È ABBASTANZA OVVIO CHE LA CATEGORIA RAPPRESENTATE DALLA CONFCOMMERCIO E DALLA CONFESERCENTI (GLI AUTONOMI) “DISAPPROVINO” L’OPERATO DEL GOVERNO SUGLI STUDI DI SETTORE “FISCHIANDOLO” VEDI CONFESERCENTI: FISCHI PER PRODI.
DAGLI STUDI DI SETTORE FATTI PERALTRO NON DAL GOVERNO MA DA ISTITUZIONI COMPETENTI E NEUTRALI QUALI LA BANCA D’ITALIA, L’ISTAT, LA GUARDIA DI FINANZA ETC… “PROVANO” AL DI LA DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO CHE IN QUESTA CATEGORIA SI “NASCONDE” UNA GRANDE “EVASIONE” SIA PER NUMERO DI OPERATORI CHE PER AMMONTARE TOTALE.
INOLTRE NON ESISTE NEMMENO L’OBBLIGO PER I COMMERCIANTI DI APPLICARLI, PERCHÉ SE SONO AL DI SOTTO DI QUEI VALORI LO POSSONO SEMPRE DICHIARARE ED ESSERE PERÒ SOTTOPOSTI A “VERIFICA”. PERTANTO CHI SI ATTIENE AGLI STUDI DI SETTORE “EVITA” IL CONTROLLO FISCALE.
È ANCHE OVVIO CHE SI PUÒ MIGLIORARE LO STUDIO APPORTANDO MAGGIORI DATI ANCHE REGIONALI E SU QUESTO IL GOVERNO HA DIMOSTRATO LA SUA DISPONIBILITÀ MA “RESPINGERE” IL CRITERIO O ACCANIRSI “CONTRO” VALE COME UNA TENACE RESISTENZA “CORPORATIVA” A FAR RIMANERE LE COSE COME STANNO PER CONTINUARE AD “EVADERE” CON BUONA PACE DI TUTTI I LAVORATORI DIPENDENTI CHE “PAGANO” TUTTE LE TASSE DOVUTE “DETRATTE” DIRETTAMENTE DALLA BUSTA PAGA DAI LORO STESSI DATORI DI LAVORO.
Raffaele B.
REPUBBLICA
Studi settore: 10 mila euro l'anno per il 54%
19 giugno 2007
I dati diffusi dal ministero dell'Economia sulla base delle dichiarazioni del 2005
Autonomi e imprese che dichiarano una cifra non "in linea" sono 1,4 milioni
Visco: "C'è una robustissima evasione"
Martedì all'esame in Senato le mozioni dell'opposizione e della maggioranza
ROMA - Sono un milione e 407 mila i lavoratori autonomi e le piccole imprese che al momento di fare la dichiarazione dei redditi finiscono per indicare una cifra che pare troppo bassa. Soprattutto se si guarda ai livelli dei ricavi che loro stessi dichiarano. Tanto che pure se si trovano a fatturare in media quasi 200 mila euro l'anno, i loro redditi d'impresa, al netto dei costi, si riducono a una misera sommetta che supera solo di poco i 10 mila euro l'anno.
Sono loro, ovvero il 53,8 per cento dei quasi tre milioni di operatori interessati dagli Studi di settore, i contribuenti "incongruenti", imprenditori e lavoratori autonomi che, stando alle loro stesse dichiarazioni, riescono a mettere su a fine anno un reddito d'impresa medio che vale solo il 5,4 per cento dei loro ricavi annuali. E' questo il dato principale che emerge dalle prime analisi commissionate dal vice-ministro dell'Economia Vincenzo Visco relative ai redditi del 2005 e a cui sono stati applicati i criteri di "congruità" e "normalità" così come definiti nell'ultima finanziaria.
Visco: "Robustissima evasione". Il vice-ministro, illustrando i dati, ha parlato dell'evidenza di un'evasione corposa. Allo stesso tempo ha assicurato che gli studi di settore non saranno applicati utilizzando degli automatismi e che verranno utilizzate "tutte le garanzie. E' evidente però che c'è una robustissima evasione anche se la non congruità potrà essere spiegata nei casi specifici". E quanto ai controlli nei loro confronti ha detto che il fisco "mostrerà maggior zelo" e che "almeno 500 mila controlli possiamo farli". A questi circa 1,4 milioni di contribuenti Visco dice che chiede loro "solo di versare 100-200 euro in più di tasse evase".
I contribuenti "in linea". Ma non ci sono solo contribuenti "incongruenti". Quelli che dichiarano una cifra che pare in linea con i loro ricavi, le loro attività e i beni strumentali, sono 1 milione e 30 mila (il 39,4 per cento del totale). Contribuenti che dichiarano un reddito medio di 45.800 euro l'anno. A fronte di un fatturato che è pari a 362,5 mila euro. Loro, i "congruenti" a fine anno possono vantare un reddito che vale il 12,6 per cento del "giro di affari" della loro attività.
Quelli che dichiarano troppo poco. Mediamente quindi gli "incongruenti" dicono di ritrovarsi con 35,3 mila euro l'anno di reddito d'impresa in meno dei loro colleghi "congruenti". Una cifra non da poco. Tra le categorie che si distinguono di più in questa specie di "contrapposizione fiscale", ci sono i proprietari di discoteche e night club. Nella loro categoria mentre i "congrui" dichiarano un reddito pari a 24 mila euro l'anno, i loro dirimpettai "incongrui" dichiarano una perdita di 18,7 mila euro l'anno. Li seguono i gestori dei centri benessere, che si ritrovano con una differenza di oltre 46,5 mila euro l'anno, i noleggiatori di autovetture e altri mezzi di trasporto con una differenza di 40 mila euro e i proprietari di sale gioco (58,1 mila euro di reddito per i congrui e una perdita di 2 mila euro per gli "incongrui").
Tassisti senza taxi. Dall'analisi escono fuori risultati che restituiscono un'immagine quasi paradossale dell'attività di questi contribuenti. Almeno 100 mila sono infatti quelli che hanno dichiarato di svolgere l'attività pur senza possedere i beni strumentali caratteristici. Così si trovano, per il periodo di imposta del 2005, a non essere in possesso di beni strumentali 137 tassisti, 360 laboratori di analisi cliniche e 480 farmacie. Ma anche 555 lavanderie, 3.329 ristoranti e 5.139 installatori di impianti elettrici ed idraulici.
Gli studi di settore, che interessano circa 3 milioni di contribuenti, vengono utilizzati, d'accordo con le categorie interessate, per cercare di risalire ai ricavi dei singoli contribuenti. Sono realizzati attraverso una complessa raccolta di informazioni statistiche e tengono conto non solo dei dati contabili ma anche di quelli strumentali. Nell'ultima finanziaria, per cercare di ridurre il fenomeno della sovrastima dei costi da parte dei contribuenti, sono stati introdotti altri indicatori per riuscire a individuare voci di costo di bilancio non logiche rispetto all'attività.
La richieste e la protesta di Confcommercio. Le categorie di settore chiedono però che si rivedano alcune parti normative. "In questo momento gli studi di settore - ha detto il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli - come sono adesso non rispettano i principi di equità e di soggettività e sono stati fatti in fretta e furia. Siamo determinati a ottenere un cambiamento". E le Confcommercio regionali del Veneto, Friuli e Trentino si sono alleate per la raccolta di firme contro le regole attuali.
Le mozioni domani a Palazzo Madama. Martedì l'Aula del Senato discuterà e voterà la mozione presentata ad Forza Italia che chiede di modificare il quadro normativo attuale. La maggioranza si è detta comunque pronta ad apportare alcune modifiche. "Vi sono stati certamente degli errori che possono essere superati - ha detto Giovanni Russo Spena, presidente dei senatori di Rifondazione comunista -. Anche l'Unione presenterà delle mozioni con cui correggeremo gli errori fatti, coinvolgendo come è giusto che sia anche le categorie, ma eviteremo che sia una copertura all'evasione".
DAGLI STUDI DI SETTORE FATTI PERALTRO NON DAL GOVERNO MA DA ISTITUZIONI COMPETENTI E NEUTRALI QUALI LA BANCA D’ITALIA, L’ISTAT, LA GUARDIA DI FINANZA ETC… “PROVANO” AL DI LA DI OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO CHE IN QUESTA CATEGORIA SI “NASCONDE” UNA GRANDE “EVASIONE” SIA PER NUMERO DI OPERATORI CHE PER AMMONTARE TOTALE.
INOLTRE NON ESISTE NEMMENO L’OBBLIGO PER I COMMERCIANTI DI APPLICARLI, PERCHÉ SE SONO AL DI SOTTO DI QUEI VALORI LO POSSONO SEMPRE DICHIARARE ED ESSERE PERÒ SOTTOPOSTI A “VERIFICA”. PERTANTO CHI SI ATTIENE AGLI STUDI DI SETTORE “EVITA” IL CONTROLLO FISCALE.
È ANCHE OVVIO CHE SI PUÒ MIGLIORARE LO STUDIO APPORTANDO MAGGIORI DATI ANCHE REGIONALI E SU QUESTO IL GOVERNO HA DIMOSTRATO LA SUA DISPONIBILITÀ MA “RESPINGERE” IL CRITERIO O ACCANIRSI “CONTRO” VALE COME UNA TENACE RESISTENZA “CORPORATIVA” A FAR RIMANERE LE COSE COME STANNO PER CONTINUARE AD “EVADERE” CON BUONA PACE DI TUTTI I LAVORATORI DIPENDENTI CHE “PAGANO” TUTTE LE TASSE DOVUTE “DETRATTE” DIRETTAMENTE DALLA BUSTA PAGA DAI LORO STESSI DATORI DI LAVORO.
Raffaele B.
REPUBBLICA
Studi settore: 10 mila euro l'anno per il 54%
19 giugno 2007
I dati diffusi dal ministero dell'Economia sulla base delle dichiarazioni del 2005
Autonomi e imprese che dichiarano una cifra non "in linea" sono 1,4 milioni
Visco: "C'è una robustissima evasione"
Martedì all'esame in Senato le mozioni dell'opposizione e della maggioranza
ROMA - Sono un milione e 407 mila i lavoratori autonomi e le piccole imprese che al momento di fare la dichiarazione dei redditi finiscono per indicare una cifra che pare troppo bassa. Soprattutto se si guarda ai livelli dei ricavi che loro stessi dichiarano. Tanto che pure se si trovano a fatturare in media quasi 200 mila euro l'anno, i loro redditi d'impresa, al netto dei costi, si riducono a una misera sommetta che supera solo di poco i 10 mila euro l'anno.
Sono loro, ovvero il 53,8 per cento dei quasi tre milioni di operatori interessati dagli Studi di settore, i contribuenti "incongruenti", imprenditori e lavoratori autonomi che, stando alle loro stesse dichiarazioni, riescono a mettere su a fine anno un reddito d'impresa medio che vale solo il 5,4 per cento dei loro ricavi annuali. E' questo il dato principale che emerge dalle prime analisi commissionate dal vice-ministro dell'Economia Vincenzo Visco relative ai redditi del 2005 e a cui sono stati applicati i criteri di "congruità" e "normalità" così come definiti nell'ultima finanziaria.
Visco: "Robustissima evasione". Il vice-ministro, illustrando i dati, ha parlato dell'evidenza di un'evasione corposa. Allo stesso tempo ha assicurato che gli studi di settore non saranno applicati utilizzando degli automatismi e che verranno utilizzate "tutte le garanzie. E' evidente però che c'è una robustissima evasione anche se la non congruità potrà essere spiegata nei casi specifici". E quanto ai controlli nei loro confronti ha detto che il fisco "mostrerà maggior zelo" e che "almeno 500 mila controlli possiamo farli". A questi circa 1,4 milioni di contribuenti Visco dice che chiede loro "solo di versare 100-200 euro in più di tasse evase".
I contribuenti "in linea". Ma non ci sono solo contribuenti "incongruenti". Quelli che dichiarano una cifra che pare in linea con i loro ricavi, le loro attività e i beni strumentali, sono 1 milione e 30 mila (il 39,4 per cento del totale). Contribuenti che dichiarano un reddito medio di 45.800 euro l'anno. A fronte di un fatturato che è pari a 362,5 mila euro. Loro, i "congruenti" a fine anno possono vantare un reddito che vale il 12,6 per cento del "giro di affari" della loro attività.
Quelli che dichiarano troppo poco. Mediamente quindi gli "incongruenti" dicono di ritrovarsi con 35,3 mila euro l'anno di reddito d'impresa in meno dei loro colleghi "congruenti". Una cifra non da poco. Tra le categorie che si distinguono di più in questa specie di "contrapposizione fiscale", ci sono i proprietari di discoteche e night club. Nella loro categoria mentre i "congrui" dichiarano un reddito pari a 24 mila euro l'anno, i loro dirimpettai "incongrui" dichiarano una perdita di 18,7 mila euro l'anno. Li seguono i gestori dei centri benessere, che si ritrovano con una differenza di oltre 46,5 mila euro l'anno, i noleggiatori di autovetture e altri mezzi di trasporto con una differenza di 40 mila euro e i proprietari di sale gioco (58,1 mila euro di reddito per i congrui e una perdita di 2 mila euro per gli "incongrui").
Tassisti senza taxi. Dall'analisi escono fuori risultati che restituiscono un'immagine quasi paradossale dell'attività di questi contribuenti. Almeno 100 mila sono infatti quelli che hanno dichiarato di svolgere l'attività pur senza possedere i beni strumentali caratteristici. Così si trovano, per il periodo di imposta del 2005, a non essere in possesso di beni strumentali 137 tassisti, 360 laboratori di analisi cliniche e 480 farmacie. Ma anche 555 lavanderie, 3.329 ristoranti e 5.139 installatori di impianti elettrici ed idraulici.
Gli studi di settore, che interessano circa 3 milioni di contribuenti, vengono utilizzati, d'accordo con le categorie interessate, per cercare di risalire ai ricavi dei singoli contribuenti. Sono realizzati attraverso una complessa raccolta di informazioni statistiche e tengono conto non solo dei dati contabili ma anche di quelli strumentali. Nell'ultima finanziaria, per cercare di ridurre il fenomeno della sovrastima dei costi da parte dei contribuenti, sono stati introdotti altri indicatori per riuscire a individuare voci di costo di bilancio non logiche rispetto all'attività.
La richieste e la protesta di Confcommercio. Le categorie di settore chiedono però che si rivedano alcune parti normative. "In questo momento gli studi di settore - ha detto il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli - come sono adesso non rispettano i principi di equità e di soggettività e sono stati fatti in fretta e furia. Siamo determinati a ottenere un cambiamento". E le Confcommercio regionali del Veneto, Friuli e Trentino si sono alleate per la raccolta di firme contro le regole attuali.
Le mozioni domani a Palazzo Madama. Martedì l'Aula del Senato discuterà e voterà la mozione presentata ad Forza Italia che chiede di modificare il quadro normativo attuale. La maggioranza si è detta comunque pronta ad apportare alcune modifiche. "Vi sono stati certamente degli errori che possono essere superati - ha detto Giovanni Russo Spena, presidente dei senatori di Rifondazione comunista -. Anche l'Unione presenterà delle mozioni con cui correggeremo gli errori fatti, coinvolgendo come è giusto che sia anche le categorie, ma eviteremo che sia una copertura all'evasione".
Nessun commento:
Posta un commento