giovedì, ottobre 30, 2008

RIFORMA SCUOLA – L’AGENTE PROVOCATORE E IL VIDEO SCOMPARSO

Aggiornamento!
Ecco il video grazie a L'Unità che lo pubblica sul suo sito con il titolo: Youtube sospetta, un infiltrato negli scontri a piazza Navona .
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Il post su Youtube è stato rimosso, però, quasi subito, è riapparso poco dopo, postato da altri utenti. A dimostrazione di come sia difficile "cancellare" qualcosa dal web...CONTINUA
.......parte precedente............................
Purtroppo apprendiamo che questo video Scontri Piazza Navona:MANIFESTAZIONE ROMA 29 OTTOBRE: COME COSSIGA INSEGNA è stato "rimosso" da Youtube con la dicitura “rimosso dall’utente”.

Nella foto il collegamento del video su Youtube a dimostrazione che c’era!
Era un video di “denuncia” palese e il personaggio è un giovane con una maglietta blu con strisce bianche con il telefonino, visibile tra i violenti anche in questo altro video Scuola, scontri in piazza Navona di Repubblica.
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Nel video "rimosso" è ripreso molto bene in atteggiamenti inequivocabili che rileva familiarità con i poliziotti.
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La polizia poi si vede chiaramente che difende i provocatori attorno al camion pieno di spranghe che non sarebbe potuto entrare in area pedonale di piazza Navona senza il consenso della polizia stessa.
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Se ne deduce con certezza che è uno di loro “infiltrato” fra i provocatori per far degenerare la piazza e consentire così l’intervento della polizia contro gli studenti.
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Se il video fosse caduto nelle mani di un magistrato avrebbe per legge dovuto procedere all’arresto e al procedimento penale contro costui chiaramente riconoscibile. Vedi nella foto dedotta dal video suddetto.
Raffaele B.

RIFORMA SCUOLA - AGENTI PROVOCATORI CONTRO GLI STUDENTI

Come volevasi dimostrare, è avvenuto ciò che si poteva temere, specialmente a seguito di quanto dichiarato a più riprese da Cossiga (ex-Presidente della Repubblica negli anni di piombo). Vedi su Youtube: Cossiga: "Massacrare i manifestanti senza pietà!" e Cossiga il P2ista. Consigli per l'ORDINE.
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In questo video invece: Scontri Piazza Navona:MANIFESTAZIONE ROMA 29 OTTOBRE: COME COSSIGA INSEGNA viene evidenziato un personaggio tra i gruppi che hanno provocato le violenze e che poi si vede chiaramente essere un uomo della polizia medesima! Vedere per credere! Serve un’inchiesta per accertarne l’identificazione.
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I poliziotti a piazza Navona hanno permesso ai “violenti” del cosiddetto “blocco studentesco” di provocare la piazza per poter “intervenire” contro gli studenti che manifestavano pacificamente.
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La polizia ha consentito per questo ai “provocatori” di passare con il camion cariche di spranghe e difesi consentendo loro di passare in mezzo alle file dei poliziotti per potersi radunare con il resto del gruppo. Costoro hanno tentato di “appropriarsi” della manifestazione dei primi ignari studenti raccolti nella piazza al solo scopo di “provocare” il grosso del movimento che è poco dopo arrivato.

C’è stato all’inizio un tentativo di calmare gli animi ma poi sono naturalmente “scoppiati” gli incidenti. Era quello che si voleva. I violenti del “blocco studentesco” non hanno nulla di “studentesco” ma tanto di “blocco” e non c’entrano affatto con gli studenti che manifestano in questi giorni contro la riforma Gelmini.

È stato quindi messo in atto la strategia della provocazione teorizzato da Cossiga già ampiamente sperimentato negli anni di piombo e più recentemente con le violenze al G8 di Genova.
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Il giornalista Curto Maltese riporta in modo dettagliato i fatti avvenuti nella piazza ed in particolare il vergognoso e colpevole comportamento della polizia che se non fosse per le numerose testimonianze e filmati di cui internet è piena, non si saprebbe, avvalorando l’idea propagandata da Berlusconi che gli studenti e i loro insegnanti sono solo “facinorosi” che meritano questo trattamento.

Mi auguro che gli studenti stiano “attenti” d’ora in poi ed “evitare” di farsi infiltrare da “provocatori” disposti a tutto, organizzando un loro “servizio d’ordine”, mantenendo il carattere “pacifico” delle loro manifestazioni e anche alleandosi con il sindacato confederale dei lavoratori della scuola che su queste cose ha una “esperienza” secolare!
Raffaele B.

REPUBBLICA
Un camion carico di spranghe
e in piazza Navona è stato il caos
La rabbia di una prof: quelli picchiavano e gli agenti zitti
di CURZIO MALTESE (30 ottobre 2008)

AVEVA l'aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo dè Fiori colmo di gente. Certo, c'era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico. "Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane" sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un'onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo dè Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi.

Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano "Duce, duce". "La scuola è bonificata". Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent'anni, ma quello che ha l'aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un'altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell'università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. "Basta, basta, andiamo dalla polizia!" dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. "Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!" protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: "E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!". Il funzionario urla: "Impara l'educazione, bambina!". La professoressa incalza: "Fate il vostro mestiere, fermate i violenti". Risposta del funzionario: "Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra". C'è un'insurrezione del drappello: "Di sinistra? Con le svastiche?". La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: "Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un'azione di violenza da parte dei miei studenti. C'è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c'entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire".

Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: "Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra". Monica, studentessa di Roma Tre: "Ma l'hanno appena sentito tutti! Chi crede d'essere, Berlusconi?". "Lo vede come rispondono?" mi dice Laura, di Economia. "Vogliono fare passare l'equazione studenti uguali facinorosi di sinistra". La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: "Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov'è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l'avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto".

Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. "È contento, eh?" gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all'ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì".

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un'azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. "Lei dove va?". Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: "Non li abbiamo notati".

Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: "Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!". L'altro risponde: "Allora si va in piazza a proteggere i nostri?". "Sì, ma non subito". Passa il vice questore: "Poche chiacchiere, giù le visiere!". Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s'affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l'assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s'avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell'Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all'occupazione, s'aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. "Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l'idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo".

mercoledì, ottobre 22, 2008

SCUOLA E LA RIFORMA IMPOSTA CON LA FORZA

*** AGGIORNAMENTO DEL 24/10/2008
Come volevasi dimostrare il Cavaliere, come al solito “smentisce se stesso” nel suo tipico modo abituale tale da negare la stessa evidenza del video trasmesso
da tutti i media. Qualcuno deve avergli detto della “sparata provocatoria” e “pericolosa” per le stesse sorti del suo governo ed ha “cambiato idea”. Ci fa piacere, ma perbacco un po’ di serietà e dignità da una carica così importante. Ammettere di avere sbagliato è un segno di onestà e di saggezza. Invece l’irrefrenabile Cavaliere continua a coprirsi di ridicolo in particolare di fronte al mondo intero.
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Di fronte alla reazione dell'intero corpo della scuola a tutti i livelli sulla "riforma" Gelmini, Berlusconi e quindi tutto il governo, risponde che impiegherà le forze dell'ordine per impedire l'occupazione di scuole e università.

Nessun governo finora si è spinto a tanto! Eppure quasi tutti i governi che si sono avvicendati negli ultimi 50 anni hanno dovuto fronteggiare manifestazioni e mobilitazioni studentesche contro le loro "riforme". Berlusconi ora lo fa! Cosa spinge un governo per quanto di destra a rispondere in questo modo? É una strada questa senza uscita, una volta imboccata porta ad esiti imprevedibili, è la storia a dircelo!

Che sia un bluff? Anche in questo caso Berlusconi dimostra una grande "irresponsabilità". Egli non comprende che in un paese "democratico" ed industrializzato come il nostro, il governo, per quanto investito di legittimità dal voto dei cittadini non può "imporre" nessuna riforma senza dialogo e senza consenso in particolare di coloro cui la riforma interessa.

La può fare approvare dal Parlamento a colpi di fiducia ma non può aspettarsi che i cittadini interessati accettino supinamente senza reagire. Poi in un sistema democratico tutte le manifestazioni di dissenso sono legittimi per cui è naturale la reazione degli studenti e dei docenti. E
non sono affatto sparuti gruppi minoritari che impediscono ad altri di studiare.

Il governo dovrebbe invece raccogliere le ragioni del dissenso e aprirsi al dialogo invece di chiudersi ancora di più o peggio ancora mandare la polizia a reprimerli con i manganelli. Un governo democratico non agisce così perché non può, altrimenti smette di essere democratico e si pone contro i cittadini e la costituzione.

A quel punto ha due sole possibilità: dialogo e modifica della riforma - oppure - la forza dei manganelli come fosse un problema di ordine pubblico.
Nel primo caso c'è un ravvedimento tardivo che espone il governo al proprio fallimento.
Nel secondo caso imbocca "irresponsabilmente" una strada gravida di pericoli il cui esito è nefasto innanzitutto per il governo medesimo prima ancora che per il Paese.

Perciò in ambedue i casi il governo perde! Un errore politico grave! Succede quando a governare è una sola persona e gli altri sono solo degli “yesman” ben pagati.
Raffaele B.

*** AGGIORNAMENTO *** DEL 24/10/2008
CORRIERE DELLA SERA
RIFORMA CONTESTATA
BERLUSCONI: «IN PIAZZA FRA GLI STUDENTI CI SONO ANCHE GRUPPI DI FACINOROSI»
09:55 CRONACHE Il premier: «Hanno l'appoggio dell'estrema sinistra e dei giornali». Poi precisa: «Mai parlato di polizia nelle scuole». Viminale: «Sì al dissenso, ma fermezza contro le degenerazioni». Il ministro Gelmini: «Convoco gli studenti». Ecco il video che tutti hanno visto e sentito:Video-Le parole di Berlusconi.
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UNIVERSITA-OGGI
UNIVERSITA’: RETTORE AQUILA, ESTERREFATTO DA PAROLE BERLUSCONI
(AGI) Roma, 22 ott. - ‘Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio lasciano esterrefatti. Che non si voglia comprendere il significato di una protesta che interessa trasversalmente tutte le componenti accademiche, dagli studenti al personale docente, puo’ rientrare nelle logiche del gioco democratico e delle opzioni politiche. Ma e’ davvero incomprensibile, e per certi versi irresponsabile, volere trasformare una civilissima e legittima mobilitazione di tutta l’Università italiana in un problema di ordine pubblico.

Il rettore dell’Universita’ dell’Aquila prof. Ferdinando di Orio interviene in merito alla dichiarazione del Presidente del Consiglio on. Silvio Berlusconi, che ha prospettato la possibilità di un ricorso alle forze dell’ordine per impedire l’occupazione di scuole e università. ‘Non solo e’ sconcertante - continua il rettore Ferdinando di Orio - ma e’ davvero pericoloso drammatizzare il livello dello scontro che, come tutti rettori e tutti coloro che hanno a cuore l’Università pubblica ripetono ormai da anni, vuole sostanzialmente portare al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica la drammatica situazione in cui versa l’Università.

Una situazione che i recenti provvedimenti governativi rischiano di compromettere definitivamente’. ‘Ciò che trovo, inoltre, inaccettabile e’ voler forzatamente accreditare l’immagine di un’Università spaccata al suo interno, nella quale una piccola frangia di estremisti impedisce agli “studenti modello” di poter frequentare le lezioni.

Così non e’, perché la stragrande maggioranza degli studenti vuole soltanto una Università migliore e, soprattutto, vorrebbe essere ascoltata dai suoi naturali interlocutori politici e governativi’. ‘Stia tranquillo il Presidente del Consiglio - conclude il rettore Ferdinando di Orio - perché i rettori delle Università italiane, nell’esercizio della loro autonomia istituzionale, sapranno vigilare e non permetteranno che la legittima protesta determini discriminazioni nei confronti di alcuno’. (AGI)
Red/Noc

EURONEWS
Italia
Italia, Berlusconi pronto a inviare polizia contro occupazioni atenei
22/10 18:58 CET

Forze dell’ordine contro le occupazioni delle università. Le ultime dichiarazioni del presidente del Consiglio italianoinfiammano il dibattito sulla riforma della scuola annunciata dal governo.

Da Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi respinge l’invito del centrosinistra a ritirare il decreto e attacca giornali e tv, accusati di dar voce solo a chi protesta.

“Vorrei dare un avviso ai naviganti. Non permetteremo l’occupazione di università e di scuole, perché non è una dimostrazione di libertà, non è un fatto di democrazia, ma è pura violenza nei confronti degli altri studenti, delle famiglie, delle istituzioni e nei confronti dello Stato”.

Dopo i disordini che hanno accompagnato le manifestazioni di martedì a Milano, le mobilitazioni si moltiplicano in tutta la penisola. I portavoce delle associazioni di studenti e insegnanti criticano duramente le parole di Berlusconi, definendole diseducative e provocatorie.

In conferenza stampa, il presidente del Consiglio ha confermato i tagli alla scuola pubblica e la soppressione di ottantaseimila posti di lavoro, tra insegnanti e personale non docente.

AMBIENTE – SCIAGURATA INIZIATIVA CONTRO LA UE

Il governo italiano, con la scusa della crisi finanziaria (che però colpisce tutti i paesi), sembra avere trovato l’occasione “insperata” per recedere rispetto agli impegni presi sul protocollo di Kioto.

La ministra dell’ambiente Prestigiacomo, mentre si fa per questo promotrice di una “riflessione” della durata di un anno durante il quale “ricalcolare” con una commissione tecnica europea i costi effettivi che l’Italia dovrà sostenere se dovesse rispettare l’impegno, si “smentisce” dopo affermando che è inutile applicare quei limiti di emissioni di CO2 se i paesi più grandi non lo fanno.

Ma se non lo fa “l’Europa” che vuole “spingere” gli altri grandi paesi a farlo, come si può sperare di avere successo?

Non solo, la ministra vorrebbe pure che si votasse il “pacchetto clima” all’unanimità e quindi reintroducendo il “veto” mal celando la propria intenzione e quella del governo italiano a “bocciare” il provvedimento. Richiesta “incomprensibile” se si considera che ha l’appoggio di almeno 8 paesi dell’est, (9 con l’Italia compresa), quali Polonia, tre baltici, Romania, Bulgaria, Slovacchia e Ungheria, Repubblica Ceca(in forse), sufficienti per bloccare il provvedimento senza veto. Leggi
Nove difficili alleati per Silvio. Si vede che non si fida di questi paesi per cui il “veto” sarebbe una garanzia.

La questione dei costi eccessivi “calcolata” dal governo è anch’essa “opinabile” per diversi motivi:
primo non coincide con i calcoli fatti dalla commissione europea affidabile e superpartes.
secondo è che il governo (di parte) calcola solo i costi con l’applicazione dei limiti 20-20-20 perché direttamente a carico dei produttori e non calcola invece i costi senza quei limiti perché l’inquinamento e la devastazione ambientale é a carico di tutti con costi astronomici.
terzo non è un costo aggiuntivo ma un investimento che apre nuove opportunità a nuovi prodotti e fonti energetiche capaci di “vincere” la concorrenza e quindi di “creare sviluppo”.

Quindi non vi sono ragioni vere che possono giustificare questo comportamento, a meno che, nel fare questo si voglia “nascondere” in effetti il “grande ritardo” della industria nostrana sulla materia che di fatto sta alienando la nostre capacità e competenze per "impedirci" di puntare con decisione su innovazione, ricerca, nuove tecnologie, fonti rinnovabili e rilanciare su questi temi la competitività del sistema paese.

Ad ogni buon conto, l’avvertimento amichevole del presidente francese di turno dell'Ue Nicolas Sarkozy (di centrodestra) dice che il “pacchetto clima” sarà approvato a dicembre a maggioranza qualificata e non come vorrebbe l’Italia all’unanimità.

Cosa farà allora il governo italiano in caso di sconfitta? Una eventualità che questa sciagurata iniziativa politica non ha tenuto in conto!
Raffaele B.

ILTEMPO
Un avvertimento. Amichevole, visti i rapporti che ci sono ...
22/10/2008
Un avvertimento. Amichevole, visti i rapporti che ci sono con Berlusconi e con il governo italiano, ma pur sempre un avvertimento. Il presidente francese di turno dell'Ue Nicolas Sarkozy, ieri mattina, parlando al Parlamento europeo ha detto chiaro e tondo che «sarebbe per l'Europa un errore storico mancare l'appuntamento con il pacchetto clima».

Per questo, ha aggiunto, il pacchetto legislativo dell'Ue su clima ed energia sarà approvato a dicembre come previsto con la procedura di «codecisione», vale a dire a maggioranza qualificata in Consiglio Ue (e non all'unanimità come vorrebbe l'Italia, scelta che consentirebbe ai Paesi contrari di porre il veto e di non far approvare il provvedimento) e con un compromesso con il Parlamento europeo. «Le conclusioni dell'ultimo Consiglio europeo fanno chiaramente riferimento, confermandole, alle decisioni dei due vertici precedenti di marzo 2007 e marzo 2008 — ha detto il presidente francese — in cui si affermava chiaramente che il pacchetto sarà approvato con la procedura di codecisione».
Come presidente di turno dell'Ue, ha poi aggiunto Sarkozy, «ho deciso di rompere con la tradizione delle conclusioni dei Consigli europei che riproducevano per intero le dichiarazioni dei vertici precedenti per mascherare la propria mancanza di decisioni». Le conclusioni dell'ultimo vertice «hanno solo otto pagine, ma vanno lette insieme ai testi a cui fanno riferimento», ha concluso Sarkozy.
D'accordo con la linea scelta dal leader francese anche il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Durao Barroso: «Sarebbe davvero drammatico se l'Europa abbandonasse la lotta al cambiamento climatico».
Da Berlusconi è arrivata però una replica altrettanto dura: «Siamo un paese manifatturiero e non possiamo, in un momento di crisi come questo, caricarci il costo di qualcosa che è irragionevole — ha spiegato nel corso dell'Assemblea dell'Unione Industriali di Napoli — Ho sempre ammirato Don Chisciotte e ho sempre amato andare all'attacco: andiamo all'attacco ma con senso di responsabilità». «L'Unione europea — ha proseguito — da sola si vuole assumere il compito di indicare la strada a tutto il mondo», ma questo bisogna farlo «in modo equilibrato e giusto».
Decisamente contro la scelta del presidente francese il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo. «Berlusconi ha strappato un accordo politico con l'Unione europea, quindi si va avanti solo se tutti sono d'accordo. È la metodologia dell'Ue a non essere trasparente». «Sarkozy — ha spiegato — ha posto l'accento sul ruolo del Parlamento Ue e ha detto che questo si tratta di una codecisione con il Consiglio che in base al Trattato europeo deve essere a maggioranza qualificata. Ma l'impegno strappato da Berlusconi è politico: si va avanti se c'è l'accordo di tutti». «Noi non vogliamo una discussione ideologica sui gas serra, come quando si sente qualcuno dire "Ora c'è la crisi, cala la produzione e ci saranno meno emissioni», ha proseguito.. Per Prestigiacomo, non bisogna «ripetere gli errori fatti con Kyoto». E in questo senso ha citato il pacchetto relativo alle auto: «La direttiva — ha affermato — penalizza le auto prodotte dalla Fiat, orienta i cittadini su altre auto, con cilindrate diverse. Noi dobbiamo difendere i nostri interessi nazionali».

RINNOVABILI
A favore del norme Ue sull'ambiente
Milano, 20 ottobre 08
Longo (Aper): pacchetto clima Ue non un lusso, ma una necessità

Il presidente dell’Associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili si augura che il pacchetto “20-20-20” venga approvato integralmente e si schiera apertamente con le posizioni della Commissione Ue

“Mi auguro che a Bruxelles alla fine si raggiunga presto un accordo completo, unanime e definitivo tra tutti i paesi membri sulle politiche UE per la sostenibilità energetico/ambientale – ha dichiarato il presidente dell’Aper – perché gli investimenti per l’efficienza energetica e lo sviluppo delle energie rinnovabili non sono un lusso, bensì una necessità ed un’occasione irrinunciabile, anche e soprattutto per l’Italia, per garantire, nel pieno rispetto dell’ambiente e del territorio, importanti target di sviluppo economico, sociale e territoriale oltre ad essere una concreta opportunità per ridurre la nostra dipendenza di combustibili fossili dall’estero”.
Dopodiché Roberto Longo ha ribadito il proprio sostegno alle politiche europee di lotta ai cambiamenti climatici, dichiarandosi a favore delle misure sintetizzate del pacchetto 20-20-20.
“Siamo certi – ha concluso Longo – che i costi commessi al perseguimento degli obiettivi europei in materia di clima ed energia saranno più che compensati nei prossimi dodici anni dai vantaggi conseguibili in materia di efficienza, occupazione, innovazione e crescita economica della filiera industriale della sostenibilità, nonché dal raggiungimento di più efficaci risultati nella salvaguardia dell’ambiente”

ASCA
CLIMA: ANALISTI E STUDIOSI DIVISI SU POSIZIONE GOVERNO VERSO L'UE
(ASCA) - Roma, 20 ott - Se il mondo produttivo e' compatto nel promuovere l'azione italiana volta a rivedere il pacchetto europeo sul clima '20-20-20', analisti e studiosi mostrano opinioni diverse sull'opportunita' per l'Italia di chiedere una rimodulazione degli impegni e sul nesso tra la crisi finanziaria e i costi del pacchetto Ue. Per il direttore ricerche dell'Istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro, e' corretta la posizione assunta dal governo.

''Il pacchetto clima dell'Unione europea - spiega - era utopistico prima, e lo e' a maggior ragione ora. La crisi finanziaria rende semplicemente insostenibile l'onere del raggiungimento degli obiettivi Ue, ma va sottolineato che essi sarebbero stati comunque una sfida costosa e sbagliata''. Di fronte alla crisi finanziaria ''la nostra economia ha bisogno di riprendere fiato, e a questo scopo occorre alleggerire il peso dello Stato, non incrementare l'incertezza e il peso delle norme ambientali''.

Dello stesso avviso il il vicepresidente della Stazione Sperimentale Combustibili, Rinaldo Sorgenti, che sottolinea come ''il pacchetto non tiene conto di quanto l'Italia ha gia' fatto sul fronte delle rinnovabili e pone un obiettivo del 20% di rinnovabili che l'Italia ha gia' raggiunto con gli investimenti nell'idroelettrico. Ma il pacchetto guarda a quelli fatti dopo il 2005 e quindi quanto gia' fatto non conta nulla''.

Secondo il vicepresidente della SSC, per avere piu' rinnovabili bisogna avere una solida base di produzione con carbone e nucleare ''che consentirebbe di liberare le risorse necessarie per lo sviluppo di nuove fonti di energia''.

Opposta l'analisi di direttore scientifico del Kyoto Club, Gianni Silvestrini, secondo il quale le motivazioni della posizione assunta dal governo italiano ''possono essere lette come la volonta' di raccogliere il malessere del mondo industriale che sulla partita del clima si e' mosso tardi e ora si trova in difficolta'''.

Secondo Silvestrini ''si ha la sensazione che l'attuale crisi finanziaria abbia rappresentato un'insperata occasione per attaccare gli impegni internazionali sul clima vissuti finora con malcelata sopportazione. Questo atteggiamento evidenzia un desolante vuoto culturale che contrasta in maniera stridente con le posizioni delle altre forze del centrodestra europee in Germania, Gran Bretagna e Francia''.

giovedì, ottobre 16, 2008

CAMORRA – GIUSTIZIALISMO O VOGLIA DI LEGALITÀ?

Il trasfugo Daniele Capezzone (nella foto) ex-radicale transitato a Forza Italia già in posizione di rilievo tanto che ne è il portavoce, fa di tutto per farsi notare dal capo come uno dei più assidui e servili maggiordomi.

Egli si affanna a dimostrare che l’attacco che fa Veltroni del PD al sottosegretario dell’economia Nicola Cosentino di FI non abbia niente a che fare con le vergognose minacce della criminalità dei Casalesi a Saviano e che così facendo Veltroni compie un atto politico grave. Insomma così si fa giustizialismo e non legalità.

Ora, a parte la solita retorica sulla presunta difficoltà politica dell’avversario che lo farebbe agire in modo frettoloso riproponendo la solita vecchia propaganda dalla quale ne sarebbe sempre preda povero lui, Capezzone non spiega perché i due eventi non sarebbero collegati. Nulla, solo miserevoli invettive tipico della più italica inciviltà politica.

Ma il portavoce di Forza Italia si guarda bene ad entrare nel merito, perché se lo facesse avrebbe l’arduo compito di “smentire” tutto quello che si dice del sottosegretario
Nicola Cosentino proprio in relazione alla criminalità dei Casalesi, la stessa che minaccia di morte Saviano, il loro grande accusatore.

Il sottosegretario nato a Casal di Principe è accusato da quattro pentiti di essere al servizio dei boss Casalesi originari della stessa città. In un momento in cui le forze dell’ordine sono impegnati ad una dura lotta per arrestare questi pericolosi criminali che non dimentichiamo, godono di appoggi politici, un minimo di decenza vorrebbe che Nicola Cosentino si dimettesse per facilitare il lavoro degli investigatori e della giustizia.

Invece costoro fanno “finta di niente” mentre con una bella faccia tosta “esprimono” a Saviano tutta la loro “falsa” solidarietà. Ma quale “giustizialismo” è voglia di “legalità” che purtroppo stenta ad affermarsi in questo nostro Paese.
Raffaele B.

VIRGILIO NOTIZIE
Camorra/ Capezzone: Da Veltroni un gravissimo attacco a Cosentino
Da lui solo giustizialismo, non lotta per la legalità

Roma, 16 ott. (Apcom) - "Capisco che Veltroni sia in una drammatica difficoltà politica, e ora, non sapendo che altro fare, cerchi di fare un po' di frettolosa propaganda anti-camorra e anti-mafia, tentando così di cambiare tema alla manifestazione del 25 ottobre". Lo dichiara in una nota Daniele Capezzone, portavoce di Forza Italia.

"Ma che il segretario del Pd metta in uno stesso frullatore le vergognose minacce della criminalità a Saviano da una parte, e dall'altra un suo attacco gratuito al sottosegretario Nicola Cosentino, sostanzialmente mischiando le cose, mettendo tutto nel medesimo calderone - rileva - è un atto politicamente gravissimo".

"Questa - osserva Capezzone - non è lotta per la legalità. Questo è giustizialismo. Questo è il solito tentativo di aggredire gli avversari politici attraverso le insinuazioni e gli attacchi alla loro immagine. Chi sperava che il Pd non riproponesse i soliti vizi antigarantisti, purtroppo si sbagliava. Il lupo perde il pelo ma non il vizio".

ESPRESSO
Sistema Cosentino
di Marco Lillo
ha collaborato Claudio Pappaianni
09 ottobre 2008

Quattro pentiti accusano: il sottosegretario era al servizio dei boss casalesi. Ecco tutti gli affari del politico di Casal di Principe. Con una holding di famiglia a cui avevano negato il certificato antimafia

E ora sono quattro. Un poker di pentiti di camorra accusa il sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, nato a Casal di Principe, di avere intessuto un rapporto organico con il clan più pericoloso d'Italia: i casalesi.

L'ultimo verbale è stato depositato il 30 settembre scorso in occasione dell'operazione 'Spartacus 3' della Procura di Napoli, una retata che ha raccolto il plauso del capo dello Stato. Il pentito Domenico Frascogna ha raccontato ai pm che Cosentino è stato il postino dei messaggi del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan per una vaga somiglianza con l'eroe salgariano. L'attuale sottosegretario avrebbe trasmesso gli ordini del capoclan, poi condannato a tre ergastoli e decine di anni di galera per reati gravissimi che vanno dall'omicidio all'associazione camorristica…
CONTINUA

ESPRESSO-SPECIALE-CASALESI
Il clan dei Casalesi da Gomorra a Spartacus
Sono l'ultima mafia: quattro padrini per tre famiglie che dominano la più potente organizzazione criminale. Feroce come una gang sudamericana, capace di infiltrarsi negli appalti con creatività campana, solidale come una cosca siciliana. Ma la sentenza di appello con la condanna all'ergastolo della triade che governa la confederazione camorrista rischia di rimettere in gioco gli assetti di potere.
Ora i detenuti Francesco Schiavone detto Sandokan, Francesco Bidognetti e i due boss latitanti Michele Zagaria e Antonio Iovine possono solo sperare nella Cassazione per evitare il carcere a vita. E gli investigatori temono che i casalesi possano scatenare i killer. Gli stessi che nelle scorse settimane hanno ucciso familiari di pentiti e imprenditori che avevano rifiutato il racket. È massima allerta, perché ora potrebbero alzare il tiro. Per intimorire le istituzioni e gli avversari, lanciando un messaggio di violenza e di potenza.
L'espresso da due anni si è occupato spesso di loro, partendo dagli articoli firmati da Roberto Saviano sul giornale e dalle inchieste degli inviati. Ecco raccolti in un dossier testi e documenti sul gruppo criminale più potente nato nell'ultimo decennio
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Cosentino story: il video
Il business milionario di famiglia. I terreni comprati dai boss. Il mistero di un certificato antimafia negato e poi rilasciato. Carriera e affari del sottosegretario. Accusato da quattro pentiti. [9 ottobre 2008]

AGI
CAMORRA: SAVIANO, SU CASO COSENTINO BONACCIA ANZICHE' TEMPESTA

(AGI) - Roma, 25 set. - Opinione pubblica casertana "impassibile" sul 'caso Cosentino'. E' il commento sorpreso di Roberto Saviano, che sul settimanale L'Espresso in edicola domani scrive "In genere, quando si svelano i meccanismi della corruzione, la prateria prende fuoco da questa scintilla. Ma qui, oltre i titoli sui soliti giornali locali e alle relative pagine di rito, non ne e' scaturita nessuna discussione, nessun dibattito, nessun allarme".

La vicenda e' quella che, stando alle dichiarazioni del boss camorrista Gaetano Vassallo, vedrebbe Nicola Cosentino, oggi sottosegretario al ministero dell'Economia, destinatario nel tempo di tangenti in cambio di silenzio sul riciclaggio abusivo di rifiuti tossici. La gente di Caserta non può restare a guardare in silenzio, secondo Saviano: "Possibile che anche la gente abbia barattato il suo voto e il suo silenzio per una manciata di soldi come la plebe famelica e feroce dalla quale da sempre si sentono tanto diversi ed estranei?" A Caserta come a Napoli, continua il giornalista, "ci si sarebbe aspettati un vento di tempesta che gonfiasse onde di sdegno.Invece nulla: una grande bonaccia delle Antille, che stringe tutto in un'immobilità letale, rassegnata, asfissiante". Sono tutti, per Saviano delle "anime morte prima ancora che corpi”.

giovedì, ottobre 09, 2008

CARFAGNA CONTRO LA SATIRA DI SABINA GUZZANTI

La satira (dal latino satura lanx, nome di una pietanza mista e colorata) è una forma libera e assoluta del teatro, un genere della letteratura e di altre arti caratterizzato dall'attenzione critica alla politica e alla società, mostrandone le contraddizioni promuovendo il cambiamento.

La
satira, storicamente e culturalmente, risponde ad un'esigenza dello spirito umano: l'oscillazione fra sacro e profano. La satira si occupa da sempre di temi rilevanti, principalmente la politica, la religione, il sesso e la morte, e su questi propone punti di vista alternativi, e attraverso la risata veicola delle piccole verità, semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi e mette in discussione le convinzioni.

Le
Libertà Civili è il nome dato alle libertà che proteggono completamente l'individuo dal governo. Le libertà civili pongono limiti per il governo tali che esso non possa abusare dei propri poteri ed interferire con la vita dei cittadini. Grazie a queste libertà la “satira” esiste, ed è per questo sempre stata soggetta a violenti attacchi da parte dei potenti di ogni epoca e tempo.

Nei paesi democratici avanzati la “satira” è permessa senza limiti e quindi non può essere regolamentata perché rientra nelle libertà civili degli individui che sono: art. 18 libertà di pensiero e art. 19 Libertà di espressione, vedi
Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Esse non possono essere limitate in nessun modo e per nessuna ragione senza scadere in un “regime autoritario”.

Si può non essere d’accordo per qualsivoglia ragione (morale, religiosa, etc.) ma questo non può impedirne l’esercizio effettivo.

La satira però smette di essere tale quando “diffama” e cioè quando “accusa” di un “reato specifico senza provarlo” perché in conflitto con l’art. 10 diritto al giudizio della medesima dichiarazione. La violazione dell’immagine e l’offesa dei personaggi (in particolare se di potere) “sotto satira” non possono costituire motivi di ostacolo e d’impedimento in quanto sono proprio scopi tipici della satira stessa. (Solo fuori dalla satira e se le vittime non sono di potere vi può essere il reato penale per diffamazione.)

Chiunque si pone contro la “satira” senza citare il “diritto al giudizio” si pone contro la democrazia e le libertà e se persona di potere vi è anche l’aggravante dell’
autoritarismo.

La ministra Carfagna (persona di potere) “querela” per una causa solo civile (quindi niente diffamazione perché reato penale) la Guzzanti per quanto detto durante la sua satira lo scorso luglio chiedendo un risarcimento di un milione di euro.
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Ma per le stesse ragioni allora anche la Guzzanti potrebbe “querelare” la ministra per le cose dette di lei a Matrix. Parole denigranti dette in TV nel suo ruolo di ministro e non poteva certo fare “satira” perché o l’uno o l’altro ruolo, per cui Lei si ha violato le leggi penali e le regole della democrazia.
Raffaele B.

Biografia di Sabina Guzzanti dal sito
MYMOVIES

ILMESSAGGERO
Sabina Guzzanti, la Carfagna chiede un milione
di danni. L'attrice: «Bella donna ma che tariffe»


ROMA (9 ottobre) - Questa mattina Sabina Guzzanti si è vista recapitare a casa l'attesa citazione dal ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, che ha querelato l'attrice per le frasi pronunciate nei suoi confonti nella
manifestazione di luglio in piazza Navona.

A renderlo noto è stata la stessa Guzzanti, che
sul suo blog ha spiegato che il ministro «ha optato per una causa solo civile» (e dunque non per diffamazione) e chiede «un milione di euro». Ma ora, aggiunge l'attrice, dopo le dichiarazioni rilasciate ieri dalla Carfagna a Matrix, «posso farle causa anch'io».

Mercoledì sera il ministro, ospite di Enrico Mentana, aveva infatti descritto in questo modo l'attrice: «Non mi sembra una persona solida. Mi sembra fragile anche mentalmente». E ancora: «La signora Guzzanti mi fa compassione. Sarei disposta a ritirare la citazione se avesse la sensibilità di scrivere due righe di scuse ma non credo che lo farà. Lei ha costruito un pezzo della sua carriera sull'insulto».

Per tutta risposta, oggi la Guzzanti scrive che i contenuti della citazione «sono tutto materiale per sketch satirici: si sostiene nell'atto che io abbia partecipato a una manifestazione dichiaratamente antigovernativa, come se questo fosse un'aggravante o una cosa anormale. Si sostiene che avrei dovuto parlare anche delle sue capacità, non ha nemmeno capito che non era lei l'oggetto del discorso».
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Per la Guzzanti, «l'atto di citazione cerca di introdurre un precedente pericoloso. Cioè che la satira debba stare entro certi limiti che l'atto di citazione stabilirebbe diventando più che una citazione una proposta di legge». Il ministro «chiede niente popò che un milione di euro. Bella donna - commenta la Guzzanti - ma che tariffe! Naturalmente - aggiunge - dopo le dichiarazioni di ieri posso farle causa anch'io, con la differenza che mentre i miei giudizi su di lei sono fondatissimi i suoi su di me sono assolutamente gratuiti».
Il turpiloquio di Grillo e Sabina Guzzanti.

ILMESSAGGERO
Da molte ore il sito di Sabina Guzzanti è inaccessibile
Guarda il video della Guzzanti su YouTube


ROMA (9 luglio) - Da molte ore il sito di Sabina Guzzanti è inaccessibile e, secondo il suo staff, di certo si tratta di un sabotaggio per mano di un hacker. I curatori del sito stanno lavorando per capire di più ma sono già praticamente sicuri del fatto che il sabotaggio è ascrivibile a professionisti e non a ragazzini. L'attrice voleva rendere disponibile la versione integrale del suo intervento di ieri alla manifestazione che, comunque, è già on line su You Tube e, sottolineano i suoi collaboratori, è tra i più cliccati.

GIUSTIZIA – DOPO I LODI, LA SALVA MANAGER

Persino questa volta, sfruttando l’emergenza per la gravità del momento, si è tentata l’ennesima e truffaldina operazione di “salvare” dirigenti e amministratori di grandi imprese e banche che si siano resi responsabili di cattiva gestione tale da portare l’azienda al fallimento commissariata o ancorata ad un piano di salvataggio!

Si tratta dell'emendamento "salva-manager" passato in silenzio lo scorso 2 ottobre al Senato e presentato dai senatori del PDL Angelo Maria Cicolani e Antonio Paravia che tuttora difendono la loro "creatura". Dopo la norma salva-premier e poi salva-ministri che male c’è, devono avere pensato!

Ne hanno parlato vari giornali tra cui
UNITÀ, REPUBBLICA e ILSOLE24ORE e tanti altri, incluso “Report” con il suo servizio pronto, sollevando un vespaio che ha messo in seria difficoltà il Governo tra cui il massimo responsabile il ministro dell’economia Giulio Tremonti che ora viene allo scoperto denunciando apertamente la norma e minacciando le dimissioni qualora non venisse cancellata.

L’azione di Tremonti, anche se tardiva, (l’ha scoperto ieri?) è stata apprezzata dal leader dell’opposizione Walter Veltroni del PD ma che il ministro deve passare dalle parole ai fatti accettando il loro emendamento nella norma soppressiva che elimina il salvataggio dei manager previsto nel decreto Alitalia. In questo momento la moralità degli amministratori è un elemento di grande importanza specialmente per il Governo.

Ora l’emendamento della “discordia” verrà certamente ritirato, così assicura il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi chiudendo la questione che altrimenti, senza il necessario “rumore” sarebbe passata nel “silenzio” con buona pace di chi ora starà pagando o pagherà i costi della crisi della finanza e di Alitalia tuttora in corso!
Raffaele B.

**** AGGIORNAMENTO INSERITO IL 12/10/2008 *****

UNITÀ
Il mandante
Maria Novella Oppo
Pubblicato il: 12.10.08

Non era ancora ritornata in video con Report e già la Gabanelli aveva svelato un inghippo politico. Trattasi del famoso cavillo salva-manager che ha (quasi) spinto Tremonti a minacciare le dimissioni. Colpa di due peones senatoriali, autori del maldestro tentativo di graziare Tanzi e soci. Che poi, diciamo la verità, se la legge non è più uguale per tutti, che cosa c’è di male a fare qualche altro indulto ad personam? Nonostante ciò, si è scatenata una inutile corsa, anche nei dibattiti tv, a scoprire «il mandante». Bianca Berlinguer ne ha parlato perfino con Gasparri, come se il fatto che a sostenere in tv la politica del governo sia un economista del livello di Gasparri non dicesse già chi è il mandante. Ma è chiaro che, per i berluscloni, si è trattato di un mero errore. Noi però possiamo rivelare che il mandante è colui che, lo dice la parola stessa, ha mandato al Senato i due citati peones. E cioè non il popolo italiano (che ne ha già tante altre sulla coscienza), ma Berlusconi Silvio, elettore unico per effetto della porcata elettorale di Calderoli.
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UNITÀ
"Salva manager", Tremonti: «Ritiratela o me ne vado»
9/10/2008

«Se si immagina che la linea del governo sia quella prevista da un emendamento che prevede una riduzione della soglia penale per alcune attività di amministratori, si sbaglia». Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, va su tutte le furie. Non pare abbia digerito l'emendamento "salva-manager" contenuto nel decreto Alitalia che modifica la legge Marzano in modo da mettere a riparo i manager di grandi imprese o banche per le responsabilità di una cattiva gestione che ha portato l'azienda in fallimento.

Una norma che calza a pennello di alcuni alti papaveri che sono rimasti invischiati dal crack Cirio e Parmalat come cesare Geronzi, Calisto Tanzi e Sergio Cragnotti. Ma in prospettiva potrebbe far comodo anche per Alitalia, o per eventuali altre inchieste che potrebbero essere avviate per indagare sulle cause di crisi finanziarie.

La "salva manager" è come un velo che serve a coprire retroattivamente tutte le malefatte, azzerando la possibilità della magistratura di individuare le responsabilità di un fallimento di un'azienda che non sia definitivamente fallita. Basta che sia stata commissariata o ancorata ad un piano di salvataggio e tutti i manager che si sono succeduti alla sua guida vanno a finire sotto l'ombrello aperto dal governo. Non potranno essere perseguiti penalmente per mala gestione.

L'emendamento "salva-manager" è passato in silenzio lo scorso 2 ottobre al Senato. Ma a quanto pare senza l'avvallo del ministro dell'Economia. E Giulio Tremonti, parlando proprio a Palazzo Madama della crisi dei mercati e della moralità degli amministratori chiamati direttamente in causa nella gestione della crisi, lo boccia senza appello: «È un emendamento fuori dalla logica di questo governo». E addirittura minaccia: «O va via l'emendamento o va via il ministro dell'Economia».

«Questo elemento della moralità degli amministratori - aveva appena detto - è considerato di fondamentale importanza da questo governo».

«Prendiamo atto della risolutezza del ministro Tremonti contro il "salva-manager"- gli risponde da Montecitorio Andrea Lulli , capogruppo Pd in commissione Attività Produttive dove ora giace l'emendamento- Adesso però passi dalle parole ai fatti - è l'invito - e accetti il nostro emendamento che elimina il salvataggio dei manager previsto nel decreto Alitalia». Anche Anna Finocchiaro, presidente del senatori democratici, apprezza le parole del ministro «soprattutto il suo riferimento alla questione etica». Ma il ministro ombra dell'Economia Pierluigi Bersani sostiene che «Tremonti non dovrebbe andar via da solo, ma insieme a tutta la maggioranza che ha proposto e votato una norma del genere».

«Sono due giorni che assistiamo a divisioni interne al governo ma quella sulla norma "salva manager" nel decreto Alitalia è particolarmente grave e seria», fa notare il segretario del Pd Walter Veltroni conversando con i giornalisti a Montecitorio. E anche Veltroni invita la maggioranza «a votare l'emendamento soppressivo che il Pd presenterà». «Spero- dice Veltroni- che la norma venga cancellata e che tutta la maggioranza voterà a favore. O almeno- si corregge Veltroni- spero che voterà con noi la gran parte della maggioranza, visto che qualcuno, quella norma deve averla presentata».

Dopo la sfuriata di Tremonti e gli inviti del Pd, fonti della maggioranza si affannano a far sapere che l'emendamento della discordia alla Camera ora sarà ritirato. La conferma arriva da ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: «Non c`è nemmeno bisogno di ribadire che Tremonti parla a nome di tutti ed è scontata l`unità del governo e della maggioranza».

Nel frattempo i senatori del Pdl Angelo Maria Cicolani e Antonio Paravia relatori in Senato sul provvedimento Alitalia difendono la loro "creatura" sostenendo che l'amnistia per i manager non si applica alle inchieste Cirio e Parmalat perché la norma passata a Palazzo Madama nel decreto Alitalia «esclude dalla sua applicabilità i casi di "accertata falsità dei documenti posti a base della procedura". Quindi non si applica, dicono, ai casi di Cirio e Parmalat.

«L'emendamento - aggiungono - è mirato esclusivamente a tutelare le difficili scelte da parte dei commissari, operate in momenti oggettivamente straordinari, come è ad esempio nel caso di Fantozzi, che hanno l'esigenza di agire in modo certamente responsabile, ma discrezionale e flessibile, tendendo in primo luogo a garantire la continuità di un pubblico servizio».

I relatori perciò continuano a ritenere buono l'emendamento proposto perché a loro dire affronterebbe un tema «reale e ineludibile, in modo appropriato». E fanno notare che nell'aula del Senato «la stessa opposizione, nelle sue varie articolazioni, pur votando in modo contrario all'intero provvedimento, non ha eccepito né sulla forma né sulla sostanza dell'emendamento».
Aperti a «miglioramenti» del testo «nel normale iter legislativo», i due relatori difendono anche la formulazione della norma non limitata al caso Alitalia perché altrimenti viziata di incostituzionalità. Insomma per loro non ci sarebbe nessuno scandalo. Dopo una norma "salva-premier", anzi molte, del resto, e una proposta "salva ministri", perché tanto scandalo per lo scudo penale esteso anche ai grand commis e i manager?

REPUBBLICA
SALVA-MANAGER: TABACCI, NORMA GRAVISSIMA
9 ottobre 2008

"La norma che estende a tutti i casi di insolvenza una sorta di lavacro dalle conseguenze penali per il fatto che non si era determinata una condizione di fallimento e' una cosa gravissima". Lo dice a Radio Radicale il deputato dell'Udc Bruno Tabacci interpellato sulla norma contenuta nel decreto Alitalia che elimina le ricadute penali nei confronti dei manager che hanno guidato aziende finite in stato di insolvenza. "Le insolvenze accertate negli anni scorsi - dice Tabacci - hanno scaricato dei pesantissimi oneri sugli azionisti, sugli obbligazionisti, sui risparmiatori e questo non puo' negare le conseguenze penali che sono di tutta rilevanza. Tra l'altro c'e' un processo in corso che sulla base della ricostruzione fatta dal Pm conferma la connessione tra responsabilità di alcuni manager bancari e la gestione della societa' di Collecchio (la Parmalat,ndr), cosa che mi era apparsa del tutto evidente quando in sede di indagine conoscitiva delle commissioni industria e finanze di senato e camera promossa a ridosso del crack Parmalat avevano evidenziato tali connessioni. Questo non si puo' cancellare con un colpo di spugna". Tabacci poi si sofferma sul decreto varato ieri dal consiglio dei ministri. "Quello che il governo ha fatto ieri puo' essere considerato come una mossa preventiva perché in realta' ha definito delle procedure senza stanziare delle somme di bilancio da dedicare eventualmente a queste presunte attivita' di ricapitalizzazione delle banche. Ho l'impressione - conclude Tabacci - che sotto traccia ci sia una grande operazione di potere, il fatto che le banche siano cosi' fortemente intersecate con i giornali, che siano il centro di conflitti di interesse di clamorosa rilevanza, che siano dentro l'intreccio dei principali soggetti economici del Paese, penso a Mediobanca, le Generali. Questo mi preoccupa".


ILSOLE24ORE
Cosa prevede la norma salva-manager
di Nicoletta Cottone
9 ottobre 2008

La norma salva-manager inserita nel decreto Alitalia nel corso dell'esame in aula del provvedimento al Senato sarà cancellata. Lo fanno sapere fonti di Governo dopo l'aut aut del ministro dell'Economia Giulio Tremonti. «O via l'emendamento salva-manager, o va via io». L'emendamento salva-manager era stato approvato in aula al Senato, su proposta dei due relatori del provvedimento, i senatori del Pdl Antonio Paravia, relatore per la X commissione e Angelo Maria Cicolani, relatore per l'VIII commissione.

«Nel provvedimento varato dal governo per salvare Alitalia si nasconde un articolo che potrebbe evitare le condanne per i crac Cirio e Parmalat», ha scritto «La Repubblica» anticipando oggi i contenuti di un'inchiesta di «Report», il programma di RaiTre curato da Milena Gabanelli. «Secondo il provvedimento - scrive il quotidiano- se non c'è stato il fallimento delle società coinvolte negli scandali finanziari, i reati commessi dai manager non sono perseguibili»....
CONTINUA

mercoledì, ottobre 08, 2008

PAOLO GUZZANTI CONTRO IL CAVALIERE PUTINIANO

Il senatore ha parole di fuoco contro il suo leader Berlusconi su una questione che a lui sta più a cuore e per la quale si è speso moltissimo perdendo la faccia e cioè sulla commissione Mitrokhin e di Litvinenko ex-KGB assassinato dal KGB (se lo sostiene lui, deve essere vero) e quindi da Putin dal quale prende ordini. Così come Putin avrebbe fatto assassinare molti giornalisti scomodi tra cui la famosa giornalista russa Anna Politkovskaya. Il senatore ha sviluppato un odio incommensurabile nei riguardi di Putin anche per il suo ultimo attacco alla Georgia in queste settimane.

Dopo il discorso di elogio e di esaltazione di Putin fatto da Berlusconi, che possiamo per questo attribuirgli l’aggettivo Putiniano, il senatore non ha retto più ed ha gettato la spugna. È come dice lui stesso: “in rotta di collisione” con il Cavaliere! Si è aperto per lui un grave caso di coscienza.

Avrà finalmente capito di che pasta è fatto il capo? Chissà ma a giudicare da quanto dice nel suo blog, credo di si. Ne dice di tutti i colori ed ovviamente ora tutti i suoi “colleghi” per così dire lo attaccano e lo invitano a chiedere “scusa” a Berlusconi perché come di consueto il Cavaliere è stato “mal compreso”.

È quindi dopo tanti è venuto ora anche per lui il turno ad essere sottoposto a tutti gli attacchi e denigrazioni per distruggerlo definitivamente in modo da non nuocere e solo allora credo che conoscerà per davvero il suo ex-Cavaliere.
Raffaele B.

Dal suo blog personale
http://www.paologuzzanti.it/ si legge a caratteri cubitali:
ROTTA DI COLLISIONE: LA MIA COSCIENZA MI VIETA DI CONDIVIDERE IL CONNUBIO MORALMENTE INDECENTE, LE PAROLE E I GIUDIZI DI BERLUSCONI SULLA SUA RELAZIONE CON VLADIMIR VLADIMIROVIC PUTIN, L’UOMO ACCUSATO DA LITIVINENKO DI ESSERE IL MANDANTE DEL SUO OMICIDIO. IERI ERANO DUE ANNI DAL GIORNO IN CUI ANNA POLITKOVSKAYA FU ASSASSINATA NEL GIORNO DEL COMPLEANNO DI PUTIN, PER CADEAU. DISAGIO? MOLTO DI PIU’: CONFLITTO DI COSCIENZA, CHE SAREBBE IL CONFLITTO DI INTERESSI DELLE PERSONE PERBENE. IERI ALLA RIUNIONE DEI SUOI DEPUTATI BERLUSCONI HA SUPERATO SE STESSO PARAGONANDO IL PRESIDENTE SAAKARSVILI A SADDAM, SOLTANTO PER REGGERE IL GIOCO DEL BANDITO INTERNAZIONALE. ERA TROPPO. HO VOMITATO. 8 Ottobre 2008

LASTAMPA
Paolo Guzzanti attacca Berlusconi:"E' amico di Putin, mi fa vomitare"
8/10/2008 (19:28)

Duro affondo del senatore del Pdl:
«Silvio ha paragonato il presidente georgiano a Saddam. Parole terribili»


ROMA Le parole di Silvio Berlusconi in difesa di Putin sono «nauseanti e fanno vomitare», e sono paragonabili alle giustificazioni che nel ’39 si facevano del comportamento di Hitler. Il durissimo attacco al Presidente del Consiglio, per la sua posizione sulla crisi georgiana e il rapporto con Putin, arriva da Paolo Guzzanti, deputato Pdl e - come dice lui stesso - «leale ma non fedele» al leader del suo partito.
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Da tempo Guzzanti incalzava il governo e il premier sulla crisi georgiana e sui rapporti con Putin, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il discorso di ieri sera con i parlamentari del Pdl: «Ho ascoltato da Berlusconi parole terribili e inaccettabili che non avrei mai voluto ascoltare».
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Parole che hanno aperto in Guzzanti «una insuperabile crisi di coscienza», tanto da affidare al suo blog parole di fuoco contro Berlusconi: «Ciò che ho trovato più grave, inaccettabile e nauseante è stato il tono con cui Berlusconi ha ripetuto a megafono le storie della propaganda russa, dicendo che bisognava andare a "prendere quello là, quel Saddam", intendendo il presidente Saakashvili».
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Le parole di Guzzanti scuotono Forza Italia. Il Pdl apre il fuoco contro l’ex presidente della commissione Mitrokhin, il mantra è sempre lo stesso: «Non ha capito le parole di Silvio Berlusconi ed è il caso che chieda scusa al premier per averlo attaccato così duramente». «Normalmente questo tipo di deformazione avviene ad opera di coloro che vogliono denigrare l’avversario - afferma Maurizio Lupi - e spiace che l’onorevole Guzzanti sia sceso a questo livello: distorcere la realtà per fini incomprensibili».
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Prende le difese del presidente del Consiglio anche Luigi Casero: «Non sono questi i toni con cui ci si rivolge al Presidente del Consiglio e Presidente del PdL. L'on. Guzzanti ha preso un abbaglio perché chiunque era presente alla riunione del gruppo ieri sera ha ascoltato chiaramente un resoconto di cronaca da Berlusconi».
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Il presidente della commissione Difesa del Senato, Gianpiero Cantoni, si dice «certo che Guzzanti debba chiedere scusa al Presidente Berlusconi. Anzitutto perché non è vero quanto da lui asserito: anche alla riunione del PdL di Milano il Presidente ha raccontato la versione russa degli eventi in Ossezia senza dare alcun suo giudizio».
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«Il ruolo determinante giocato dall’Italia e in particolare dal presidente Berlusconi in occasione della crisi del Caucaso, per evitare disastrose contrapposizioni in un quadro internazionale estremamente complesso - attacca Gaetano Quagliariello - non può essere messo in discussione e tantomeno liquidato con affermazioni di dubbio gusto. Né si può far finta di non sapere che le piaghe della storia non si rimarginano nell’arco di una generazione. Prima di scrivere sciocchezze sarebbe meglio prendere cognizione dei problemi di cui si parla».

IL GOVERNO E L’IMPACCIO DEL PARLAMENTO

Con la frase del Cavaliere sulla sinistra “sfascista” e “disfattista” oppure “governeremo da soli” su ILGIORNALE (quotidiano di famiglia) e quella “infelice” presa da La7 che “non gliene frega niente” della disponibilità di Veltroni del PD a collaborare per affrontare insieme la crisi finanziaria in corso e del quale non s‘intravede la fine ed ultimo l’aver fatto porre la fiducia sul decreto Gelmini sui tagli alla scuola, dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio da quale parte sta l’impedimento al dialogo!

Ma nel condurre la sua politica all’insegna del decisionismo più sfrenato passa sulla testa di tutti compreso i suoi stessi parlamentari che a questo punto sono costretti a votare la fiducia senza poter discutere la legge pena la caduta del governo e di se stessi.

Berlusconi, forte dei suoi sondaggi, nonostante abbia una maggioranza schiacciante nelle due camere (si potrebbe capire con una scarsa maggioranza) pone lo stesso la fiducia perché non vuole perdere tempo con le lungaggini parlamentari. In questo modo oltre a non considerare l’apporto dei propri parlamentari, veicola l’idea che il Parlamento sia inutile. Se poi si aggiunge che spesso si è parlato che i parlamentari non “lavorano” abbastanza il quadro si completa.

Di questo passo ci avviamo verso un sistema in cui o il parlamento non esiste oppure è ridotto ad una semplice camera di ratifica così come accadde prima dell’avvento del fascismo che altro non era che un sistema di governo senza il parlamento con forti sentimenti nazionalistici e razzistici in un quadro di grave crisi economica.

Insomma qualcosa di abbastanza attuale e per questo si apre una questione vera di democrazia nel nostro Paese a cui tutte le persone di sentimento democratico devono poter reagire con forza prima che sia troppo tardi e per impedire che la storia si ripeta!
Raffaele B.

La7
Crisi mercati; Pd chiama governo: collaborare in Parlamento
Roma 08/10/2008 20:01

Roma, 8 ott. (Apcom) - La crisi dei mercati incombe, l'ennesima giornata di tensione nelle Borse spinge il governo a intervenire con un decreto che sarà varato questa sera dal consiglio dei ministri. Di fronte alla difficoltà dello Tsunami finanziario, il Partito democratico 'chiama' il governo e si dice disponibile a collaborare nell'interesse del Paese, chiedendo all'esecutivo un confronto in Parlamento sulle misure che saranno adottate per dl e dicendosi in attesa di una risposta del governo.

Walter Veltroni, dopo aver riunito 'd'emergenza' il governo-ombra, sottolinea la "la gravità e la drammaticità della situazione" e promette impegno per evitare che "il Paese si avvolga in una spirale di recessione che può diventare drammatica". Per questo, il segretario del Pd giura "piena disponibilità del Pd a contribuire, per la sua parte, ad uscire positivamente da questa crisi: il Paese chiede risposte che siano adeguate e il Parlamento è il luogo dove provare a dare queste risposte. Mi attendo che da parte di chi governa ci sia la consapevolezza che non è tempo di usare parole da campagna elettorale".

I contatti ufficiali sono quelli tra il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e il suo omologo-ombra, Pierluigi Bersani. Mentre Veltroni spiega ai cronisti che il Governo non ha ancora contattato il Pd per fare il punto sulla crisi, nonostante il tentativo dei democratici di parlare con Tremonti, è Bersani a rendere noto: il ministro dell'Economia ha richiamato, "gli abbiamo detto che vogliamo illustrare le nostre proposte in sede parlamentare". E sempre il segretario del Pd chiede al governo di dar vita ad un "tavolo ristretto" che riunisca tutte le parti sociali e di intervenire al più presto per difendere i salari e scacciare lo spettro della recessione.

Nel difficile approccio tra maggioranza e opposizione si inserisce l'appuntamento del Pd con la piazza, fissato per il 25 ottobre. Veltroni spiega che la manifestazione rientra nella normalità della vita democratica, mostrando stupore per la "tanta preoccupazione" suscitata. Poi aggiunge: se la crisi dei mercati dovesse ulteriormente aggravarsi il Pd valuterà il da farsi. Fra le proposte dell'opposizione c'è anche quella di creare una task force. Un modo per rassicurare il paese che entrambi i Poli sono impegnati di fronte all'emergenza e permettere a maggioranza e opposizione di incontrarsi per seguire gli sviluppi della situazione.

L'idea la lancia Bersani, subito sostenuto da Massimo D'Alema. E anche l'Italia dei Valori e l'Udc assicurano: siamo pronti a collaborare per un'azione "comune" con l'esecutivo. Chi finora tace è il premier Berlusconi. Un silenzio subito stigmatizzato dall'opposizione. Il primo a sottolinearlo è D'Alema, che annota: "Bush in piena campagna elettorale ha visto i due candidati per trovare un accordo sul piano Paulson. Pare che invece in Italia al presidente del Consiglio non freghi niente.

Fa parte dello stile di governo che purtroppo è in vigore nel nostro paese. Purtroppo Berlusconi ha un'idea autoreferenziale e si ritiene al di sopra del confronto con gli altri". Stessa linea di Enrico Letta, che intravede l'ora della "responsabilità nazionale" e scorge nelle parole pronunciate ieri da Berlusconi sul leader del Pd "il rifiuto del contributo dell'opposizione".
Fonte: Apcom

CORRIERE DELLA SERA
Scuola, è sciopero generale
contro il decreto Gelmini

Decisione di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda
I sindacati devono solo decidere la data. Gli studenti: «Il voto di fiducia sul decreto è un atto antidemocratico»

ROMA - Approvato dal Parlamento, il decreto Gelmini 'sul maestro unico" è invece bocciato dal mondo della scuola che si prepara a scendere in piazza rispondendo all'appello dei sindacati. Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno iniziato a discutere per decidere quale sarà la data dello sciopero generale del settore, se dovesse fallire, come è prevedibile, il tentativo di conciliazione (previsto per giovedì mattina) imposto dalla legge.Un appuntamento, quello messo in cantiere dai sindacati di categoria, al quale si arriva dopo una marcia di avvicinamento cominciata già da settimane e costellata da sit-in davanti al ministero, iniziative spontanee di protesta, occupazioni, 'notti bianche', dal Nord al Sud della penisola.
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ILGIORNALE
"Opposizione sfascista, governeremo da soli"
lunedì 06 ottobre 2008, 09:57

Milano - «L’ultimo sondaggio dà il gradimento del presidente del Consiglio al 68,1 per cento. È quasi imbarazzante andare per strada... » racconta Silvio Berlusconi agli ospiti della cena che chiude la prima festa del Pdl. La ricerca di Euromedia che ha sulla scrivania gli toglie ogni dubbio che le scelte compiute siano quelle giuste e che sia necessario «andare avanti anche da soli» e «governare con i decreti legge» che sono finiti sotto accusa: «Il governo potrà davvero cambiare il Paese». Ricorda che ha cercato il dialogo con la sinistra, ma l’opposizione è ripiombata nello «sfascismo e nel disfattismo»…
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giovedì, ottobre 02, 2008

CRISI FINANZIARIA E TITOLI SPAZZATURA

Un’intervista fatta da RADIOVATICANA ed un commento autorevole su UNITÀ spiegano meglio di tutti gli altri numerosi articoli e interviste fatte su tutti i media, le effettive ragioni che stanno alla base dell’enorme crack finanziario dei mutui sub-prime americani che stanno travolgendo il mondo intero.

È evidente che senza l’intervento dello Stato le banche crollano e con essi tutti i milioni di risparmiatori che hanno acquistato i titoli “spazzatura” in tutto il mondo. Tutte le banche coinvolte si fanno ovviamente scudo dei risparmiatori per farsi salvare dallo Stato. Queste per anni hanno venduto “carta” cioè “debiti” ad altre banche e queste altre ad altre e così via fino ai risparmiatori che per la stragrande maggioranza appartengono alla classe media.

Che cosa è accaduto allora? Qual è stato quel terribile e semplice meccanismo che ha fatto crollare la montagna di “carta”?

La sterminata gente che ha avuto il “mutuo facile” per acquistare le case, ad un certo punto non ce l’ha fatta più a pagare le “rate” sempre più alte perché nel frattempo si era “impoverita” e anche perché non conveniva più pagare un mutuo più alto del valore della casa.

Nemmeno laddove la banca fosse riuscita a recuperare l’immobile ha potuto recuperare tutto il valore perché nel frattempo le case si sono “svalutate” e questo si è tradotto in “perdite di liquidità” che non permette di onorare tutta la “carta” messa in circolazione diventando così “titoli spazzatura”.

Gli Stati e i Governi ora sono costretti ad intervenire sugli effetti e non sulle cause con montagne di soldi da “addebitare” alla collettività (di cui gran parte sono i risparmiatori medesimi).

Le cause del fenomeno sono simili alla crisi del ’29 e sono dovute principalmente alla concentrazione della ricchezza a pochi in conseguenza all’impoverimento della classe media e povera in questi ultimi quindici anni. Questi non riuscendo più a reggere la domanda interna non comprano più case facendo abbassare i valori degli immobili. In queste condizioni solo gli speculatori si sono avvantaggiati insieme a quei banchieri e finanzieri che ora si vedono coperti i loro debiti dallo Stato.

La deregolamentazione ed allentamento dei controlli sul sistema finanziario all’insegna del “liberismo senza regole” che si pensava fosse “autoregolante” ha invece prodotto il crack spettacolare a cui stiamo assistendo.
Raffaele B.

RADIOVATICANA
Sì del Senato USA al piano anticrisi di Bush
02/10/2008 15.56.08

Il presidente americano George W. Bush ha detto che, dopo il voto positivo del Senato ieri, anche la Camera deve dare luce verde al piano di salvataggio di Wall Street. ''Ne ha bisogno l'economia, il piano è essenziale alla sicurezza dei mercati'', ha detto Bush, secondo il quale, con gli emendamenti al piano approvati, repubblicani e democratici non dovrebbero più avere riserve a votare per il sì. Alla Camera, dove si rivota venerdì, avevano bocciato il piano 228 deputati contro 205 favorevoli. Ma come valutare a questo punto la crisi economica partita dagli Stati Uniti? Nell’intervista di Fausta Speranza, l’economista Mario Deaglio, docente all’Università di Torino, la paragona ad una sorta di virus:

R. – Se noi paragoniamo questa infezione ad una infezione causata da un virus, possiamo dire che finora abbiamo dato degli antibiotici: abbiamo, cioè, iniettato dei soldi quando mancavano. Ma come succede, gli antibiotici circoscrivono, limitano i danni, ma non curano la malattia principale. Quello che il governo americano sembra voler fare è, invece, di incidere sulla sfiducia, eliminare quindi la sfiducia, perché i “titoli spazzatura” verrebbero comprati – loro dicono per un periodo temporaneo – da un ente nuovo governativo e quindi la spazzatura viene messa in frigorifero e poi quando sarà il momento, passata l’emergenza, viene gradualmente venduta e sperando di non rimetterci troppo. La cifra è grande in sé, è enorme, ma rappresenta probabilmente non più del 20 per cento dei “titoli spazzatura” che ci sono in giro. L’operazione si gioca, quindi, sulla fiducia che una mossa del genere potrebbe ingenerare nei mercati.

D. – Prof. Deaglio, nella storia delle politiche economiche degli USA questa mossa come verrà registrata?

R. – Da una parte, ha una certa ampiezza di visione, proprio perché per la prima volta invece di correre dietro alle singole situazioni di emergenza si affronta il problema nel suo complesso. Dall’altra parte, il modo in cui è stata presentata, il modo in cui si pensa di andare avanti sa un poco di improvvisazione e di una certa goffaggine.

D. – In ogni caso è davvero la morte del liberismo?

R. – Il liberismo così come era inteso in America sicuramente sì. Un pensiero economico americano, dal 1980 in poi, ha gradualmente teorizzato che i mercati devono essere lasciati soli: quindi si autocorreggono, si danno le proprie regole e i vizi privati diventano pubbliche virtù. Questa – se posso condensare in poche parole – è sostanzialmente l’essenza della filosofia che sta dietro a tutta la creazione di questo impero di carta, di questi titoli che si reggono l’uno sull’altro e che hanno, peraltro, consentito – per esempio – lo sviluppo di Internet e tante altre cose importanti. Quando il castello di carta, però, viene giù…viene giù. Non si può fare diversamente. A questo punto deve, quindi, intervenire un ombrello pubblico. Questa è sicuramente la sconfitta del mercato inteso come supremo ordinatore della vita di una società.

D. – Dopo il via libera in Senato al piano di salvataggio statunitense – ricordiamo, comunque, che ci sarà il passaggio alla Camera venerdì: la reazione da parte delle Borse asiatiche è stata di scetticismo, mentre l’Europa ha dato segnali di maggiore positività. Perché?

R. – Anzitutto questo piano sembra essere stato cambiato dalla sua versione originaria. Vedremo ora, quando emergerà dal Congresso nel suo complesso, quali cambiamenti siano stati inseriti. L’attuazione del piano è ancora lontana e meno incisiva di quello che si pensava all’inizio. Ecco il motivo per cui nel resto del mondo non è che ci sia un grandissimo entusiasmo e non si considera che questo sia il toccasana. Ma rimane pur sempre una medicina interessante. L’Europa è un pochino più ottimista dell’Asia, ma queste sfumature in un momento in cui si sa ancora molto poco sono del tutto normali.


UNITÀ
La lezione del ’29
Nicola Cacace
Pubblicato il: 02.10.08

Fa bene il presidente Berlusconi a dirsi «pronto a difendere le nostre banche», gli consiglierei però di prestare attenzione anche all’impoverimento delle masse e alla concentrazione della ricchezza, fenomeni presenti nel ‘29 come oggi.
Due interrogativi attraversano il mondo investito dalla crisi finanziaria:

il primo è cosa ci sia in comune tra la grande depressione del ‘29 e la crisi di oggi.
La seconda, se esiste il rischio che una crisi come quella si possa ripresentare oggi.

Rispondo subito di NO, ma è bene fare attenzione.

Negli Usa la crisi toccò l’apice tre anni dopo, nel ‘32, con effetti devastanti:
un Pil quasi dimezzato,
il 25% di disoccupazione
e durò nove anni.

Quella crisi investì tutto il mondo capitalista sino all’Italia, con caratteristiche simili.

Il Pil italiano crollò di molti punti e impiegò otto anni per tornare ai valori reali del 1930. Oggi, di meglio, c’è il pronto intervento delle autorità bancarie e governative di qua e di là dell’Atlantico che allora mancò in America; di peggio, c’è una panoplia di titoli “tossici” o Hedge Fund diffusi in tutto il mondo, che allora non c’erano.

Sul Big Crash del ‘29 in America sono state fatte molte analisi e, oltre ad errori governativi e delle autorità monetarie che brillarono per assenza, la maggioranza degli economisti mette sul banco degli accusati la concentrazione della ricchezza come prima causa strutturale di una crisi che da normale recessione ciclica si trasformò in grande depressione.

Nel decennio precedente, dominato da due presidenti repubblicani, ci furono quattro interventi governativi di riduzione delle imposte a favore di imprese e di ceti abbienti che determinarono un forte spostamento di ricchezza dai ceti medi e poveri alle famiglie più ricche.

Nel 1920 l’1% delle famiglie deteneva il 31,6% della ricchezza immobiliare e finanziaria americana, nel 1929 la quota era salita di 5 punti al 36,6%. Un balzo gigantesco nella distribuzione della ricchezza che normalmente sconta variazioni assai più piccole, che il professor Ravi Batra (The Great Depression, Simon e Shuster, 1987) ed il Nobel Lester Thurow indicano come causa strutturale del Big Crash:

«Primo, quando il numero di persone con scarso reddito cresce, cresce anche il numero di Bad Credits concessi dalle banche ed il conseguente rischio di fallimento delle stesse.
Secondo effetto della concentrazione di ricchezza è l’aumento degli investimenti speculativi e non produttivi.
Un terzo effetto della concentrazione di ricchezza è il calo della domanda interna per l’impoverimento di ceti medi e poveri».

Come stiamo oggi a concentrazione di ricchezza e a disuguaglianze nei redditi? Siamo messi molto male, perché a partire dagli anni Ottanta, dall’avvento della Tatcher in Gran Bretagna e di Reagan in America, le disuguaglianze sono fortemente aumentate in tutti i Paesi industriali, ad eccezione dei Paesi nordici e dell’Olanda, in conseguenza delle domande di deregolazione, privatizzazioni e meno tasse del liberismo governante.

Nei Paesi anglosassoni più del 40% della ricchezza nazionale è posseduta dall’1% delle famiglie mentre nel resto d’Europa la percentuale si aggira intorno al 30%. La concentrazione della ricchezza è conseguenza delle disuguaglianze dei redditi.

In Italia, tra il 1993 ed il 2003 ben sette punti percentuali del reddito nazionale sono passati dal lavoro al capitale, cioè da salari e pensioni a rendite e profitti e questo significa inclusi quasi 4mila euro l’anno sottratto a ciascuno dei 22 milioni di lavoratori, autonomi. Anche se il sacrificio maggiore è stato sostenuto dai lavoratori dipendenti, il cui reddito in termini reali tra il 2000 ed il 2006 è rimasto fermo (+0,3%) malgrado un aumento del Pil del 5,3%, mentre quello degli autonomi è aumentato del 13%.

Nel 1986 il professor Valletta presidente della Fiat, guadagnava 60 volte la media, l’attuale presidente con 8 milioni l’anno guadagna 300 volte i suoi operai. Quanto a concentrazione di ricchezza e disuguaglianze sociali, le condizioni delle nostre economie assomigliano a quelle degli anni della grande depressione.

Per quanto riguarda l’Italia, basta vedere i dati sul calo dei consumi, a popolazione crescente, per rendersi conto che i redditi stagnanti di ceti medi e poveri non sono in grado di alimentare la domanda interna, da dieci anni quella che in Europa ha meno contribuito alla crescita del Pil.

Oggi non c’è il rischio che una crisi devastante come quella del ‘29 si possa ripetere, perché il mondo che produce non è limitato all’Occidente e perché, come si è visto sino ad oggi, dagli Stati Uniti all’Europa autorità monetarie e governi non sono rimasti passivi. Questo non significa che in Italia non subiremo danni. Effetti negativi non mancheranno sia per le imprese - più difficoltà nell’export e una stretta creditizia, sia per la massa di cittadini soffocati da redditi e pensioni basse e stagnanti con prezzi crescenti.

Se il governo non pone riparo a questa situazione, la crescita del Paese continuerà a soffrire di un apporto insufficiente della domanda interna.

Berlusconi fa bene a vigilare sulla salute delle nostre banche, che non è la prima preoccupazione del momento, fa male a sottovalutare l’impoverimento di salari e pensioni, oggi il più acuto fattore di crisi del Paese.

Per concludere, la lezione della Grande Depressione non va dimenticata perché il mondo capitalista si è messo su una china simile al ‘29, di disuguaglianze sociali e di concentrazione di ricchezza non solo eticamente condannabili ma anche economicamente dannose e perché, sotto la spinta del liberismo, troppi controlli sulla finanza si sono allentati.

Il liberismo con Stato debole e senza controlli, che produce concentrazione di ricchezza e grandi disuguaglianze sociali, anche se umiliato, rischia di fare ancora più danni dei titoli spazzatura.