lunedì, aprile 23, 2007

AFGHANISTAN – LA GROTTESCA ACCUSA AD HANEFI

CIÒ CHE SI DELINEA A SEGUITO DELLA LIBERAZIONE DI MASTROGIACOMO NON PUÒ CHE ESSERE UNA MERA “RITORSIONE” O MEGLIO “VENDETTA” AI DANNI SIA DI EMERGENCY CHE DEL GOVERNO ITALIANO.

CIÒ AVVIENE A SPESE DI HANEFI QUALE “AGNELLO SACRIFICALE” IN MODO PIÙ “SOFISTICATO” DI QUANTO FATTO A CALIPARI IN IRAQ DOPO LA LIBERAZIONE DELLA SGRENA.

TROPPO FACILE E SCONTATA L’ACCUSA NEI CONFRONTI DI UN MEDIATORE DI EMERGENCY CHE HA DOVUTO OPERARE A NOME DEL GOVERNO ITALIANO IN UNA DIFFICILE SITUAZIONE SOTTO IL CONTROLLO DEI GUERRIGLIERI TALEBANI CHE RISPONDONO SOLO ALLA LORO LEGGE.

SE POI CONSIDERIAMO CHE L’IMPUTATO NON HA NESSUNA POSSIBILITÀ DI DIFESA ESSENDO TOTALMENTE NELLE MANI DEI SERVIZI SEGRETI AFGHANI (FILIALE IN GESTIIONE DALLA CIA AMERICANA) IL GIOCO È FATTO.

INFATTI LA LEGGE AFGHANA IN QUESTO CASO, ANCHE SE PREVEDE LA “PENA DI MORTE”, NON PREVEDE (INCREDIBILE) PER L’IMPUTATO NESSUNA GARANZIA DI DIFESA! GUARDA UN PO’, COME A GUANTANAMO!

TUTTO CIÒ RENDE ABBASTANZA EVIDENTE IL “GIOCO SPORCO” IN ATTO A TAL PUNTO CHE NESSUNA PERSONA E/O GOVERNO RAGIONEVOLI POSSONO CREDERE A QUESTA “GROTTESCA” MONTATURA. QUI IL GOVERNO ITALIANO E L’EUROPA INTERA DEVONO FARE SENTIRE LA LORO VOCE IN MODO FORTE E DETERMINATO.

NEL FRATTEMPO EMERGENCY, NON FIDANDOSI DELLE “VERE” INTENZIONI DEL GOVERNO AFGHANO, FA BENE A TENERSI ALLA LARGA!
Raffaele B.

CORRIERE DELLA SERA
Mediatore di Emergency, accusa di omicidio
Fiorenza Sarzanini
23 aprile 2007


Hanefi accusato di concorso in omicidio: «Lasciò l'interprete di Mastrogiacomo ai talebani»

ROMA — È la contestazione che può pregiudicare definitivamente la soluzione della vicenda. Il sospetto più pesante. Perché Rahmatullah Hanefi, il mediatore di Emergency che ha negoziato il rilascio di Daniele Mastrogiacomo, adesso è accusato di concorso in omicidio. Secondo i servizi segreti afghani, che lo avevano arrestato per partecipazione al sequestro, sarebbe stato lui a consegnare ai talebani guidati dal mullah Dadullah, Adjmal Nashkbandi, l'interprete sgozzato dai terroristi venti giorni dopo la liberazione dell'inviato di Repubblica. Invece di portarlo in salvo come era stato stabilito, dicono, lo ha lasciato nelle mani della banda che alla fine lo ha ammazzato. «Si tratta di un reato che mette a rischio la sicurezza nazionale — hanno spiegato le autorità di Kabul alla nostra diplomazia — e per il nostro ordinamento in questi casi non è prevista l'assistenza di un legale».
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Hanefi rischia la pena di morte. La scorsa settimana i responsabili dell'organizzazione guidata da Gino Strada hanno ribadito che chiuderanno gli ospedali e lasceranno definitivamente il Paese, se non sarà rilasciato. Ma anche loro sanno che di fronte a questo tipo di contestazioni difficilmente le porte del carcere potranno aprirsi. E lo sa il governo italiano che in queste settimane ha ribadito di aver fatto pressioni sul governo dell'Afghanistan, ma senza ottenere alcun risultato. La fase finale del sequestro Mastrogiacomo rimane un mistero. Il primo accordo siglato con i sequestratori prevede che in cambio del giornalista e del suo interprete, il governo scarcererà tre talebani. La consegna deve avvenire all'alba del 18 marzo. Ma poche ore prima accade qualcosa di imprevisto, i rapitori rilanciano chiedendo altri due detenuti, minacciano di sgozzare gli ostaggi. Di quelle istanze si fa portavoce proprio Hanefi che fino a quel momento ha tenuto i contatti tra le parti. Il governo italiano convince il presidente Hamid Karzai ad accettare le nuove condizioni. Quello stesso pomeriggio la Farnesina chiude la partita con una nota: «Tutte le condizioni sono state rispettate».
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I detenuti sono già a disposizione di Emergency. Il patto è chiaro: cinque contro due. E i due sono Daniele e Adjmal. «Sul luogo dello scambio andiamo da soli — impone Strada — senza gli uomini dell'intelligence o altri». Va Hanefi, ma all'ospedale di Lashkar Gah riporta solo Daniele. «Anche l'interprete è libero — assicura subito il giornalista — gli hanno tolto le catene, l'ho visto andare via». In realtà due giorni dopo il mullah Dadullah fa sapere che Adjmal è ancora nelle sue mani. E per rilasciarlo vuole la scarcerazione di altri tre detenuti. «Non cederemo a nuovi ricatti», afferma pubblicamente Karzai. L'8 aprile, il giorno di Pasqua, l'interprete viene «giustiziato». Perché Hanefi non ha preteso la consegna di entrambi gli ostaggi? A questa domanda, che le autorità italiane continuano a porsi, il mediatore non ha mai potuto rispondere. Gli 007 di Kabul lo hanno arrestato la mattina dopo il rilascio di Mastrogiacomo e da allora non hanno consentito a nessuno, se non ad un funzionario della Croce Rossa che doveva verificare le sue condizioni di salute, di poterlo incontrare. «Non lo ha fatto perché era complice dei talebani», assicurano i servizi segreti afghani. In Italia a quest'accusa non sembra credere nessuno. Il governo gli ha dato piena fiducia concedendo ad Emergency totale autonomia e imponendo al Sismi e ai carabinieri del Ros di tenersi fuori dalla trattativa. Ma gli stessi uomini dell'intelligence non hanno mai espresso dubbi sul suo operato, spiegando che per poter garantire la sicurezza in quella zona a sud dell'Afghanistan bisogna essere in grado di dialogare con tutti anche con i talebani.

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