domenica, giugno 13, 2010

IL GOVERNO E LA FARSA DELLE PENSIONI IN ITALIA

Basta andare a rivedersi un video del Cavaliere dello scorso anno per ‘capire’ come intendono lui e il suo Governo la questione della parità tra uomini e donne, e cioè al contrario! Le donne sarebbero, secondo questa brillante ‘logica’, discriminate rispetto agli uomini perché vanno in pensione prima!

blasterfox2000 — 27 gennaio 2009
La faccia tosta di Berlusconi
Certo, ora lo richiede l’Europa altrimenti multe salate per l’Italia. Ma l’Europa chiede la fine della disparità fra i generi e questa disparità non può riguardare solo l’età di pensionamento delle donne (unico vantaggio) ma di tutti gli altri numerosi trattamenti normativi e salariali (di svantaggio) cui esse soffrono rispetto agli uomini. Inoltre le donne ‘sopportano’ la maggior parte del carico di assistenza sociale all’interno delle famiglie cui lo Stato si ‘sottrae’ risparmiando molti milioni di euro annualmente.

Ma di questo, il Governo non si fa né ‘carico’ né ‘portavoce’ e invece addossa all’Europa tutta la colpa dell’innalzamento della pensione delle donne a 65 anni, per ora del pubblico impiego, ma questo farà certamente da battistrada anche nel settore privato. Con questa mossa il Governo ‘rimuove’ l’unico vantaggio di cui le donne godevano. Una profonda ingiustizia perché se si doveva equiparare si doveva farlo su tutte le questioni! Se no che equiparazione è?

IDVstaff — 07 giugno 2010 — http://www.italiadeivalori.it/
Donne in pensione a 65 anni - Belisario (Idv): "Serve parì dignità"
(video rimosso)
Inoltre si fa un gran parlare di contenere i costi delle pensioni in Italia che ‘gravano’ pesantemente sul sistema produttivo e sulla spesa pubblica, ma si ‘nasconde’ volentieri il fatto che la maggior parte delle pensioni erogate sono di ‘fame’, non degne di un Paese civile.

Dai dati ISTAT 2008 e dal Corriere della sera esse sono il 45,9% sotto le €500 mensili, il 26% tra €500 e €1000 mensili, 13,4% tra €1000 e €1500. Solo il restante 14,7% del totale ha importi mensili superiori a €1.500. Se questa condizione permarrà ancora per i prossimi 10-15 anni il Paese sprofonderà a un livello paragonabile al terzo mondo. Scomparirà la classe media e vi saranno milioni di poveri ridotti alla fame che lo Stato e la Nazione intera non saranno in grado di provvedere.

Purtroppo è un tragico e verosimile futuro per tutti noi e per i nostri figli se non si dovesse cominciare già da oggi (anzi da ieri) ad affrontare con una seria e sana politica economica di ‘crescita’ di ‘equità’ e di ‘giustizia sociale’ cui non sembra essere priorità di questo Governo. Infatti esso si occupa, adesso apertamente, solo ed esclusivamente di ‘proteggersi’ dalla Giustizia e ora perfino dalla Stampa con la ‘legge bavaglio’ sulle intercettazioni dagli ormai numerosi casi di corruzione in cui è coinvolto, equiparandosi alle peggiori dittature asiatiche.

Che sia un ‘disperato’ espediente per ‘depistare’ l’informazione dalla tragica situazione economica ancora ben più grave dal punto di vista della perdita dei consensi? Se così fosse il Governo (dominato da Berlusconi) è alla frutta e con questa legge non farà altro che toccare il fondo ed accelerare così la sua fine ingloriosa!
Raffaele B.

ILSOLE24ORE
Dipendenti pubbliche in pensione a 65 anni dal 2012
di Claudio Tucci
10 giugno 2010

Via libera all'equiparazione dell'età delle pensioni di vecchiaia tra uomini e donne nel pubblico impiego. Dopo una sentenza di condanna nei confronti dell'Italia e vari solleciti arrivati da Bruxelles, il Consiglio dei ministri ha approvato l'accelerazione della crescita dell'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, adeguandosi così ai richiami dell'Europa.

Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha annunciato che l'innalzamento avverrà con uno "scalone unico" a partire dal 2012, senza "fasi intermedie", ma ha assicurato che l'emendamento che sarà inserito nella manovra terrà conto «del diritto delle donne maturato fino al 31 dicembre 2011».

Al livello finale dei 65 anni si arriverà, quindi, a partire dal 2012 e non più dal 2018, come attualmente previsto. Questo significa, pertanto, che dal prossimo 1° gennaio 2012 le dipendenti pubbliche andranno in pensione a 65 anni, esattamente come i colleghi uomini.

La disposizione sarà introdotta attraverso un emendamento alla manovra e i risparmi di spesa così prodotti, stimati, nella fase transitoria 2012-2019 in 1,4 miliardi, confluiranno, fra l'altro, in un apposito Fondo vincolato per iniziative e «azioni positive a favore della famiglia e delle donne», così come richiesto dal ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna.

Sacconi ha poi stimanto la platea delle interessate al provvedimento in circa 25mila unità da qui al 2019 e ricordato che, attualmente, «l'età di pensionamento media di fatto é di 62,36 anni nel pubblico impiego tra le donne che restano, dunque, oltre i 60 anni». Il ministro ha poi specificato che sarebbe stato impossibile, per raggiungere l'equiparazione tra uomini e donne abbassare l'età degli uomini perché non lo avrebbero consentito "i mercati".

Dal canto suo, il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta ha confermato che l'emendamento non servirà a far cassa e che, anzi, tutti i risparmi in arrivo con questo provvedimento saranno collocati per le funzioni sociali: e precisamente, «asili nido, politiche di conciliazione e non autosufficienza».

REPUBBLICA
ISTAT
Pensioni, il 72% non supera i 1000 euro.
Nel 2008 spesa previdenziale +3,5% sul 2007
Quasi un assegno mensile su due non supera i 550 euro. Le donne percepiscono in media il 30% in meno. Ci sono 70 pensionati per ogni 100 occupati, un quarto di loro ha un'età compresa tra i 40 e i 64 anni
11 giugno 2010

ROMA - Il 71,9% delle pensioni nel 2008 non ha superato i 1.000 euro mensili. E' quanto emerge dal rapporto su 'trattamenti pensionistici e beneficiari' elaborato dall'Istat in collaborazione con l'Inps. Il 45,9% delle pensioni ha, infatti, importi mensili inferiori a 500 euro, e il 26% ha importi mensili compresi tra 500 e mille euro. L'importo complessivo annuo delle prestazioni pensionistiche previdenziali e assistenziali erogate in Italia (l'anno di riferimento è sempre il 2008) è di 241.109 milioni, pari al 15,38% del Prodotto Interno Lordo. La spesa complessiva è aumentata del 3,5% rispetto al 2007.

70 pensionati ogni 100 occupati. In Italia i pensionati erano 70 ogni 100 occupati nel 2008, rileva l'Istat, precisando che il carico relativo è maggiore nel Mezzogiorno - dove il rapporto è di 79 pensionati ogni 100 occupati - mentre presenta il valore più contenuto nelle regioni settentrionali, dove il rapporto di dipendenza è di 65 a 100. A livello nazionale, tra il 2001 e il 2006 il rapporto di dipendenza è diminuito, passando da 74 a 70 pensionati ogni 100 occupati per poi mantenersi costante nei successivi due anni.

Le pensioni degli uomini sono più alte. Guardando ai pensionati, rileva sempre l'Istat, nel 2008 il numero dei titolari di prestazioni pensionistiche è di quasi 16,8 milioni, dato pressoché invariato rispetto al 2007 (+0,04%), con un numero di pensioni procapite pari a 1,4. Sebbene la quota di donne sia pari
al 53%, gli uomini percepiscono il 56% dei redditi pensionistici, le donne vanno però in pensione con un assegno molto inferiore rispetto a quello dei colleghi uomini: 17.137 euro contro 11.906, cioè il 30,5% in meno.

Oltre un quarto dei pensionati tra i 40 e i 64 anni. Il 69,9% dei pensionati ha più di 64 anni mentre il 26,6% ha un'età compresa tra 40 e 64 anni e il 3,7% ha meno di 40 anni. Se si analizzano i dati distinti per tipologia di prestazione, emerge che il maggior peso relativo dei pensionati con età inferiore a 40 anni si osserva tra i beneficiari di pensioni di invalidità civile (15,3%), così come tra i titolari di pensioni di guerra si registra, in termini relativi, la quota più elevata di persone con 80 anni e oltre (62,2%).

Quasi un pensionato su due vive con meno di 550 euro. Il 45,9% dei pensionati vive con meno di 550 euro al mese, cioè quasi uno su due. Mentre un altro 26% non raggiunge i mille euro che sommato al primo gruppo arriva a 71,9%. Un ulteriore 13,4 per cento di pensioni vigenti al 31 dicembre 2008 presenta importi compresi tra 1.000 e 1.500 euro mensili e il restante 14,7% del totale ha importi mensili superiori a 1.500 euro.

CORRIERE DELLA SERA
I DATI DI ISTAT E INPS. IL 30% DI QUANTI RICEVONO UN ASSEGNO HA MENO DI 64 ANNI
In Italia è povero un pensionato su due
In otto milioni ricevono un assegno di meno di 1000 euro al mese, ma il 21% del totale è anche sotto i 500
11 giugno 2010

ROMA - Sono oltre 8 milioni i pensionati che ricevono un assegno da poveri, che consente cioè una spesa inferiore a 1.000 euro al mese. Vale a dire quasi la metà dei 16,8 milioni di pensionati totali che si contano in Italia. Secondo le statistiche dell'Istat infatti, circa 3,6 milioni di lavoratori a riposo (pari al 21,4% del totale) percepiscono una o più prestazioni pensionistiche per un importo complessivo inferiore a 500 euro al mese ed altri 4,7 milioni (il 27,7% del totale) ricevono assegni compresi tra i 500 e i 1.000 euro. Considerando che la soglia di povertà relativa al di sotto della quale l'Istat considera l'individuo povero è quella di una spesa procapite di 999,67 euro al mese (in una famiglia di due componenti), si può dedurre che, se la pensione rappresenta l'unica entrata, i pensionati poveri sono circa 8,3 milioni.

PENSIONATI GIOVANI - Quanto all'età di coloro che sono fuori dal ciclo produttivo e ricevono un assegno dallo stato, emerge che oltre il 30% (il 30,3%) ha meno di 64 anni. L'Istat precisa inoltre che a fine 2008 il 69,9% dei beneficiari dei trattamenti pensionistici risultava avere più di 64 anni, mentre il 26,6% aveva un'età compresa tra i 40 e i 64 anni e il 3,7% ha meno di 40 anni.

«I PIU' POVERI D'EUROPA» - «I dati diffusi oggi dall'Istat dimostrano chiaramente come i pensionati italiani siano i più poveri d'Europa - ha sottolineato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi -. Non solo gli importi percepiti da quasi la metà dei pensionati rappresentano una miseria, e non consentono una vita dignitosa, ma addirittura sulle pensioni italiane grava una pressione fiscale ben più alta rispetto a quella di altri paesi europei». Ma il Codacons ricorda che in Italia, a parità di imponibile, l'importo di una pensione al netto delle tasse «è inferiore del 15% rispetto a Francia, Spagna e Germania, paesi dove non esiste tassazione sulle pensioni, mentre in Gran Bretagna la pressione fiscale è minima e di circa l'1,6%». «Possiamo affermare senza dubbio che la metà dei pensionati italiani vive in condizioni di povertà- prosegue Rienzi - un dato che rappresenta una vergogna in un Paese civile come l'Italia».

lunedì, giugno 07, 2010

CANCRO - MANOVRA CONTRO L’ONCOLOGIA

Non sono trascorsi nemmeno tre mesi (21 marzo 2010) da quando Berlusconi fece la promessa di sconfiggere il cancro, che ora, nell’affrontare una ‘crisi economica’, finora ‘negata’, tenta di ‘tagliare i costi’ e tra questi quelli della sanità di cui l’oncologia, la branca che si occupa del cancro. Leggi in questo blog 'LA MANIFESTAZIONE DEL CULTO DELLA PERSONALITÀ'
lomiolith — 21 marzo 2010
Berlusconi: "Sconfiggerò il cancro"
Berlusconi ha affermato che sarà il suo governo a sconfiggere il cancro. Vogliamo anche vincere il cancro che colpisce ogni anno 250mila italiani e che riguarda quasi due milioni di nostri cittadini. Dobbiamo affrontare questi tre anni forti di un pieno mandato

L’allarme lanciato dai medici oncologi dell’AIOM sulla manovra dei tagli che il Governo si appresterebbe a fare andrà di fatto a bloccare il turn-over, in pratica produrrà nel tempo riduzione di personale qualificato in grado di utilizzare le complicatissime macchine elettromedicali per trattare il cancro.

Naturalmente il ministro Fazio si è affrettato a ‘smentire’ che la manovra non implica nessun taglio né nel numero, né nella tipologia, né nella qualità delle prestazioni per la cura dei tumori.

Una strana ‘smentita’ niente affatto convincente per le seguenti due ragioni fondamentali:
Primo, non nega che si tratta di manovra, ma se non effettua nessun taglio, che manovra è?
Secondo, se invece non è una manovra che taglia ma aggiunge risorse, perché allora tacerla e non dire l’entità di tali risorse?

Quindi altro che sconfiggere il cancro allora, il Cavaliere ‘sconfiggerà’ l’oncologia con buona pace di chi ancora gli crede. Una promessa questa particolare perché mantenuta al contrario!
Raffaele B.

ANSA
Manovra, Aiom: tagli all'oncologia
Fazio: nessun taglio a prestazioni oncologiche
05 giugno, 17:21

(ANSA) - CHICAGO (ILLINOIS), 5 GIU - L'oncologia, e con essa le persone con tumore, pagheranno il prezzo più alto per i tagli alla sanità. Smentita di Fazio. Per l'Associazione di Oncologia Medica c'e' preoccupazione per le ricadute sull'assistenza ai pazienti oncologici: il blocco del turnover sottrarrà personale specializzato. 'La manovra non implica nessun taglio ne' nel numero, ne' nella tipologia, ne' nella qualità delle prestazioni per la cura dei tumori' ribatte il ministro

MEDICINE LIVE
Manovra, previsti tagli per le cure oncologiche ma Fazio smentisce

Di Paola Pagliaro

La manovra finanziaria proposta dal Governo fa discutere anche l’Associazione Italiana di Oncologia Medica, preoccupata per i presunti tagli dei fondi destinati alle cure oncologiche. A lanciare l’allarme è Carmelo Iacono, presidente Aiom, intervenuto al convegno internazionale della Società Americana di Oncologia Clinica (Asco) in corso a Chicago (Illinois):

Siamo preoccupati perché i tagli nella sanità pubblica avranno ricadute importanti nell’erogazione dell’assistenza ai pazienti oncologici. L’oncologia, e, con essa, le persone colpite da un tumore, finiranno per pagare il prezzo più alto per i tagli alle spese sanitarie imposti dalla manovra economica.

A preoccupare è soprattutto il blocco del turnover che sottrarrà personale specializzato all’assistenza dei pazienti oncologici. Ma anche la mancanza di addetti alle attrezzature di diagnostica:

Per ridurre le liste d’attesa è necessario che tutte le attrezzature lavorino su 12 ore, altrimenti correremo il rischio di avere aperto nuove strutture per Pet, Tac e Risonanza magnetica nucleare senza avere il personale necessario a farle funzionare. Se non si capisce che bisogna investire in medici, tecnici e biologi, non riusciremo a dare risposte adeguate nella lotta ai tumori, che stanno diventando la prima causa di morte in Italia.

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, si è affrettato a smentire:
La manovra non implica nessun taglio nè nel numero, nè nella tipologia, nè nella qualità delle prestazioni per la cura dei tumori.
Ci auguriamo davvero che sia così. Se così non fosse, sarebbe davvero un duro colpo per la lotta al cancro.

REPUBBLICA
LA MANOVRA / I TAGLI
Nella guerra contro i tumori a rischio l’esercito dei medici
di Elena Dusi
Giugno 7, 2010

Strutture e personale "minacciati" dai tagli. L'allarme degli oncologi: "Inutile investire in macchinari, non c´è chi può utilizzarli". La media degli specialisti per reparto era in salita, ma ora la crescita si fermerà

Delle tre gambe su cui poggia la lotta contro i tumori in Italia - strumenti, farmaci e camici bianchi - è la terza quella che rischia di traballare di più con la manovra. Le misure del ministro Tremonti rischiano infatti di accorciare una coperta già ridotta dal blocco dei turn over negli ospedali italiani, entrato in vigore di fatto da un paio di anni. I quasi 1.200 medici oncologi che lavorano oggi nelle strutture pubbliche in Italia rischiano di non bastare in futuro a fare fronte ai 2 milioni di malati di cancro e ai 250mila nuovi casi che si presentano ogni anno.

L´allarme è stato lanciato due giorni fa dai medici dell´Aiom (Associazione italiana oncologici medici) dal palco del congresso mondiale dell´Asco a Chicago. Ma è con il Libro Bianco sulle strutture della penisola che l´Aiom entra nei dettagli del problema, analizzando i mezzi e le strategie di cui l´Italia dispone per fronteggiare una malattia che provoca un decesso su tre e il 10% dei ricoveri in ospedale.

«Negli ultimi anni abbiamo fatto grandi sforzi per metterci al passo con gli strumenti di diagnosi e terapia. Ma rischiamo di non avere abbastanza personale per far funzionare le macchine» spiega preoccupato Giovanni Bernardo, segretario dell´Aiom e primario di oncologia medica nell´Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico della fondazione Maugeri a Pavia. «Siamo riusciti quasi ad azzerare i viaggi della speranza all´estero. Restano però in parte le migrazioni dei pazienti dal sud al nord Italia». E in effetti dei 230 reparti di oncologia censiti dal Libro Bianco, 104 si trovano al nord, 61 al centro e 65 fra sud e isole. I dati del Libro Bianco confermano che il 90% delle strutture pubbliche di oncologia in Italia dispone oggi di apparecchi per la risonanza magnetica, il 32% ha almeno una Pet per la tomografia e il 61% è dotato di scintigrafo.

Nel 2003 il dato della risonanza magnetica era fermo al 51%. La fotografia è meno rosea per la radioterapia, presente nel 60% delle 230 strutture ospedaliere per la lotta ai tumori. «Ma è illogico - sottolinea Carmelo Iacono, che dell´Aiom è presidente - investire ancora in macchinari quando non abbiamo il personale per farli funzionare con il massimo dell´efficienza». La manovra rischia infatti di azzerare i passi avanti fatti negli anni scorsi, quando il numero dei medici strutturati per ogni reparto era salito agli odierni 5,5 (di cui 5,2 oncologi) rispetto ai 4 del 2001 (di cui 3,4 oncologi).

Anche il successo degli apparecchi rischia di essere effimero, in un settore come la lotta al cancro dove la tecnologia è in rapida evoluzione. E la situazione potrebbe sfuggire di mano se si guarda alla spesa per i farmaci, un settore in cui i consumi sono difficilmente comprimibili. Nel 2008, calcola il Libro Bianco, le medicine contro i tumori sono costati al servizio sanitario nazionale oltre mezzo miliardo di euro, il 90% in più rispetto al 2004 (in confronto, il costo del personale sempre nel 2008 è stato di 264 milioni di euro). «I farmaci diventano più innovativi ed efficaci ma anche più costosi» conferma Bernardo. «Di sicuro però, nel nostro paese, non vengono negati a chi ne ha bisogno. Questo è un punto fermo cui non rinunceremo mai».

mercoledì, giugno 02, 2010

MEMORIA CORTA O DELIRIO D’ONNIPOTENZA?

Come è sua abitudine il Cavaliere ha fatto la telefonata a sorpresa a Ballarò per ‘attaccare’ Massimo Giannini, giornalista di Repubblica, ‘accusandolo’ di ‘mentire spudoratamente’, in una televisione pubblica, nei suoi riguardi perché, a suo dire, egli non avrebbe mai ‘giustificato’ l’evasione fiscale. Ha sfornato anche i suoi dati di sondaggio contro quelli di Pagnoncelli tacciandoli ‘falsi’ come se solo i suoi fossero gli unici validi. Insomma la logica del ‘pensiero unico’, della ‘verità assoluta’, naturalmente la sua e poi a riattaccato!

In quel momento Giannini non aveva con se le prove di agenzia per provare quanto da lui affermato ma dopo il caustico ed improvvido intervento di Berlusconi, la prova che lo incastra è venuta fuori.

L’ACCUSA DEL CAVALIERE
BERLUSCONI CONTRO GIANNINI A BALLARO
elisir222 — 01 giugno 2010
Berlusconi-Ballarò, telefonata a sorpresa
«Sondaggi fasulli». E riattacca. Telefonata a sorpresa del premier: «Sono al 62%, inaccettabile sentire in una tv di Stato certe menzogne»Berlusconi polemizza con Repubblica per telefono, in diretta tv. Poi butta giù, senza attendere la replica
.

IL VIDEO CHE LO INCASTRA
Berlusconi: "mi sento moralmente autorizzato ad evadere"
(In una conferenza stampa del 17 febbraio 2004)
nanoburningrome — 04 ottobre 2008
http://nanoburningrome.blogspot.com/

Da questo momento in poi sarà assai difficile al Cavaliere ‘smentire’ il suo video che lo inchioda in modo inequivocabile. Chissà se questo suo improvvido intervento che come Capo del Governo che ‘attacca’ in tv un comune cittadino, anche se giornalista, cosa grave di per sé (Berlusconi gode dell’immunità, il cittadino no) sia dovuto alla sua sempre possibile ‘memoria corta’ oppure semplicemente al suo ‘delirio di onnipotenza’.

Presto lo sapremo! Se si tratta del ‘primo caso’ non tarderà a inviare le scuse e fare ammenda della gaffe! Se invece si tratta del ‘secondo caso’ assisteremo o a ‘smentite patetiche’ cui siamo ormai abituati oppure al ‘silenzio’ come se la cosa non fosse mai avvenuta.
Raffaele B.

L'ANTEFATTO
B. 'mai sostenuta l'evasione'
ma un video lo incastra

2 giugno 2010

Silvio Berlusconi torna in tv a sorpresa. Intervento da cartellino rosso, quello che il premier ha inscenato ieri sera durante la trasmissione Ballarò condotta da Giovanni Floris su Raitre. Il presidente del Consiglio ha voluto difendere la sua politica contro l’evasione fiscale. Politica poco prima messa in discussione dal vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini che aveva parlato di “incentivo” da parte di B. all’evasione. “Vorrei dire - ha spiegato il Cavaliere - che Giannini ha mentito spudoratamente: da parte mia non c'è mai stato un sostegno all'evasione fiscale”. Peccato però che uno suo vecchio intervento passato direttamente sul Tg1 racconti un’altra vicenda.

Comunque sia, il premier durante il suo intervento ha proseguito dicendo che lui “è il primo contribuente d'Italia. Il mio esecutivo ha aumentato gli introiti provenienti dall'evasione fiscale come il ministro Tremonti ha ricordato. Sono cresciuti di più, e questo decreto darà un altro colpo. Quindi - ha concluso il premier senza attendere la risposta e riattaccando il telefono - è menzogna assoluta dire, come è stato fatto, che io avrei in qualche modo giustificato e sostenuto l'evasione fiscale”.

REPUBBLICA
Berlusconi in tv contro Repubblica
"Mai sostenuta evasione fiscale"

02/06/2010
Il premier chiama in diretta dopo l'intervento del vicedirettore Massimo Giannini che ricordava la frase del premier: "Evadere in Italia è inevitabile": "Non è accettabile sentire in una Tv di Stato certe menzogne". Floris gli ribatte: "Inaccettabile che si inizi un dialogo ma poi si insulti e si butti giù il telefono prima che arrivi la risposta". Le repliche di Giannini e Pagnoncelli, i testi originali delle agenzie...CONTINUA

CORRIERE DELLA SERA - VIDEO
Berlusconi, le tasse, e l'evasione «moralmente autorizzata»
02/06/2010

martedì, maggio 04, 2010

DIMISSIONI SCAJOLA SBUGIARDATO E ISOLATO

Dopo tanta arroganza e tanto gridare al solito complotto mediatico contro di lui, invece di spiegare i famosi 80 assegni serviti (€900.000) per “comprare” la sua casa con vista Colosseo, ha ceduto alla fine con le dovute dimissioni. Era ora!
farabuttokomunista — 03 maggio 2010 — Dimissioni.
DA RAINEWS24
Scajola : testimone lo smentisce sugli assegni

Le dimissioni sono arrivate dopo che è stato isolato dalla sua stessa parte politica, nonostante avesse l’appoggio di Berlusconi. I finiani e parte del PDL e naturalmente tutta l’opposizione lo avevano invitato a chiarire in Parlamento.

Per lo stesso principio dovrebbero dimettersi lo stesso Presidente del Consiglio e il sottosegretario Cosentino per accuse ben più gravi di corruzione e di mafia pendenti a loro carico e invece non lo fanno in modo spudorato.

Ma torniamo a Scajola. La questione non è di poco conto perché configura almeno due reati gravi specialmente per un politico che fa il ministro.

Il primo è quello di avere dichiarato il falso importo di €600,000 per l’acquisto della casa invece di €1,700,000 come sembra delinearsi non solo dalle testimonianze che lo inchiodano ma anche dal mercato immobiliare. Si tratta di una evidente evasione fiscale.

Il secondo è quello più grave di “corruzione” per avere pagato con 80 assegni per un totale di €900,000 provenienti da Diego Amenone imprenditore ora in carcere per i fatti del G8. Un personaggio inquietante e avvezzo a corruttele per ottenere contratti milionari dallo Stato, cioè dal Ministro dello Sviluppo Economico, oggi Claudio Scajola.
pcamone — 29 aprile 2010 — Claudio Scajola, Banda Bassotti.
L'appartamento vista Colosseo del Ministro Scajola.

Questo signore ci ha abituati a certi suoi arroganti comportamenti, ricordiamoci la vicenda del consulente del lavoro Marco Biagi assassinato nel 2002 dalle brigate rosse di cui dopo morto disse che era ‘un rompicoglioni’ e per questo fu costretto a dimettersi da Ministro degli Interni. Poi una terribile gaffe che la dice lunga sul personaggio, vedi il filmato seguente, nel quale a proposito della difesa del nucleare, al 32’ disse che ‘grazie alla tecnologia, investimenti e con l’apporto di qualche vita umana si è riusciti a costruire una centrale forse più moderna al mondo ’. Per lui la vita umana vale meno!
RepubblicaTv — 31 luglio 2008 — TUTTI I VIDEO: http://tv.repubblica.it/
Il ministro all'inaugurazione di una centrale Enel: "Tecnologia, investimenti, e qualche vita umana"
Scajola, la nuova gaffe

Queste dimissioni arrivano in un momento in cui il governo versa in un marasma grave che ne offusca l’azione e la compattezza, vedi lo strappo dei finiani, in una difficile situazione in cui non riesce ad affrontare la crisi economica oltre a tutte le altre questioni che pure ne mettono in gioco la credibilità. Si è “incartato” su molte questioni: sul nucleare di cui Scajola ne era il promotore e si paventa una impossibilità ed una impopolarità forte sulle costruzioni delle centrali che nessuno vuole nel loro territorio; sull’intercettazioni, legge che limita gravemente la libertà d’informazione e l’azione d’indagine dei magistrati contro la corruzione e criminalità organizzata di cui non tutti (anche a destra) sono convinti e che la FNSI, ha detto, ricorrerà alla Corte Europea (che la boccerebbe di sicuro) qualora venisse malauguratamente promulgata.

Infine ci sono le dirimenti questioni del costo del federalismo fiscale posto dai finiani e dalle opposizioni e delle celebrazioni dell’unità d’Italia cui la Lega di Bossi “snobba” attaccando il tricolore in modo ignobile con il silenzio pavido del Cavaliere e con “grande imbarazzo” di gran parte del PDL (ex AN) e del suo elettorato oltre al disappunto dello stesso Presidente Napolitano. Ne vedremo delle belle nei prossimi mesi o forse giorni.
Raffaele B.

REPUBBLICA
Inchiesta G8, Scajola si dimette
"Lascio il governo per difendermi"

04 maggio 2010

ROMA - Claudio Scajola si dimette. Travolto dalla vicenda della compravendita, con presunti fondi neri, di una casa al Colosseo il ministro dello Sviluppo economico ha annunciato la rinuncia all'incarico di governo. "Per difendermi", ha detto in conferenza stampa, "non posso continuare a fare il ministro come ho fatto in questi due anni".

Scajola aveva resistito fino all'ultimo, ma alla fine la sua posizione è diventata insostenibile, costringendolo ad anticipare il rientro dalla Tunisia e a convocare i giornalisti per annunciare il passo indietro. "Da dieci giorni sono vittima di una campagna mediatica senza precedenti", ha detto ancora. "Vivo una grande sofferenza".

L'ex ministro ha comunque ribadito la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati, in particolare l'aver ricevuto denaro da imprenditori coinvolti nell'inchiesta sugli appalti del G8 per l'acquisto di un appartamento con vista sul Colosseo: "Non potrei mai abitare in una casa comprata con i soldi di altri", ha affermato. Scajola ha anche ringraziato Berlusconi e il Pdl per gli attestati di stima. "Le mie dimissioni permetteranno al governo di andare avanti", ha concluso.

Prima della conferenza stampa, Scajola aveva parlato con Berlusconi. Pochi giorni fa il premier lo aveva incitato a resistere . Poi, soprattutto in seguito alle notizie che arrivavano dalla procura di Perugia, il clima è cambiato. Anche Il Giornale di Vittorio Feltri è stato netto: "Le risposte che ha dato fin qui non bastano. Se non ha niente da dire oltre a ciò che ha detto, le conviene rassegnarsi. Anzi, rassegnare le dimissioni". Anche Libero si è mosso sulla stessa linea: "Scajola - scrive il direttore Maurizo Belpietro - deve assolutamente uscire dall'angolo e combattere a viso aperto, tentando di smontare ad uno ad uno i dubbi che aleggiano da giorni sulle pagine dei giornali. Noi gli suggeriamo solo di non temporeggiare più perché attendere i 10 giorni che mancano all'interrogatorio sarebbe troppo".

Secondo il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, intervenuto in diretta a Repubblica Tv, Scajola "ha fatto bene a dimettersi", ma il suo passo indietro sarà uno scossone per la tenuta del governo. "Siamo in uno scenario a metà tra blocco e precipitare della situazione politica", ha detto Bersani.

Il passo indietro era stato suggerito anche dal capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri: "Su questa vicenda finora ha difeso il suo comportamento, se dovessero emergere altre cose vedremo. Io credo che debba riflettere sul modo nel quale la sua difesa possa essere condotta meglio, se con l'incarico di ministro o senza"

CORRIERE DELLA SERA
L'ANNUNCIO DEL MINISTRO IN CONFERENZA STAMPA
Scajola: «Devo difendermi, mi dimetto»
Il ministro dello Sviluppo lascia: «Sto soffrendo. Il governo di andare avanti»
04 maggio 2010

ROMA - «Mi devo difendere, per difendermi non posso fare il ministro come ho fatto in questi due anni». Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, sotto pressione da giorni per essere rimasto coinvolto nelle indagini di Perugia sugli appalti per le grandi opere, ha convocato una conferenza stampa comunicando ai giornalisti le proprie dimissioni. «Mi trovo esposto ogni giorno - ha detto Scajola - a ricostruzioni giornalistiche contraddittorie. In questa situazione che non auguro a nessuno io mi devo difendere. E per difendermi non posso continuare a fare il ministro come ho fatto in questi due anni, senza mai risparmiarmi. Ne siete testimoni, ho dedicato tutte le mie energie e il mio tempo commettendo sbagli ma pensando di fare il bene». «Sono certo che le mie dimissioni permetteranno al governo di andare avanti con il lavoro che anche io ho contribuito».

BERLUSCONI - Le dimissioni dal Governo erano già state offerte al Premier a seguito delle notizie che riguardano Scajola nell’inchiesta G8 ma, secondo quanto si apprende in ambiente parlamentari di maggioranza molto vicini a Berlusconi, ancora in un colloquio martedì mattina, il Presidente del Consiglio avrebbe inviato Scajola a non lasciare l’incarico. Ma alla fine le dimissioni sono arrivate. «Ho avuto attestati di stima da Berlusconi, da colleghi di governo e da tutta la maggioranza» ha affermato Scajola in conferenza stampa.

GASPARRI - La posizione del ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola si era fatta sempre più delicata e il pressing non veniva più solo dal centrosinistra. Anche il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, intervenendo a «La Telefonata», su Canale 5 aveva preso le distanze. «Scajola ha sempre dimostrato grande serietà, in passato di fronte a una frase inopportuna si assunse le sue responsabilità. Su questa vicenda finora ha difeso il suo comportamento, se dovessero emergere altre cose vedremo. Io credo che debba riflettere sul modo nel quale la sua difesa possa essere condotta meglio, se con l'incarico di ministro o senza». Per Gasparri, nell'eventualità in cui Scajola si dimetta, «non servono rimpasti. Già ci sono polemiche quotidiane per dichiarazioni inopportune, ci manca solo il rito del rimpasto...». L'esponente del Pdl ha sottolineato poi che sulla vicenda Scajola «c'è una grande libertà di stampa, anche i giornali di centrodestra indagano su questa vicenda, non so se quelli vicini alla sinistra farebbero lo stesso a parti invertite».
.
I GIORNALI DI CENTRODESTRA - Anche due editoriali dei direttori de «Il Giornale» e «Libero» il ministro martedì mattina lo invitavano a chiarire la sua posizione rispetto all'inchiesta del G8, in particolare alla compravendita dell'ormai famosa casa al Colosseo, oppure a dimettersi. Vittorio Feltri lo invita a non aspettare tra una settimana l'incontro con i magistrati ma «a fugare ogni sospetto» subito «o finirà male».

L’Antefatto
Scajola, troppe bugie per 80 assegni
3 maggio 2010
Il ministro per lo Sviluppo Economico, dopo una settimana di rivelazioni sui suoi rapporti con la “cricca”, pensa alle dimissioni. Ecco il rapporto della Guardia di Finanza (Pdf.4.29 Mb) che lo inchioda.

Il ministro Claudio Scajola sta pensando di dimettersi. Comunque si concluda questa vicenda, il caso Scajola sta diventando un buon test del rapporto tra politica e verità. Mai come in questo caso si è toccata con mano la distanza tra la prima e la seconda. Nemmeno di fronte all'evidenza i politici italiani accettano una verità che urta con i loro affari personali e politici. Scajola forse si dimetterà o forse resterà al suo posto. Non è questo il punto.

Il punto è che continua a negare la realtà con interviste a tutta pagina senza che nessuno gli ricordi i limiti della decenza. Scajola nega non solo di avere pagato un milione e 700 mila euro un appartamento con vista sul Colosseo per il quale ha dichiarato al fisco 610 mila euro. Ma nega persino che le venditrici, le sorelle Papa, abbiano dichiarato il contrario agli inquirenti. In una delle tante interviste concesse sabato scorso nel disperato tentativo di sostenere una tesi smentita da tre testimoni (l'architetto Angelo Zampolini e le sorelle Papa), Scajola sostiene che quello sarebbe il prezzo comune per un simile gioiellino e nega nell'ordine: 1) di avere pagato 1,7 milioni; 2) di avere versato 200 mila euro in contanti come acconto; 3) di avere ricevuto 80 assegni per complessivi 900 mila euro dall'architetto Zampolini per pagare la casa.

Per il ministro quella massa di soldi di dubbia provenienza monetizzati in contanti e assegni circolari (per complessivi 1,1 milioni) non sarebbe mai esistita. Per gli inquirenti invece queste somme sono state la contropartita dell'appartamento insieme ai 600 mila euro versati da Scajola in assegni circolari provenienti dal mutuo acceso con il Banco di Napoli e al bonifico di 10 mila euro proveniente dal conto del ministro. Ciascuna signora Papa ha dichiarato di avere ricevuto 100 mila euro in contanti più 750 mila in assegni circolari (450 mila provenienti dai conti di Zampolini e 300 mila provenienti dal mutuo di Scajola) mentre per Scajola gli assegni di Zampolini e il contante in questa storia non esistono. Qualcuno mente.

Ai quotidiani che chiedevano se avesse fatto un versamento di 200 mila euro in contanti, come dichiarato dalle venditrici, Scajola ha risposto: “assolutamente no. E comunque io non ho letto queste dichiarazioni delle sorelle Papa. Ho visto solo i resoconti giornalistici, tra l’altro contraddittori. Ad esempio sulla posizione del notaio, che secondo un giornale confermerebbe quanto sostenuto dalle sorelle Papa, mentre secondo un’altra testata lo negherebbe".

Mentre a chi gli chiedeva perché l'architetto di Diego Anemone, Angelo Zampolini, avesse consegnato 80 assegni al ministro per permettergli di comprare, Scajola ha risposto: "Ho appreso dell’esistenza di questi ottanta assegni dai quotidiani di questi giorni. Prima non ne sapevo nulla, e ora continuo a non capire perché sarebbero stati versati a mia insaputa. Io so solo come ho comprato l’appartamento, in quale data e a quale prezzo. Se poi è successo qualcos’altro, non è di mia conoscenza". Per Scajola, l'appartamento è stato pagato "esclusivamente la somma pattuita al momento del rogito: 610mila euro, reperiti quasi tutti attraverso un mutuo acceso con il Banco di Napoli. Si tratta di un ammezzato in uno stabile degli anni Sessanta, in condizioni non ottimali".

Chiunque conosce il mercato immobiliare romano sa dove sta la verità. Ma, visto che il ministro si ostina a negare persino che le dichiarazioni delle sorelle Papa esistano, a beneficio dei lettori, pubblichiamo qui sotto l'informativa della Guardia di Finanza di Roma nella quale sono riportati i contenuti delle dichiarazioni e gli accertamenti effettuati dal Nucleo Polizia Tributaria
Gli accertamenti della polizia giudiziaria sulla compravendita immobiliare del ministro (Pdf, 4.29 Mb)

giovedì, aprile 22, 2010

PROCESSO MILLS - BERLUSCONI CORRUTTORE

Striscia Rossa dell'Unità di oggi (fonte bene informata sebbene di parte) riporta che Berlusconi stesso aveva giurato così: "Giuro da Presidente del Consiglio che vado a casa un minuto dopo ed esco dalla politica se dovesse venire fuori un documento di versamento, una dimostrazione di una donazione di 600 mila dollari a questo signor Mills." Silvio Berlusconi, 12 marzo 2006.
.
Ora è provato con la sentenza no.15208 delle sezioni unite penali della Cassazione, la sede più alta della giustizia italiana e ancora prima dal Tribunale e dalla Corte D’appello che Mills fu effettivamente ‘corrotto’ dal Presidente del Consiglio Berlusconi per $ 600.000 affinché ‘tacesse’ (come poi fece) sulle transazioni illegali ed evasioni fiscali off-shore che permise al Cavaliere di mantenere le sue proprietà e gli ingenti profitti illecitamente conseguiti all’estero e la destinazione di una parte degli stessi ai suoi figli Marina e Piersilvio.

Minzolini prendi esempio da sky tg 24!!!!
markfer25 — 21 aprile 2010

La Cassazione non assolse Mills ma annullò la condanna di appello a 4 anni e 6 mesi solo per intervenuta ‘prescrizione’ perché si fece valere una data più antecedente la consumazione del reato. Insomma il reato di corruzione c’è stato ma è scaduto per legge la cui prescrizione era stata accorciata proprio dal governo di Berlusconi ovvero del corruttore medesimo!

Nel TG1 di Minzolini del 25 febbraio scorso era stata data la notizia di ‘assoluzione’ anziché ‘prescrizione’ distorcendo ad arte la verità come è tipico di un vassallo quale è lui ed è per questo che è stato messo alla guida del notiziario pubblico più diffuso d’Italia.

È proprio qui che avviene il corto circuito perché Berlusconi ‘controlla’ i media principali e più diffusi sia direttamente come proprietario di Mediaset che come governo sulla RAI. Inoltre come padrone di Publitalia ‘controlla’ molti altri e giornali attraverso la distribuzione della pubblicità.

In Italia è rimasto poco fuori dal suo controllo: il TG3, qualche testata di giornale e qualche TV locale con scarso seguito. Si può dire che siamo alla ‘quasi’ dittatura mediatica. In queste condizioni arriva l’informazione manipolata oppure non arriva affatto.

Ed è forse anche per questo che nessuno si ‘scandalizza’ di questa notizia. In altri paesi democratici avanzati avrebbe fatto scalpore e indotto il Capo del Governo alle dimissioni immediate. Qui invece non accade! Tutto resta come prima, come se non fosse mai accaduto.

Non esiste più nemmeno chi s’indigna per un Capo di Governo che corrompe per evadere il fisco e per arricchirsi illecitamente. Tutte cose che un Governo serio deve ‘impedire’ ai suoi cittadini.

Se c’è una cosa che ‘indigna’ veramente a questo punto è proprio la mancanza d’indignazione a cui il nostro Paese è tragicamente caduto. Si potrà un domani rialzare?
Raffaele B.


ILMESSAGGERO
Cassazione: «Mills favorì Berlusconi,
fu teste reticente sulle società offshore»

«Giusta la condanna inflitta in ottobre dai giudici di Milano»
Confermato risarcimento a Palazzo Chigi per danni immagine


ROMA (21 aprile) - «Il fulcro della reticenza di David Mills, in ciascuna delle sue deposizioni, si incentra nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest, e non alla persona di Silvio Berlusconi, la proprietà delle società offshore, in tal modo favorendolo in quanto imputato in quei procedimenti». Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni, depositate oggi, con le quali lo scorso 25 febbraio ha dichiarato prescritto il reato di corruzione in atti giudiziari nei confronti dell'avvocato inglese David Mills, negandogli però l'assoluzione.

«Mills favorì Berlusconi». Inoltre le sezioni unite penali della Cassazione - nella sentenza 15208 - spiegano che Mills, con le sue deposizioni ai processi "Arces" e "All Iberian", aveva favorito Berlusconi tacendo la riconducibilità a lui delle società del cosiddetto comparto B del gruppo Fininvest. Questo in quanto «si era reso necessario distanziare la persona di Silvio Berlusconi da tali società, al fine di eludere il fisco e la normativa anticoncentrazione, consentendo anche, in tal modo, il mantenimento della proprietà di ingenti profitti illecitamente conseguiti all'estero e la destinazione di una parte degli stessi a Marina e Piersilvio Berlusconi».

«Razionale la sentenza della Corte d'appello». Per la Cassazione, quindi, la sentenza con la quale la Corte d'appello di Milano, lo scorso 27 ottobre, aveva confermato la condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione nei confronti dell'avvocato inglese David Mills, accusato di corruzione in atti giudiziari per aver ricevuto 600mila dollari in cambio di testimonianze reticenti in due procedimenti sul gruppo Fininvest, ha una «struttura razionale» sorretta da un «apparato argomentativo logico e coerente, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo». Invece, i legali di Mills si sono limitati a «sollecitare la rilettura del quadro probatorio» senza dimostrare le «asserite carenze argomentative» e suggerendo una «diversa ricostruzione del fatto, non »proponibile« in sede di giudizio di legittimità.

«Giusto il risarcimento di 250mila euro a Palazzo Chigi». La Cassazione, spiegando perché ha confermato la condanna a carico di Mills a risarcire con 250mila euro Palazzo Chigi, afferma che l'avvocato inglese «con il suo comportamento configurante reato, ha cagionato alla pubblica amministrazione un danno di natura non patrimoniale» per la lesione «all'integrità della propria immagine» nei confronti della società e delle istituzioni.

L’ANTEFATTO
La Cassazione conferma: Mills fu corrotto per proteggere Berlusconi
22 aprile 2010
di Peter Gomez e Antonella Mascali
.
E adesso "restituitemi l’onorabilità calpestata": questo scriveva Silvio Berlusconi in una lettera al Corriere , il 21 ottobre del 2001, ottenendo prontamente le scuse di Massimo D’Alema. Due giorni prima i giudici della sesta sezione della Cassazione lo avevano assolto "per insufficienza probatoria" nel processo per le mazzette versate dalla Fininvest alla Guardia di Finanza. E quel verdetto era così diventato la prova del complotto. L’attuale capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, aveva chiesto una "commissione parlamentare sull’uso politico della giustizia". L’avvocato Carlo Taormina, allora sottosegretario, aveva domandato "l’arresto dei pubblici ministeri". Mentre Maurizio Gasparri, oggi capogruppo degli azzurri al Senato, con la consueta moderazione si era limitato a parlare di una sentenza che era la dimostrazione della "persecuzione giudiziaria del premier su cui bisognerà fare piena luce".
.
Oggi la luce è finalmente arrivata. Il complotto c’era, ma non era stato ordito dai magistrati di Milano. Il presidente del Consiglio quella celebre assoluzione, trasformata nel leit-motiv di tante interviste e di tante campagne elettorale, se l’era infatti conquistata a suon di mazzette. Perché davvero l’avvocato inglese David Mills, testimone chiave nel processo per le tangenti versate dal Biscione alle Fiamme Gialle, è stato corrotto con 600 mila dollari. E la sua deposizione reticente è stata decisiva per far ottenere a Berlusconi la patente di perseguitato.
.
A dirlo sono le sezioni unite della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza, depositate ieri, con cui il 25 febbraio hanno confermato la condanna di Mills al pagamento di 250 mila euro di risarcimento dei danni allo Stato e, per soli tre mesi, hanno considerato prescritto il reato da lui commesso. Nel documento si spiega come "il fulcro della reticenza di Mills...s’incentra in definitiva nel fatto che egli aveva ricondotto solo genericamente a Fininvest, e non alla persona di Silvio Berlusconi, la proprietà delle società off shore" da lui create. E come questa bugia abbia avuto delle conseguenze importanti. I giudici del dibattimento Guardia di Finanza, si legge a pagina 27 delle motivazioni, erano infatti stati costretti "a procedere in via induttiva, con la conseguenza che proprio la carenza di prova certa sul punto aveva determinato, nel processo Arces ed altri (mazzette Fininvest, ndr), l’assoluzione di Silvio Berlusconi in secondo grado e, definitivamente, in sede di giudizio di Cassazione".
.
La faccenda diventa più chiara se si va rileggere che cosa accadde. Berlusconi, allora accusato di quattro diverse tangenti alle fiamme gialle, insieme al direttore centrale dei servizi fiscali Fininvest Salvatore Sciascia (poi condannato e oggi nominato parlamentare), esce con le ossa rotte dal primo grado. In appello però c’è il primo colpo di scena.
.
Grazie alla concessione delle attenuanti generiche il Cavaliere ottiene la prescrizione per tre capi d’imputazione e viene assolto ai sensi dell’articolo 530 secondo comma (la vecchia insufficienza di prove), da un quarto. Quello che riguarda una bustarella versata da Sciascia a una pattuglia che stava indagando sulla reale proprietà di Telepiù, la prima pay tv italiana, fondata proprio da Berlusconi. Quei soldi infatti erano sì stati allungati nel 1994 perché gli investigatori chiudessero gli occhi. Ed era altrettanto certo che se l’indagine avesse dimostrato come Berlusconi, attraverso una complicata rete di società off shore e prestanome, controllava la maggioranza dell’emittente, per lui il rischio di essere sanzionato con la revoca delle concessioni di Canale 5, Italia 1, e Rete 4, sarebbe stato altissimo. Ma dopo aver ascoltato Mills ai giudici di appello era rimasto un’incertezza: la "fittizia" intestazione delle quote di Telepiù a Berlusconi per loro, non era dimostrata al 100 per cento.
.
Nella pay tv erano infatti presenti pure altre soci e quindi, almeno in via d’ipotesi, anche loro e potevano avere l’interesse a un indagine poco approfondita. Nel dubbio era così scattata l’assoluzione che, a cascata, aveva portato la Cassazione a pronunciarsi allo stesso modo sulle altre tangenti.
.
Oggi però la motivazione delle sezioni unite sul caso Mills rimette le cose a posto. E ricorda pure come il premier, solito ripetere "sono sempre stato assolto", in realtà si sia salvato grazie alla prescrizione dalla condanna per i 21 miliardi di lire versati estero su estero nel 1991 all’allora segretario del Psi, Bettino Craxi.
.
In attesa della minacciata riforma della giustizia, un bello smacco per un leader politico che ancora lo scorso 9 dicembre, davanti all’assemblea del Ppe, spiegava così la sua fin qui fortunata parabola giudiziaria: "In Italia solo una parte dei giudici sta con la sinistra, mentre i giudici soprattutto del secondo e terzo livello sono giudici veri come negli altri Paesi". Oggi i "giudici veri" si sono pronunciati. Il leader del Pdl è uno che l’ha fatta franca. Pagando, s’intende.

giovedì, aprile 15, 2010

IL GOVERNO ITALIANO ED EMERGENCY

Ora anche l’ONU interviene chiedendo a Kabul garanzie. Gino Strada, il fondatore, torna ad attaccare il governo italiano chiedendosi che cosa abbia scritto nella lettera inviata a Karzai con una pungente ironia.

wwwc6tv — 11 aprile 2010
Arresto in Afghanistan. Gino Strada: 'Emergency colpita perché testimone scomodo
Milano. Dopo che tre connazionali impegnati nell'ospedale di Emergency a Lashkar Gah in Afghanistan sono stati arrestati dai servizi segreti afgani Gino Strada accusa il governo Karzai di avere voluto colpire Emergency in quanto testimone scomodo delle violazioni al diritto internazionale perpetrate dalle forze internazionali nella regione. Servizio di Fabio Butera.

Effettivamente non si capisce cosa impedisca al governo di richiederne il rilascio immediato. Gli americani e tutti i governi che collaborano con la Nato in Afghanistan l’hanno fatto e lo farebbero senza esitazioni. Il nostro ha esitato in modo ignobile. Ha perfino creduto che i nostri connazionali medici fossero davvero in combutta con i terroristi come se la storia di Emergency non fosse nota ormai da molti anni.

Questi medici rischiano la vita tutti i giorni per salvare vite umane, tutte le vite, e forse questa potrebbe essere la ragione di tanto accanimento. Infatti Emergency, a differenza di altre organizzazioni umanitarie, fa sentire la sua voce contro gli orrori e le ingiustizie della guerra, di tutte le guerre che si scaricano maggiormente sulla popolazione debole in particolare i bambini. Leggi la
lettera di Gino Strada in 'Curiamo tutti, non taceremo mai di fronte agli orrori della guerra'.

Il governo dopo i primi tentennamenti cerca di correre ai ripari chiedendo garanzie e difese legali in un paese in cui non c’è ancora alcuna legalità e che tutto si compie in base ai rapporti di forza esercitati in loco. Tutti sanno che li la legalità è una farsa. Se finora i nostri non sono stati uccisi è perché l’Italia è parte della coalizione Nato.

Ma non facciamoci alcuna illusione perché li
qualcuno vuole giocare forte. Quel qualcuno è sicuramente la Nato (tra cui anche l’Italia) che sta dietro a tutto questo, altro che afghani. Si vuole eliminare una voce critica contro la guerra e il modo in cui viene condotta in quel paese che falcidia la popolazione civile tra cui bambini. In parte ci sono già riusciti impadronendosi dell’ospedale senza i medici di Emergency.

Non è ancora dato conoscere cosa succederà ancora e il tentennamento del governo italiano è generato senza dubbio dal suo doppio ruolo in questa partita. Se la vicenda però gli dovesse sfuggire di mano potrebbero esserci gravissime conseguenze oltre che diplomatiche anche politiche. Per il momento ci auguriamo almeno la salvezza dei nostri concittadini anche se purtroppo l’ospedale è andato perduto così come i testimoni della guerra, secondo me a tutto danno della popolazione locale e della libera informazione.
MANIFESTAZIONE A ROMA SABATO 17 A PIAZZA S. GIOVANNI ALLE 14:30
Raffaele B.



RAINEWS24
Strada: fossero americani sarebbero già liberi
15/04/2010

Gino Strada torna ad attaccare il governo italiano. "Io non lo so che cosa c'e' scritto nella lettera, se 'rilasciate immediatamente i nostri connazionali' oppure 'buon compleanno'. Non ho proprio nessuna idea", ha detto ad Affariitaliani.it il fondatore di Emergency riferendosi alla lettera inviata da Silvio Berlusconi al presidente afghano, Hamid Karzai.

"Io sono soddisfatto -aggiunge- semplicemente se questi vengono liberati. Punto. Tutto il resto non mi interessa. Visto che si tratta di una montatura che cerca di screditare il lavoro di Emergency che invece e' riconosciuto da tutti. E' una montatura che tra l'altro scredita in modo vergognoso l'Italia".

"Fossero stati tre cittadini americani -prosegue- erano liberi in tre minuti. Fossero stati tre cittadini tedeschi, francesi, spagnoli o dei paesi scandinavi erano liberi in quattro minuti. Gli italiani invece si può lasciarli li' per giorni senza nemmeno vedere un avvocato. Il governo ha la responsabilità di proteggere i propri connazionali, non c'e' dubbio. O non l'ha fatto o non gli e' stato consentito di farlo dagli afghani ma questa e' una ragione in più per far la voce grossa. Se la sicurezza afghana avesse arrestato tre americani -conclude- un quarto d'ora dopo ci sarebbero stati cento marines che sarebbero entrati e li avrebbero liberati. Punto. Questione risolta in mezz'ora".

CORRIERE DELLA SERA
Emergency, Berlusconi scrive a Karzai
E Frattini chiede di accelerare le indagini
L'IDV ATTACCA: «DA LUI SILENZIO ASSORDANTE, IGNOBILI LE ACCUSE DEI MINISTRI ALL'ASSOCIAZIONE»
Anche il premier si mobilita per gli operatori arrestati. Uno degli operatori verso la liberazione

14-Apr-2010

ROMA - Una lettera del premier Silvio Berlusconi sarà recapitata al presidente dell'Afghanistan Hamid Karzai. L'inviato del ministro degli esteri Franco Frattini, Attilio Iannucci, in arrivo a Kabul, consegnerà - riferiscono fonti diplomatiche italiane - una missiva del presidente del Consiglio italiano, insieme ad un «messaggio personale» del ministro Frattini. Non sono stati resi noti i dettagli del messaggio.

«ACCELERARE LE INDAGINI» - Frattini, invece, ha chiesto al governo di Kabul di accelerare le indagini. E ha rivelato che uno dei tre operatori di Emergency «potrebbe essere liberato, se non ci sono altri elementi di prova». Il ministro lo ha detto nel corso del suo intervento a Montecitorio, dove si è recato a riferire al Parlamento sulla vicenda dei tre cooperanti italiani arrestati sabato a Lashkar Gah, nella provincia di Helmand. «Il presidente Berlusconi ed io - ha spiegato il ministro degli Esteri - abbiamo fatto presente alle autorità afghane che come paese amico l'Italia si aspetta il rispetto di tutti i diritti, compresa la presunzione di innocenza». Frattini ha ribadito che l'Italia si muoverà secondo due principi: «tutelare i nostri connazionali» e «aiutare il Paese cui siamo legati da amicizia verso la stabilizzazione». Frattini non ha poi risparmiato una critica a Gino Strada, fondatore di Emergency: per il ministro, alcune dichiarazioni fatte «fuori da questo parlamento», come quelle di «Gino Strada, in cui, in questi momenti, si accusano gli Usa, la Nato e l'Isaf», di certo «non aiutano l'azione diplomatica».

LE ACCUSE - Il responsabile della Farnesina ha ammesso però di non essere «soddisfatto della risposta che abbiamo ricevuto finora dalle autorità afgane. I tre connazionali, ha aggiunto, sono stati «accusati di detenzione consapevole di esplosivi e di armi da guerra» e di «essere coinvolti in un complotto in due fasi», che prevedeva l'esecuzione di un attentato contro civili e in una seconda fase un attentato suicida contro il governatore provinciale di Helmand, durante una visita organizzata nell'ospedale di Emergency. I tre non sono stati comunque «incriminati», ha precisato.

PAGANI VERSO IL RILASCIO - Più tardi il direttore dell'Aise, Adriano Santini, ha spiegato che l'operatore di Emergency che potrebbe presto tornare libero sarebbe Matteo Pagani. Secondo quanto si apprende, le accuse nei confronti del tecnico della logistica dell'ospedale di Lashkar Gah sarebbero più leggere rispetto a quelle che riguardano gli altri due medici, Marco Garatti e Matteo Dall'Aira.

«E' SUO DOVERE» - Secca la replica di Emergency alla notizia del messaggio di Berlusconi: «È il dovere del capo di un governo quando il capo di un governo alleato detiene, a quanto è dato di sapere, in modo illegale tre suoi cittadini» ha commentato il responsabile comunicazione di Emergency, Maso Notarianni. Per il portavoce, «dopo il tempo delle polemiche inutili è giusto che ci siano dei fatti che mirino ad ottenere risultati concreti per tre cittadini italiani».

LA MANIFESTAZIONE DI ROMA - Intanto sabato si svolgerà a Roma la manifestazione a sostegno di Emergency e per la liberazione dei tre operatori ancora trattenuti. Vi hanno già aderito la Cgil e numerosi deputati del Pd, oltre all'Italia dei Valori. Proprio i dipietristi avevano attaccato il governo: «Il silenzio di Berlusconi è assordante - ha detto il portavoce dei dipietristi, Leoluca Orlando -. Da quando i tre operatori italiani di Emergency sono stati ingiustamente rapiti e detenuti senza alcun capo d'imputazione, il presidente del Consiglio, impegnato a farsi bello davanti ai grandi, non ha detto una parola in favore dei tre italiani illegalmente detenuti. Le famiglie sono in ansia ma Berlusconi non se ne cura. Eppure sono volontari che si sono spesi per offrire cure e assistenze mediche alla popolazione afgana, lasciando casa e famiglia». In compenso, ha fatto notare Orlando, «ignobili sono stati gli attacchi ad Emergency da parte di ministri e capigruppo della maggioranza che, invece di attivarsi per chiedere la liberazione dei nostri connazionali, hanno addirittura ipotizzato un fiancheggiamento della ong con i terroristi».

ILMESSAGGERO
Un'infermiera di Emergency racconta la cronaca dell'arresto dei tre operatori
.
ROMA (14 aprile) - «Siamo al buio, senza passaporti, non sappiamo dove sono trattenuti i nostri colleghi. La situazione è surreale». Così una delle infermiere dello staff italiano dell'ospedale di Emergency di Lashkar Gah, racconta telefonicamente a PeaceReporter, la situazione a Kabul.

Ricostruisce l'irruzione di sabato scorso precisando che i tre dello staff che sono stati fermati erano gli unici, tra lo staff italiano, presenti in quel momento nella struttura. «Sabato dopo pranzo l'amministratore del nostro ospedale ha fatto evacuare tutti noi internazionali dall'ospedale dicendo che c'era un allarme-bomba. Quindi siamo tornati tutti a casa. Dopo un po' l'amministratore ci ha detto che l'allarme era rientrato e che potevano tornare tutti al lavoro. Ma proprio in quel momento - spiega - ci ha chiamato l'infermiere afgano del pronto soccorso, dicendoci che dei militari erano entrati all'ospedale armi in pugno: Marco, Matteo e Matteo sono andati per vedere cosa stava succedendo, e noi cinque siamo rimasti a casa, in attesa di notizie».

«Noi stiamo bene, ma siamo molto preoccupati per i colleghi, di cui non sappiamo più nulla»,afferma la donna spiegando che «non li abbiamo più visti da sabato mattina e non sappiamo più niente di loro da quando l'ambasciatore ha potuto incontrarli, domenica». «Da allora buio assoluto. Tutta questa storia è una macchinazione vergognosa, e anche stupida».

Perquisizioni nelle nostre case. L'infermiera - che con gli altri 5 membri dello staff è riuscita a rientrare a Kabul martedì mattina - racconta che anche le loro case sono state perquisite: «hanno preso radio, computer e hard disc esterni e li hanno messi tutti in una delle camere, che poi hanno chiuso e sigillato, dicendoci di non aprirla: La mattina dopo sono arrivati tre agenti in borghese che si sono qualificati come agenti della Nds (National Directorate of Security) che hanno esaminato file per file tutti i nostri computer per tre ore, facendoci un sacco di domande sulle foto e su vari documenti e altre strane domande sul numero dei militari afgani deceduti mentre erano ricoverati nel nostro ospedale. Poi se ne sono andati portandosi via i computer dicendoci che erano sospetti ma che ce li avrebbero restituiti in giornata. Ci hanno intimato di non lasciare la città fino alla fine delle indagini. Solo lunedì sera abbiamo saputo che l'indomani saremmo potuti tornare a Kabul»

LA LETTERA DI GINO STRADA
Curiamo tutti, non taceremo mai di fronte agli orrori della guerra
15 Aprile 2010

Caro direttore, si introducono - direttamente o con la complicità di qualcuno che vi lavora - alcune armi in un ospedale, poi si dà il via all'operazione... Truppe afgane e inglesi circondano il Centro chirurgico di Emergency a Lashkargah, poi vi entrano mitragliatori in pugno e si recano dove sanno di trovare le armi. A quanto ci risulta, nessun altro luogo viene perquisito. Si va diritti in un magazzino, non c'è neppure bisogno di controllare le centinaia di scatole sugli scaffali, le due con dentro le armi sono già pronte - ma che sorpresa! - sul pavimento in mezzo al locale. Una telecamera e il gioco è fatto.

Si arrestano tre italiani - un chirurgo, un infermiere e un logista, gli unici internazionali presenti in quel momento in ospedale - e sei afgani e li si sbatte nelle celle dei Servizi di Sicurezza, le cui violazioni dei diritti umani sono già state ben documentate da Amnesty International e Human Rights Watch.

Anche le case di Emergency vengono circondate e perquisite. Alle cinque persone presenti - tra i quali altri quattro italiani - viene vietato di uscire dalle proprie abitazioni. L'ospedale viene militarmente occupato.

Le accuse: "Preparavano un complotto per assassinare il governatore, hanno perfino ricevuto mezzo milione di dollari per compiere l'attentato". A dirlo non è un magistrato né la polizia: è semplicemente il portavoce del governatore stesso.

Neanche un demente potrebbe credere a una simile accusa: e perché mai dovrebbero farlo? La maggior parte dei razzi e delle bombe a Lashkargah hanno come obiettivo il palazzo del governatore: chi sarebbe così cretino da pagare mezzo milione di dollari per un attentato visto che ogni giorno c'è chi cerca già di compierlo gratuitamente?

Questa montatura è destinata a crollare, nonostante la complicità di pochi mediocri - che vergogna per il nostro Paese! - che cercano di tenerla in piedi con insinuazioni e calunnie, con il tentativo di screditare Emergency, il suo lavoro e il suo personale.

Perché si aggredisce, perché si dichiara guerra a un ospedale? Emergency e il suo ospedale sono accusati di curare anche i talebani, il nemico. Ma non hanno per anni sbraitato, i politici di ogni colore, che l'Italia è in Afghanistan per una missione di pace? Si possono avere nemici in missione di pace?

In ogni caso l'accusa è vera. Anzi, noi tutti di Emergency rendiamo piena confessione. Una confessione vera, questa, non come la "confessione choc" del personale di Emergency che è finita nei titoli del giornalismo nostrano.

Noi curiamo anche i talebani. Certo, e nel farlo teniamo fede ai principi etici della professione medica, e rispettiamo i trattati e le convenzioni internazionali in materia di assistenza ai feriti. Li curiamo, innanzitutto, per la nostra coscienza morale di esseri umani che si rifiutano di uccidere o di lasciar morire altri esseri umani. Curiamo i talebani come abbiamo curato e curiamo i mujaheddin, i poliziotti e i soldati afgani, gli sciiti e i sunniti, i bianchi e i neri, i maschi e le femmine. Curiamo soprattutto i civili afgani, che sono la grande maggioranza delle vittime di quella guerra.Curiamo chi ha bisogno, e crediamo che chi ha bisogno abbia il diritto ad essere curato.

Crediamo che anche il più crudele dei terroristi abbia diritti umani - quelli che gli appartengono per il solo fatto di essere nato - e che questi diritti vadano rispettati. Essere curati è un diritto fondamentale, sancito nei più importanti documenti della cultura sociale, se si vuole della "Politica", dell'ultimo secolo. E noi di Emergency lo rispettiamo. Ci dichiariamo orgogliosamente "colpevoli".
Curiamo tutti. In Afghanistan lo abbiamo fatto milioni di volte. Nell'ospedale di Lashkargah lo abbiamo fatto sessantaseimila volte. Senza chiedere, di fronte a un ferito nel pronto soccorso, "Stai con Karzai o con il mullah Omar?". Tantomeno lo abbiamo chiesto ai tantissimi bambini che abbiamo visto in questi anni colpiti da mine e bombe, da razzi e pallottole. Nel 2009 il 41 percento dei feriti ricoverati nell'ospedale di Emergency a Lashkargah aveva meno di 14 anni. Bambini. Ne abbiamo raccontato le storie e mostrato i volti, le immagini vere della guerra, la sua verità.

"Emergency fa politica", è l'altra accusa che singolarmente ci rivolgono i politici. In realtà vorrebbero solo che noi stessimo zitti, che non facessimo vedere quei volti e quei corpi martoriati. "Curateli e basta, non fate politica". Chi lo sostiene ha una idea molto rozza della politica.

No, noi ci rifiutiamo di stare zitti e di nascondere quelle immagini. Da tempo la Nato sta compiendo quella che definisce "la più importante campagna militare da decenni": la prima vittima è stata l'informazione. Sono rarissimi i giornalisti che stanno informando i cittadini del mondo su che cosa succede nella regione di Helmand. I giornalisti veri sono scomodi, come l'ospedale di Emergency, che è stato a lungo l'unico "testimone" occidentale a poter vedere "gli orrori della guerra". Non staremo zitti.

Emergency ha una idea alta della politica, la pensa come il tentativo di trovare un modo di stare insieme, di essere comunità. Di trovare un modo per convivere, pur restando tutti diversi, evitando di ucciderci a vicenda. Emergency è dentro questo tentativo. Noi crediamo che l'uso della violenza generi di per sé altra violenza, crediamo che solo cervelli gravemente insufficienti possano amare, desiderare, inneggiare alla guerra. Non crediamo alla guerra come strumento, è orribile, e mostruosamente stupido il pensare che possa funzionare. Ricordiamo "la guerra per far finire tutte le guerre" del presidente americano Wilson? Era il 1916. E come si può pensare di far finire le guerre se si continua a farle? L'ultima guerra potrà essere, semmai, una già conclusa, non una ancora in corso.
La risposta di Emergency è semplice. Abbiamo imparato da Albert Einstein che la guerra non si può abbellire, renderla meno brutale: "La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire". Nella nostra idea di politica, e nella nostra coscienza di cittadini, non c'è spazio per la guerra. La abbiamo esclusa dal nostro orizzonte mentale. Ripudiamo la guerra e ne vorremmo la abolizione, come fu abolita la schiavitù.

Utopia? No, siamo convinti che la abolizione della guerra sia un progetto politico da realizzare, e con grande urgenza. Per questo non possiamo tacere di fronte alla guerra, a qualsiasi guerra. Di proporre quel progetto, siamo colpevoli.

Ecco, vi abbiamo fornito le risposte. E adesso? Un pistoiese definì il lavoro di Emergency "ramoscello d'ulivo in bocca e peperoncino nel culo". Adesso è ora che chi "di dovere" lavori in quel modo, e tiri fuori "i nostri ragazzi". Può farlo, bene e in fretta. Glielo ricorderemo sabato pomeriggio, dalle due e mezza, in piazza Navona a Roma.

venerdì, marzo 26, 2010

IL VATICANO E PRETI PEDOFILI

Aiutiamo la Chiesa a eliminare questa terribile macchia. Non stiamo parlando di casi isolati, lo scandalo dei preti pedofili non riguarda solo gli Stati Uniti (5000 casi) i cui costi sono altissimi, leggi “USA: quanto costano gli abusi” . Sono migliaia in tutto il mondo, e molti in Italia. Un fenomeno e una malattia taciuti e sopportati per anni, nella vergogna e nel dolore. E coperti dal Vaticano, pronto a solidarizzare anche con chi è stato condannato dalla giustizia dei loro paesi. O, se proprio costretto, a risarcire la vittima comprandone il silenzio. Leggi questo in “Viaggio nel silenzio” su BISPENSIERO.
aliudcrimen
23 marzo 2010
Vaticano e Preti Pedofili - Sex Crimes and Vatican - 1 di 5

Lo scandalo sta montando a livello mondiale e solo in questi giorni l’informazione arriva in Italia anche se ridotta e/o attenuata e relegata tra le notizie meno importanti. Si sa il nostro Paese ospita il Vaticano e ne è in un certo senso controllato politicamente e socialmente più da vicino.

Purtroppo è una grave questione che va avanti da molti anni e per oltre 30 anni in molti Paesi a danni di bambini e ragazzi perpetrati da preti pedofili nelle scuole e nelle parrocchie. Da noi molti rimarranno impressionati da questo scandalo proprio perché i nostri media ci hanno tenuto sempre all’oscuro. Chi invece ha vissuto all’estero non ne sarà molto sorpreso.

Lo scandalo si avvicina pericolosamente a Ratzinger finora lambito indirettamente (prelati a lui vicini, vedi il fratello) e il Vaticano sembra dare l’impressione di tentare disperatamente di allontanare lo scandalo dal Papa che si limita a chiedere scusa e a “puntare il dito” solo contro i “preti pedofili” anziché assumersi la responsabilità di avere fornito loro protezione e copertura in tutti quegli anni quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Lo faceva solo per difendere il buon nome e l’immagine della Chiesa, dicono i suoi accusatori. Questo viene richiesto con forte insistenza sempre da più Paesi le cui vittime non si accontentano della lettera di scuse che pure il Papa ha loro inviato.

Queste accuse, che non si fermano, sono di una gravità inaudita anche perché provengono da fonti importanti, credibili e numerose. Solo la ‘verità’ per quanto terribile e le necessarie drastiche conseguenze del tipo sostituzione con ‘persone senza macchia’ (e ve ne sono certamente), possono salvare la istituzione della Chiesa e recuperarla alla fiducia dei credenti. Altrimenti balziamo indietro al medioevo del ‘mercato delle indulgenze’ che ha generato lo scisma del protestantesimo in Europa.

Dal commento di Carlo Maroni del Sole24ore ‘Qui è in gioco la presa planetaria della Chiesa, la sua presenza nella società, visto che la pedofilia è un tema che abbraccia la presenza dei bambini, dalle scuole alle parrocchie’.

Se il dubbio si insinuerà nelle famiglie nessuno si fiderà più a mandare i figli in parrocchia e/o alla loro scuola oltre che perdere la fede!
Raffaele B.

*** AGGIORNAMENTO ***
Non si riesce a tenere il ritmo di nuove accuse che continuano senza sosta ormai. In risposta alle smentite indignate ecco solo alcuni esempi di oggi 26/03/2010:


ILMESSAGGERO
Nyt rilancia: «Ratzinger sapeva
che il prete pedofilo era in attività»


ANSA
Pedofilia: Nyt rilancia, papa sapeva del
trasferimento di padre Hullermann

CORRIERE DELLA SERA
Pedofilia, nuove accuse a Ratzinger
Schifani: «Attacchi inaccettabili»


LASTAMPA
Dal New York Times accuse
anche su un caso in Germania


******
I - 67 - CASI DI PEDOFILIA SU BAMBINI SORDI A VERONA - LA STORIA OGGI SU RAITRE
CORRIERE DELLA SERA
Bambini e denunce: la diocesi indaga


*** IERI 25/03/2010 ***

ILSOLE24ORE
VISTI DA LONTANO / Fuoco incrociato su papa Ratzinger
di Elysa Fazzino
25 Marzo 2010
È in primo piano sui siti web di molta stampa estera il caso portato alla ribalta dal New York Times, secondo il quale i vertici del Vaticano, compreso il futuro papa Ratzinger, hanno protetto un prete pedofilo del Wisconsin. Padre Lawrence Murphy, accusato di avere molestato almeno 200 bambini sordi, è rimasto prete fino alla sua morte, nonostante le lettere di avvertimento mandate a Roma da vari vescovi americani.

"Il Papa ha omesso di agire sulle denunce di abusi sessuali negli Usa" titola sulla homepage il Times Online, sottolineando che lo scandalo si avvicina sempre più a Benedetto XVI. Il processo ecclesiastico – scrive il Times di Londra - "si fermò dopo che l'imputato supplicò il cardinale Ratzinger di clemenza". I documenti di Milwaukee, ottenuti dal New York Times, "emergono mentre papa Benedetto affronta altre accuse", puntualizza il Times: Ratzinger, come responsabile del Vaticano e come arcivescovo in Germania, "non ha punito preti accusati di abusi sessuali, né avvertito le autorità civili competenti".

Il Papa ha però accettato ieri le dimissioni del vescovo irlandese John Magee, sotto tiro per come ha gestito le accuse di abusi sessuali nella sua diocesi. Alle dimissioni di Magee il Times dedica un ampio servizio. Ora che il Papa ha accettato le dimissioni, "sale la pressione perché si dimetta il Cardinale Sean Brady, primate di Irlanda". Il sito propone un approfondimento sui "segreti della Chiesa cattolica irlandese".

"Pedofilia, Benedetto XVI di nuovo accusato", è il titolo, a grandi caratteri, che compare sulla prima pagine del sito del Nouvel Observateur. "L'attuale papa e altri responsabili del Vaticano avrebbero coperto gli abusi sessuali di un prete americano che avrebbe violentato circa 200 membri di una scuola per bambini sordi". Gli scandali si moltiplicano, osserva il Nouvel Obs. Le rivelazioni arrivano mentre vari scandali su abusi di minori da parte di religiosi cattolici scuotono l'Irlanda e altri paesi, tra cui l'Olanda, la Svizzera, La Spagna, l'Austria e la Germania.

Grosso richiamo anche sul sito di Le Figaro, che pubblica un'Afp col titolo: "Il Vaticano accusato di avere coperto gli abusi sessuali di un prete americano". Stesso lancio su Libération, con il neretto "Affare tragico per il Vaticano". "Di fronte all'ondata di scandali sessuali, Benedetto XVI naviga tra smentite e volontà di trasparenza", ha scritto di recente Eric Jozsef in un articolo riproposto sul sito.

Centinaia di commenti dei lettori inondano il sito di El Pais, che apre la homepage con questo caso. "Il Vaticano non castigò il prete accusato negli Stati Uniti perché era malato" è il titolo aggiornato nelle ultime ore.

Nel testo della risposta inviata al New York Times da Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana – scrive Miguel Mora - il Vaticano spiega che Murphy non fu punito perché "molto malato". Il sacerdote non fu espulso "perché il diritto canonico non prevede castighi automatici". In realtà, puntualizza il cronista, per alcuni reati è sì prevista la scomunica automatica. La corrispondenza dà notizia delle manifestazioni di protesta davanti al Vaticano e cita Roberto Mirabile, presidente dell'associazione italiana vittime della pederastia Caramelo Bueno: né i vescovi, né le curie, né i tribunali ecclesiastici hanno mai mandato in carcere un prete per un reato di pedofilia. La vicenda ha grande rilievo anche su El Mundo e altri siti spagnoli come Abc.

Tra i siti Usa, il Chicago Tribune e il Los Angeles Times pubblicano un'intervista dall'Irlanda a Sinead O'Connor, la cantante irlandese che fece scalpore anni fa quando alla tv americana strappò una foto di papa Giovanni Paolo II chiamandolo "il nemico" e esortò il pubblico a lottare contro gli abusi sessuali. "Dovrebbe esserci un'inchiesta penale sul papa", afferma la cantante, sempre ai ferri corti con la Chiesa cattolica. Il papa, secondo O' Connor, dovrebbe dimettersi per "non avere agito in modo cristiano per proteggere i bambini".

ILSOLE24ORE
Lo scandalo della pedofilia è una marea montante

commento di Carlo Marroni
25 Marzo 2010
Lo scandalo delle pedofilia nella chiesa è una marea montante che rischia di rappresentare il vero macigno del pontificato di Joseph Ratzinger, al di là della tragicità dei fatti via via rivelati. Benedetto XVI è stato sfiorato dal caso di Monaco, da quello di Ratisbona indirettamente (via fratello Georg) e ora di nuova tirato in ballo per una vicenda americana che mette in primo piano anche il cardinale Bertone.

Vicende che, a leggere bene le carte, sono difficilmente classificabili tra le operazioni di "insabbiamento" ma che oggettivamente non possono neppure iscriversi alla linea "tolleranza zero" che è diventato lo slogan vaticano sugli abusi.

In parte è un po' paradossale che Ratzinger sia messo sulla scena mediatica mondiale – e il New York Times ha di certo questo potere – proprio per gli abusi, vista la mano ferma avuta sin dall'inizio del suo pontificato (emblematico il caso del fondatore dei Legionari di Cristo), di certo più severa di quella del suo predecessore.

Ma tant'è, e ora lo scandalo si globalizza, riaccendendo i riflettori anche sulle possibili ripercussioni in Curia. Già perché una governance abbastanza debole – come evidenziato bene dal caso Williamson di un anno fa – deve dare una risposta forte alle continue emergenze: passi quando le beghe sono più riferite all'Italia (anche se gravi, come il caso Boffo) ma qui è in gioco la presa planetaria della Chiesa, la sua presenza nella società, visto che la pedofilia è un tema che abbraccia la presenza dei bambini, dalle scuole alle parrocchie. Insomma, a fatti eclatanti (con una risonanza che dentro la Chiesa viene vissuta sempre più spesso come un sorta di attacco "laicista") servono gesti simbolici molto forti e concreti.

LASTAMPA
USA: quanto costano gli abusi

25/3/2010
Una reazione dei vescovi americani sui costi relativi allo scandalo pedofilia fra il 2004 e il 2009.
MARCO TOSATTI
Lo scandalo degli abusi è costato alle diocesi americane 104,439 milioni di dollari nel 2009, secondo il rapporto annuale preparato dalla Conferenza Episcopale Usa. Solo il 59% di questi fondi erano destinati ad accordi con le vittime ($55.0 milioni) e terapie per le vittime degli abusi ($6.5 milioni); il resto era per le parcelle degli avvocati ($28.7 milioni), terapie per i responsabili ($10.9 milioni), e altri costi ($3.3 milioni). Il che fa salire il coso globale dello scandalo per gli abusi del clero nelle diocesi americane e in istituti religiosi tra il 2004 e il 2009 a 2.194.729.859 di dollari; 1.897.599.482 dollari per le diocesi e le eparchie, e 297.130.377 per gli istituti religiosi. Inoltre, le diocesi americane hanno speso più di 21 milioni nel 2009 sui programmi per un “ambiente sicuro” e di controllo dei precedenti.

La relazione ha rilevato che 398 nuove accuse credibili di abusi sessuali su minori sono state presentate contro 286 sacerdoti diocesani e diaconi nel 2009. Solo sei delle 398 accuse coinvolgono persone che sono attualmente i minori; le altre accuse sono state fatte da adulti che sostengono di essere stati abusati quando erano minori. In tutto, 65 accuse di abusi a partire dal 2004 hanno coinvolto coloro che erano minorenni nell'anno della denuncia.

Di 398 nuove accuse credibili, l’83% dei coinvolti sono vittime di sesso maschile, e solo il 15% delle vittime erano di età inferiore ai dieci anni. Questo è quanto afferma un rapporto preparato dai vescovi americani sul tema. "Per la maggior parte delle nuove accuse (71 per cento), l'abuso si è verificato o è iniziato tra il 1960 e il 1984", prosegue il rapporto. "Il periodo di tempo più comune per le accuse riportate nel 2009 è stato quello 1975-1979.

Questo è approssimativamente lo stesso modello di tempo che è stato segnalato negli anni precedenti, con la maggior parte delle accuse riportate che si sono verificate fra la metà del 1960 e la metà del 1980. " "Tra le 398 nuove accuse credibili segnalati nel 2009, 48 nuove accuse (12 per cento) sono state trovate infondate o chiaramente false entro il 31 dicembre 2009," aggiunge il rapporto. "Inoltre, 23 denunce ricevute antecedenti il 2009 sono state trovate prive di fondamento o chiaramente false nel corso del 2009."

martedì, marzo 23, 2010

IL CAVALIERE E IL RIFIUTO DEL FACCIA A FACCIA

Il rifiuto di Berlusconi (leader del PDL) del faccia a faccia con Bersani (leader del PD) è rivelatore del tipo di 'democrazia' entro la quale siamo scivolati. Il cavaliere rifiuta anche quelli richiesti da Casini (UDC) e Di Pietro (IDV). In una democrazia vera qualsiasi giustificazione che denigra l'avversario al punto da valere il rifiuto è inaccettabile. Il Cavaliere, "non c'è nessuna possibilità di confronto - ha detto - con una sinistra che insulta, offende, deride, delegittima, calunnia.

Semplicemente sono tutte scuse patetiche che mascherano una gran paura di confrontarsi con chi non la pensa come lui. Perché è con chi la pensa diversamente che si fa il faccia a faccia non con chi ovviamente la pensa uguale. Il cavaliere preferisce confrontarsi o con chi 'controlla' oppure, meglio ancora, fare continui monologhi in comizi (senza domande scomode) a cui ci ha abituati da anni.


ItalianSpot
22 marzo 2010
RAINEWS24
Travaglio 'Rai per una notte' Berlusconi è alla frutta ha paura

In qualunque altro paese democratico, il leader che rifiuta il faccia a faccia farebbe 'scalpore' e deciderebbe per la fine elettorale del leader medesimo per scelta degli stessi cittadini. Da noi nemmeno questo triplice rifiuto sembra faccia 'rumore'. Cosa se ne può dedurre, se non che il nostro Paese sia ormai pericolosamente inclinato verso un sistema da repubblica delle banane (populistico) almeno per quanto riguarda i giornali e i media di cui gran parte sotto il controllo diretto ed indiretto del Cavaliere.

Ai cittadini (in fondo siamo europei, lo spero), credo che per la maggior parte di loro faccia 'scalpore' ed orienta il voto a prescindere dalla giustezza o meno delle posizioni del leader che rifiuta. Penso anche che faccia scalpore ad una buona parte dello stesso elettorato del centrodestra disorientandolo, come minimo! Vedremo se sarà così!
Raffaele B.

ADNKRONOS
Berlusconi: non sono un monarca.
Successione? Offensivo parlarne

ultimo aggiornamento: 23 marzo, ore 14:19
Roma - (Adnkronos/Ign) - Il presidente del Consiglio: "Il mio gradimento è al 62 per cento''. Sulle regionali: ''Campagna snaturata, il partito delle procure è entrato pesantemente in campo". Ronchi: ''Nessuno mette in discussione la sua leadership, ma il contributo di Fini è fondamentale''. Bersani: ''Ci sarà inversione di tendenza''. I vescovi dettano la linea per il voto.

Roma, 23 mar. (Adnkronos/Ign) - Il Popolo della libertà ''è un partito assolutamente democratico che assume ogni decisione non da parte di un monarca, che sarei io, come indicato da qualcuno. E' esattamente il contrario''. Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, intervistato da Unomattina. ''All'interno del partito - ha spiegato il premier - abbiamo un forma di democrazia assoluta che abbiamo applicato in questo primo anno di lavoro''.

''C'è chi dice che il partito sia da migliorare. Tutto si può migliorare, ma io sono assolutamente contento e soddisfatto degli organi che ci siamo dati e del modo in cui hanno lavorato quest'anno'', ha aggiunto Berlusconi che oggi dalle colonne della 'Stampa' è tornato a dire di è ''offensivo'' porre il problema del futuro della leadership del Pdl ''con un leader che è in piena forma e con un indice di apprezzamento al 62 per cento''.

Sulla questione del ricambio ai vertici è intervenuto anche il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, che ha precisato: "Nessuno mette in discussione la leadership di Berlusconi, ovviamente. Dico che al Pdl - ha aggiunto però - serve il contributo fondamentale di Gianfranco Fini".

A Uno mattina il premier ha parlato anche di regionali. La campagna elettorale "si è snaturata perché il partito delle procure è entrato pesantemente in campo", ha detto. "Con gli interventi della loro magistratura - ha aggiunto il premier - la sinistra ci ha impedito di svolgere una campagna elettorale di informazione nei confronti dei cittadini".

Il "partito delle procure", ha aggiunto il presidente del Consiglio, ''ha inventato un mese e mezzo fa una nuova tangentopoli e che poi ha tentato di distruggere il miracolo che abbiamo fatto a L'Aquila dopo il terremoto, che ha gettato fango su Bertolaso e sulla Protezione Civile. Quindi è intervenuto con il rigetto delle nostre liste dando la colpa a nostri delegati, e infine con un'inchiesta risibile con le intercettazioni al presidente del Consiglio ''. ''Una campagna elettorale basata sui fatti e i progetti - ha osservato Berlusconi - sarebbe stata dannosa per loro. Nel confronto ne sarebbero usciti distrutti''.

Il presidente del Consiglio ha quindi ribadito il proprio 'no' ad un faccia a faccia con il segretario del Pd Pierluigi Bersani: "non c'è nessuna possibilità di confronto - ha detto - con una sinistra che insulta, offende, deride, delegittima, calunnia". Il premier ha anche ripetuto quanto sia importante recarsi alle urne domenica e lunedì prossimi: "Occorre andare a votare perché ogni voto non dato avvantaggia la sinistra. Ho fiducia nel buonsenso degli italiani che non si riconoscono in questa sinistra ammanettata a Di Pietro".

Dopo il voto del 28 e 29 marzo, ha affermato tra l'altro il premier, "ci potremo attendere tre anni ulteriori di governo, nei quali metteremo mano alla riforma istituzionale, alla grande modernizzazione del fisco, alla grande riforma della giustizia, e a tantissime altre cose previste dai nostri programmi".

E a proposito dell'evoluzione che il cammino delle riforme potrà avere in tema di forma di governo, Berlusconi ha spiegato che "dobbiamo rivolgerci ai cittadini e sentire da loro qual è la cosa che preferiscono, se l'elezione diretta del presidente della Repubblica o l'elezione diretta del presidente del Consiglio".

Quanto alla possibilità di un dialogo con l'opposizione sulle riforme, il presidente del Consiglio ha detto "sarebbe meglio farle con l'opposizione, se volesse dialogare, se si dimostrasse credibile". Il