sabato, febbraio 07, 2009

CASO ELUANA E SCONTRO ISTITUZIONALE

Dopo un lungo silenzio sul caso durato anni, Berlusconi ora va allo scontro con il Capo dello Stato con la pretesa della “difesa della vita” contro chi invece “difenderebbe la morte”.

Napolitano “respinge” il decreto del Governo perché avrebbe “bloccato” una sentenza della Cassazione, inconcepibile in uno Stato democratico, quindi manifestamente “incostituzionale”. La indipendenza dei poteri: esecutivo, legislativo e giudiziario sono il fondamento dello Stato democratico ed una garanzia dei diritti di tutti i cittadini di ogni credo nel Paese.

Se tutti i “poteri” cadessero sotto il controllo diretto o indiretto di un solo uomo, per quanto votato dalla maggioranza, produrrebbe di fatto una “dittatura” come la storia insegna. Per questa ragione viene rivolto un invito all’
Appello di "Libertà e Giustizia":"La democrazia è in bilico: salviamola"

Berlusconi ha avuto modo di dimostrare di non sopportare un “potere” che lo limiti e lo controlli come appunto la “Magistratura” e il suo Presidente che è anche quello della Repubblica. Il Parlamento è già sotto il suo controllo con la decretazione d’urgenza!

La sua idea è un “potere” presidenziale “assoluto” e senza controllo una volta “eletto” dal popolo (influenzato dalle sue TV) . Quindi il caso Englaro si presta quale ghiotto pretesto per tentare di “cambiare” la Costituzione e per spodestare il Capo dello Stato sull’onda emotiva rappresentata dall’approssimarsi del suo epilogo ed al dramma della sua famiglia.

Un “uso politico” di questo dramma a cui il Cavaliere ha sempre poco importato, non essendo certo lui né il paladino della morale sul valore della vita né quello della sofferenza. Paradossalmente ora la chiesa di Ratzinger non si vergogna di appoggiarlo e di spingerlo per imporre a tutti i cittadini di ogni credo la “privazione” dei propri e quella dei propri cari, dei “diritti di scelta” se volere o meno i “trattamenti terapeutici” (compresi l’idratazione e alimentazione ‘artificiali’) in casi estremi di malattia terminale o di stati vegetativi senza alcuna speranza di recupero alla vita cosciente. In questo modo “altri” scelgono per loro, prolungando inutilmente l’agonia e sofferenze del malato senza speranza.

Su questo cinico ed orribile sodalizio a danno dei cittadini si potrebbero sostenere e consolidare due “poteri” tra loro: quello di Berlusconi a capo supremo della nazione e quello del Vaticano a capo di tutti i cittadini “cattolici” che eleggono il dittatore. Un dittatore alle dipendenze del Vaticano per l’appunto, con la restaurazione dello Stato Confessionale di storica e triste memoria.

Ma a giudicare dai vari sondaggi tra cui quello di
Ipr Marketing per Repubblica.it sembra che gli italiani di destra e di sinistra, anche cattolici, siano più avanti e maturi dei loro rappresentanti politici e che con molta probabilità questa volta lo “scontro” istituzionale possa “rivelarsi” perdente per Berlusconi ed anche per la Chiesa di Ratzinger, già in gravi difficoltà su altri importanti fronti internazionali.
Raffaele B.

Eluana. Berlusconi: "Senza decreto torno dal popolo"
RaiNews24 06 febbraio 2009

ILSOLE24ORE
Una frattura istituzionale che divide le coscienze
di Stefano Folli
07 febbraio 2009

Per molti decenni, nella lunga storia del dopoguerra, l'equilibrio tra laici e cattolici è stato garantito in Italia, sia pure con qualche eccezione, dalla prudenza e dal senso dello Stato della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati. Si sono evitate le guerre di religione, le fratture fra italiani e gli strappi istituzionali: anche con il concorso della Santa Sede, nel complesso rispettosa della laicità della Repubblica e consapevole che il bene più prezioso era l'unità morale del Paese. Un patrimonio comune che, si poteva immaginare, nessuno avrebbe voluto disperdere.

Purtroppo da ieri questo scenario è andato in frantumi. Non solo le istituzioni sono ferite, anche la convivenza civile subisce un serio "vulnus" e non è chiaro chi e come potrà ricomporlo. Di sicuro ora lo Stato di diritto, cioè il fondamento delle garanzie democratiche, è più debole. Il tema cruciale della vita e della morte, che esige soprattutto sensibilità, rispetto delle coscienze e comprensione del dolore privato, è finito nel tritacarne dello scontro politico. Ed è difficile capire quanto abbiano pesato in questa sconcertante vicenda le questioni di principio e quanto le strumentalizzazioni di parte, volte a fini diversi da quelli dichiarati.

Di sicuro si sta compiendo ai danni della povera Englaro e della sua famiglia l'ultima crudeltà. Intorno a quelle sfortunate persone era tempo che si facesse silenzio e invece è esploso un clamore tanto assurdo quanto inutile. Assurdo perché è davvero singolare che il Parlamento abbia deciso di legiferare adesso, nel giro di poche ore, quando la legge sul testamento biologico è rimasta a prendere polvere nei cassetti per anni, mentre tutti i richiami al buon senso restavano lettera morta. La responsabilità delle forze politiche, sotto questo profilo, resta molto grave e non convince affatto che si sia voluto rovesciarla sul Quirinale, per via della mancata firma a un decreto dell'ultim'ora.

Quanto all'inutilità di questo atroce spettacolo, è penoso doverlo scrivere. Ma è evidente che, se la clinica di Udine va avanti nella procedura prevista (e gli avvocati della famiglia Englaro lo hanno confermato), il Parlamento non arriverà in tempo, per quanto si affretti, a varare lo stralcio del testamento biologico e a impedire che sia interrotta l'alimentazione prima del triste epilogo.

Comunque sia, alla fine resteranno solo le macerie della convivenza civile e i danni della rottura istituzionale. Non era proprio di questo che aveva bisogno l'Italia nel momento in cui sta affrontando una delle più gravi congiunture economiche e quindi sociali che la storia recente ricordi. L'idea di dividere il Paese con la spada, di qui i difensori della vita e di là i fautori della morte, è quanto di più pericoloso si possa immaginare. E sta accadendo. Ma c'è di peggio.
Quasi sempre le battaglie sui principi nascondono obiettivi politici che ai più sfuggono. Sarebbe interessante capire a chi giova lo scontro istituzionale tra Governo e presidenza della Repubblica. Senza dubbio a nessuno, ma può darsi che qualcuno ritenga di trarne vantaggio. E su questo punto è bene essere chiari.

Che la tensione tra i due palazzi romani stesse crescendo ben oltre i limiti, era lampante. Tuttavia si poteva supporre che sarebbe esplosa su di un altro terreno, più strettamente politico-costituzionale: ad esempio, la riforma della giustizia. Invece è deflagrata in tempi e modi imprevedibili, su di un aspetto etico di drammatica profondità; come tale in grado di lacerare i rapporti e di incrinare il patto di fondo che regola la Repubblica più di quanto sarebbe accaduto in circostanze tradizionali.

Può darsi che tutto dipenda da una sequenza di errori, in una spirale imprevedibile. Da un lato i ritardi del Governo, l'iniziale sottovalutazione del caso e poi il desiderio di venire incontro alle gerarchie ecclesiastiche e alle organizzazioni cattoliche. Dall'altro quella lettera scritta da Napolitano e recapitata prima del Consiglio dei ministri, che rendeva pubblica e ufficiale la contrarietà del Quirinale al decreto, con ciò mettendo in imbarazzo Berlusconi. O magari gli ha offerto l'arma per sferrare l'offensiva.

Ma non si sfugge alla sensazione che il caso Englaro abbia fatto emergere una crisi istituzionale comunque matura. Il presidente del Consiglio non ha mai nascosto la sua insofferenza per i vincoli e i limiti del suo mandato. Quella sorta di diarchia al vertice dello Stato, che la Costituzione in qualche misura impone, è sempre apparsa inaccettabile agli occhi di Berlusconi. E nessuno dimentica i conflitti con Scalfaro e le tensioni con Ciampi, lungo l'arco di un quindicennio. Così come nessuno ignora che il premier è determinato in cuor suo a sanare la contraddizione andando a occupare egli stesso la poltrona di Capo dello Stato in un futuro indistinto, ma forse nei suoi piani meno remoto di quanto non dica il calendario della legislatura.

Il presidenzialismo è nel carattere e nella natura di Berlusconi. Viceversa non lo è affatto il ritmo lento di un'azione di governo faticosa e quotidiana, costretta sul sentiero degli equilibri istituzionali. Anche per questo da ieri l'Italia è entrata in una crisi senza precedenti, da cui non sarà facile uscire. Il ruolo supremo di garanzia al di sopra delle parti, che è l'essenza della presidenza della Repubblica secondo l'attuale Costituzione, è stato scalfito e forse compromesso. A sostegno di Giorgio Napolitano c'è l'opposizione di centrosinistra, i radicali, l'estrema sinistra: nonché, ed è molto significativo, il presidente della Camera Fini. Dietro al presidente del Consiglio c'è la maggioranza, l'Udc di Casini, il Vaticano . Schieramenti inediti per una brutta storia dai contorni opachi, di cui non si conosce l'esito.

REPUBBLICA
Caso Englaro, un Paese oltre la politica
La maggioranza è con Napolitano

7 febbraio 2009
Il sondaggio di Ipr Marketing per Repubblica.it mostra che la gente ha idee molto chiare sulla vicenda e condivide la scelta della famiglia.
Sul conflitto Quirinale-Governo, la percentuale favorevole a Berlusconi è del 30%


ROMA - Lasciare andare Eluana Englaro, farla finita con l'uso politico della sua vicenda e piena ragione al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel conflitto istituzionale con il governo Berlusconi.

Sono i risultati del sondaggio in tempo reale di Ipr Marketing per Repubblica. it, condotto ieri sera con il sistema del "Panel telematico tempo reale" interrogando mille persone disaggregate per sesso, età ed area di residenza.

Ne esce un Paese con le idee piuttosto chiare su questa vicenda. Un Paese come sempre più avanti della politica e, in questo caso, anche delle posizioni espresse dalle gerarchie vaticane. I risultati, tra l'altro, non mostrano grandi differenze anche se si guarda alle preferenze politiche degli intervistati. Una trasversalità, dunque, che sembra corrispondere a un'opinione tanto salda quanto diffusa.

Alimentazione e idratazione. Le prime due domande riguardano esplicitamente il caso di Eluana. Il 61% è favorevole a interrompere alimentazione e idratazione della ragazza in coma da 17 anni; solo il 26% esprime contrarietà, il 13% non ha un'opinione in merito a testimonianza che anche il dubbio ha un suo spazio in questa drammatica vicenda. Dal punto di vista politico, non c'è praticamente differenza: gli elettori di centrodestra e quelli di centrosinistra sono favorevoli all'interruzione in percentuali pressoché identiche (62% e 63%). Risultati identici per quanto riguarda il concetto di "terapia medica" riferibile o meno all'alimentazione e all'idratazione di una persona nelle condizioni di Eluana. Per il 61%, in questo caso, si tratta di terapie mediche che, quindi, possono essere sospese. Il 27% la pensa diversamente e il 12% non ha opinione.

Testamento biologico. Sul testamento biologico, inteso come la possibilità di una persona di indicare in vita i limiti delle cure che s'intende ricevere in casi estremi, la maggioranza è addirittura schiacciante: l'84 per cento è a favore di un provvedimento in materia, appena il 7% è contrario e il 9% non ha opinione.

La politica e il conflitto Quirinale-Palazzo Chigi. La maggioranza degli intervistati condivide la scelta del capo dello Stato di non firmare il decreto e ritiene "non opportuna" la decisione di Berlusconi di intervenire con un decreto d'urgenza. Più in generale, il 50% del campione ritiene addirittura che sulla questione non si doveva intervenire per legge e che, semmai (27%) l'intervento spettava al Parlamento. Solo il 15% ritiene legittimo l'intervento d'urgenza dell'esecutivo. L'8% non ha opinione.

Più nel merito, il decreto d'urgenza di Berlusconi viene ritenuto "non opportuno" dal 56% del campione e "opportuno" dal 32%, mentre il 12% non ha opinione.

A una domanda esplicita sul conflitto istituzionale, il 55% condivide la scelta di Napolitano di non controfirmare il decreto e il 29% non la condivide. Il 16% non sceglie.

In entrambe queste domande, la trasversalità notata precedentemente, scende con l'elettorato di centrodestra che si divide praticamente a metà tra Colle e Palazzo Chigi. Quello di centrosinistra, ovviamente, è quasi tutto dalla parte di Napolitano.

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