venerdì, febbraio 20, 2009

IL PD E LA SVOLTA DEL DOPO VELTRONI

Dopo le dimissioni di Veltroni il partito si trova ora ad affrontare i suoi “nodi irrisolti”, pena la disintegrazione di sé e di tutti gli sforzi fatti finora per costruire un grande partito capace di conquistare la maggioranza e quindi il governo del Paese per cambiarlo sul serio.

Questo processo si è interrotto prematuramente per le troppe divisioni interne che erano state nascoste e sottovalutate. Nel caso Englaro la componente cattolica-integralista (Bianchi e Binetti) impone la sua linea e non quella del PD che è laica riconosciuta anche dai cattolici non integralisti. Nel caso della identità partito e suo rinnovamento, i gruppi dirigenti sono rimasti tutti più o meno arroccati sulle loro origini avendo evitato la fusione effettiva e questo impedisce di conseguenza il rinnovamento con nuovi dirigenti.

Il partito deve scrollarsi di dosso tutta la “zavorra” che gli impedisce di decollare e di rappresentare senza tentennamenti una reale alternativa a Berlusconi e alla sua politica di disintegrazione della Repubblica.

Il partito nuovo e pluralista che il PD deve essere, non vuol dire che ognuno può decidere in ordine sparso come votare in parlamento o in commissioni su leggi che poi si applicano a tutti. In questi casi il partito decide “laicamente” con il voto la scelta da fare.

La sostituzione di Ignazio Marino (chirurgo cattolico-laico) con Bianchi (cattolica-integralista) in commissione sanità ha rappresentato un colpo di mano che ha violato la sua scelta laica, un’ennesima incoerenza. È chiaro che la componente integralista non ci può stare in un partito pluralista proprio perché l’integralismo ne è l’antitesi.

La scelta per la candidatura di persone esenti da pendenze legali non è stata portata avanti fino in fondo (vi sono ancora molti con pendenze penali). Non sono stati allontanati tutti quei dirigenti che hanno “tradito” eticamente il partito: solo Villari lo è stato, non Latorre colto con le mani nel sacco. Perché?

Solo la massima apertura democratica con le primarie subito e la elezione di un nuovo segretario che rivoluzioni l’intero gruppo dirigente potrà salvare il PD dalla sua fine prematura che ci sarà certamente se invece prevarrà la linea di “prendere tempo” ed aspettare ottobre prossimo per fare il congresso come sembra essere l’orientamento dei gruppi dirigenti attuali. Leggi su Repubblica
Franceschini verso la reggenza.

A questo punto solo la “base” potrà fare questa rivoluzione. Vedremo se ciò accadrà.
Raffaele B.

Ignazio Marino la verità sulla legge del testamento biologico di Berlusconi Anno Zero
da
ItalianSpot
12 febbraio 2009


UNITA
Sul testamento biologico Pd diviso
di ro.ro.
19 febbraio 2009

E sul testamento biologico il Pd, o quello che ne rimane, si è spaccato nuovamente. In commissione Sanità del Senato il disegno di legge Calabrò, che dovrebbe diventare il nuovo testo base per la discussione in Aula, ha ricevuto 13 sì e 6 no e tre astenuti. Tra questi il capogruppo del Pd Dorina Bianchi, Daniele Bosone (Pd) e Claudio Gustavano (Pd). La senatrice cattolica Bianchi pochi giorni fa aveva preso il posto di Ignazio Marino proprio come capogruppo Pd in Commissione Sanità. Una sostituzione già programmata da tempo ma che comunque aveva sollevato più di un malumore all’interno del partito e tra gli iscritti del Pd.

La Bianchi ha motivato la scelta dell’astensione «anche per un atto di fiducia verso la disponibilità mostrata dalla maggioranza ad accogliere gli emendamenti dell'opposizione. Ci è sembrato di cogliere nelle parole di Raffaele Calabrò – ha riferito ancora la Bianchi - la volontà di valorizzare la posizione dell'opposizione su alcuni punti. Certo, poi si vedrà al momento degli emendamenti. Siamo all'inizio, e quello di oggi non è un sì al ddl Calabrò. Ci poniamo in una posizione di dialogo senza scontri ideologici».

Di diverso avviso il senatore Marino. «Il relatore del ddl sul testamento biologico, Raffaele Calabrò, ha detto no a tutti i punti da me indicati, su cui c’è disponibilità a lavorare da parte dell’opposizione – ha detto il chirurgo - . Se questo è l'atteggiamento, ne prendiamo atto e ci daremo da fare per portare avanti un'azione di contrasto parlamentare rigorosa con tutti gli strumenti a disposizione».

«Il discorso che ho pronunciato oggi – ha spiegato ancora Marino - è stato di grande apertura e disponibilità e sono rimasto molto sorpreso dal riscontrare una totale chiusura da parte del senatore Calabrò». Tra i vari punti di lavoro indicati da Marino vi è quello che riguarda il nodo della nutrizione ed idratazione, l'inserimento di articoli sui disabili e la terapia del dolore, e «il fatto che il peso della maggioranza rende di fatto reato la disattivazione di qualsiasi atto sanitario che consenta la morte del paziente. C'è stato detto di no su tutto - conclude - ma noi non molliamo e il capogruppo dovrà prendere una decisione».

Nel pomeriggio ci sarà una riunione dei membri del Pd della commissione Sanità per valutare gli emendamenti, il cui termine per presentarli scade lunedì 23. Martedì 24 alle 14 è previsto l'ufficio di presidenza e il 5 marzo il testo dovrebbe arrivare all'aula di Palazzo Madama.

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