sabato, gennaio 31, 2009

ECOLOGIA E NUOVO SVILUPPO ECONOMICO

A Davos si è incominciato a dire in modo esplicito ciò che per gli ambientalisti era ovvio da molti lustri, e cioè che non ci può essere un nuovo sviluppo economico che non tenga conto dell’ecologia. I due aspetti sono connessi strettamente. Vale a dire che non è più possibile rilanciare l’economia basato sul petrolio senza tenere conto dell’ambiente perché viene di fatto “limitato” dalle devastanti e costose conseguenze proprio dall’inquinamento globale prodotto.

Il surriscaldamento con l’impazzimento del clima produce “costi colossali” per danni al territorio ed alla agricoltura per la produzione di cibo. Altri fattori d’inquinamento producono danni alla salute di tutti gli esseri viventi tra cui l’uomo con altrettanto “costi colossali” cui nessuno Stato può farvi fronte da solo.

La Terra è un sistema chiuso che va verso la “saturazione” e si rischia di raggiungere il punto di “non ritorno” se non si attua da subito l’inversione promuovendo in tutto il mondo un “nuovo sviluppo economico” basato su fonti energetiche rinnovabili.

I governi dei paesi industrializzati più avanzati, che hanno le maggiori colpe dell’inquinamento fin qui prodotto, devono farsi carico di condurre il nuovo corso aiutando gli altri paesi a fare lo stesso in particolare quelli più poveri.

Gli Stati Uniti con il nuovo presidente Obama si sta muovendo in questa direzione. Altri Stati Europei cominciano ad avviarsi nella stessa direzione. L’Italia di Berlusconi invece ritiene che l’ecologia sia un “lusso” che non si può permettere quando invece è proprio l’ecologia che potrà ridare sviluppo all’economia del Paese. Leggi “
Green economy, L'Italia non c'è”.

Al contrario invece il segretario del maggiore partito di opposizione Veltroni propone il nuovo modello di sviluppo: "
Con la green economy un milione di posti di lavoro" con alla base la rottamazione del petrolio.
Raffaele B.

FILMATO
Ecorivoluzione necessaria di Grammenos Mastrojeni
11 novembre 2008
TG2 (RaiDue)
Libro L'eco rivoluzione necessaria del Diplomatico Grammenos Mastrojeni
"L'eco rivoluzione necessaria", però, non intende lanciare l'ennesimo allarme per i mutamenti climatici.
Certo, nel libro si esplora un aspetto inquietante e poco conosciuto del problema, spiegando come le alterazioni ambientali - non solo il riscaldamento globale - potrebbero provocare conflitti bellici su larga scala. Ma l'obbiettivo non e' spaventare ancora di più; e' sottolineare che la Terra - il nostro habitat - e' un sistema causale globale e chiuso, ove ogni tipo di squilibrio si moltiplica e ne provoca altri. Nel XX secolo si e' capito, ad esempio, che gli squilibri economici favoriscono la guerra; e' ora di includere anche gli squilibri ambientali in questo tipo di analisi e modulare la politica su una prospettiva "eco sistemica", sul sistema terra nel suo insieme con tutta la sua complessità. Se si imbocca questa strada si arriva subito a una conclusione: pace, giustizia socio-economica, diritti dell'uomo e ambiente si tutelano tutti assieme e mai l'uno a discapito dell'altro. In altre parole: vogliamo conservare le foreste sud-americane? Il metodo più efficiente e' sradicare le forme di sfruttamento dei disperati che si accaniscono a bruciare ettaro dopo ettaro. (...) Economia" e "ecologia" sono discipline sorelle. Del resto la saggezza antica e nascosta delle parole ci rivela sempre molto: economia ed ecologia, entrambi i termini derivano dal greco "oikos", che vuol dire "casa"; entrambe le materie si occupano di tenere a posto la nostra casa comune Terra. (G.Mastrojeni)



REPUBBLICA
ECONOMIA
DIARIO DA DAVOS/4
L'urgenza dei temi ambientali
di KOFI ANNAN
31 gennaio 2009

DAVOS - Come era prevedibile, nelle conversazioni qui a Davos la crisi finanziaria e la crisi economica globale predominano su ogni altra cosa. Il cambiamento del clima merita un'attenzione quanto meno identica, non solo per l'enormità del problema, ma anche perché le soluzioni alla crisi economica devono in primis essere sostenibili da un punto di vista ambientale.

Il cambiamento del clima terrestre non è una questione che concerne il solo ambiente: ha implicazioni economiche sempre più profonde ed è un fattore che contribuisce a creare le situazioni sullo sfondo delle quali scoppiano i conflitti. Gli scontri per accaparrarsi le risorse disponibili si stanno intensificando ovunque e sempre più popoli sono costretti a trasferirsi. Il nostro ininterrotto ricorso ai combustibili fossili non danneggia soltanto l'ambiente in sé, ma è ormai all'origine dell'assetto politico, sia a livello internazionale, sia nell'ambito dei singoli Paesi.

Invece di combattere per conquistare l'accesso a un giacimento di petrolio o di gas, dovremmo fare a gara per potenziare e sfruttare sapientemente le energie rinnovabili, quali l'eolica, la termale e la solare. La tecnologia per riuscirci esiste e migliora di continuo, ma il mercato è ancora troppo limitato e gli investimenti dipendono ancora troppo dall'instabilità dei prezzi del petrolio.

È assurdo continuare a perdere tempo e trastullarci in mille discussioni mentre il mondo si surriscalda, sia politicamente sia letteralmente, mentre si moltiplicano le prove dell'impatto negativo dei combustibili fossili sulla vita, sulla salute del pianeta e sulla sicurezza dei generi alimentari. Ci serve niente di meno di un equivalente verde globale del Piano Marshall, che includa necessariamente un aiuto finanziario e un'assistenza tecnica ai Paesi più poveri, affinché possano adattarsi alle conseguenze del cambiamento climatico.

Senza questo aiuto sostanziale, la soluzione non sarà giusta. Per un accordo destinato a durare, al summit di Copenhagen si dovrà riconoscere che i 50 Paesi più poveri del mondo, a fronte di una loro responsabilità diretta quantificabile in meno dell'1 per cento delle emissioni di gas serra globali, subiranno le conseguenze più gravi del cambiamento climatico.

Ieri mattina Al Gore incontrando i vari consulenti ha detto che il Presidente Obama è "sempre il più ambientalista in questa sala". Questa notizia è molto incoraggiante e le speranze riposte in lui sono immense. È giunta l'ora di una leadership politica decisiva, ma i top manager delle grandi aziende e i leader del settore finanziario - che dopo tutto devono trovare una nuova legittimazione alla loro professione, come è stato detto da più parti in questa circostanza - potrebbero fare molto di più. Ad avere una visione sono ancora poche persone isolate: ci occorrono subito impegni concreti da sottoscrivere e auspichiamo che lo siano a livello ufficiale prima che il WEF di Davos chiuda i battenti.
(A cura della Kofi Annan Foundation) - AGRA - APP
Traduzione di Anna Bissanti

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