sabato, gennaio 26, 2008

NUOVA LEGGE ELETTORALE O ELEZIONI SUBITO?

VASTI SETTORI DELLA ECONOMIA E DELLA SOCIETÀ CIVILE TRA CUI LA CONFINDUSTRIA, I SINDACATI, E QUELLA POLITICA DI CUI IL PD E UDC DICHIARANO DI ESSERE PER UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE PRIMA DI ANDARE AL VOTO.

NELL'ARTICOLO DELL'ANSA, MONTEZEMOLO ENUNCIA LE RAGIONI DI QUESTA LINEA E RILEVA CHE L'UNICA POSSIBILITÀ È UN GOVERNO DI SCOPO O TECNICO O ISTITUZIONALE E CHE SI POTRÀ FARLO SOLO METTENDO DA PARTE GLI "EGOISMI" DEI PARTITI DI TUTTI GLI SCHIERAMENTI.

CON LE ELEZIONI SUBITO INVECE SI “PERPETUEREBBE” LA CONDIZIONE DI “STALLO” RAGGIUNTO DAL NOSTRO SISTEMA POLITICO AUMENTANDO IL DANNO AL PAESE E ALLA IMMAGINE DELLA POLITICA AGGRAVANDO ULTERIORMENTE LA CRISI.

CHIUNQUE "VINCE" CON IL “PORCELLUM” VINCE A "METÀ" PERCHÈ È SEMPRE SOGGETTO AL POTERE DI “RICATTO” E DI “VETO” DEI PICCOLI PARTITI, INOLTRE I CANDIDATI SONO DECISI DALLE SEGRETERIE DEI PARTITI MEDESIMI PER I QUALI I CITTADINI NON POSSONO ESPRIMERE IL VOTO DI PREFERENZA.

QUESTI DUE PUNTI SONO DIVENTATI TALMENTE EVIDENTI CHE SONO ORA DI DOMINIO PUBBLICO E IL CORPO ELETTORALE NON PUÒ CHE AVERNE PIENA COSCIENZA. NE DERIVA CHE, ADESSO, CHI VUOLE ANDARE AL VOTO SUBITO, DIMOSTRA NON SOLO DI ESSERE "EGOISTA" VERSO IL PAESE MA ANCHE POCO “DEMOCRATICO” VERSO I CITTADINI.

QUESTO SLOGAN "SUBITO AL VOTO" NELLE ATTUALI CONDIZIONI POTREBBE ALLA FINE RIVELARSI "PENALIZZANTE" DAL CORPO ELETTORALE, SPECIALMENTE SE SI CONSIDERA IL "FALLIMENTO" DEI PRECEDENTI 5 ANNI DI GOVERNO BERLUSCONI, E CHE PEGGIO ANCORA HA FATTO PROPRIO IL "PORCELLUM" L'ATTUALE “PESSIMA” LEGGE ELETTORALE CHE IL CORPO ELETTORALE VORREBBE CAMBIARE PRIMA DEL VOTO.

QUINDI SIAMO AD UN BIVIO IMPORTANTE: O SI FA UN NUOVO GOVERNO ANCHE TRANSITORIO PER FARE LA NUOVA LEGGE ELETTORALE OPPURE ELEZIONI SUBITO. NEL PRIMO CASO SI COSTRUISCE UN NUOVO PERCORSO PER IL "RISANAMENTO" ISTITUZIONALE DEL PAESE.
NEL SECONDO CASO SI CONTINUA NEL VECCHIO PERCORSO PER IL SUO "AGGRAVAMENTO" E “DECLINO”.

SE DIETRO AI PARTITI CI SONO GLI UOMINI E LE DONNE “INTELLIGENTI” DI QUESTO PAESE, ESSI NON POTRANNO CHE “CONVENIRNE” ALTRIMENTI NON RESTA CHE "SPERARE" NEGLI UOMINI E NELLE DONNE “INTELLIGENTI” DEL CORPO ELETTORALE.
Raffaele B.

ANSA
Montezemolo: esecutivo tecnico per riforme
(dell'inviato Domenico Mugnaini)
2008-01-25 21:13

Andare al voto con questa riforma elettorale altro non farebbe che riproporre l'attuale situazione, quella che ha portato "all'indegno e indecoroso spettacolo visto ieri in Parlamento". Il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, proprio all'indomani della caduta del Governo Prodi, rilancia la necessità di fare prima "una nuova legge elettorale che consenta agli elettori di decidere chi mandare in Parlamento e limiti il potere di veto dei micropartiti", per correggere "il bicameralismo perfetto che paralizza l'Italia". Per farlo l'unica possibilità è quella di "un governo di scopo, istituzionale, tecnico, lo si chiami come si vuole" che è convinto Montezemolo, troverebbe "una rapida sintonia" con tutto il Paese. Quasi un "appello disperato", come lui stesso lo definisce, vista la cronaca delle ultime ore. Ma se i partiti, di centrodestra e centrosinistra, non mettono da parte i propri "egoismi", difficilmente riusciranno a fare l'interesse dei cittadini, delle imprese, delle giovani generazioni". Poche cose, ma da fare subito, in "una breve ed efficace stagione di riforme condivise", ha precisato parlando all'assise degli industriali toscani, riuniti nell'auditorium della Banca Monte dei Paschi.

E comunque prima del voto, perché tornare alle elezioni così, "con questa legge elettorale, lo sappiamo per esperienza, la parola non torna ai cittadini ma alle segreterie dei partiti, con liste preconfezionate, per consentire altri giri di giostra a chi non vuole un vero rinnovamento". Una stagione che il presidente degli industriali non solo giudica "indispensabile, ma anche possibile". Tra le prime riforme da fare i regolamenti di Camera e Senato per "evitare la nefasta frammentazione e proliferazione dei gruppi". Non risparmia critiche a nessuno, Montezemolo: ricorda agli stessi industriali che devono continuare "ad impegnarsi per la crescita del Paese, come abbiamo fatto fino ad oggi" e, pur nella distinzione dei ruoli, senza voler sostituirsi a nessuno, Montezemolo chiede alla politica di cominciare "a fare" per risollevare l'economia. Per questo ricorda le critiche ricevute quando nei mesi scorsi richiamò i diversi governi che si sono succeduti "dall'entrata nell'euro", perché da allora "l'Italia non è stata governata, è mancato un grande progetto Paese, una missione, una sfida", ripete anche oggi, interrotto 12 volte dagli applausi. Al Governo Prodi, riconosce di aver realizzato almeno alcune cose utili alle imprese, "e quindi al Paese", come l'intervento per il credito d'imposta alle piccole imprese e aver avviato il risanamento dei conti. Tra i meriti degli industriali richiama anche quello di aver chiuso il contratto dei metalmeccanici, cosa resa difficile, aggiunge, "dalle resistenze di alcuni settori del sindacato, che hanno una cultura frenante, e da un meccanismo di contrattazione arcaico". Montezemolo torna anche sui problemi della Sicilia dove, gli imprenditori "combattono contro il pizzo" mentre il governatore "viene condannato a 5 anni di reclusione e decide di restare al suo posto". Una brutta istantanea, che "riassume bene i due volti del paese e la distanza sempre più grande di questa classe dirigente politica dal paese reale". Un'Italia dove, "per fortuna", Benedetto XVI ha deciso di non andare all'università La Sapienza. Montezemolo è convinto che in quel caso, oltre che per l'immondizia nelle strade di Napoli, "l'Italia sarebbe stata sulle pagine dei quotidiani internazionali anche per la contestazione al Papa", finendo per rovinare ancora di più l'immagine di un Paese che "non sa più attrarre né investitori né studenti stranieri", conclude prima lasciare Siena, salutando la neo presidente di Confindustria Toscana, Antonella Mansi, 33 anni.

domenica, gennaio 20, 2008

MAFIA - CUFFARO ‘FESTEGGIA’ LA CONDANNA

È IL TIPICO PARADOSSO ITALIANO, ANZI SICILIANO. IL PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIA È STATO CONDANNATO A 5 ANNI DI CARCERE CON LA INTERDIZIONE AI PUBBLICI UFFICI E NONOSTANTE CIÒ LO “FESTEGGIA” COME FOSSE UNA VITTORIA.

LA RAGIONE DI TANTA ESULTANZA STA NEL FATTO INCREDIBILE CHE CUFFARO NON HA AVREBBE “AIUTATO” LA MAFIA MA SOLO ALCUNI PERSONAGGI FORTEMENTE INDIZIATI DI MAFIA. LI HA "INFORMATI" CHE I MAGISTRATI AVEVANO FATTO PIAZZARE DELLE "CIMICI" PER INTERCETTARE LE LORO TELEFONATE, FACENDO "SALTARE" L'INTERA INCHIESTA CHE DI FATTO HA "SALVATO" DA PROVE INECCEPIBILI PROPRIO I COSIDDETTI INDIZIATI DI MAFIA. PERFETTO NO?

COSA SI PUÒ DIRE DI PIÙ? IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA DICE CHE "AIUTARE" PERSONE INDIZIATE DI MAFIA (che "vanificano" la raccolta di "prove", grazie a lui, che “potevano sicuramente” dimostrare la loro appartenenza alla mafia, altrimenti perché “informare” e poi “vanificare”?) NON È AIUTARE LA MAFIA!

TALE DISPOSITIVO È UN GIOIELLO "GARANTISTA" DEL NOSTRO SISTEMA GIUDIZIARIO CHE NESSUNO CI INVIDIA. UN PARADOSSO ASSURDO CHE LA DICE LUNGA SUI RESIDUI DI INFLUENZA DELLA MAFIA NELL'ISOLA.

IN OGNI CASO IL PRESIDENTE HA COMMESSO UN GRAVE REATO DI "FAVOREGGIAMENTO" E DI "INTRALCIO ALLE INDAGINI" TANT'È CHE I GIUDICI LO HANNO ANCHE INTERDETTO DAI PUBBLICI UFFICI PER LA DURATA DELLA PENA. SOLO PER QUESTO CUFFARO AVREBBE DOVUTO "DIMETTERSI". NON LO FA PER UN ALTRO MECCANISMO "GARANTISTA" CHE NEMMENO QUESTO CI INVIDIANO: LA PENA NON È ESECUTIVA FINO AL TERZO GRADO CIOÈ DOPO LA CONDANNA DI CASSAZIONE.

OVVIAMENTE RICORRENDO IN APPELLO (SECONDO GRADO) LA PENA È SOSPESA! PASSERÀ DEL TEMPO PRIMA DI ARRIVARE ALLA PROSSIMA SENTENZA, POI SE CONFERMATA O AGGRAVATA, IL PRESIDENTE RICORRERÀ IN CASSAZIONE E PASSERANNO ALTRI ANNI ANCORA PRIMA DI ARRIVARE ALLA SENTENZA DEFINITIVA. PER FARE QUESTO CI VOGLIONO MOLTI SOLDI E POTERE CHE MOLTI COMUNI CITTADINI NON HANNO!

NEL FRATTEMPO CI POTRANNO ESSERE INDULTI E RIDUZIONI DI PENA SENZA CONTARE CHE CON UN NUOVO GOVERNO DEL CAVALIERE BERLUSCONI (CAMPIONE DI CONDANNE E PRESCRIZIONI) PASSI TUTTO IN "CAVALLERIA" E ADDIO "GIUSTIZIA". DURANTE TUTTO QUESTO TEMPO IL PRESIDENTE POTREBBE CONTINUARE A "GOVERNARE" LA SICILIA COME FOSSE UN CITTADINO "ONESTO" E "DEGNO" DI POTERLO FARE!

ALLORA NIENTE CI IMPEDISCE DI CREDERE CHE VI POSSONO ESSERE TANTI PERSONAGGI SIMILI IN TUTTO IL PAESE CHE DI FATTO COSTITUISCONO UN "FORMIDABILE" SOSTEGNO “POLITICO” ALLA MAFIA IN SICILIA, 'NDRANGHETA IN CALABRIA, CAMORRA IN CAMPANIA E SACRA CORONA UNITA IN PUGLIA E CHISSÀ QUANTE ALTRE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI.

LA GIUSTIZIA SEMBRA ESSERE "POCO EFFICACE" CONTRO COSTORO, AL CONTRARIO "PIÙ EFFICACE" PER I COMUNI CITTADINI E PER I COSIDDETTI “PESCI PICCOLI”. DI QUESTO I CITTADINI NE HANNO COSCIENZA DA MOLTI LUSTRI EPPURE NON SI È MAI PROCEDUTO AD UNA SERIA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA CHE RIMETTESSE IL NOSTRO PAESE IN EUROPA, SIA DAL PUNTO DI VISTA DELL'EFFICACIA PER TUTTI (LEGGE UGUALE PER TUTTI) CHE DEI TEMPI DI GIUDIZIO FINORA ANCORA TROPPO LUNGHI.

LA POLITICA HA PERÒ IL "DOVERE MORALE" QUINDI “ETICO” DI “ESCLUDERE” DALLE LISTE ELETTORALI E DALLA GESTIONE DEI PUBBLICI POTERI NON SOLTANTO COLORO CHE SONO "CONDANNATI" DI REATO CHE È NORMALE, MA PER FUGARE OGNI DUBBIO, ANCHE COLORO CHE NE SONO "ACCUSATI", A GARANZIA SIA DELLA INDIPENDENZA DEI GIUDICI CHE DEI CITTADINI MEDESIMI

IN QUESTO CASO È AVVENUTO IL "CONTRARIO" E SONO I GIUDICI A FINIRE ALLA GOGNA, INVECE! CON BUONA PACE DEL FATTO CHE NESSUNO IN ITALIA RITENGA LA "POLITICA" PIÙ "PULITA" DELLA MAGISTRATURA. È IL NOSTRO PARADOSSO ITALICO!
Raffaele B.

REPUBBLICA
Mafia, Cuffaro condannato a 5 anni
"Riconosciuto che non sono colluso"
18 gennaio 2008

Processo talpe alla Dda, il presidente della Sicilia riconosciuto colpevole
di favoreggiamento ma non di aver avvantaggiato Cosa nostra. "Resto al mio posto"


Casini: "In appello cadranno anche le altre imputazioni"
Prestigiacomo: "Piena solidarietà all'uomo, ma serve discontinuità"


PALERMO - Il presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, è stato condannato a 5 anni nel processo per le 'talpe' alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. La terza sezione penale del Tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, ha escluso l'aggravante di aver favorito la mafia. A Cuffaro è stata applicata anche la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.

Nel processo per le 'talpe' alla Direzione distrettuale antimafia, il presidente della Regione era imputato di favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto e per questo i pm avevano chiesto otto anni di reclusione. La corte però, pur riconoscendo una condotta colpevole di favoreggiamento a favore degli altri imputati (alcuni dei quali condannati per associazione di tipo mafioso), non ha ritenuto dimostrata l'aggravante di aver favorito l'organizzazione criminale e quindi ha applicato una pena più bassa.

Cuffaro: "Resto presidente". Cuffaro, contrariamente a quanto egli stesso aveva annunciato, ha assistito alla lettura della sentenza nell'aula bunker di Pagliarelli. "Sono confortato, non sono colluso con la mafia e per questo resto presidente della Regione. Da domani torno al lavoro". Queste le prime parole dell'esponente dell'Udc.

Il presidente della Regione Sicilia ha però anche annunciato che ricorrerà in appello: "Assieme ai miei avocati, lette le motivazioni della sentenza, ricorreremo in appello perché anche questi residui capi d'accusa possano cadere". Resta intanto aperta un'altra indagine per concorso in associazione mafiosa su Cuffaro, aperta nel maggio scorso dal gip Fabio Licata al termine di un dibattito interno alla Dda di Palermo, dopo che uno dei pm del processo alle "talpe", Nino Di Matteo, aveva chiesto di contestare a Cuffaro, imputato per favoreggiamento a Cosa nostra, l'accusa più grave di 110 e 416 bis.

Lo scontro con Grasso. Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, pur dichiarandosi riconoscente verso il presidente e ai giudici per come hanno condotto il procedimento, ha rilevato: "E' rimasto provato il favoreggiamento da parte del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, di singoli mafiosi come Guttadauro, Aragona, Greco, Aiello e Miceli, ma tutto ciò non è stato ritenuto sufficiente a integrare l'aggravante contestata di avere agevolato l'associazione mafiosa Cosa Nostra nel suo complesso". Ma Cuffaro ha replicato: "Non capisco perchè il procuratore Grasso sostenga che in base alla sentenza io abbia favorito singoli mafiosi. Il dispositivo, mi hanno spiegato i legali, non dice questo ed esclude ogni mio rapporto con la mafia e con singoli mafiosi. Evidentemente Grasso non ha letto appieno la sentenza".

I commenti. Palazzo Chigi non commenta la sentenza di condanna: le fonti della Presidenza del Consiglio si limitano a ribadire "il pieno rispetto per l'autonomia della magistratura". Esprime invece soddisfazione per l'esclusione dell'aggravante del favoreggiamento alla mafia per Cuffaro il segretario nazionale dell'Udc Lorenzo Cesa: "Siamo compiaciuti che già dalla sentenza di primo grado sia stata esclusa ogni forma di collusione del Presidente Cuffaro con la mafia - scrive Cesa in una nota - Nell'esprimere piena solidarietà all'amico Toto sono certo che egli saprà ulteriormente dimostrare nei prossimi gradi di giudizio la sua estraneità ai fatti contestatigli". Analogo il commento del leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini: "Da sempre sappiamo che Cuffaro non è colluso con la mafia. Da oggi lo ha certificato anche un tribunale della Repubblica. Sono certo che in appello cadranno anche le altre imputazioni".

"Ieri Mastella, oggi Cuffaro", ha commentato Silvio Berlusconi, ribadendo che serve "un risanamento di tutto l'ambito giudiziario". "Credo che gli italiani esprimano già con i numeri dei sondaggi - ha aggiunto - che siamo nella piena patologia e che c'è da fare un risanamento di tutto l'ambito giudiziario molto in profondità".

Pur esprimendo "piena solidarietà all'uomo Cuffaro", la deputata FI Stefania Prestigiacomo chiede invece "con la massima urgenza un vertice regionale di Forza Italia per riflettere sul nostro ruolo politico in Sicilia e rispetto al governo regionale e per porre con forza un'esigenza di cambiamento e di scelte nel segno della discontinuità".

Mentre il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro invita ad aver rispetto delle sentenze e della magistratura: "Non serve prendersela con la magistratura che fa semplicemente il proprio dovere. Bisogna impedire che si arrivi davvero alla crisi della democrazia. E l'unica soluzione è quella di mettere a punto un codice etico da proporre come patto con gli elettori".

Le altre condanne. Condannati anche tutti gli altri imputati. A 14 anni di reclusione è stato condannato l'ex manager della sanità privata Michele Aiello (associazione mafiosa, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, truffa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura e corruzione); la pena di 7 anni è stata inflitta maresciallo del Ros Giorgio Riolo (associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, corruzione e interferenze illecite nella vita privata altrui); 4 anni e 6 mesi al radiologo Aldo Carcione (rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e accesso abusivo al sistema informatico della Procura).

Sei mesi la pena inflitta all'ex segretaria della Procura Antonella Buttitta (accesso abusivo al sistema informatico della Procura e rivelazione ed utilizzazione di segreto d'ufficio); 1 anno a Roberto Rotondo (favoreggiamento); 3 anni a Giacomo Venezia (favoreggiamento); 9 mesi a Michele Giambruno (truffa e corruzione); 9 mesi a Salvatore Prestigiacomo (corruzione); 2 anni ad Adriana La Barbera (corruzione); 2 anni ad Angelo Calaciura (corruzione); 4 anni e 6 mesi e 1500 euro di multa a Lorenzo Iannì (truffa).

REPUBBLICA
Ma una condanna non va celebrata
Commento di ANGELO MELONE
18 gennaio 2008

"E' una sentenza che mi conforta, non ho mai commesso atti tesi a favorire la mafia. Dunque non mi dimetto". Sono le parole a caldo di Salvatore Cuffaro pochi minuti dopo la lettura della sentenza a Palermo. E giù, in queste ore successive, un diluvio di congratulazioni. Da Casini all'intero centrodestra siciliano e nazionale.

Congratulazioni perché? E perché l'aria che giunge dalla Sicilia è quella di una vittoria?

E' chiaro che per qualunque cittadino - e in special modo per chi vive nella realtà siciliana - allontanare da sé il sospetto di avere traffici di qualunque genere con Cosa nostra è un decisivo recupero di dignità personale. Però la Sicilia resta governata ("fin da domattina", sottolinea il presidente) da una persona sulla cui testa pesa una condanna durissima per aver favorito uno dei personaggi accusati di diversi reati tra cui l'associazione mafiosa e per questo condannati nella stessa sentenza.

Stava a lui decidere se restare o no al proprio posto, e ha deciso. Sta alla sensibilità delle forze politiche valutare la decisione, anche se questo processo soprattutto negli ultimi mesi si era già trasformato in una campagna squisitamente politica riassumibile con "i giudici decidano se Cuffaro è mafioso o no, il resto non conta". Ma una condanna a 5 anni di reclusione per un importante personaggio politico nazionale non va certo celebrata come un vittoria
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giovedì, gennaio 17, 2008

BENAZIR BHUTTO: "OSAMA BIN LADEN È STATO UCCISO"

È INCREDIBILE CHE UNA SIMILE NOTIZIA SIA PASSATA INOSSERVATA DA TUTTI I MEDIA NAZIONALI E INTERNAZIONALI E CHE SOLO ORA COMINCIA A TRAPELARE DA ALCUNI GIORNALI E TV A DISTANZA DI ALCUNI MESI. BENAZIR BHUTTO HA FATTO QUESTA DICHIARAZIONE ALLA TELEVISIONE ARABA AL JAZEERA IL 2 NOVEMBRE SCORSO SENZA CHE NESSUNO ABBIA BATTUTO CIGLIA E/O CHIESTO CHIARIMENTI O SAPERE QUANDO AVVENNE COME SE FOSSERO DISTRATTI O NON INTERESSATI.

DURANTE TUTTO QUESTO TEMPO NON È SUCCESSO NULLA, NESSUNO HA RIPORTATO LA NOTIZIA, NESSUNO NEMMENO LA CIA O L’FBI NEMMENO PER SMENTIRE. OSAMA BIN LADEN AVEVA UNA TAGLIA DI 25 MILIONI DI DOLLARI VIVO O MORTO CHE DOVRÀ ESSERE PAGATA AL SUO UCCISORE OMAR SHEIKH LO STESSO CHE CONSEGNÒ 100MILA DOLLARI A MOHAMMED ATTA, SECONDO L'INCHIESTA UFFICIALE QUALCHE GIORNO PRIMA DELL 11 SETTEMBRE.

BENAZIR BHUTTO ORA NON POTRÀ DIRE PIÙ NULLA, NON POTRÀ RIVELARE LE SUE FONTI D'INFORMAZIONE PERCHÈ È STATA, COME SI SA, ASSASSINATA.
MA FORSE ADESSO RISULTA PIÙ CHIARO PERCHÈ L’HANNO AMMAZZATA. SAPEVA TROPPE COSE E UNA DI QUESTE L’HA DETTA. ED È BASTATA.
NOTA: SUL SITO DI “
ZERO” SI PUÒ VEDERE IL VIDEO
Raffaele B.


LASTAMPA
Omar Sheikh è «l'uomo che ha ucciso bin Laden»
GIULIETTO CHIESA
17/1/08

Ieri sera ricevo una mail da un amico: «Hai visto? Osama bin Laden è stato ucciso». C'è un link. Vado a vedere. È Benazir Bhutto che parla, intervistata da Al Jazeera in lingua inglese. Dice, testualmente, tra molte altre cose, che Omar Sheikh è «l'uomo che ha ucciso Osama bin Laden». Riguardo, straluno. Controllo una seconda volta.

Inequivocabile. Un lapsus? Non sembra: Benazir parla con assoluta calma e indica nomi con perfetta precisione. Controllo la data. È il 2 novembre 2007, due mesi e dodici giorni fa. L'intervistatore, David Frost, è giornalista esperto. Ma assorbe la notizia come se non l'avesse sentita. Non chiede nemmeno «quando?». Passa oltre. Sbalorditivo. Guardo il contatore delle persone che, nel frattempo, sono andate a vedere quel filmato: in quel momento sono 292.364. Altre decine di siti web stanno commentando quello che vedo io su You Tube.

Ma anche Wikipedia ne è pieno. Decine di migliaia di persone ne discutono. Ma non un solo giornale ha ripreso la notizia. Da due mesi. Non un solo telegiornale l'ha fatta vedere. Da oltre due mesi. Nemmeno Al Jazeera, stavolta molto distratta. Non un solo governo commenta. Nemmeno la Cia, nemmeno l’Fbi. Neppure per smentire. Un silenzio assordante come pochi. Eppure Osama aveva sulla sua testa una taglia americana da 25 milioni di dollari, dead or alive, vivo o morto. Come minimo dovrebbero accertare se devono erogarla a Omar Sheikh, quello stesso che, per inciso, consegnò a Mohammed Atta, secondo l'inchiesta ufficiale, 100 mila dollari qualche giorno prima dell'11 settembre, e che era a Washington, quel giorno fatale, guarda caso. Poi Benazir è stata ammazzata, al secondo tentativo.

E non ci potrà più dire nulla delle sue fonti d'informazione. Nessuno di coloro che l'hanno pianta, o commemorata, ha ricordato la sua rivelazione del 2 novembre. Nemmeno l'illustre Economist - che ha dedicato al Pakistan la copertina del penultimo suo numero, con il titolo «Il paese più pericoloso del mondo» - si è accorto di quelle parole di Benazir. Tutti molto distratti. Resta solo da chiedere al presidente Musharraf - non senza avergli augurato lunga vita - di fornirci qualche ulteriore informazione sul signor Omar Sheikh, che lavorava allora per i suoi servizi segreti. Qualcosa deve saperne, almeno lui, visto che nel suo libro del 2006 («In the line of fire: a memoir», Free Press) affermava di sospettare che avesse lavorato, negli anni ‘90, per il servizio segreto di Sua Maestà britannica, il famoso Mi 6.


ZERO
Osama bin Laden è stato ammazzato. (CON VIDEO)
15 Gennaio 2008 di Giulietto Chiesa
(*questo articolo è uscito anche, leggermente modificato e integrato, su La Stampa del 15-1-08)

Dovrei mettere il punto interrogativo, per prudenza. Io non l’ho visto, non ho le prove. Ma chi lo dice è stata ammazzata e non era l’ultima arrivata sulla scena pachistana. E la sua morte, molto recente, mi pare come una conferma indiretta della validità della sua rivelazione. Per questo non metto il punto interrogativo. Lo mettano i maestri del giornalismo - italiano e mondiale - che hanno taciuto, insieme alle mille verità dell’11 settembre, anche questa notizia. Per oltre due mesi. Esattamente per due mesi e 11 giorni. Perchè questa notizia, con la “N” maiuscola, risale al 2 novembre 2007.

L’autrice si chiamava Benazir Bhutto. Il luogo della rivelazione il programma in lingua inglese di Al Jazeera “Over the World” condotto da David Frost, che appunto commenta con Benazir l’attentato dell’ottobre precedente che aveva fatto 158 morti, al suo primo ritorno in patria.

Benazir dice, testualmente che “the man who murdered Osama bin Laden” è Omar Sheikh. Ho controllato (e molti prima di me): le labbra dicono proprio così. Qualcuno ricorderà che Omar Sheikh è quell’alto ufficiale del servizio segreto militare pakistano ISI che consegnò 100 mila dollari a Mohammed Atta nei giorni immediatamente precedenti l’attentato dell’11/9. Qui finisce la notizia e comincia lo scandalo, anzi una matrioshka infinita di scandali, uno dentro l’altro.

Il primo è sbalorditivo. Al Jazeera ha la notizia in diretta. Il suo conduttore, David Frost, uomo esperto, sembra non accorgersene. Non interrompe Benazir, non chiede chiarimenti.
Il secondo scandalo è il silenzio di tutti i media occidentali (e ovviamente italiani). Anche se Benazir Bhutto avesse detto il falso la sua dichiarazione sarebbe stata una bomba atomica nel panorama mondiale.

Se non altro per essere smentita. Invece nulla. Silenzio. Non se ne sono accorti? Guardo sul contatore di You Tube, questa sera, 13 gennaio 2007, e vedo che 292.364 persone hanno visto quel video. Tutti meno i direttori di tutti i giornali e di tutte le tv dell’occidente. Altre decine di file tv, su You Tube, su Wikipedia, altrove, analizzano, commentano, da due mesi, e nessuno scrive una riga, nessuno dei media del “mainstream” dedica una riga, un ‘immagine all’esplosione di interrogativi contenuta in quelle parole.

L’ “Economist”, illustre paravento quant’altri mai, ha appena dedicato una copertina del suo penultimo numero al Pakistan, definendolo “il luogo più pericoloso del mondo”, ma non ha dedicato nemmeno una mezza riga a questa notizia. E noi siamo tutti impegnati nella lotta mondiale contro il terrorismo, ma nessun governo, nemmeno il governo americano, nemmeno la Cia, nemmeno l’Fbi, si accorgono che colui che ci hanno additato come capo del terrorismo mondiale è stato ammazzato, o potrebbe essere stato ammazzato.

Il presidente George Bush continua a ripetere le sue giaculatorie sul terrorismo e le sue minacce all’Iran e nessuno gli ha detto niente. Nemmeno quel dio sulla spalla del quale, quando è di cattivo umore, piange la mattina, dopo averlo pregato di scendere a fargli compagnia. Non chiedono nemmeno di sapere quando, eventualmente, sarebbe stato ammazzato. Forse perchè qualcuno teme di avere mandato in onda una sua dichiarazione in video post mortem senza saperlo.

Chissà se adesso Umberto Eco andrà a rivedere i suoi commenti sulla mancanza della “gola profonda” per l’11 settembre. Certo la povera Benazir Bhutto non era, finchè fu viva, una gola profonda. Lei non c’entrava con l’11 settembre.

Ma adesso a me risulta più chiaro perchè l’hanno ammazzata. Sapeva troppe cose e una di queste l’ha detta. Ed è bastata. Il resto ci riguarda. Come possiamo tollerare ancora di essere costretti a lasciare nelle mani di bugiardi e cialtroni l’informazione nel nostro paese?

LA LAICITÀ, IL VERO OBIETTIVO DA COLPIRE

È TIPICO DI TUTTI GLI ESTREMISMI "SCONFINARE" APPRODANDO COSÌ SUL LATO OPPOSTO DI CIÒ CHE SI VUOLE PROPORRE!

LE MANIFESTAZIONI DI OSTILITÀ CONTRO IL PAPA, DA PARTE DEI COSIDDETTI "LAICI" DELLA SAPIENZA, CIRCA UN CENTINAIO DI PERSONE FRA STUDENTI E PROFESSORI, QUINDI UNA PICCOLISSIMA MINORANZA, ERANO PER IMPEDIRE L'INTERVENTO DEL PAPA NON PER CONTESTARE IL SUO INTERVENTO. PER QUESTO MOTIVO QUEL COMPORTAMENTO NON PUÒ CONFIGURARSI "LAICO" PERCHÈ "LA LAICITÀ" È TERRENO NEUTRALE DI CONFRONTO ALLA PARI DI TUTTE LE IDEE, QUINDI È DEMOCRAZIA INNANZITUTTO. SENZA LA DEMOCRAZIA NON ESISTE LA LAICITÀ, E QUI SI SCONFINA NEL "LAICISMO" O “BIGOTTISMO LAICO”.

QUI È STATO COMMESSO ANCHE UN GRAVE ERRORE "POLITICO" DA PARTE DI QUELLA MINORANZA CHE CON QUEL GESTO HA OFFERTO UNA INASPETTATA OCCASIONE AL PAPA DI SFRUTTARLO MEDIATICAMENTE CON LA "RINUNCIA" DI ANDARE ALLA SAPIENZA SEBBENE NON CI FOSSERO IMPEDIMENTI DI SORTA, NÈ DAL PUNTO DI VISTA DEI POSSIBILI DISORDINI NÈ PER LA SUA SICUREZZA PERSONALE.

LA CONTESTAZIONE ERA MOLTO CIRCOSCRITTA E POI I SERVIZI DI SICUREZZA PREVISTI ERANO IMPONENTI. LO STESSO PAPA È ANDATO IN TURCHIA DOVE LÌ RISCHIAVA ADDIRITTURA LA VITA. PAPA WOJTLA ANDÒ INVECE ALLA SAPIENZA "AFFRONTANDO" LA CONTESTAZIONE STUDENTESCA SENZA PROBLEMI. PERCHÈ ALLORA RINUNCIARE?

LA RINUNCIA HA VALORE MEDIATICO PERCHÈ VEICOLA L'IDEA CHE L'UNIVERSITÀ DELLA SAPIENZA (LA SCIENZA) ABBIA TOLTO AL PAPA IL DIRITTO DI PAROLA ASSESTANDO UN DURO COLPO, QUESTO SI, ALLA "LAICITÀ".

QUEST'ULTIMA NON HA MAI AVUTO NULLA DA TEMERE DALLA RELIGIONE, MENTRE LA RELIGIONE HA QUALCHE PROBLEMA CON LA LAICITÀ, SPECIALMENTE NEL NOSTRO PAESE. PER QUESTO CREDO CHE ESSA SIA STATO IL VERO OBIETTIVO DA COLPIRE.

IN SINTESI I FATTI SONO QUESTI:
AL PAPA NON È STATO AFFATTO "IMPEDITO" DI ANDARE ALLA UNIVERSITÀ MA SOLO "CONTESTATO" AD ANDARCI DA UNA ESIGUA MINORANZA CHE NON RAPPRESENTA LA SAPIENZA. È STATA SOLO UNA LIBERA SCELTA DEL PAPA A "RINUNCIARE" DI ANDARCI. TUTTO QUI.
IL RESTO È TRISTEMENTE STRUMENTALE E MEDIATICO.
Raffaele B.

UNITA
Il Papa non va a La Sapienza
Grave errore contestarlo
Ferdinando Camon (scrittore contemporaneo. Insegna “Procedura penale”)
16.01.08

Il Papa ha rinunciato a parlare all’Università di Roma: troppi ostacoli, troppi nemici, troppa ostilità. Troppi errori. All’inizio era stato invitato a tenere la Lectio magistralis, che è come dire a tracciare il solco, col senso che su quel solco sarebbe passato il sapere che l’università impartisce ai suoi studenti. In un secondo momento fu spostato in coda, non avrebbe parlato alle 9,30 ma alle 11: ma questo non cambiava nulla, chiunque avesse parlato prima di lui era destinato a sparire dopo che avesse parlato lui.

Infine si stabilì che mentre lui parlava potesse svolgersi una manifestazione di dissenso dentro lo spazio universitario, dissenso che non avrebbe contestato i contenuti del suo discorso (ancora sconosciuti), ma il suo diritto di parlare, la sua persona, la sua presenza, la sua biografia. A questo punto, il Papa ha deciso di rifiutare l’invito.

E così diventa il Papa a cui non è stato permesso di parlare in una università italiana, gli è stato confezionato un invito in maniera tale che lui ha considerato più dignitoso respingerlo. Una università italiana ha chiuso la bocca al capo della Cristianità. Per quell’università, per l’università in generale, per la cultura, per la libertà di parola, ma anche per il rapporto laici-cattolici, è un naufragio. Bisognava evitarlo. Era meglio che parlasse. Era giusto che parlasse. E questo non significa (a priori) che lui avrebbe detto cose giuste: sulle cose si poteva poi discutere, come scienza e coscienza impongono. E come ogni università, formatrice della scienza e della coscienza, insegna.

Il rifiuto al Papa di parlare all’Università non è un rifiuto in nome dell’università, è contrario al principio dal quale nasce l’istituto dell’università; non è un rifiuto nel nome di Galileo, ma nel nome di coloro che costrinsero Galileo all’abiura; chi dice che rifiuta l’entrata del Papa così come la rifiuterebbe ai leader che ritiene illiberali, non oppone a quei leader illiberali l’atteggiamento della libertà, ma adotta il loro stesso sistema. Perciò il dubbio è che coloro che si oppongono oggi a che il Papa parli all’università, sarebbero stati contrari ieri a che Galileo pubblicasse le sue tesi.

Vietare che un oratore parli, e vietare che chi vuole ascoltarlo lo ascolti, è come vietare che uno scrittore scriva, e che chi vuole leggerlo lo legga. È come bruciare i libri. Hanno bruciato il libro del Papa. Dal rogo dei libri non viene nessuna civiltà, viene la fine della civiltà. Hanno osteggiato il Papa all’università ufficialmente per il suo atteggiamento verso Galileo. La frase del filosofo austriaco Paul Feyerabend (un anarchico della scienza) su Galileo («La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo»), Ratzinger l’ha fatta sua ipotizzando che il galileismo possa essere stato smentito dal relativismo: come se questo potesse sminuire l’errore della Chiesa.

In realtà Galileo scavalcò la razionalità dell’epoca, e non solo la Chiesa, ma l’epoca tutta ebbe difficoltà a seguirlo. Galileo aveva capito una cosa «troppo grande». Ma proprio perché la cosa era troppo grande, aver sbagliato su quella cosa fu per la Chiesa un errore troppo grande. Più che un errore di scienza, fu un errore di metodo. Perché non solo costrinse Galileo ad abiurare alle sue scoperte, ma lo costrinse a giurare di non indagare più su quella materia, e a denunciare i colleghi scienziati, di cui fosse venuto a conoscenza, che svolgevano le stesse indagini.

Non condannò una scoperta, condannò la scienza. Il risultato fu l’entrata del dubbio nel sistema cattolico. Se la Chiesa ha sbagliato con Galileo, può aver sbagliato con Darwin. Marx. Freud. Se ha sbagliato su come vanno le cose in cielo, può sbagliare su come si va in cielo. Il che vuol dire che si può essere cattolico discutendo e confliggendo con la Chiesa cattolica. Sui gay. Sull’eutanasia. Sull’aborto. Perfino sull’Inferno. C’era un vescovo che predicava la non-esistenza dell’Inferno, gli fu tolta la cattedra, fu minacciato di scomunica, ai tempi di Galileo lo avrebbero mandato al rogo, al tempo di Giovanni Paolo II è stato fatto cardinale (Hans Urs Von Balthasar). Se su Galileo la Chiesa ha commesso un errore di metodo, la cultura laica che adesso costringe il Papa a rinunciare a parlare all’università commette lo stesso errore di metodo. Se è un errore del bigottismo, questi sono i bigotti laici.
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UNITA
Sapienza e ironia
di Giulio Ferrosi (docente di letteratura italiana all’università “La Sapienza” di Roma)
Pubblicato il: 17.01.08

EMERGENZA RIFIUTI A NAPOLI

DA VARIE PARTI SI GRIDA ALLE DIMISSONI DI BASSOLINO DA GOVERNATORE DELLA CAMPANIA C0ME SE FOSSE L'UNICO RESPONSABILE DELLA SITUAZIONE ASSURDA IN CUI VERSA NAPOLI ED ALTRE TRE PROVINCE DELLA REGIONE.

SI DIMENTICA CHE DOPO DI LUI CI FURONO ALTRI COMMISSARI CON POTERI PERSINO PIÙ AMPI CHE HANNO BUTTATO LA SPUGNA PER LE FORTI OPPOSIZIONI DI COMUNITÀ LOCALI CAPEGGIATI DA LEADERS DELLA DESTRA, DELLA CHIESA E DI ECOLOGISTI MASSIMALISTI DI SINSTRA CHE HANNO ALLA FINE IMPEDITO DI PORTARE A TERMINE LA COSTRUZIONE DEL TERMOVALORIZZATORE E LA RIAPERTURA DELLE DISCARICHE CHIUSE DIVERSI ANNI PRIMA.

QUESTO HA PROVOCATO L'ACCUMULO DEI RIFIUTI SULLE STRADE CHE SONO DIVENTATE DI FATTO "DISCARICHE ABUSIVE" COME ALTRE DISSEMINATE NEL TERRITORIO (VEDI CAMORRA…) CON GRAVI RISCHI PER LA SALUTE. NON VOLENDO "DISCARICHE", QUELLE COSTRUITE A NORMA DI LEGGE NEL PROPRIO QUARTIERE E SI FINISCE CHE TUTTA LA CITTÀ DIVENTI UNA DISCARICA ABUSIVA.

FINO A QUANDO NON SI AVVIA TUTTO IL CICLO DELLA "RACCOLTA DIFFERENZIATA" SERVONO PIÙ "DISCARICHE" PERCHÈ LA CITTÀ PRODUCE SEMPRE RIFIUTI IN NOTEVOLE QUANTITÀ E SENZA SOSTA. BASTA UN BLOCCO, UNA INDECISIONE ANCHE MOMENTANEA SULL'APERTURA DI UNA NUOVA DISCARICA E SI CREA IMPROVVISAMENTE L'EMERGENZA!
IN UNA CERTA MISURA LA SITUAZIONE DI NAPOLI PUÒ ESSERE "ANTICIPATRICE" DI QUELLO CHE POTRÀ ACCADERE IN ALTRE CITTÀ PERCHÈ MOLTE DI QUESTE SONO MOLTO INDIETRO SULLA RACCOLTA DIFFERENZIATA ED HANNO DIFFICOLTÀ AD APRIRE ALTRI SITI PER LA FORTE OPPOSIZIONE DELLE COMUNITÀ LOCALI. VEDREMO COSA SUCCEDERÀ APPENA TUTTI I SITI ATTUALI SARANNO COLMI.

ORA È CURIOSO CHE PROPRIO COLORO CHE ERANO E CONTINUANO AD ESSERE IN PRIMA FILA "CONTRO" LE DISCARICHE, "CONTRO" LA SOLIDARIETÀ NAZIONALE, PRETENDONO LE DIMISSIONI DI BASSOLINO PER NON AVERE RISOLTO IL PROBLEMA. IN FONDO NAPOLI E LA CAMPANIA TUTTA HA ASSORBITO, VOLENTE O NOLENTE, PER MOLTI ANNI L'IMMONDIZIA DI TUTTA L'ITALIA.

NATURALMENTE L'INCHIESTA DELLA MAGISTRATURA CONTINUA ED ACCERTERÀ TUTTE LE RESPONSABILITÀ IN TEMPI DECENTI SI SPERA, MA È CHIARO CHE LA STRUMENTALIZZAZIONE POLITICA RISULTA COSÌ EVIDENTE CHE NON SI PUÒ NEGARE.
Raffaele B.


ANSA
Bassolino: "Dimissioni sarebbero fuga da realta'"
2008-01-12 17:41

NAPOLI - "Le dimissioni? Ci ho anche pensato, ma sarebbe fuga dalla realtà. Il punto non è difendere le poltrone. Siamo in trincea. Ora, la priorità assoluta è quella di togliere i rifiuti dalle strade. Dire 'basta', a questo punto, sarebbe la cosa più semplice. Invece, siamo in battaglia". Lo afferma il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, in una videochat su l'Unità.it assieme al direttore del quotidiano Antonio Padellaro.

"Il paradosso - aggiunge Bassolino - è che io non sono più commissario da ben quattro anni. Io adesso non ho grandi poteri. Sono stato commissario del governo sotto il centrodestra. Sul termovalorizzatore di Acerra, Letta e Matteoli erano con me, ma i parlamentari di centrodestra e anche di centrosinistra erano contro. E molti amministratori locali manifestavano sia contro che a favore del termovalorizzatore.
Per questo motivo - ricorda il governatore della Campania -, io chiesi al governo di nominare come commissario un tecnico... Per 'spoliticizzare', perché un tecnico avrebbe avuto più ascolto. Ma anche loro (Catenacci e Bertolaso, ndr), seppure con poteri molto più grandi dei miei, si sono dovuti dimettere perché fermati dai 'no' sul territorio".

"Il paradosso della mozione di sfiducia che ci sarà in Regione - conclude Bassolino - è che la mia colpa è non aver completato Acerra, ma voteranno contro di me coloro che hanno fatto in modo che non si aprisse".