È IL TIPICO PARADOSSO ITALIANO, ANZI SICILIANO. IL PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIA È STATO CONDANNATO A 5 ANNI DI CARCERE CON LA INTERDIZIONE AI PUBBLICI UFFICI E NONOSTANTE CIÒ LO “FESTEGGIA” COME FOSSE UNA VITTORIA.
LA RAGIONE DI TANTA ESULTANZA STA NEL FATTO INCREDIBILE CHE CUFFARO NON HA AVREBBE “AIUTATO” LA MAFIA MA SOLO ALCUNI PERSONAGGI FORTEMENTE INDIZIATI DI MAFIA. LI HA "INFORMATI" CHE I MAGISTRATI AVEVANO FATTO PIAZZARE DELLE "CIMICI" PER INTERCETTARE LE LORO TELEFONATE, FACENDO "SALTARE" L'INTERA INCHIESTA CHE DI FATTO HA "SALVATO" DA PROVE INECCEPIBILI PROPRIO I COSIDDETTI INDIZIATI DI MAFIA. PERFETTO NO?
COSA SI PUÒ DIRE DI PIÙ? IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA DICE CHE "AIUTARE" PERSONE INDIZIATE DI MAFIA (che "vanificano" la raccolta di "prove", grazie a lui, che “potevano sicuramente” dimostrare la loro appartenenza alla mafia, altrimenti perché “informare” e poi “vanificare”?) NON È AIUTARE LA MAFIA!
TALE DISPOSITIVO È UN GIOIELLO "GARANTISTA" DEL NOSTRO SISTEMA GIUDIZIARIO CHE NESSUNO CI INVIDIA. UN PARADOSSO ASSURDO CHE LA DICE LUNGA SUI RESIDUI DI INFLUENZA DELLA MAFIA NELL'ISOLA.
IN OGNI CASO IL PRESIDENTE HA COMMESSO UN GRAVE REATO DI "FAVOREGGIAMENTO" E DI "INTRALCIO ALLE INDAGINI" TANT'È CHE I GIUDICI LO HANNO ANCHE INTERDETTO DAI PUBBLICI UFFICI PER LA DURATA DELLA PENA. SOLO PER QUESTO CUFFARO AVREBBE DOVUTO "DIMETTERSI". NON LO FA PER UN ALTRO MECCANISMO "GARANTISTA" CHE NEMMENO QUESTO CI INVIDIANO: LA PENA NON È ESECUTIVA FINO AL TERZO GRADO CIOÈ DOPO LA CONDANNA DI CASSAZIONE.
OVVIAMENTE RICORRENDO IN APPELLO (SECONDO GRADO) LA PENA È SOSPESA! PASSERÀ DEL TEMPO PRIMA DI ARRIVARE ALLA PROSSIMA SENTENZA, POI SE CONFERMATA O AGGRAVATA, IL PRESIDENTE RICORRERÀ IN CASSAZIONE E PASSERANNO ALTRI ANNI ANCORA PRIMA DI ARRIVARE ALLA SENTENZA DEFINITIVA. PER FARE QUESTO CI VOGLIONO MOLTI SOLDI E POTERE CHE MOLTI COMUNI CITTADINI NON HANNO!
NEL FRATTEMPO CI POTRANNO ESSERE INDULTI E RIDUZIONI DI PENA SENZA CONTARE CHE CON UN NUOVO GOVERNO DEL CAVALIERE BERLUSCONI (CAMPIONE DI CONDANNE E PRESCRIZIONI) PASSI TUTTO IN "CAVALLERIA" E ADDIO "GIUSTIZIA". DURANTE TUTTO QUESTO TEMPO IL PRESIDENTE POTREBBE CONTINUARE A "GOVERNARE" LA SICILIA COME FOSSE UN CITTADINO "ONESTO" E "DEGNO" DI POTERLO FARE!
ALLORA NIENTE CI IMPEDISCE DI CREDERE CHE VI POSSONO ESSERE TANTI PERSONAGGI SIMILI IN TUTTO IL PAESE CHE DI FATTO COSTITUISCONO UN "FORMIDABILE" SOSTEGNO “POLITICO” ALLA MAFIA IN SICILIA, 'NDRANGHETA IN CALABRIA, CAMORRA IN CAMPANIA E SACRA CORONA UNITA IN PUGLIA E CHISSÀ QUANTE ALTRE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI.
LA GIUSTIZIA SEMBRA ESSERE "POCO EFFICACE" CONTRO COSTORO, AL CONTRARIO "PIÙ EFFICACE" PER I COMUNI CITTADINI E PER I COSIDDETTI “PESCI PICCOLI”. DI QUESTO I CITTADINI NE HANNO COSCIENZA DA MOLTI LUSTRI EPPURE NON SI È MAI PROCEDUTO AD UNA SERIA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA CHE RIMETTESSE IL NOSTRO PAESE IN EUROPA, SIA DAL PUNTO DI VISTA DELL'EFFICACIA PER TUTTI (LEGGE UGUALE PER TUTTI) CHE DEI TEMPI DI GIUDIZIO FINORA ANCORA TROPPO LUNGHI.
LA POLITICA HA PERÒ IL "DOVERE MORALE" QUINDI “ETICO” DI “ESCLUDERE” DALLE LISTE ELETTORALI E DALLA GESTIONE DEI PUBBLICI POTERI NON SOLTANTO COLORO CHE SONO "CONDANNATI" DI REATO CHE È NORMALE, MA PER FUGARE OGNI DUBBIO, ANCHE COLORO CHE NE SONO "ACCUSATI", A GARANZIA SIA DELLA INDIPENDENZA DEI GIUDICI CHE DEI CITTADINI MEDESIMI
IN QUESTO CASO È AVVENUTO IL "CONTRARIO" E SONO I GIUDICI A FINIRE ALLA GOGNA, INVECE! CON BUONA PACE DEL FATTO CHE NESSUNO IN ITALIA RITENGA LA "POLITICA" PIÙ "PULITA" DELLA MAGISTRATURA. È IL NOSTRO PARADOSSO ITALICO!
Raffaele B.
REPUBBLICA
Mafia, Cuffaro condannato a 5 anni
"Riconosciuto che non sono colluso"
18 gennaio 2008
Processo talpe alla Dda, il presidente della Sicilia riconosciuto colpevole
di favoreggiamento ma non di aver avvantaggiato Cosa nostra. "Resto al mio posto"
Casini: "In appello cadranno anche le altre imputazioni"
Prestigiacomo: "Piena solidarietà all'uomo, ma serve discontinuità"
PALERMO - Il presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, è stato condannato a 5 anni nel processo per le 'talpe' alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. La terza sezione penale del Tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, ha escluso l'aggravante di aver favorito la mafia. A Cuffaro è stata applicata anche la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.
Nel processo per le 'talpe' alla Direzione distrettuale antimafia, il presidente della Regione era imputato di favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto e per questo i pm avevano chiesto otto anni di reclusione. La corte però, pur riconoscendo una condotta colpevole di favoreggiamento a favore degli altri imputati (alcuni dei quali condannati per associazione di tipo mafioso), non ha ritenuto dimostrata l'aggravante di aver favorito l'organizzazione criminale e quindi ha applicato una pena più bassa.
Cuffaro: "Resto presidente". Cuffaro, contrariamente a quanto egli stesso aveva annunciato, ha assistito alla lettura della sentenza nell'aula bunker di Pagliarelli. "Sono confortato, non sono colluso con la mafia e per questo resto presidente della Regione. Da domani torno al lavoro". Queste le prime parole dell'esponente dell'Udc.
Il presidente della Regione Sicilia ha però anche annunciato che ricorrerà in appello: "Assieme ai miei avocati, lette le motivazioni della sentenza, ricorreremo in appello perché anche questi residui capi d'accusa possano cadere". Resta intanto aperta un'altra indagine per concorso in associazione mafiosa su Cuffaro, aperta nel maggio scorso dal gip Fabio Licata al termine di un dibattito interno alla Dda di Palermo, dopo che uno dei pm del processo alle "talpe", Nino Di Matteo, aveva chiesto di contestare a Cuffaro, imputato per favoreggiamento a Cosa nostra, l'accusa più grave di 110 e 416 bis.
Lo scontro con Grasso. Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, pur dichiarandosi riconoscente verso il presidente e ai giudici per come hanno condotto il procedimento, ha rilevato: "E' rimasto provato il favoreggiamento da parte del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, di singoli mafiosi come Guttadauro, Aragona, Greco, Aiello e Miceli, ma tutto ciò non è stato ritenuto sufficiente a integrare l'aggravante contestata di avere agevolato l'associazione mafiosa Cosa Nostra nel suo complesso". Ma Cuffaro ha replicato: "Non capisco perchè il procuratore Grasso sostenga che in base alla sentenza io abbia favorito singoli mafiosi. Il dispositivo, mi hanno spiegato i legali, non dice questo ed esclude ogni mio rapporto con la mafia e con singoli mafiosi. Evidentemente Grasso non ha letto appieno la sentenza".
I commenti. Palazzo Chigi non commenta la sentenza di condanna: le fonti della Presidenza del Consiglio si limitano a ribadire "il pieno rispetto per l'autonomia della magistratura". Esprime invece soddisfazione per l'esclusione dell'aggravante del favoreggiamento alla mafia per Cuffaro il segretario nazionale dell'Udc Lorenzo Cesa: "Siamo compiaciuti che già dalla sentenza di primo grado sia stata esclusa ogni forma di collusione del Presidente Cuffaro con la mafia - scrive Cesa in una nota - Nell'esprimere piena solidarietà all'amico Toto sono certo che egli saprà ulteriormente dimostrare nei prossimi gradi di giudizio la sua estraneità ai fatti contestatigli". Analogo il commento del leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini: "Da sempre sappiamo che Cuffaro non è colluso con la mafia. Da oggi lo ha certificato anche un tribunale della Repubblica. Sono certo che in appello cadranno anche le altre imputazioni".
"Ieri Mastella, oggi Cuffaro", ha commentato Silvio Berlusconi, ribadendo che serve "un risanamento di tutto l'ambito giudiziario". "Credo che gli italiani esprimano già con i numeri dei sondaggi - ha aggiunto - che siamo nella piena patologia e che c'è da fare un risanamento di tutto l'ambito giudiziario molto in profondità".
Pur esprimendo "piena solidarietà all'uomo Cuffaro", la deputata FI Stefania Prestigiacomo chiede invece "con la massima urgenza un vertice regionale di Forza Italia per riflettere sul nostro ruolo politico in Sicilia e rispetto al governo regionale e per porre con forza un'esigenza di cambiamento e di scelte nel segno della discontinuità".
Mentre il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro invita ad aver rispetto delle sentenze e della magistratura: "Non serve prendersela con la magistratura che fa semplicemente il proprio dovere. Bisogna impedire che si arrivi davvero alla crisi della democrazia. E l'unica soluzione è quella di mettere a punto un codice etico da proporre come patto con gli elettori".
Le altre condanne. Condannati anche tutti gli altri imputati. A 14 anni di reclusione è stato condannato l'ex manager della sanità privata Michele Aiello (associazione mafiosa, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, truffa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura e corruzione); la pena di 7 anni è stata inflitta maresciallo del Ros Giorgio Riolo (associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, corruzione e interferenze illecite nella vita privata altrui); 4 anni e 6 mesi al radiologo Aldo Carcione (rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e accesso abusivo al sistema informatico della Procura).
Sei mesi la pena inflitta all'ex segretaria della Procura Antonella Buttitta (accesso abusivo al sistema informatico della Procura e rivelazione ed utilizzazione di segreto d'ufficio); 1 anno a Roberto Rotondo (favoreggiamento); 3 anni a Giacomo Venezia (favoreggiamento); 9 mesi a Michele Giambruno (truffa e corruzione); 9 mesi a Salvatore Prestigiacomo (corruzione); 2 anni ad Adriana La Barbera (corruzione); 2 anni ad Angelo Calaciura (corruzione); 4 anni e 6 mesi e 1500 euro di multa a Lorenzo Iannì (truffa).
REPUBBLICA
Ma una condanna non va celebrata
Commento di ANGELO MELONE
18 gennaio 2008
"E' una sentenza che mi conforta, non ho mai commesso atti tesi a favorire la mafia. Dunque non mi dimetto". Sono le parole a caldo di Salvatore Cuffaro pochi minuti dopo la lettura della sentenza a Palermo. E giù, in queste ore successive, un diluvio di congratulazioni. Da Casini all'intero centrodestra siciliano e nazionale.
Congratulazioni perché? E perché l'aria che giunge dalla Sicilia è quella di una vittoria?
E' chiaro che per qualunque cittadino - e in special modo per chi vive nella realtà siciliana - allontanare da sé il sospetto di avere traffici di qualunque genere con Cosa nostra è un decisivo recupero di dignità personale. Però la Sicilia resta governata ("fin da domattina", sottolinea il presidente) da una persona sulla cui testa pesa una condanna durissima per aver favorito uno dei personaggi accusati di diversi reati tra cui l'associazione mafiosa e per questo condannati nella stessa sentenza.
Stava a lui decidere se restare o no al proprio posto, e ha deciso. Sta alla sensibilità delle forze politiche valutare la decisione, anche se questo processo soprattutto negli ultimi mesi si era già trasformato in una campagna squisitamente politica riassumibile con "i giudici decidano se Cuffaro è mafioso o no, il resto non conta". Ma una condanna a 5 anni di reclusione per un importante personaggio politico nazionale non va certo celebrata come un vittoria.
LA RAGIONE DI TANTA ESULTANZA STA NEL FATTO INCREDIBILE CHE CUFFARO NON HA AVREBBE “AIUTATO” LA MAFIA MA SOLO ALCUNI PERSONAGGI FORTEMENTE INDIZIATI DI MAFIA. LI HA "INFORMATI" CHE I MAGISTRATI AVEVANO FATTO PIAZZARE DELLE "CIMICI" PER INTERCETTARE LE LORO TELEFONATE, FACENDO "SALTARE" L'INTERA INCHIESTA CHE DI FATTO HA "SALVATO" DA PROVE INECCEPIBILI PROPRIO I COSIDDETTI INDIZIATI DI MAFIA. PERFETTO NO?
COSA SI PUÒ DIRE DI PIÙ? IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA DICE CHE "AIUTARE" PERSONE INDIZIATE DI MAFIA (che "vanificano" la raccolta di "prove", grazie a lui, che “potevano sicuramente” dimostrare la loro appartenenza alla mafia, altrimenti perché “informare” e poi “vanificare”?) NON È AIUTARE LA MAFIA!
TALE DISPOSITIVO È UN GIOIELLO "GARANTISTA" DEL NOSTRO SISTEMA GIUDIZIARIO CHE NESSUNO CI INVIDIA. UN PARADOSSO ASSURDO CHE LA DICE LUNGA SUI RESIDUI DI INFLUENZA DELLA MAFIA NELL'ISOLA.
IN OGNI CASO IL PRESIDENTE HA COMMESSO UN GRAVE REATO DI "FAVOREGGIAMENTO" E DI "INTRALCIO ALLE INDAGINI" TANT'È CHE I GIUDICI LO HANNO ANCHE INTERDETTO DAI PUBBLICI UFFICI PER LA DURATA DELLA PENA. SOLO PER QUESTO CUFFARO AVREBBE DOVUTO "DIMETTERSI". NON LO FA PER UN ALTRO MECCANISMO "GARANTISTA" CHE NEMMENO QUESTO CI INVIDIANO: LA PENA NON È ESECUTIVA FINO AL TERZO GRADO CIOÈ DOPO LA CONDANNA DI CASSAZIONE.
OVVIAMENTE RICORRENDO IN APPELLO (SECONDO GRADO) LA PENA È SOSPESA! PASSERÀ DEL TEMPO PRIMA DI ARRIVARE ALLA PROSSIMA SENTENZA, POI SE CONFERMATA O AGGRAVATA, IL PRESIDENTE RICORRERÀ IN CASSAZIONE E PASSERANNO ALTRI ANNI ANCORA PRIMA DI ARRIVARE ALLA SENTENZA DEFINITIVA. PER FARE QUESTO CI VOGLIONO MOLTI SOLDI E POTERE CHE MOLTI COMUNI CITTADINI NON HANNO!
NEL FRATTEMPO CI POTRANNO ESSERE INDULTI E RIDUZIONI DI PENA SENZA CONTARE CHE CON UN NUOVO GOVERNO DEL CAVALIERE BERLUSCONI (CAMPIONE DI CONDANNE E PRESCRIZIONI) PASSI TUTTO IN "CAVALLERIA" E ADDIO "GIUSTIZIA". DURANTE TUTTO QUESTO TEMPO IL PRESIDENTE POTREBBE CONTINUARE A "GOVERNARE" LA SICILIA COME FOSSE UN CITTADINO "ONESTO" E "DEGNO" DI POTERLO FARE!
ALLORA NIENTE CI IMPEDISCE DI CREDERE CHE VI POSSONO ESSERE TANTI PERSONAGGI SIMILI IN TUTTO IL PAESE CHE DI FATTO COSTITUISCONO UN "FORMIDABILE" SOSTEGNO “POLITICO” ALLA MAFIA IN SICILIA, 'NDRANGHETA IN CALABRIA, CAMORRA IN CAMPANIA E SACRA CORONA UNITA IN PUGLIA E CHISSÀ QUANTE ALTRE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI.
LA GIUSTIZIA SEMBRA ESSERE "POCO EFFICACE" CONTRO COSTORO, AL CONTRARIO "PIÙ EFFICACE" PER I COMUNI CITTADINI E PER I COSIDDETTI “PESCI PICCOLI”. DI QUESTO I CITTADINI NE HANNO COSCIENZA DA MOLTI LUSTRI EPPURE NON SI È MAI PROCEDUTO AD UNA SERIA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA CHE RIMETTESSE IL NOSTRO PAESE IN EUROPA, SIA DAL PUNTO DI VISTA DELL'EFFICACIA PER TUTTI (LEGGE UGUALE PER TUTTI) CHE DEI TEMPI DI GIUDIZIO FINORA ANCORA TROPPO LUNGHI.
LA POLITICA HA PERÒ IL "DOVERE MORALE" QUINDI “ETICO” DI “ESCLUDERE” DALLE LISTE ELETTORALI E DALLA GESTIONE DEI PUBBLICI POTERI NON SOLTANTO COLORO CHE SONO "CONDANNATI" DI REATO CHE È NORMALE, MA PER FUGARE OGNI DUBBIO, ANCHE COLORO CHE NE SONO "ACCUSATI", A GARANZIA SIA DELLA INDIPENDENZA DEI GIUDICI CHE DEI CITTADINI MEDESIMI
IN QUESTO CASO È AVVENUTO IL "CONTRARIO" E SONO I GIUDICI A FINIRE ALLA GOGNA, INVECE! CON BUONA PACE DEL FATTO CHE NESSUNO IN ITALIA RITENGA LA "POLITICA" PIÙ "PULITA" DELLA MAGISTRATURA. È IL NOSTRO PARADOSSO ITALICO!
Raffaele B.
REPUBBLICA
Mafia, Cuffaro condannato a 5 anni
"Riconosciuto che non sono colluso"
18 gennaio 2008
Processo talpe alla Dda, il presidente della Sicilia riconosciuto colpevole
di favoreggiamento ma non di aver avvantaggiato Cosa nostra. "Resto al mio posto"
Casini: "In appello cadranno anche le altre imputazioni"
Prestigiacomo: "Piena solidarietà all'uomo, ma serve discontinuità"
PALERMO - Il presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, è stato condannato a 5 anni nel processo per le 'talpe' alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. La terza sezione penale del Tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, ha escluso l'aggravante di aver favorito la mafia. A Cuffaro è stata applicata anche la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.
Nel processo per le 'talpe' alla Direzione distrettuale antimafia, il presidente della Regione era imputato di favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto e per questo i pm avevano chiesto otto anni di reclusione. La corte però, pur riconoscendo una condotta colpevole di favoreggiamento a favore degli altri imputati (alcuni dei quali condannati per associazione di tipo mafioso), non ha ritenuto dimostrata l'aggravante di aver favorito l'organizzazione criminale e quindi ha applicato una pena più bassa.
Cuffaro: "Resto presidente". Cuffaro, contrariamente a quanto egli stesso aveva annunciato, ha assistito alla lettura della sentenza nell'aula bunker di Pagliarelli. "Sono confortato, non sono colluso con la mafia e per questo resto presidente della Regione. Da domani torno al lavoro". Queste le prime parole dell'esponente dell'Udc.
Il presidente della Regione Sicilia ha però anche annunciato che ricorrerà in appello: "Assieme ai miei avocati, lette le motivazioni della sentenza, ricorreremo in appello perché anche questi residui capi d'accusa possano cadere". Resta intanto aperta un'altra indagine per concorso in associazione mafiosa su Cuffaro, aperta nel maggio scorso dal gip Fabio Licata al termine di un dibattito interno alla Dda di Palermo, dopo che uno dei pm del processo alle "talpe", Nino Di Matteo, aveva chiesto di contestare a Cuffaro, imputato per favoreggiamento a Cosa nostra, l'accusa più grave di 110 e 416 bis.
Lo scontro con Grasso. Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, pur dichiarandosi riconoscente verso il presidente e ai giudici per come hanno condotto il procedimento, ha rilevato: "E' rimasto provato il favoreggiamento da parte del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, di singoli mafiosi come Guttadauro, Aragona, Greco, Aiello e Miceli, ma tutto ciò non è stato ritenuto sufficiente a integrare l'aggravante contestata di avere agevolato l'associazione mafiosa Cosa Nostra nel suo complesso". Ma Cuffaro ha replicato: "Non capisco perchè il procuratore Grasso sostenga che in base alla sentenza io abbia favorito singoli mafiosi. Il dispositivo, mi hanno spiegato i legali, non dice questo ed esclude ogni mio rapporto con la mafia e con singoli mafiosi. Evidentemente Grasso non ha letto appieno la sentenza".
I commenti. Palazzo Chigi non commenta la sentenza di condanna: le fonti della Presidenza del Consiglio si limitano a ribadire "il pieno rispetto per l'autonomia della magistratura". Esprime invece soddisfazione per l'esclusione dell'aggravante del favoreggiamento alla mafia per Cuffaro il segretario nazionale dell'Udc Lorenzo Cesa: "Siamo compiaciuti che già dalla sentenza di primo grado sia stata esclusa ogni forma di collusione del Presidente Cuffaro con la mafia - scrive Cesa in una nota - Nell'esprimere piena solidarietà all'amico Toto sono certo che egli saprà ulteriormente dimostrare nei prossimi gradi di giudizio la sua estraneità ai fatti contestatigli". Analogo il commento del leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini: "Da sempre sappiamo che Cuffaro non è colluso con la mafia. Da oggi lo ha certificato anche un tribunale della Repubblica. Sono certo che in appello cadranno anche le altre imputazioni".
"Ieri Mastella, oggi Cuffaro", ha commentato Silvio Berlusconi, ribadendo che serve "un risanamento di tutto l'ambito giudiziario". "Credo che gli italiani esprimano già con i numeri dei sondaggi - ha aggiunto - che siamo nella piena patologia e che c'è da fare un risanamento di tutto l'ambito giudiziario molto in profondità".
Pur esprimendo "piena solidarietà all'uomo Cuffaro", la deputata FI Stefania Prestigiacomo chiede invece "con la massima urgenza un vertice regionale di Forza Italia per riflettere sul nostro ruolo politico in Sicilia e rispetto al governo regionale e per porre con forza un'esigenza di cambiamento e di scelte nel segno della discontinuità".
Mentre il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro invita ad aver rispetto delle sentenze e della magistratura: "Non serve prendersela con la magistratura che fa semplicemente il proprio dovere. Bisogna impedire che si arrivi davvero alla crisi della democrazia. E l'unica soluzione è quella di mettere a punto un codice etico da proporre come patto con gli elettori".
Le altre condanne. Condannati anche tutti gli altri imputati. A 14 anni di reclusione è stato condannato l'ex manager della sanità privata Michele Aiello (associazione mafiosa, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, truffa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura e corruzione); la pena di 7 anni è stata inflitta maresciallo del Ros Giorgio Riolo (associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, corruzione e interferenze illecite nella vita privata altrui); 4 anni e 6 mesi al radiologo Aldo Carcione (rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio e accesso abusivo al sistema informatico della Procura).
Sei mesi la pena inflitta all'ex segretaria della Procura Antonella Buttitta (accesso abusivo al sistema informatico della Procura e rivelazione ed utilizzazione di segreto d'ufficio); 1 anno a Roberto Rotondo (favoreggiamento); 3 anni a Giacomo Venezia (favoreggiamento); 9 mesi a Michele Giambruno (truffa e corruzione); 9 mesi a Salvatore Prestigiacomo (corruzione); 2 anni ad Adriana La Barbera (corruzione); 2 anni ad Angelo Calaciura (corruzione); 4 anni e 6 mesi e 1500 euro di multa a Lorenzo Iannì (truffa).
REPUBBLICA
Ma una condanna non va celebrata
Commento di ANGELO MELONE
18 gennaio 2008
"E' una sentenza che mi conforta, non ho mai commesso atti tesi a favorire la mafia. Dunque non mi dimetto". Sono le parole a caldo di Salvatore Cuffaro pochi minuti dopo la lettura della sentenza a Palermo. E giù, in queste ore successive, un diluvio di congratulazioni. Da Casini all'intero centrodestra siciliano e nazionale.
Congratulazioni perché? E perché l'aria che giunge dalla Sicilia è quella di una vittoria?
E' chiaro che per qualunque cittadino - e in special modo per chi vive nella realtà siciliana - allontanare da sé il sospetto di avere traffici di qualunque genere con Cosa nostra è un decisivo recupero di dignità personale. Però la Sicilia resta governata ("fin da domattina", sottolinea il presidente) da una persona sulla cui testa pesa una condanna durissima per aver favorito uno dei personaggi accusati di diversi reati tra cui l'associazione mafiosa e per questo condannati nella stessa sentenza.
Stava a lui decidere se restare o no al proprio posto, e ha deciso. Sta alla sensibilità delle forze politiche valutare la decisione, anche se questo processo soprattutto negli ultimi mesi si era già trasformato in una campagna squisitamente politica riassumibile con "i giudici decidano se Cuffaro è mafioso o no, il resto non conta". Ma una condanna a 5 anni di reclusione per un importante personaggio politico nazionale non va certo celebrata come un vittoria.
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