sabato, marzo 31, 2007

DICO – L’OSCURANTISMO MEDIOEVALE DI BAGNASCO

MAI ERA ACCADUTO FINORA CHE UN PRELATO SI SPINGESSE FINO AL PUNTO DI EQUIPARARE I “DICO” ALLA LEGALIZZAZIONE DELLA PEDOFILIA E DELL’INCESTO COME HA FATTO BAGNASCO SUPERANDO PERFINO IL SUO SUPERIORE RUINI.

IL RICORSO ALLA “PAURA” ALLO SCOPO DI “CONDIZIONARE” ELETTORI E LEGISLATORI CATTOLICI È EVIDENTE E SI PRESENTA CON UNA ROZZEZZA E SPREGIUDICATEZZA MAI AVUTI NEMMENO AI TEMPI DEL REFERENDUM SUL DIVORZIO NEGLI ANNI 70 IL CUI SLOGAN PIÙ SPINTO PER GLI ANTIDIVORZISTI ERA: <<CON IL DIVORZIO IL MARITO “SCAPPERÀ” CON UN’ALTRA DONNA>>..

NATURALMENTE I MINISTRI DEL GOVERNO PRODI “RISPONDONO” A BAGNASCO COME EGLI “MERITA”, MENTRE COME AL SOLITO, L’ON. STORACE DI AN, SI DISTINGUE PER INDEFESSO DIFENSORE DELLA CATTOLICITÀ E DELLA MORALE DA IMPORRE A TUTTI I CITTADINI CREDENTI E NON, COME AI BEI TEMPI DELL’OSCURANTISMO MEDIOEVALE.
Raffaele B.

ADNKRONOS
Coppie di fatto, scontro tra la Cei e il governo

Roma, 31 mar . (Adnkronos) - Sull'etica la Chiesa non può cedere. Per questo è giusto opporsi oggi ai Dico, per non rischiare, domani, di ritrovarci a vivere in un mondo in cui siano legalizzati anche l'incesto e la pedofilia.

E' questo in sostanza, il messaggio lanciato ieri sera dal nuovo presidente della Cei monsignor Angelo Bagnasco, in veste di arcivescovo di Genova, con gli animatori della comunicazione della sua diocesi. Per Bagnasco non si possono porre paletti su una questione così importante, che in pratica riguarda il bene e il male. "Perché dire di no a varie forme di convivenza stabile giuridicamente, di diritto pubblico e a figure alternative alla famiglia? Perché dire di no? Perché dire di no all'incesto come in Inghilterra, dove un fratello e una sorella hanno figli, vivono insieme e si vogliono bene? Perché dire di no al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano? Ecco perché "il criterio sommo del bene e del male" non può essere "la libertà di ciascuno, come scelta, come autodeterminazione".

Pronte e immediate le dure repliche dagli esponenti del governo e della maggioranza. "Sono stupefatta dall'utilizzo di espressioni che trascendono il dissenso legittimo da una proposta di legge e che finiscono col ferire la dignità delle persone e della loro vita", afferma il ministro per le Pari opportunità Barbara Pollastrini. E' incredibile quanto sta avvenendo. Il fatto, cioè, che un disegno di legge saggio ed equilibrato, approvato dal Consiglio dei ministri e ora all'attenzione del Parlamento, possa scatenare una visione così poco amorevole e poco rispettosa dei principi essenziali di civiltà".
"Ci auguriamo che le parole di monsignor Bagnasco siano state male interpretate e che siano prontamente rettificate perché il paragone tra le convivenze e la pedofilia o l'incesto è gravissimo e, oltre ad essere insensato, offende milioni di persone" interviene il presidente dei Verdi e ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio.

A esprimere "massima solidarietà al presidente della Cei" è invece il senatore di Alleanza nazionale Francesco Storace. Che dice: "I campioni dell'ipocrisia e del relativismo pretendono di censurare le parole del cardinal Bargnasco e stupisce che ad aggredirlo siano ministri del governo Prodi".

mercoledì, marzo 28, 2007

LA DEBACLE DEL CENTRODESTRA DIVISO

VOLEVANO DARE UNA SPALLATA AL GOVERNO PRODI SFRUTTANDO L’OCCASIONE GHIOTTA PER I SCARSI NUMERI DI QUEST’ULTIMO AL SENATO E NON CI SONO RIUSCITI. NON SOLO, MA NE ESCONO DIVISI MENTRE LA MAGGIORANZA DI GOVERNO SAREBBE STATA SUFFICIENTE ANCHE SENZA QUEI 20 VOTI DELL’UDC PER APPROVARE IL RIFINANZIAMENTO DI TUTTE LE MISSIONI ONU E NATO.

ORA BERLUSCONI E I SUOI DOVRANNO SPIEGARE AI GOVERNI ALLEATI E AL PROPRIO ELETTORATO IL LORO VOTO DI ASTENSIONE CHE AL SENATO EQUIVALE A UN VOTO “CONTRO” IL RIFINANZIAMENTO PER CONTINUARE LE MISSIONI.

LA LORO RICHIESTA “NEVROTICA” DI MAGGIORE ARMAMENTI PER I MILITARI (COMPITO DELLO STATO MAGGIORE) E LA LORO CONTRARIETÀ ALLA MODALITÀ PER LA LIBERAZIONE DI MASTROGIACOMO IN CAMBIO DELLA QUALE SI SONO RILASCIATI 5 TALEBANI (COME A DIRE CHE ERA MEGLIO CHE IL NOSTRO CONCITTADINO FOSSE MORTO), NON GIUSTIFICA IL LORO VOTO “CONTRARIO”, SE MAI GIUSTIFICA A MAGGIOR RAGIONE UN VOTO “FAVOREVOLE”. CIÒ EVIDENZIA IL CARATTERE STRUMENTALE DI QUESTO “CAPOVOLGIMENTO” DELLA LORO POSIZIONE CHE ALLA CAMERA È STATA INVECE “FAVOREVOLE”.

ORA COSTORO, PER OCCULTARE LA “SCONFITTA” AVUTA PER PURO CALCOLO DI BOTTEGA, INSISTONO NEL RICHIEDERE LE DIMISSIONI DEL GOVERNO PER NON AVERE AVUTO QUEST’ULTIMO QUELLA MAGGIORANZA AUTONOMA DAI SENATORI A VITA E CIOÈ 158 VOTI NECESSARI PER APPROVARE IL PROVVEDIMENTO. COME A DIRE CHE IL VOTO DEI SENATORI A VITA NON VALE! PER LA COSTITUZIONE TUTTI VOTI SONO VALIDI E IL GOVERNO DA LE DIMISSIONI SE NON HA LA FIDUCIA E FINTANTO CHE CE L’HA RESTA IN CARICA.

MA SE VOGLIONO ANDARE DAL CAPO DELLO STATO PER “RICHIEDERE” LE DIMISSIONI DEL GOVERNO, FACCIANO PURE, NON FARANNO ALTRO CHE RENDERSI ANCORA PIÙ “RIDICOLI” ALL’INTERO PAESE E NON SOLO.
Raffaele B.

REPUBBLICA
L'Unione esulta "E' la svolta"
La Cdl attacca ma è divisa
28 marzo 2007

Il via libera del Senato al decreto legge sull'Afghanistan con il sì dell'Udc per Prodi è "una svolta politica", per l'opposizione "la sconfitta del centrosinistra"
Ironico il ministro Chiti: "Quando un decreto viene approvato con 180 voti possono anche attaccarci, ma credo il centrodestra si debba attaccare al muro"


ROMA - "Questo voto è una svolta politica, la maggioranza è compatta, l'opposizione è spaccata". Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, dal Brasile dove è in visita ufficiale, dà voce al centrosinistra che esulta per il via libera del Senato al decreto legge sull'Afghanistan con i 180 voti che comprendono i venti dell'Udc.

Ma il centrodestra apre la guerra dei numeri: "Con 155 voti a favore, l'Unione non ha la maggioranza politica. Oggi si è verificata la sconfitta politica del centrosinistra", sottolinea il presidente dei senatori di Fi, Renato Schifani. Ma in coro i leader dell'Unione sottolineano che l'opposizione è spaccata, con la decisione di An, Fi e Lega di astenersi, e con il voto a favore dell'Udc.

Per il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, la giornata ha avuto un "esito infausto per Berlusconi". Secondo il responsabile della Farnesina, siamo di fronte ad una "duplice sconfitta per il centrodestra: la prima di fronte all'opinione pubblica, che farà fatica a comprendere il balletto di questi giorni, la seconda per le sue divisioni interne". Presidente del Consiglio e ministro degli Esteri sottolineano come per il centrodestra sarà difficile "spiegare agli alleati stranieri" il suo atteggiamento ondivago, dopo aver votato sì alla Camera una settimana fa, ed essersi astenuto al Senato, dove vale come voto contrario. "Si è voluto dare un colpo ad un governo su un tema che non si presta a strumentalizzazioni politiche", dice D'Alema in sintonia con il ministro della Difesa, Arturo Parisi, che fino all'ultimo aveva invitato la Cdl ad un "ripensamento".

Anche il segretario dei Ds Piero Fassino, si toglie il proverbiale sassolino dalla scarpa: "Fini e Berlusconi - rimprovera - hanno preferito privilegiare un calcolo di bottega che per l'ennesima volta si è rivelato fallimentare, sia per l'effetto di una spaccatura vistosa nella loro coalizione che per la figuraccia di fronte ai nostri alleati".

Secondo il ministro della Giustizia Clemente Mastella, Berlusconi ha puntato alla spallata sbagliando due volte, sul calcolo dei numeri e sull'effetto politico della sua decisione. Il leader dell'Udeur, comunque, invita a non iscrivere l'Udc nel centrosinistra, anche se considera la spaccatura del centrodestra come un elemento da valutare.

E il presidente dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, rifiuta nettamente il ruolo di salvatore del governo: "I discorsi fatti da Berlusconi - ha affermato nel corso della trasmissione televisiva Ballarò - avevano un presupposto numerico sbagliato. Io non ho salvato Prodi perché se anche i nostri senatori avessero votato con il centrodestra sarebbe finito 160 a 154". Casini approfitta dell'occasione anche per creare un neologismo: "leghizzare", e rivolgendosi al leader di An chiede: "Fini mi dica perché s'è fatto 'leghizzare'".

L'ex ministro degli Esteri risponde a distanza e , come il resto della Cdl, parla di numeri : "Il voto di oggi ha confermato che il governo non ha nella politica estera una maggioranza autonoma e autosufficiente di 158 senatori. Sopravvive solo grazie ai senatori a vita, ma per il soccorso dell'Udc questa sera canta vittoria e si sente politicamente più forte. Ci auguriamo che l'onorevole Casini, della cui onestà intellettuale non dubitiamo, rifletta sul perché oggi è stato tanto elogiato dalla sinistra. Forse perché la teoria delle due opposizioni aiuta solo Prodi".

Ma nel centro sinistra, almeno per ora, non si parla di aritmetica. "Il vero punto politico di oggi è la morte della Cdl". Afferma soddisfatto il capogruppo del Prc al Senato. Per Giovanni Russo Spena "si apre ora una fase politica molto interessante con una Cdl disarticolata e una maggioranza autosufficiente". Secondo l'esponente di Rifondazione, il fatto che un ex senatore del suo gruppo, Franco Turigliatto, non abbia votato e altri due dissidenti irriducibili (Ferdinando Rossi, ex Pdci, e Mauro Bulgarelli, Verdi) non abbiamo partecipato alle votazioni è solo "un elemento di dissenso" ma non inficia la compattezza della maggioranza.

Dello stesso avviso è la capogruppo dell'Ulivo, Anna Finocchiaro, che alle accuse del centrodestra di non autosufficienza replica: "Tentano solo di occultare il fallimento della linea adottata al Senato. Volevano dare la spallata ed ancora una volta non ci sono riusciti". "Abbiamo registrato - sottolinea Finocchiaro - anche la maggioranza politica sulla votazione di almeno 30 emendamenti al decreto e questa polemica è diventata stucchevole". Di "discorso strampalato" sui 158 voti necessari parla anche il vice premier Francesco Rutelli, intervenendo in serata a Ballarò. "Nessun Parlamento - osserva Rutelli - si fanno ragionamenti di questo tipo. I senatori a vita fanno parte del quorum sia che un provvedimento passi sia che non passi".

Una secca risposta all'opposizione viene infine dal ministro per le riforme Vannino Chiti, che lasciando l'Aula di Palazzo Madama chiosa: "Quando un decreto viene approvato con 180 voti possono anche attaccarci, ma credo che la Cdl si debba attaccare al muro".

lunedì, marzo 26, 2007

L’INDECISIONE IMBARAZZANTE DEL CAVALIERE

CONTINUA CON UN CERTO IMBARAZZO LA RISERVA DI VOTO SUL RIFINANZIAMENTO DELLE MISSIONI MILITARI DEL NOSTRO PAESE SOTTO L’EGIDA DELL’ONU DA PARTE DEL CAVALIERE. ALLA CAMERA NON HA AVUTO DUBBI ED HA VOTATO “SI” A FAVORE PERCHÉ IN QUELLA SEDE NON CI SONO PROBLEMI PER PRODI, MA AL SENATO SI PRESENTA PER BERLUSCONI UNA OCCASIONE GHIOTTA A CAUSA DEI MARGINI SCARSI DEL GOVERNO.

QUI BERLUSCONI VORREBBE TENTARE IL COLPACCIO E VOTARE “CONTRO” NELLA SPERANZA DI METTERE IN MINORANZA IL GOVERNO PER RICHIEDERNE POI LE DIMISSIONI E ANDARE SUBITO DOPO ALLE ELEZIONI, FACENDOSI FORZA SULLA RICHIESTA FATTA DAL PPE POI SMENTITA DA UN LORO PORTAVOCE.
QUESTA TATTICA PERÒ È IRRESPONSABILE E PRESENTA SERI RISCHI POLITICI:

1) INCOERENZA DEL VOTO RISPETTO A QUELLO DATO ALLA CAMERA NE EVIDENZIA LA SUA STRUMENTALITÀ PER SCOPI DI POLITICA INTERNA.
2) LA EVENTUALE BOCCIATURA DEL RIFINANZIAMENTO DELLE MISSIONI FAREBBERO DECADERE TUTTI GLI IMPEGNI INTERNAZIONALI DELL’ITALIA “CONTRARIAMENTE” A QUANTO IL CENTRODESTRA HA SEMPRE PREDICATO.
3) LA RICHIESTA DI MAGGIORE “PROTEZIONE” DEI NOSTRI SOLDATI CON PIÙ DOTAZIONE DI MEZZI ED ARMI FA A PUGNI CON QUELLA DELLA “MODIFICA DI REGOLE D’INGAGGIO” CHE SPINGEREBBERO INVECE I NOSTRI MILITARI IN PRIMA LINEA.


TUTTE COSE CHE DA UN LATO “DANNEGGEREBBERO” VERAMENTE L’IMMAGINE DELL’ITALIA NEI CONFRONTI DEI SUOI ALLEATI E DELL’EUROPA E DALL’ALTRO “DISORIENTEREBBERO” E NON POCO, PROPRIO LA BASE ELETTORALE DEL CENTRODESTRA CHE CERTAMENTE NON VUOLE QUESTO, E CHE ANZI TALE RESPONSABILITÀ LO HA SEMPRE ATTRIBUITO AL CENTROSINISTRA.

INSOMMA UN VERO “CAPOVOLGIMENTO” CHE SI TRASFORMEREBBE IN UNA “DEBACLE” DI BERLUSCONI E DEL CENTRODESTRA SE ALLA FINE IL GOVERNO NON DOVESSE CADERE! ECCO PERCHÉ CI METTE TANTO A DECIDERE, E L’UDC NON È DISPOSTA A SEGUIRLO.
Raffaele B.

ANSA
BERLUSCONI: "PPE MI CHIEDE CADUTA PRODI", MA ARRIVA SMENTITA
2007-03-26 10:26

FIUGGI - Silvio Berlusconi prende ancora tempo prima di sciogliere la riserva sul voto di martedì sull'Afghanistan, ma intanto attacca duramente il governo e replica con fermezza alle punzecchiare dell'Udc che lo accusa di indecisione. A Fiuggi per la terza conferenza degli amministratori locali azzurri, il presidente di Forza Italia rinuncia al consueto bagno di folla fra i suoi sostenitori e sale immediatamente sul palco della sala convegni.

Il Cavaliere lancia subito l'affondo, non solo contro l'esecutivo di Romano Prodi, ma anche contro i centristi. "La domanda dei leader del Ppe - racconta, con esplicito riferimento al summit di ieri a Berlino - non era relativa al voto di martedì, che sfugge a diversi di loro, ma era: 'Silvio, ma quando mandate a casa questo governo, unico in Occidente che comprende al suo interno dei partiti comunisti'". Parole che confermano l'irritazione di Berlusconi nei confronti dei vertici Udc che ieri avevano fatto notare come i vertici del Ppe non capissero i dubbi dell'ex premier sul rifinanziamento della missione. Ma che creano anche non poco imbarrazzo al portavoce del partito europeo che, diplomaticamente, si limita a sottolineare come la caduta del governo Prodi non fosse all'ordine del giorno della riunione. Una dichiarazione che il centrosinistra legge come una smentita a Berlusconi.

Così, a stretto giro, arriva la controreplica dell'ufficio stampa azzurro che in una secca nota sottolinea come "nessuno del Ppe abbia smentito" le parole del leader azzurro. La controffensiva di Berlusconi non si ferma qui. Il Cavaliere non commenta la dura intervista di Massimo D'Alema su 'La Repubblica', ma in compenso sferra un violento attacco contro la politica estera del governo, criticando la linea tenuta su Libano, Medio Oriente e Afghanistan: "L'esecutivo è andato a braccetto con Hezbollah, ha strizzato l'occhio ad Hamas, ha trattato con i tagliagola e pretende ora di portare al tavolo della pace dei terroristi", ha sintetizzato l'ex premier. Critiche che sembrano preludere all'atteso annuncio su come Fi intenda votare martedì in Senato. Ma il chiarimento non arriva.

"L'interesse del Paese ci dice che dobbiamo far dimettere questo governo il prima possibile", sottolinea Berlusconi fra gli applausi della platea azzurra. Ma, aggiunge l'ex premier fermando sul nascere l'entusiasmo dei suoi, "credo che martedì noi dovremmo produrre un voto che sia risultato di una profonda riflessione, che ci apprestiamo a fare anche con alleati nella giornata di domani". Ad ogni modo, ricorda Berlusconi dal palco, "se il governo non dovesse avere la maggioranza, Fi salirebbe al Quirinale per chiedere nuove elezioni". Ed in quel caso, aggiunge forse pensando ai dubbi dell'inquilino del Colle, "non ci vengano a dire che per andare alle urne è necessario correggere la legge elettorale" visto che "anche se non si facesse, con i consensi attuali il centrodestra potrebbe tranquillamente governare". Berlusconi, dunque, prende ancora tempo. Il leader dell'opposizione, confermano dal suo entourage, sentirà domani i leader di An e Lega per concordare la linea definitiva. Un ultimo tentativo, assicurano, sarà fatto anche con Casini. E poi la decisione sarà resa pubblica.

La tattica attendista di Berlusconi, espone l'ex premier alle maliziose punzecchiature di Casini. "Sarei curioso di sapere perché Fi e An non esprimano chiaramente le loro intenzioni", ironizza il leader dell'Udc dalle colonne de 'Libero'. Dietro la cautela del Cavaliere, secondo Francesco Cossiga, si nasconde un accordo fra Gianni Letta, Fedele Confalonieri e il governo sulla legge Gentiloni per il riassetto del sistema televisivo. Intesa che alla fine spingerà Fi a dire sì alla missione. L'intervento del leader dell'opposizione non si ferma alla politica estera. Berlusconi conferma che "le prossime elezioni non saranno solo amministrative, ma anche politiche". E annuncia una nuova manifestazione di piazza per mandare a casa la maggioranza. "Fra poco - dice dal palco - dobbiamo riportare in piazza il popolo del 2 dicembre per un'altra grande manifestazione allo scopo di chiedere nuove elezioni e il controllo delle schede". Sul quando, Berlusconi non si espone. "Adesso vediamo", risponde ai cronisti che lo interrogano e poi, sorridendo malizioso, aggiunge: anche perché se il voto non dovesse andare bene "non ce ne sarà bisogno...".

PPE: PORTAVOCE, GOVERNO PRODI NON A ODG RIUNIONE BERLINO
L'ipotesi della caduta del governo Prodi non era all'ordine del giorno della riunione di ieri a Berlino fra i leader del Partito popolare europeo. E' quanto ha detto il portavoce del partito, Javier Jimenez, spiegando di non potere né confermare né smentire se commenti di questo tenore ci siano stati fra i leader, anche nelle occasioni di incontro informale. Il portavoce del Ppe ha spiegato che non c'é un documento ufficiale del Ppe che indica come obiettivo la caduta del governo Prodi, sottolineando che, in generale, l'auspicio dei Popolari è di vincere le elezioni e di governare in tutti i paesi europei.

venerdì, marzo 23, 2007

MASTROGIACOMO E LA FINTA CRISI CON GLI USA

DAL CONTRIBUTO DI VITTORIO ZUCCONI DI REPUBBLICA OTTENIAMO UNA RIFLESSIONE DEL ”GIORNO DOPO” DALLA QUALE EMERGONO ALCUNI ELEMENTI INCONFUTABILI CHE EVIDENZIANO CON RAGIONEVOLE CERTEZZA IL DOPPIO GIOCO AMERICANO SULLA LIBERAZIONE DI MASTROGIACOMO.

IL DOPPIO GIOCO USA CONSISTE DA UN LATO "CONSENTIRE" LO SCAMBIO DEI TALEBANI CON IL NOSTRO CONNAZIONALE E DALL'ALTRO "RIBADIRNE" LA ESTREMA CONTARIETÀ CON RICHIAMO ALLA FERMEZZA.

GLI AMERICANI "CONSENTONO" LO SCAMBIO PERCHÈ "CONTROLLANO" SIA IL GOVERNO AFGHANO CHE DETIENE I TALEBANI SIA IL TERRITORIO DELLE OPERAZIONI DI GUERRA. BASTAVA DARE UNO STOP AL GOVERNO OPPURE INTENSIFICARE LE OPERAZIONI NELLA ZONA PER IMPEDIRLO.

PERCHÈ ALLORA LA FARSA DELLA FINTA CRISI?
A GIUDIZIO DEL COMMENTATORE LA RAGIONE STA NEL FATTO CHE IN QUEL PAESE COME IN IRAQ SI "SCONTA" UN SOSTANZIALE “INSUCCESSO” CHE RENDE "DIFFICILE" L'APPLICAZIONE DEL LORO PRINCIPIO DELLA "NON NEGOZIAZIONE" IN PARTICOLARE ALL'ITALIA CHE SU QUESTO VERSANTE PRESENTA UNA SERIA DIFFICOLTÀ SIA PER LA SUA OPINIONE PUBBLICA CONTRARIA ALL'INTERVENTO CHE A SEGUITO DELLA MORTE DI CALIPARI DI CUI GLI AMERICANI STESSI PORTANO UNA GRAVE RESPONSABILITÀ E NELLO STESSO TEMPO PERÒ HANNO BISOGNO DEL NOSTRO PAESE.

IN CONCLUSIONE, DICE ZUCCONI, LA FALSA "CRISI" NEI RAPPORTI FRA PALAZZO CHIGI E LA CASA BIANCA, TRA LA FARNESINA E IL DIPARTIMENTO DI STATO, FRA D'ALEMA E RICE, È TUTTA QUI, CHIUSA E CONTENUTA NELLA CONTRADDIZIONE FRA LA FATICA AMERICANA DI “SALVARE LA FACCIA” E LA FATICA ITALIANA DI “SALVARE UNA VITA”.
Raffaele B.

REPUBBLICA
Proteggere l'immagine di Karzai e aiutare l'Italia: il dilemma di Washington
VITTORIO ZUCCONI 23 marzo 2007

La partita Afghanistan dietro la crisi. Il silenzio durante le trattattive per sostenere Roma e non rendere più fragile la presenza italiana a Kabul. L'amministrazione Usa ha però dovuto segnalare che il principio di "non negoziabilità" non cambia

WASHINGTON - In una storia dalle molte versioni frammentarie ed esposta a troppe strumentalizzazioni politiche, una semplice verità affiora dal fondo delle polemiche: non esiste nessuna "crisi di affidabilità" italiana presso il governo degli Stati Uniti, che della presenza italiana in Afghanistan continua ad avere una vitale necessità politica. E se le prime reazioni di Washington sembravano indicare il contrario, ciò è avvenuto perché, non sorprendentemente, è stata semmai l'amministrazione americana a fare per due settimane un legittimo, comprensibile, quanto evidente doppio gioco.

Con una mano sotto il tavolo, autorizzando una trattativa difficilissima che da solo il presidente Karzai non avrebbe mai potuto condurre a buon fine e con la mano visibile ammonendo l'Italia, e attraverso di noi tutti i governi della coalizione Onu, a non trattare.

Le prime reazioni un po' stizzite, e sicuramente sorprendenti per chi dall'Italia era stato in contatto frequente con Washington durante, e non dopo, la conclusione, servivano a confermare una linea di principio, la "linea della fermezza", per nascondere quello che l'altra mano faceva, cioè dare l'ok al governo afgano, perché, come notava ieri lapalissianamente il New York Times, "l'Italia non ha - e non avrebbe potuto - agire da sola in uno scambio di prigionieri". Perché sono "il governo afgano e gli Stati Uniti ad avere il controllo del Paese"

Nella triangolazione fra Washington, Kabul e Roma creatasi attorno al giornalista italiano rapito dai Taliban, si è dunque prodotto quel gioco delle parti che tanto spesso va in scena di fronte ai dilemmi sempre insoluti e insolubili del come reagire di fronte a ricatti terroristici, in crisi per le quali non esiste mai una soluzione universalmente applicabile. E se il ruolo umanitario più difficile era quello tristemente toccato a noi, alla nazione che aveva un proprio concittadino prigioniero di tagliatori professionali di teste, la parte politica più spinosa era quella che aveva investito l'America, costretta a muoversi fra la propria intransigenza ufficiale, il rispetto formale per un capo di Stato che essa cerca di far crescere nella sua credibilità, Karzai, e la necessità di riconoscere all'Italia il diritto di fare ogni sforzo per salvare la vita di un proprio cittadino, in un momento di particolare fragilità politica del governo e quindi della presenza militare in Afghanistan.

La falsa "crisi" nei rapporti fra Palazzo Chigi e la Casa Bianca, tra la Farnesina e il Dipartimento di Stato, fra D'Alema e Rice, è tutta qui, chiusa e contenuta nella contraddizione fra la fatica americana di salvare la faccia e la fatica italiana di salvare una vita. Gli Stati Uniti non potevano restare pubblicamente impassibili di fronte a una violazione così evidente del principio di "non negoziabilità" e dovevano segnalare, agli alleati Nato così come ai nemici, che l'atteggiamento umanitario italiano non comportava un cambiamento nella scelta pubblica, anche se privatamente non sempre rispettata, del non trattare mai. Ma non potevano neppure negare il via libera a Karzai e permettere, dopo quella dello sventurato autista, anche l'uccisione del nostro giornalista, senza compromettere una coalizione che, anche in Afghanistan come in Iraq, paurosamente scricchiola, dopo anni di guerra a dir poco inconcludente.

Né questo doppio gioco, o doppio binario se si preferisce un'espressione più dolce, della politica americana tra segnali pubblici e mosse private, è una novità, come ricorda lo stesso Dipartimento di Stato nel chiudere questo ennesimo e inesistente "strappo" transatlantico, che nella stessa Italia soltanto qualche pesce pilota della demagogia di opposizione aveva alimentato, prima di essere rimesso in linea.

La stessa riprovazione, per gli stessi motivi, era stata manifestata da Washington quando un governo di destra aveva condotto trattative e versato riscatti per salvare, con altrettanto sforzo fino al sacrificio della vita di un proprio servitore, altre vittime di rapimenti. Anche in quella occasione, nell'assassinio di Calipari, venne, sul fronte politico opposto, il sospetto che gli americani a Bagdad "non potessero non sapere" e che dunque l'agguato sulla autostrada per l'aeroporto fosse una lezione agli italiani, non una tragedia dell'incompetenza e del nervosismo di una sentinella. È probabile che questa volta, nel caso Mastrogiacomo, quegli americani che a Washington come a Kabul non potevano non sapere abbiano fatto il possibile, e trepidato, perché nella confusione degli scambi di prigionieri e nel lungo viaggio di Daniele verso la libertà, non accadesse alcun incidente e chi lo accompagnava godesse di impliciti lasciapassare.

Non soltanto dunque Washington non si è opposta alla trattativa, non l'ha bloccata come avrebbe potuto fare con un gesto della mano nascosta, non ha approfittato dell'occasione per colpire altri Taliban, come avrebbe potuto fare perché è nel momento dello scambio che la vulnerabilità è al massimo, ma forse ha addirittura protetto, con gli infiniti occhi elettronici e sensori dei quali dispone in Afghanistan per sorvegliare i Taliban, l'operazione, per poi condannarla in pubblico.

Nessuno si deve scandalizzare, né meravigliare, se nel "grande gioco" oscuro e sordido dello spionaggio, della politica, della guerriglia e della controguerriglia, tutti bluffano, tutti proclamano il contrario di quello che hanno in mano, tutti giocano una parte in maschera dentro una tragedia che continua. E che diventa farsa grottesca soltanto quando viene deformata attraverso le lenti della miopia provinciale italiana.

giovedì, marzo 22, 2007

LA LIBERAZIONE DI MASTROGIACOMO

ALL’INIZIO ERANO TUTTI D’ACCORDO PERCHÉ VENISSE FATTO TUTTO IL POSSIBILE PER LIBERARE MASTROGIACOMO. DOPO LA SUA LIBERAZIONE È SCATTATA LA “CRITICA” DI FORZA ITALIA SULLA SUA COSIDDETTA MODALITÀ, SPECULANDO ANCHE SUL DISAPPUNTO AMERICANO E INGLESE PERALTRO ESPRESSO IN MODO NON UFFICIALE.

QUESTO VUOL DIRE CHE SE FOSSE STATO BERLUSCONI CAPO DEL GOVERNO IL NOSTRO CONNAZIONALE SAREBBE “MORTO” PERCHÉ IL RILASCIO DI 5 O PIÙ TALEBANI SAREBBE STATO UN PREZZO TROPPO ALTO DA PAGARE! CIÒ AVREBBE FATTO CONTENTO GLI AMERICANI E SALVAGUARDATO L’ONORE DELLA PATRIA E LA SUA AFFIDABILITÀ NEI LORO CONFRONTI.

DICONO CHE COSTITUISCE UN PRECEDENTE PERICOLOSO. I TALEBANI ORA SI METTERANNO A RAPIRE GLI ITALIANI A PIU NON POSSO PER ESTORCERE ALTRI RILASCI. COSTATIAMO PERÒ CHE QUANDO RAPISCONO AMERICANI E INGLESI, INSOMMA DI PAESI NON DISPOSTI A NEGOZIARE, ESSI FINISCONO INEVITABILMENTE “UCCISI”.

PER NOI ITALIANI SALVARE UNA VITA DI UN CONNAZIONALE ALL’ESTERO È MOLTO IMPORTANTE FA PARTE DEL NOSTRO DNA. MASTROGIACOMO ERA STATO ATTIRATO CON L’INGANNO SUL POSTO PER POTER FARE IL SUO LAVORO DI GIORNALISTA. TUTTI NOI ITALIANI SIAMO CONTENTI CHE SI SIA SALVATO, DEL PREZZO NON C’INTERESSA, LA VITA NON HA PREZZO.
Raffaele B.

ILSOLE24ORE
Nessun passo ufficiale americano
di Marco Ludovico
22 marzo 2007

Una bomba in un campo minato. La «sorpresa» e il disappunto Usa e inglese per la liberazione dei cinque prigionieri afghani costringono la Farnesina a una nota per ricordare che«la rappresentante degli Stati Uniti in Consiglio di Sicurezza all'Onu non aveva mancato di esprimere apprezzamento per il ruolo svolto dall'Italia in Afghanistan nel corso del dibattito pubblico svoltosi martedì sul rinnovo della missione di ricostruzione e di assistenza nel settore civile delle Nazioni Unite (Unama) ». Il ministero degli Esteri ribadisce «il clima molto positivo » registrato nel corso dell'incontro il 19 marzo tra il ministro Massimo D'Alema e il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice a Washington.E non a caso,nella tarda serata di ieri, fonti della Farnesina hanno annunciato per oggi un colloquio telefonico tra i due sul caso Mastrogiacomo.
A distanza di un giorno proprio da quell'incontro apparso così positivo, queste voci la Farnesina sottolinea «anonime, non risultano passi ufficiali americani attraverso i consueti canali diplomatici» da Washington e dal Foreign Office fanno pensare al teatro dell'assurdo, a una pièce di Ionesco piena di inquietudine ma reale. Infatti, c'è un'ipotesi molto concreta: «Dei prigionieri talebani da liberare, Cia e Dipartimento Usa hanno saputo prima tutto, ovviamente. Queste proteste anonime fanno piuttosto pensare, nel caso americano spiega una fonte d'intelligencea un deciso malumore del Pentagono ». L'Esecutivo italiano, in sostanza, manifesta la sua stizza per queste dichiarazioni ufficiose e dichiara quasi di ignorarle: «I Governi parlano con i Governi», rammentano a Palazzo Chigi. In tarda serata,negli ambienti della Farnesina emerge anche un'altra lettura: proprio il livello non elevato delle fonti di queste voci può farle considerare, tutto sommato, «comprensibili» senza attribuire loro troppa importanza.
Tuttavia,nel coro governativo di un silenzio sprezzante il no comment della Difesa ha un sapore specifico del tutto diverso, vista la sua contrarietà alla liberazione dei prigionieri espressa più volte dal ministro Arturo Parisi sconfitto, alla fine, dalla linea ProdiD'AlemaGino Strada.
Fatto sta che le dichiarazioni americane e inglesi si rivelano un'occasione ghiotta intanto per chi, all'interno del Governo e della maggioranza, non ha approvato il modo in cui è stato liberato Daniele Mastrogiacomo e adesso può ricordare le proprie ragioni. Ma è soprattutto un'opportunità vantaggiosa per l'opposizione. Silvio Berlusconi, secondo alcune fonti a lui vicine,sostiene di essere «seriamente preoccupato » per le reazioni degli alleati sulle modalità del rilascio del giornalista di Repubblica visto che ora l'Italia, soprattutto agli occhi di Usa e Gran Bretagna,rischia di apparire ancora più «inaffidabile», con conseguente «danno all'immagine» del Paese…
CONTINUA
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L'UNITA
Mastrogiacomo, la Rice: «Non negoziamo con i terroristi»
D'Alema: non sono affatto pentito

Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha parlato al telefono con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, dopo le critiche sulle modalità della liberazione di Daniele Mastrogiacomo, la trattativa e lo scambio di prigionieri...
CONTINUA

Pubblicato il: 22.03.07
Modificato il: 22.03.07 alle ore 20.03

LA NUOVA LEGGE ELETTORALE CONDIZIONATA

I GOVERNI CADONO SE NON HANNO PIÙ LA MAGGIORANZA IN UNO DEI DUE RAMI DEL PARLAMENTO, COSÌ RECITA LA COSTITUZIONE. FINO A QUANDO CE L’HANNO, RESTANO IN CARICA.

NON SI ERA MAI VISTO, NELL’INTERA VITA DELLA REPUBBLICA, CHE L’OPPOSIZIONE CHIEDA AL GOVERNO IN CARICA DI “DIMETTERSI” DOPO L’APPROVAZIONE DELLA LEGGE ELETTORALE COME CONDIZIONE PER RIFARLA “ASSIEME” COME È RAGIONEVOLE CHE SIA.

INVECE QUANDO L’OPPOSIZIONE ERA AL GOVERNO SI ERA BEN GUARDATA DAL FARLA “ASSIEME” MODIFICANDOLA A TAL PUNTO CHE FU DEFINITA “PORCATA” PROPRIO DAL SUO ESTENSORE CALDEROLI DELLA LEGA PER “RENDERE” DIFFICILE LA GOVERNABILITÀ ALLA NUOVA MAGGIORANZA. (VEDI AL SENATO)

È CHIARO CHE NON SI PUÒ CONTINUARE A MODIFICARE LE LEGGI ELETTORALI AD OGNI MAGGIORANZA PER “RENDERE” DIFFICILE IL GOVERNO SUCCESSIVO NEL MOMENTO IN CUI SI “SA” DAI SONDAGGI CHE NON SI VERRÀ RIELETTI.

QUINDI SERVE UNA LEGGE BUONA E CONDIVISA IL PIÙ POSSIBILE E CON UNA RIFORMA COSTITUZIONALE CHE RIDUCA IL NUMERO DEI PARLAMENTARI E SUPERI IL BICAMERALISMO, ASSEGNANDO AL SENATO ALTRE FUNZIONI DIVERSE DALLA CAMERA.

CIÒ RENDERÀ IL SISTEMA PIÙ GOVERNABILE, PIÙ EFFICIENTE E MENO COSTOSO PER CHIUNQUE GOVERNERÀ E PER IL BENE DEL PAESE. NON IMPEGNARSI QUINDI A DARE IL PROPRIO CONTRIBUTO E ANZI A PORRE CONDIZIONI INACCETTABILI VALE A DIRE CHE NON SI VUOLE FARE L’INTERESSE DEL PAESE E DELLE ISTITUZIONI, MA SOLO IL PROPRIO COME PARTE POLITICA MAGARI CONTANTO PROPRIO SUI SOLITI SONDAGGI, VECCHIO VIZIO BERLUSCONIANO.

MA UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE INCONTRA IL FAVORE DELLA OPINIONE PUBBLICA, DI ALTRE FORZE POLITICHE ALTRIMENTI VI SARÀ IL REFERENDUM A FARE DA PUNGOLO.
Raffaele B.

LASTAMPA
Forza Italia non vuole un accordo
«Impossibile fare la legge elettorale se loro chiedono elezioni anticipate»
AMEDEO LA MATTINA 22/03/07
ROMA «Berlusconi vuole far saltare tutto». Dopo l’incontro di ieri con i capigruppo di Forza Italia, il governo è convinto che Forza Italia voglia impedire ogni forma di dialogo con il centrodestra o con una parte di esso (Lega e Udc). Per questo motivo - è la convinzione del ministro Chiti - mette i bastoni tra le ruote al confronto sulle riforme costituzionali ed elettorale e pratica un duro ostruzionismo sulle liberalizzazioni.
A Palazzo Chigi sono convinti che Silvio Berlusconi stia tentando di bruciare i ponti tra maggioranza e opposizione perché teme una fase distensiva: i centristi di Casini e i leghisti di Bossi potrebbero rendere più facile la vita a Prodi proprio per non pregiudicare il confronto sulle riforme. E questo, in piena campagna elettorale per le Amministrative che il Cavaliere intende fortemente politicizzare, non deve avvenire. Ma questo atteggiamento di Fi ha irritato molto Lega e Udc che invece hanno mostrato grande disponibilità al confronto sulle riforme.
A complicare i rapporti con l’Udc ci ha pensato pure Marcello Pera secondo il quale il modello tedesco caldeggiato da Casini ha un unico obiettivo: «Liberarsi di Berlusconi» Per il ministro Vannino Chiti, Fi ha un atteggiamento «inaccettabile», in quanto propone di fare poche modifiche alla legge elettorale e di andare subito al voto.
Ecco la ragione delle scintille che sono volate dopo l’incontro tra Prodi, Chiti, Schifani ed Elio Vito, nelle ore successive. «Se si realizza la riforma della legge elettorale a soli dieci mesi dall’inizio della legislatura - aveva osservato Schifani - vuol dire che questa riforma serve per garantire la governabilità, quindi bisogna tornare al più presto alle urne». A elezioni anticipate, aveva precisato Vito, si potrebbe andare in tempi brevi, dato che basta introdurre il premio di maggioranza su base nazionale anche per il Senato e uno sbarramento al 5%. No invece alle modifiche costituzionali: richiederebbero almeno due anni...CONTINUA

venerdì, marzo 16, 2007

9/11 – A CONVENIENT GUANTANAMO CONFESSION

SURELY THIS IS JUST WHAT WASHINGTON WANTED TO HEAR IN THE HOPE THAT THE CONFESSION WOULD STOP ALL 9/11 TRUTH SEEKERS.

THE EXISTENCE OF CIA PRISONS AND THE PRISON AT GUANTANAMO ARE CRITICIZED AROUND THE WORLD, AND, UNTIL NOW, THE US HAS FOUND IT DIFFICULT TO SILENCE THE CRITICS REGARDING TORTURE AND VIOLATION OF HUMAN RIGHTS AND YET SUCH HASN’T STOPPED THE PRESS TO REPORT IT AS VALID NEWS.

ONLY A NEW INDEPENDENT ENQUIRY AND A LEGAL TRIAL CAN FLOOD LIGHT TO 9/11 ATTACKS. BUT SUCH HAS BEEN SO FAR DENIED TO THE ENTIRE WORLD AND MOSTLY TO THE VICTIM'S FAMILIES.
Raffaele B.

Khalid Sheikh Mohammed "Confesses" to 9/11
Wednesday, March 14th, 2007
Khalid Sheikh Mohammed Patsy
The folks who routinely torture prisoners and hold secret trials -- and bar all lawyers and reporters from even being in the courtroom -- are saying that KSM has confessed to 9/11. These folks wouldn't lie to us, would they?
The Reuters story can be found here.
Khalid Sheikh Mohammed, the alleged mastermind of the September 11 attacks on the United States, has claimed responsibility for those and other major al Qaeda attacks, according to the transcript of a hearing at Guantanamo Bay released on Wednesday.
"I was responsible for the 9/11 Operation, from A to Z," said Mohammed, speaking through a personal representative, according to the transcript of the hearing at the U.S. military prison camp released by the Pentagon

THE INDEPENDENT
Guantanamo regime 'undermines legal case against terror suspects'
By Ben Russell, Political Correspondent
Published: 16 March 2007

The case of the al-Qa'ida leader Khalid Sheikh Mohammed provides compelling evidence of the "injustice, inhumanity and illegality" at Guantanamo Bay, a leading human rights lawyer said yesterday.
Clive Stafford Smith, who represents scores of men being held without charge at the US base, said the use of torture there could undermine efforts to bring the man believed to be al-Qa'ida's number three to trial.
Mr Stafford Smith said: "There is overwhelming evidence of crimes committed by Mohammed that could easily be tried in US civilian courts.
"It is a tragedy that torture of Mohammed has seriously jeopardised the ability of any court to bring him to justice."
Mr Stafford Smith said the names of detainees identified as innocent by Mr Mohammed had been censored from the transcript of the "enemy combatant hearing" released by the US authorities on Wednesday. In it, he says: "I'm asking you to be fair with many detainees which are not enemy combatants. Because many of them have been unjustly arrested. Many, not just one two or three."
Mr Stafford Smith spoke out as MPs launched an all-party group aimed at closing the base and securing the release of eight British residents still being held.
Campaigners also renewed their attack on methods used to force-feed 12 detainees on hunger strike.
Lt Col Colby Vokey, a US military attorney representing the Canadian detainee Omar Khadr, said his client had been used as a human "mop" to clean urine from a floor at the base. He said conditions at Guantanamo made it impossible to mount a legal defence for the men being held at the prison camp in Cuba.

GUARDIAN UNLIMITED
Khalid the confessor draws sceptics in US
By Peter Walker / World news 02:52pm

As has been reported more or less universally today, al-Qaida's alleged number three, Khalid Sheikh Mohammed, has confessed to just about every terrorist attack planned or committed in recent years, from September 11 to mooted attempts to kill president Clinton and the late pope.
However, the 26-page transcript of the unclassified section of his military hearing at Guantanamo Bay, released by the Pentagon, is not just remarkable for the 31 offences Mohammed admits to.
You are also struck by his seeming insouciance at confessing to such a litany of offences...
CONTINUE

giovedì, marzo 15, 2007

9/11 – LA STRANA NOTIZIA DA GUANTANAMO

RIPORTO QUESTA IMPORTANTE E STRANA NOTIZIA PERCHÈ HA DELL’INCREDIBILE PER 3 NOTE RAGIONI, PER:
1 - LA FONTE
2 - IL CONTENUTO
3 - LA PRETESA DI SMENTIRE I COSPIRAZIONISTI

PER LA FONTE. ESSA PROVIENE NIENTEMENO CHE DA GUANTANAMO, NOTO LUOGO MILITARE AMERICANO MA EXTRAGIUDIZIARIO, DOVE SI COMMETTONO VIOLAZIONI NON SOLO DI DIRITTI ELEMENTARI DELLA DIFESA MA ANCHE DEI DIRITTI UMANI FINO ALLA “TORTURA” PRATICATA ED AMMESSA DAI RESPONSABILI E CONFERMATO DA TUTTE LE ISTITUZIONI PRIMO FRA TUTTI L’ONU CHE NE CHIEDE DA TEMPO LA CHIUSURA.
PER IL CONTENUTO. VIENE RIVELATO CHE UN MEMBRO DI AL QAEDA IL PAKISTANO KHALID SHEIKH MOHAMMED (NELLA FOTO) “CONFESSA” DI ESSERE IL RESPONSABILE DELL’11 SETTEMBRE DALLA “A” ALLA “Z” NATURALMENTE IN UDIENZA SVOLTE A “PORTE CHIUSE” E SENZA ALCUNA GARANZIA NÉ PER L’IMPUTATO NÉ PER L’AUTENTICITÀ DELLA CONFESSIONE STESSA. COME È OVVIO SOTTO TORTURA SI PUÒ AMMETTERE QUALSIASI COSA PUR DI SOTTRARSI ALLE SOFFERENZE. E QUESTO LO SANNO TUTTI I MEDIA!
PER LA PRETESA DI SMENTIRE I COSPIRAZIONISTI - MA SE QUESTA È LA LINEA DI “DIFESA” DELLA CASA BIANCA PER “SMENTIRE” LA TEORIA DEI COSIDDETTI “COSPIRAZIONISTI”, CHE STA CREANDO, QUESTA SI, GUAI SERI ALL’AMMINISTRAZIONE DI BUSH, ALLORA SI STANNO DANDO INCREDIBILMENTE LA ZAPPA SUI PIEDI AVVALORANDO ANCORA DI PIÙ L’IPOTESI DEL COMPLOTTO FINO ALLA CERTEZZA PERSINO.

SOLO UNA NUOVA INCHIESTA INDIPENDENTE ED UN TRIBUNALE PIENAMENTE LEGALE E RICONOSCIUTO POTRÀ FARE PIENA LUCE SUI FATTI DELL’11/9. COSA FINORA “NEGATA” AL MONDO INTERO E SOPRATTUTTO AI CONGIUNTI DELLE VITTIME DEGLI ATTENTATI.
Raffaele B.

CORRIERE DELLA SERA
Ex leader di Al Qaeda confessa e si vanta
«Ho organizzato io l'attacco alle Torri»
Il pakistano Khalid Sheikh Mohammed conferma a Guantanamo il proprio ruolo negli attentati dell'11 settembre
15 marzo 2007


WASHINGTON — «Sono responsabile dell'operazione 11 settembre dalla A alla Z». Avrebbe detto proprio così il pakistano Khalid Sheikh Mohammed durante un'udienza a Guantanamo, dov'è rinchiuso da settembre. Lo aveva già confessatonel segreto delle prigioni della Cia, ma stavolta Mohammed ha voluto sgombrare il campo da ogni dubbio, nel mettere la propria firma sugli attentati alle Torri.
«Ero il direttore operativo per conto di Osama Bin Laden per organizzazione, pianificazione, sviluppi ed esecuzione dell'operazione». È tutto scritto in un verbale di 26 pagine diffuso dal Pentagono, nel quale Mohammed sostiene di essere la mente anche del primo attentato alle Torri Gemelle del '93, di quello fallito di Richard Reid, il terrorista con le scarpe piene di esplosivo, e di altri 26 progetti eseguiti o studiati.
ARRESTATO NEL 2003 - Mohammed è uno dei 14 reclusi di Guantanamo che Washington considera «superterroristi» e che per anni sono stati custoditi in prigioni segrete della Cia. Le loro udienze, davanti a giudici militari, si celebrano a porte chiuse, senza avvocati, giornalisti o osservatori. Fino al suo arresto in Pakistan nel maggio 2003, Sheikh Mohammed è stato leader militare e responsabile del «dipartimento delle operazioni esterne» di al Qaeda. Gli Stati Uniti lo considerano il responsabile operativo degli attentati dell’11 settembre. Lo stesso Mohammed, parlando poi in inglese e in arabo, ha detto di essere un nemico degli Stati Uniti, e ha ammesso di essere responsabile dei principali attacchi terroristici contro obiettivi americani e alleati degli ultimi dieci anni. Ha anche detto di essere in guerra con gli Stati Uniti, e che le vittime innocenti sono la conseguenza sfortunata di questo conflitto.
UDIENZE A PORTE CHIUSE - Il Pentagono è stato al centro di molte critiche internazionali in questi giorni per aver scelto di celebrare le udienze ai 14 detenuti speciali a porte chiuse, senza giornalisti o osservatori internazionali. Una decisione che la Difesa americana ha motivato con la previsione che nelle udienze emergessero informazioni riservate. I critici hanno accusato il Pentagono di voler in realtà impedire ai detenuti di parlare delle loro condizioni di prigionia nelle celle della Cia e dei metodi di interrogatorio. Il ministero della Difesa, a pochi giorni dalle udienze, ha comunque reso pubblici i verbali, dopo averli sottoposti a censura militare. Insieme a quello di Mohammed, sono stati diffusi quelli dello yemenita Ramzi Binalshibh - accusato di aver coordinato da Amburgo i 19 terroristi-kamikaze delle stragi - e del terrorista libanese Abu Faraj al Libi. Le ammissioni di Mohammed e la sua dettagliata ricostruzione di come Al Qaeda, fin dalla metà degli anni Novanta, abbia preparato l'attacco all'America, erano già state depositate agli atti del processo a Zacarias Moussaoui, l'unica persona condannata negli Usa per l'11 settembre. In quel caso si trattava però di sintesi di verbali di interrogatori eseguiti dall'Fbi e dalla Cia in condizioni imprecisate. Stavolta invece Mohammed ha ripetuto l'ammissione di responsabilità di fronte a una commissione composta da tre giudici militari, che deve confermare il suo status di combattente nemico per poter procedere con l'iter che porterà al processo vero e proprio.

domenica, marzo 11, 2007

LE NUOVE TARIFFE AUTOSTRADALI E IL CENTRISMO DE ‘ILGIORNALE’

ILGIORNALE DI PAOLO BERLUSCONI E DIRETTO DA BELPIETRO “RIVELA” LA SUA VERA ANIMA CON QUESTA NOTIZIA SULLE NUOVE TARIFFE AUTOSTRADALI.

LA NOTIZIA ANNUNCIA DELL’ADEGUAMENTO DELLE TARIFFE DAL PUNTO DI VISTA DEI GESTORI E NON DEGLI AUTOMOBILISTI. ALLO STESSO TEMPO PERÒ LO DICE CON LA FRASE “PEDAGGI PIÙ CARI” FIDANDO DEL FATTO CHE MOLTI AUTOMOBILISTI NON LA LEGGANO TUTTA O TUTTO L’ARTICOLO PER FAR CREDERE CHE IN EFFETTI DI PIETRO HA CONCESSO L’AUMENTO DELLE TARIFFE AUTOSTRADALI “COLPENDO” LA LORO TASCA.

L’ARTICOLO ESORDISCE CON UN TITOLO ASTUTAMENTE AMBIGUO: “PEDAGGI PIÙ CARI GESTORI IN PROTESTA”. COM’È POSSIBILE CHE I GESTORI POSSANO PROTESTARE SE LE TARIFFE SONO PIÙ CARE A LORO VANTAGGIO?
POI IL TITOLO PROSEGUE: “COSÌ NON BASTA”. AH ECCO, PROTESTANO PERCHÉ GLI AUMENTI NON SONO QUELLI RICHIESTI DA LORO!

IN REALTÀ SE SI LEGGE BENE E ATTENTAMENTE L’ARTICOLO SI VEDE CHIARAMENTE IL TAGLIO ASTUTAMENTE E AMBIGUAMENTE “CENTRISTA” CHE GLI È STATO DATO DAL SUO “CONSUMATO” ARTICOLISTA.

L’ARTICOLISTA, NEL RACCONTARE LA VERITÀ E CHE CIOÈ IL MINISTRO DI PIETRO HA “CONCESSO” AI GESTORI NON GLI AUMENTI RICHIESTI MA “DIFFERENZIATI” E “PROPORZIONALI” AGLI INVESTIMENTI EFFETTIVAMENTE SPESI FACENDO UN OPERA DI “GIUSTIZIA” CONTRATTUALE FINORA MAI FATTO DA NESSUN GOVERNO, DIFENDENDO PROPRIO GLI INTERESSI DEGLI AUTOMOBILISTI. ALCUNI GESTORI NON HANNO AVUTO NESSUN AUMENTO.

MA ILGIORNALE DI BERLUSCONI LA RACCONTA IN MODO COSÌ AMBIGUAMENTE “CENTRISTA” NELLA SOLA SPERANZA DI METTERE IN CATTIVA LUCE DI FRONTE SIA AGLI AUTOMOBILISTI CHE AI GESTORI IL GIUSTO OPERATO DEL MINISTRO DI PIETRO.

MA QUESTA È UNA VECCHIA BRAVURA DI STAMPO DEMOCRISTIANO CHE NON SERVE PIÙ NÉ AL PAESE E NÉ ALLA VERITÀ.
Raffaele B.

ILGIORNALE
Pedaggi più cari gestori in protesta: così non basta
di
Redazione - domenica 11 marzo 2007, 07:00
da Milano

È ufficiale: il governo adotta la linea Di Pietro e taglia i pedaggi autostradali. Il decreto già firmato dal ministro delle Infrastrutture è stato controfirmato da Padoa-Schioppa senza sostanziali modifiche: il Tesoro ha quindi sposato in pieno la proposta «punitiva» nei confronti delle concessionarie - tra cui Autostrade - accusate di mancati investimenti, e non ha quindi accolto, se non in minima parte, le loro richieste di aumento. Subito dopo la firma finale, l’Anas ha comunicato le nuove tariffe alle società, spiegando, in una nota, che «ha dovuto tener conto degli investimenti programmati e non effettuati da molte delle concessionarie. L’importo complessivo di tali mancati o ritardati investimenti è dell’ordine di 3,8 miliardi di euro, per il periodo 2000-2005». E in base al codice civile, aggiunge l’Anas, ognuna delle parti può «rifiutarsi di adempiere» alla sua obbligazione «se l’altro non adempie o non offra di adempiere contemporaneamente la propria»: da qui gli aumenti tariffari parziali o in qualche caso addirittura nulli.Il piano infatti prevede incrementi differenziati. In particolare, per Autostrade il provvedimento riconosce un aumento dello 0,67% a fronte di una richiesta del 3,43%, a causa di oltre due miliardi di investimenti contestati. L’incremento più elevato spetta ad Autostrade Valdostane, con il 10,41, seguita da Tangenziale di Napoli con il 3,38%: 2,55% l’aumento per Sitaf, 2,11% ad Autostrade del Brennero, 1,89% alla Venezia-Padova, 1,54% ad Autofiori, 1,45% a Società Autostrada Tirrenica, per poi scendere a 0,94% per Rav, 0,88% per Autocamionale della Cisa, 0,74% per Ativa e 0,36% per Satap A21. Mentre a dieci concessionarie (Autovie Venete, Brescia-Padova, Autostrade Centropadane, Strada dei Parchi, Salt, Autostrade Meridionali, Satap A4, Serravalle Milano-Milano Tangenziali, Consorzio Autostrade Siciliane e Torino-Savona) non è stato concesso alcun aumento, neppure l’adeguamento all’inflazione. «Una decisione coraggiosa e sofferta, ma responsabile nel mettere davanti a tutto gli interessi dei cittadini e degli utenti delle autostrade», afferma Di Pietro. E per Adusbef e Federconsumatori, infatti, il provvedimento è «una buona notizia»: al contrario, il presidente dell’Aiscat (l’associazione delle concessionarie), Fabrizio Palenzona, definisce il decreto un «atto non conforme alla normativa» e conferma che i ricorsi, già annunciati, sono «inevitabili». «Abbiamo applicato un principio di equità, conforme alle leggi, che tiene conto degli interessi dei cittadini e delle società concessionarie», commenta il presidente dell’Anas Pietro Ciucci. La questione è comunque destinata ad avere un impatto considerevole sull’economia nazionale, in quanto coinvolge 22 società, tra cui alcune quotate in Borsa, come appunto Autostrade, e molte partecipate da enti locali, ed è collegata a decine di miliardi di euro di opere autostradali.

sabato, marzo 10, 2007

I 'DICO' E LE TRAPPOLE DA DESTRA E DA SINISTRA

HO PENSATO DI RIPORTARE L’ANALISI DI MARCO MARTURANO DAL SITO DI AFFARITALIANI PERCHÈ AFFRONTA LA QUESTIONE DEI “DICO” CON UNA TALE CHIAREZZA, LUCIDITÀ ED ONESTÀ NON RISCONTRATO FINORA IN NESSUN ALTRO COMMENTATORE DI QUALUNQUE TENDENZA.

NELL’ANALISI SI EVIDENZIA CHE I “DICO” LUNGI DALL’ESSERE UNA SEMPLICE QUESTIONE DI “DIRITTI CIVILI”, INSOMMA NÉ DI DESTRA E NÉ DI SINISTRA COME AVVIENE DAPPERTUTTO IN EUROPA AL DI LA DEL COLORE DEI GOVERNI, IN ITALIA È DIVENTATO “STRUMENTALMENTE” L’OGGETTO POLITICO DEL CONTENDERE SIA A DESTRA CHE A SINISTRA.

L’AUTORE RAVVISA CHE “CARICANDOLO” DI VALORE POLITICO DA AMBEDUE LE PARTI FACCIA SCATENARE LA TRAPPOLA IL CUI SOLO SCOPO È QUELLO DI TRASFORMARE LA DIFESA DEI “DICO” IN UN ATTACCO A TUTTA LA CHIESA CATTOLICA. QUESTO DA SOLO SPOSTEREBBE UNA COSPIQUA E DETERMUNANTE FETTA DELL’ELETTORATO CONTRO, AFFOSSANDO DI FATTO LA RIFORMA E CON ESSA ANCHE L’ESPERIENZA DI COLLABORAZIONE TRA LAICI E CATTOLICI NEL GOVERNO PRODI.

QUESTA COLLABORAZIONE PORTATA A COMPIMENTO PORTEREBBE IL NOSTRO PAESE A RENDERSI REALMENTE “INDIPENDENTE” DALLE INGERENZE DEL VATICANO, CIÒ CHE NÉ LA DESTRA-TEOCON, NÉ LA SINISTRA-TEODEM E NÉ IL VATICANO VOGLIONO! PERTANTO SI ARRIVA A TONI DA GUERRA DI RELIGIONE.

ALLO STESSO TEMPO NEMMENO LA SINISTRA RADICALE LO VUOLE PUR DI ASSESTARE IL COLPO DI GRAZIA AL NASCENTE PARTITO DEMOCRATICO CHE SU QUELLA COLLABORAZIONE FONDA IL SUO NUCLEO IMPORTANTE. PERTANTO SI ARRIVA A TONI DA GUERRA CONTRO LA CHIESA TUTTA.

SE TUTTA LA SINISTRA CADE IN QUESTA “TRAPPOLA”, SI PERDE LA “GUERRA” CON PREOCCUPANTI RITORNI AL PASSATO E CON BUONA PACE DI QUEI CITTADINI CHE ASPETTANO DI VEDERE I LORO DIRITTI RICONOSCIUTI E L’INTERA SINISTRA TORNERÀ ALL’OPPOSIZIONE PIÙ DIVISA DI PRIMA E FORSE PER MOLTI ANNI ANCORA.

SUGGERISCO DI LEGGERE L’INTERA ANALISI, NÉ VALE LA PENA, CREDETEMI.
Raffaele B.

AFFARITALIANI
di Marco Marturano
Consulente politico, presidente di GM&P, docente di Giornalismo Politico IULM e coordinatore del primo Master italiano in comunicazione politica e pubblica


I Dico, le trappole da sinistra e da destra e il Medioevo che ritorna
Sabato 10.03.2007 11:54

Settimana della festa della donna atipica quella che sta passando. Atipica sicuramente perché mai come questa volta si è parlato con serietà e concretezza della rivoluzione nel ruolo e nel peso delle donne nella guida del futuro del nostro paese, e lo si è fatto evidenziando come da questa rivoluzione dipenda il destino dell'Italia tra serie A del mondo e serie B. Ma è stata soprattutto una settimana atipica perché il concetto di pari opportunità è stato associato essenzialmente alle coppie di fatto, al cammino dei Dico al Senato, iniziato, come annunciato dalla Pollastrini, in questi giorni. Cammino che si incrocia con la manifestazione sui Dico che animerà Roma e alla quale parteciperanno tre ministri e circa un centinaio di parlamentari. Con la particolarità che questa volta è una manifestazione a sostegno e stimolo di una scelta del governo nel suo percorso in parlamento e non, come a Vicenza, contro.
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Proprio la straordinaria attenzione dedicata dalla politica e dai media alla questione Dico ha messo in rilievo questa settimana tutte le trappole che sono già in campo nel difficile tragitto che la proposta del governo sta facendo per diventare legge, trappole da sinistra e da destra. Trappole che, se tutti quelli che davvero puntano a una regolamentazione dei diritti dei conviventi non capissero a fondo, finirebbero per farli diventare più impopolari che condivisi tra agli italiani.
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Le trappole di sinistra sono sostanzialmente due. La prima è quella della critica "i Dico sono solo acqua fresca, sono troppo poco rispetto ai Pacs, quindi non servono". Chi assume questa posizione pensa di dire qualcosa di sinistra e, al contrario, offre ancora più armi a Teocon, Teodem e soci che combattono le coppie di fatto e che hanno bisogno come il pane delle critiche da sinistra ai Dico per poter sostenere che "in fondo anche chi vorrebbe i Pacs non vuole i Dico" e quindi, meglio morire di sete piuttosto che accontentarsi di un vino della casa, se si desidera solo Brunello di Montalcino.

La seconda trappola da sinistra è quella di trasformare i Dico in un elemento troppo visibilmente strategico per il centrosinistra che punta al partito democratico e ha bisogno di prove tecniche di mediazione tra la componente laica e quella cattolica. La trappola consiste in questo caso nello stimolo che questa strategia induce nella sinistra Ds e nella sinistra radicale. Lo stimolo a bloccare i Dico per bloccare il partito democratico, dipingendolo come troppo di centro e poco di sinistra. Il senatore Salvi si è già esibito applicando alla perfezione la trappola.
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La principale trappola da destra per il cammino dei Dico è invece quella tesa dal Vaticano e dalla Cei e fedelmente gestita dalla politica e dalla stampa di centrodestra (con qualche collaborazione significativa nel centrosinistra). La trappola consiste nel portare il dibattito sul fronte di una nuova ondata anticlericale, usando come provocazione la crescente aggressività interventista della Chiesa cattolica e le tonalità da guerra santa in difesa della presunta famiglia tradizionale e contro le nuove sodoma e gomorra dei Dico e dei gay.
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La trappola ovviamente funziona quanto più i difensori dei Dico cedono e cederanno alla facile tentazione di reagire alle provocazioni, che naturalmente saranno sempre più forti per tentare sempre di più. Il risultato al quale si potrebbe arrivare sarebbe quello di trasformare la difesa dei Dico in un attacco alla Chiesa cattolica, risultato che porterebbe contro i Dico una parte determinante dell'opinione pubblica. Nella strategia antiDico dell'innalzamento dei toni per farne una guerra di religione si è già arrivati a toccare punte di aggressività talmente vicine al fanatismo da far pensare a un ritorno a un medioevo pericolosissimo in tempi di neofondamentalismi. Il senatore Andreotti che prima dichiara guerra ai gay in Parlamento e poi argomenta su un importante quotidiano romano che per lui omosessualità e pedofilia sono la stessa cosa.

La senatrice Binetti che parla dei gay come fenomeno di devianza genetica come i mutanti dei fumetti della Marvel. Il ministro Mastella dichiara darwinianamente da Santoro che i gay non sono previsti dal diritto naturale. Azione giovani a Biella lancia la manifestazione "eteropride: questione di pelo" con un ancora più significativa immagine di un sedere di una ragazza. Basta a capire dove siamo già arrivati, nel regresso, al Medioevo guidato da eminenze per combattere i Dico a tutti i costi? Pensiamoci. Perché i talebani non sono solo islamici.