERAZIONE POTREBBE RIVELARSI PIÙ ALTO DI QUANTO DA LUI PREVISTO.
Raffaele B.

ANSA
STORACE: NON MI PENTO. BERLUSCONI LO DIFENDE
di Alessandra Chini
2007-10-14 21:29


ROMA - Il giorno dopo il polverone piovutogli addosso per aver dato dell'"indegno" al presidente della Repubblica, il leader della 'Destra' Francesco Storace non arretra. Non è pentito, ma fa comunque sapere che scriverà al Quirinale per avere udienza. E in sua difesa arriva la presa di posizione del leader azzurro Silvio Berlusconi: "Capita a tutti di sbagliare, errare humanum est", dice il Cavaliere che chiede al senatore di riconoscere l'errore per non fornire alibi all'Unione. Restano le critiche del centrosinistra e nel centrodestra sono soprattutto i centristi a stigmatizzare la sua uscita.

"La mia non è una polemica - puntualizza Storace che ieri aveva risposto alle critiche con "uno sbadiglio" - ma la risposta ad un attacco, non riesco a vedere il motivo di tante reazioni e non comprendo tutta questa ipocrisia. Ci tengo a sottolineare che non voglio la guerra totale. Non sono pentito di questo polverone, ho solo espresso un'idea come prevede la Costituzione".

Insomma, sembra chiedere Storace, dove sta lo scandalo? Tanto più che sono altri, a suo avviso, i temi sui quali ci si dovrebbe indignare. E' questo, in buona sostanza, quello che andrà a dire al Quirinale, se verrà ricevuto. "Domani - spiega - scriverò a Napolitano sul caso di un italiano affetto da una grave sindrome per cui non può muoversi né comunicare per la completa paralisi dei muscoli del corpo e che vive con soli 23 euro al giorno per affrontare la sua malattia, la parola indignazione credo sia più adatta a situazioni del genere". Inoltre, il giorno dopo la bufera sulle sue parole, l'ex governatore del Lazio ricorda i casi in cui il centrosinistra attaccò il Colle ("volevano portare davanti all'Alta corte per alto tradimento Francesco Cossiga") così come le posizioni del centrodestra sui senatori a vita ("non ho fatto che ripetere i giudizi che sono stati pronunciati in questo anno e mezzo in primis dai leader del centrodestra").

Appena rientrato dalla Russia, però, il leader azzurro Berlusconi scende in campo a sua difesa. "Capita a tutti di sbagliare - sottolinea l'ex premier - errare humanum est. Questa volta è capitato anche a Francesco Storace e me ne dispiaccio. Sono sicuro, però, che non gli mancherà l'intelligenza per riconoscerlo, come ha avuto il coraggio di fare altre volte". In questo modo, sottolinea il Cavaliere, "toglierà alla sinistra un pretesto e un'arma per continuare ad attaccarlo". Berlusconi a parte, Storace, però, non trova troppa comprensione nel resto della Cdl. Per il centrista Rocco Buttiglione, infatti, il suo è stato "un errore, un errore grave" visto che "Napolitano fa un mestiere difficile e davvero non si merita che glielo si renda ancora più difficile con uscite di quel tipo".

Un po' più morbido ma sempre sulla stessa linea il vice coordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto. "Francamente - sottolinea l'azzurro - non mi sento di condividere ciò che ha detto Francesco Storace, non solo per il merito delle sue affermazioni, ma perché il nodo dei senatori a vita non può essere affrontato e risolto né con attacchi personali ad alcuni di essi, né con ammonimenti istituzionali per quegli attacchi". Il problema, dice Cicchitto, sono le scelte "squilibrate" di Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi


QN.QUOTIDIANO
Storace: "Stampelle alla Montalcini"
E lei, sdegnata: "E' un totalitarista"

"Sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali e fisiche - manda a dire il premio Nobel - Come senatore a vita espleterò le mie funzioni di voto". Controreplica: "A 98 anni non ha più ironia... Lei è lo strumento micidiale di sostegno al governo Prodi" Commenta

Roma, 10 ottobre 2007 - "Non ho alcun bisogno delle stampelle, sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali e fisiche". Così Rita Levi-Montalcini risponde al Francesco Storace, segretario nazionale di La destra, dopo aver letto sul quotidiano 'Repubblica' di ieri, la decisione del segretario di consegnarle le stampelle direttamente a casa.

"Esprimo il mio profondo sdegno, a quanti non possiedono le mie stesse facoltà mentali, perchè - continua il premio Nobel, le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria. In qualità di senatore a vita e in base all' articolo 59 della Costituzione Italiana - aggiunge la Montalcini - espleterò le mie funzioni di voto fino a che il Parlamento non deciderà di apporre relative modifiche".

"Inoltre - conclude la scienziata - non possiedo i miliardi, dato che ho sempre destinato le mie modestie risorse a favore delle persone bisognose, e per sostenere cause sociali di prioritaria importanza".

Pronta la risposta del senatore Storace, che anzichè scusarsi per l'uscita poco rispettosa torna all'attacco: "Non pretendiamo che alla nobile e veneranda eta' di 98 anni ci sia capacita' di ironia, pur se nel pieno delle facolta' mentali, come rivendica oggi Rita Levi Montalcini, chiamata da Repubblica a difendersi da stampelle inesistenti".

Il segretario nazionale de La Destra in una nota osserva: "Questa gagliarda signora non e' solo la ricercatrice che abbiamo conosciuto, bensi' si e' trasformata nello strumento micidiale di sostegno del governo Prodi, diventando, cosi', persona di parte. Percio', anche lei dovra' tenersi tutte le critiche piu' dure".

Insiste Storace: "Tra i privilegi dei senatori a vita non e' prevista l'immunita' per essersi schierati pregiudizialmente da una parte". La democrazia, conclude, "e' consenso. Questo governo non ha il consenso dei cittadini, ma lo estorce in Parlamento, grazie a questi signori. Altro che totalitarismo".

NOTIZIE.ALICE
STORACE/ ASSUNTA ALMIRANTE: FRANCESCO HAI SBAGLIATO (CORSERA)
La vedova di Almirante difende Napolitano e la Montalcini

Milano, 14 ott. (Apcom) - "Francesco sbaglia, un uomo nella sua posizione di senatore della Repubblica non deve usare parole insultanti sia verso Rita Levi Montalcini sia verso il presidente Napolitano". Donna Assunta Almirante in un'intervista al 'Corriere della Sera' condanna le dure dichiarazioni di ieri di Francesco Storace, leader della "Destra", nei confronti della senatrice a vita e del presidente della Repubblica.

"Ho avuto il piacere - sottolinea la vedova del fondatore del Msi - di conoscere la senatrice Montalcini a una colazione e l'ho trovata una persona di straordinaria intelligenza e vivacità".

Le si deve rispetto, aggiunge, per l'età, "un'età che non le impedisce di svolgere il ruolo di senatrice a vita, il mio augurio è che possa continuare a essere presente alle sedute del Senato".

Le critiche di donna Assunta all'ex ministro si rivolgono anche alle espressioni con cui Storace si è rivolto al capo dello Stato. "Ha dato dell'indegno a Napolitano? Io gli dico: Francesco hai sbagliato. Le istituzioni si devono rispettare proprio adesso che siamo nel degrado totale".

Dalle parole della vedova di Almirante sembra di capire che non condivida la polemica del centrodestra sul ruolo dei senatori a vita, accusati di tenere in vita un governo traballante. E anche per Napolitano nutre un'idea positiva. "Il capo dello Stato - osserva - si sta comportando in modo corretto. Per dirla in parole semplici, dà una botta al cerchio e uno alla botte".

DIRITTO-OGGI
SENATORI A VITA: COLOMBO,STORACE ELETTO CON LEGGE-PORCATA

(AGI) - Roma, 14 ott. - Intervistato dal Corriere della Sera, il senatore a vita Emilio Colombo interviene sulle polemiche scatenate dal durissimo attacco del leader della Destra Francesco Storace contro il Capo dello Stato che era intervenuto in difesa di Rita Levi Montalcini, a sua volta oggetto di una feroce polemica da parte della formazione guidata dall’ex presidente della Regione Lazio. ‘Da chi vengono certe contestazioni ai senatori a vita?’ si chiede Colombo ‘Da chi e’ stato eletto con una legge che essi stessi definiscoo una ‘porcata’. Un segretario politico si chiude in una stanza, butta giu’ una lista e la sottopone agli elettori privati del diritto di votarsi i candidati. Quindi si arriva in parlamento nominati da un segretario… se permette, e’ ben piu’ onorevole essere nominati da un presidente della Repubblica, magari per il merito di aver partecipato a sessant’anni di vita politica e a quaranta di governo, o essere ex Capi dello Stato’. Colombo ribadisce che ‘quello del senatore a vita e’ un mandato parlamentare piano. Ovvero, secondo la carta costituzionale, ha ‘pieno’ diritto alla liberta’ di esercizio. Ovviamente incluso il voto di fiducia e sfiducia’.(AGI)
Red/Lam

giovedì, ottobre 11, 2007

IL GENERALE SPECIALE ED USO PRIVATO DEI MEZZI GDF

MI SEMBRA DOVEROSO EVIDENZIARE QUESTA NOTIZIA CHE FA TABULA RASA SULLA FAMOSA INTEGRITÀ DEL TANTO IMPECCABILE ED ONORABILE GENERALE ROBERTO SPECIALE, TANTO DIFESO DALLA DESTRA QUANTO DALLO STESSO DI PIETRO A SINISTRA CONTRO IL MINISTRO DELL’ECONOMIA PAOLO SCHIOPPA E DEL SUO COSIDDETTO “CATTIVO” VICE MINISTRO VISCO CHE L’HANNO VOLUTO “CACCIARE” DALLA POSIZIONE DI COMANDANTE DELLA GUARDIA DI FINANZA.

IL SEGRETO DIVENTA NOTIZIA PER CASO E SI COMMENTA TANTO DA SOLA CON QUESTO ARTICOLO RICCO DI DETTAGLI CHE CON UN
VIDEO UFFICIALE GIRATO NEL FEBBRAIO 2005 DA UN OPERATORE DELLE FIAMME GIALLE MEDESIME.

DI FRONTE A QUESTA DENUNCIA COSÌ CIRCOSTANZIATA NESSUNO OSA PIÙ DIFENDERLO NÉ TANTOMENO DI PIETRO. DEVONO SENTIRE MOLTO IMBARAZZO DOPO TANTA VEEMENTE DIFESA.
Vedi precedente commento CASO SPECIALE - ATTACCO A VISCO E AL GOVERNO PRODI
Raffaele B.

REPUBBLICA
Gite in montagna e pesce fresco in baita così Speciale usava l'Atr della Finanza
di CARLO BONINI
11 ottobre 2007

Mogli e amici a bordo di un aereo del corpo, e poi di un elicottero
per una gara di sci sulle Dolomiti. Una trasferta filmata: ecco il video


ROBERTO Speciale con coppola e montone. Le signore in pelliccia. Tutti a Passo Rolle. Per la festa sulla neve. A bordo
dell'Atr 42 della Guardia di Finanza. E a cena pesce freschissimo. In casse caricate all'aeroporto di Pratica di Mare e spedite con volo militare. L'ex comandante della Guardia di Finanza ha chiesto al Paese cinque milioni di euro perché il suo onore di "uomo delle Istituzioni" e di "ufficiale" con la schiena dritta trovi giusto ristoro al "massacro" che ne avrebbero fatto in Parlamento il ministro dell'Economia Padoa-Schioppa e il suo vice Vincenzo Visco.

Un giudice amministrativo deciderà di qui a tre settimane del risarcimento. E' un fatto che, liberi dalla sua ombra, gli archivi della Guardia di Finanza cominciano a restituire qualche documento che racconta chi è Roberto Speciale. Come ha interpretato il suo comando. Quale uso abbia fatto delle risorse destinate al lavoro di un Corpo che, spesso, a fine anno, non ha risorse per mettere la benzina nelle sue macchine.

Parliamo di un filmato ufficiale girato in una fredda mattina del febbraio 2005. A passo Rolle (Trentino Alto Adige) si apre la 55esima edizione delle "gare invernali di sci" del Corpo. Un operatore delle Fiamme Gialle rivolge l'obiettivo della telecamera sull'orizzonte cobalto della pista di atterraggio dell'aeroporto di Bolzano. Nell'assolo trionfale e lancinante di una chitarra elettrica che fa da colonna sonora alle immagini, un Atr 42 turboelica del Corpo (aereo destinato, secondo le informazioni diffuse dal sito istituzionale della Finanza, al "contrasto del contrabbando", alla "sorveglianza delle coste", alle "missioni umanitarie", giocattolo da 3.500 euro l'ora, escluso il costo dell'equipaggio) si posa a terra. Il bestione rulla, avvicinandosi lentamente all'aerostazione e la musica cresce. Cresce nell'enfasi compiaciuta della regia.

Un drappello di infreddoliti ufficiali si avvicina al portellone posteriore, guidato dal generale Giulio Abati (allora comandante regionale del Trentino Alto Adige). Attesa. Poi, ecco il primo passeggero. Una signora avvolta in una pelliccia di volpe. La moglie di Roberto Speciale. Ecco il secondo. Un'altra pelliccia di volpe. La signora D'Amato, moglie del generale Salvatore D'Amato (all'epoca comandante interregionale di Napoli). Ora, la terza pelliccia. Volpe come sopra, ma rovesciata. Una giovane donna che nessuno dei presenti sembra conoscere o riconoscere, salvo l'autista del comandante generale che aspetta sottobordo e con cui scambia un affettuoso bacio.

Quindi tocca agli uomini. Un ragazzone dall'abito sportivo con una sporta di carta; un uomo di mezza età che sembra accompagni la più giovane delle signore; il generale D'Amato, in giacca a vento e quindi lui, il Comandante. Immagini di vederlo fare capolino in alta uniforme. E invece il generale si è "messo" da montagna. Coppola, giacca di montone con bottoni in osso, morbidi pantaloni in velluto verde petrolio. Lo salutano militarmente. Lui risponde allungando morbidamente la mano nel gesto dell'omaggio.

Da Bolzano a Passo Rolle sono 50 minuti di auto. La giornata è serena. In fondovalle non c'è neve. Ma la comitiva, visibilmente compiaciuta, non si nega lo spettacolo delle cime. Si accomoda su un elicottero Ab 412 del Corpo che attende a bordo pista. La chitarra elettrica della colonna sonora pesta in un ennesimo assolo, mentre l'obiettivo stringe sulle signore in pelliccia issate a bordo, su un comandante chino ad allacciare le cinture di sicurezza a chi non sa neppure da dove si cominci. Su Speciale, che ora ha tolto la coppola e inforcato dei "Rayban" a goccia con cui osserva compiaciuto il lavoro agiografico del cine-operatore.

Di nuovo in aria. Il Cimon della Pala è magnifico. I tre generali che attendono a Malga Fossa (Nino Di Paolo, generale di corpo d'armata, comandante a Firenze; Luciano Pezzi, generale di divisione, Lucio Macchia, generale di corpo d'armata) sono tre deferenti statue di ghiaccio. Alla malga, ai piedi dell'elicottero appena atterrato in una nuvola di neve farinosa, il cerimoniale si ripete nella sua sequenza grottesca. Nessuno sa bene chi salutare. Anche perché alcuni di quelle signore e signori non li conosce nessuno. Finche una Land Rover blu notte tirata a lucido se ne va con gli ospiti.

Non sembra questa la sola pagina umiliante scritta a Passo Rolle. Di storie, nel Corpo, se ne raccontano di tutti i colori. E almeno una ha lasciato tracce documentali e testimoniali. Speciale ama il pesce fresco. E, si sa, le malghe non ne offrono. In un'occasione, dunque, dall'aeroporto di Pratica di Mare viene fatto sollevare un Atr 42 con a bordo un metro cubo di pesce. Il piano di volo prevede l'atterraggio a Bolzano, quindi il disimbarco e la consegna del prezioso carico in montagna.

Il pilota è il maggiore Aldo Venditti. Ma il poveretto non ha fortuna. Le condizioni meteo su Bolzano lo obbligano ad atterrare a Verona, dove nessuno aspetta pesce. Tantomeno un drappello di sconcertati "baschi verdi" che rifiutano di farsi facchini. Tocca al pilota. E la storia smette di essere un segreto.

lunedì, ottobre 01, 2007

IRAQ - LA GUERRA SI POTEVA EVITARE

UNA NOTIZIA QUESTA PASSATA IN SILENZIO. LE TV NON NE HANNO PARLATO A SUFFICIENZA, I GIORNALI INVECE SI MA NON IN PRIMA PAGINA, QUINDI PASSATA IN SORDINA. QUANTI LA CONOSCONO?

EPPURE È AVVENUTO! ED È TUTTO DOCUMENTATO: SADDAM HUSSEIN STAVA PER ANDARSENE. AVEVA ACCETTATO DI LASCIARE IL POTERE E ANDARE IN ESILIO. VOLEVA SOLO UNA BUONA USCITA DI UN MILIARDO DI DOLLARI.

COSA SONO UN MILIARDO DI DOLLARI RISPETTO A TUTTI I MORTI (AMERICANI E NON), LE DISTRUZIONI E LE CENTINAIA DI MILIARDI DI DOLLARI GIÀ SPESI (CHISSÀ QUANTI ANCORA) PER LA GUERRA CHE BUSH HA VOLUTO FARE COMUNQUE OTTENENDO PERFINO L'APPOGGIO DEGLI ALTRI CAPI DI STATO QUALI AZNAR (SPAGNA), BERLUSCONI (ITALIA) E BLAIR (INGHILTERRA) NONOSTANTE SAPESSERO.

ESSI FECERO CARTE FALSE (VEDI ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA) PER OTTENERE L'APPOGGIO DELL'ONU CHE AVVENNE PERÒ SOLO A GUERRA GIÀ FATTA! MA CONVINSERO L'OPINIONE PUBBLICA E MOLTI GOVERNI E COSÌ L'IRAQ FU ATTACCATA SENZA L'AVALLO DELL'ONU CON IL NUOVO PRINCIPIO DELLA GUERRA PREVENTIVA CON LA SCUSA DI COMBATTERE IL TERRORISMO. INVECE IL TERRORISMO È AUMENTATO.

SE COSÌ È STATO, ALLORA SU QUESTI UOMINI GRAVA UNA GRANDE RESPONSABILITÀ CHE SOLO LA STORIA POTRÀ DOMANI GIUDICARE ED ESSERE ACCOSTATI AI PEGGIORI ED LUGUBRI PERSONAGGI DEL PASSATO.
Raffaele B.

RAINEWS24
Bush rivelo' ad Aznar: Saddam pronto all'esilio in cambio di 1mld di dollari
Londra 29 settembre 2007

Una trascrizione di un colloquio tra George W. Bush e Jose Maria Aznar alla vigilia della guerra in Iraq ha portato alla luce un'iniziativa per evitare il conflitto armato portando via dal Paese Saddam Hussein. Lo rivela il quotidiano britannico 'The Independent'.
"Sì, e' possibile", disse il presidente degli Stati Uniti all'allora primo ministro spagnolo: "Gli egiziani stanno parlando con Saddam Hussein... Sembra aver indicato di essere disponibile all'esilio se gli permetteranno di prendere un miliardo di dollari e tutte le informazioni che vuole sulle armi di distruzione di massa".
Ma Bush bocciò l'idea, sostenendo che "è inoltre possibile che venga assassinato" e ribadendo che in ogni caso gli Stati Uniti non avrebbero dato "alcuna garanzia" al presidente iracheno.
"E' un ladro, un terrorista e un criminale di guerra. Paragonato a Saddam, (Slobodan) Milosevic sarebbe madre Teresa".

RAINEWS24
El Pais: ecco come Bush convinse Aznar sull'Iraq.
E gli rivelo' che la guerra era gia' decisa
Madrid 26 settembre 2007

Strette di mano, photo opportunity, battute fra amici. Ma quella fine settimana al ranch texano di Crawford, in Texas, il 22 febbraio 2003, il premier spagnolo José Maria Aznar aveva appena saputo dal presidente americano George W. Bush che gli USA avrebbero invaso l'Iraq, con o senza l'avvallo Onu.
Quattro settimane prima dell'invasione dell'Iraq, che avvenne nella notte tra il 19 e il 20 marzo 2003, Bush illustrò ad Aznar le condizioni poste a Saddam Hussein: disarmo o guerra. A porte chiuse, scrive il quotidiano spagnolo El Pais, il presidente degli Stati Uniti sosteneva che orami la guerra era inevitabile. El Pais rivela che nel corso di una lunga conversazione privata con Aznar Bush indicò con chiarezza che era arrivato il momento di disfarsi di Saddam. "Rimangono due settimane. Tra due settimane saremo militarmente pronti. Saremo a Baghdad a fine marzo", spiegò al fedele alleato Aznar...
CONTINUA

VOCEDITALIA
Iraq: Hussein era pronto all'esilio
Chiese di portare con se' un miliardo di dollari
Aznar tento' di dissuadere il presidente Usa, per poi sostenerlo in sede del Consiglio di Sicurezza


Madrid, 27 set.- Il quotidiano spagnolo El Pais ha rivelato che poche settimane prima dell’inizio dell’invasione americana in Iraq, George W. Bush illustrò ad Aznar, allora capo del governo spagnolo, le condizioni di Saddam Hussein per evitare di cadere nelle mani dell’esercito a stelle e strisce. La richiesta posta da Saddm era quella di poter andare in esilio, lasciando in balia lo stato iracheno, portando però con sé un miliardo di dollari, oltre alla documentazione che lo incastrava sulle armi di sterminio di massa. Aznar cercò di limitare Bush chiedendogli di “avere pazienza”, ma il presidente americano sosteneva che ormai il paese era pronto alla guerra e che entro marzo l’esercito avrebbe invaso l’Iraq, “cambiando la politica estera amercana degli ultimi 200 anni”.

ILSECOLOXIX
Bush e Aznar avevano già deciso
27 settembre 2007

Saddam Hussein aveva lasciato intendere di esser pronto ad andarsene in esilio se gli fosse stato consentito di portare con sé un miliardo di dollari, ma il presidente degli Stati Uniti George W. Bush era ormai deciso alla guerra. È quanto emerge dal testo di un incontro alla casa Bianca fra George W. Bush e l’allora premier spagnolo José Maria Aznar il 23 febbraio del 2003, poche settimane prima dell’invasione, di cui il quotidiano El Pais ha pubblicato ieri la minuta...
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