venerdì, settembre 12, 2008

RIFIUTI – BAVAGLIO SULLE CONFESSIONI DI UN BOSS

Questa notizia è stata pubblicata in “sordina” e nella più completa indifferenza come fosse una delle tante a cui siamo abituati a sentire. In realtà questa non è la solita notizia, è invece una notizia “drammatica” ed “inquietante” allo stesso tempo.

La procura di Napoli, anziché avviare accertamenti sulla base delle varie “denunce” di “reati” pubblicati dai giornalisti Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi dell”Espresso” sulle confessioni di Gaetano Vassallo rese alla Giustizia, si “scaglia” pesantemente con “perquisizioni” e “sequestri” di computer e documenti contro l’Espresso stesso e questi giornalisti “rei” di aver “rivelato” quelle confessioni alla opinione pubblica.

Le confessioni “dischiudono” una grossa “rete di protezione” di cui “gode” da più di 20 anni la criminalità organizzata sullo smaltimento illegale dei “rifiuti tossici” che tanto “devastano” il territorio campano “avvelenando” tutti i cittadini.

Le “tangenti” pagate a schiere di funzionari, di poliziotti, di finanzieri, amministratori e politici (tra cui il sottosegretario all’economia Nicola Cosentino del governo Berlusconi), tutti al soldo della camorra, garantivano quella “rete di protezione” che ancora continua sotto il naso di tutti noi cittadini.

La procura di Napoli non trova di meglio che “intervenire” su chi “denuncia” non su chi è “accusato” di reati. L’intendo è chiaro: si vuole intimidire il giornalismo d’inchiesta e far tacere per sempre queste voci fuori dal controllo politico, specialmente quando si fanno nomi di politici eccellenti.

Se invece di "combattere" la camorra e la corruzione, ci si "scatena" contro i giornali e giornalisti che “denunciano”, non abbiamo nessuna speranza che questo duplice cancro italiano possa un giorno venire “sconfitto”.
Raffaele B.

ITALIA-NEWS
Rifiuti, perquisite redazione e abitazioni giornalisti de L'Espresso
venerdì 12 settembre 2008

Sono durate tutta la giornata le perquisizioni della Guardia di Finanza di Napoli negli uffici del settimanale "L'Espresso". Sette ore in cui gli agenti hanno visionato e sequestrato documenti, computer e agende telefoniche dei giornalisti. Sono state perquisite anche le abitazioni di due giornalisti, Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi, autori dell'inchiesta che ha fatto partire l'ordine di perquisizione da parte della Procura di Napoli.
L'inchiesta di copertina del settimanale "Così ho avvelenato Napoli" contiene, infatti, le confessioni di un imprenditore, Gaetano Vassallo, in merito allo smaltimento dei rifiuti tossici in Campania per conto della camorra.
L'imprenditore, nella sua confessione, ha fatto nomi di funzionari, politici, sindaci e manager di enti locali.
La redazione de L'Espresso oltre ad esprimere la piena solidarietà ai due giornalisti, fa sapere che continuerà nel suo lavoro di corretta informazione ai suoi lettori, esercitando pienamente il suo diritto di cronaca.

UNITÀ
Inchiesta sui rifiuti, perquisita la redazione de L'Espresso
Pubblicato il: 12.09.08

Nell'ultimo numero de L'espresso si può leggere l'inchiesta «Così ho avvelenato Napoli». Il lavoro giornalistico, appena arrivato in edicola, assume però un risvolto giudiziario: sono state perquisite dai militari della Guardia di Finanza, la redazione del settimanale e le abitazioni dei giornalisti Gianluca Di Feo ed Emiliano Fittipaldi. La perquisizione, che ha portato al sequestro di computer e documenti, è stata disposta dalla procura di Napoli…
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*** IL REO ARTICOLO PUBBLICATO ***

ESPRESSO.REPUBBLICA
Così ho avvelenato Napoli
di Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi
11 settembre 2008

Le confessioni di Gaetano Vassallo, il boss che per 20 anni ha nascosto rifiuti tossici in Campania pagando politici e funzionari.

Temo per la mia vita e per questo ho deciso di collaborare con la giustizia e dire tutto quello che mi riguarda, anche reati da me commessi. In particolare, intendo riferire sullo smaltimento illegale dei rifiuti speciali, tossici e nocivi, a partire dal 1987-88 fino all'anno 2005. Smaltimenti realizzati in cave, in terreni vergini, in discariche non autorizzate e in siti che posso materialmente indicare, avendo anche io contribuito... Comincia così il più sconvolgente racconto della devastazione di una regione: venti anni di veleni nascosti ovunque, che hanno contaminato il suolo, l'acqua e l'aria della Campania. Venti anni di denaro facile che hanno consolidato il potere dei Casalesi, diventati praticamente i monopolisti di questo business sporco e redditizio. La testimonianza choc di una follia collettiva, che dalla fine degli anni Ottanta ha spinto sindaci, boss e contadini a seminare scorie tossiche nelle campagne tra Napoli e Caserta. Con il Commissariato di governo che in nome dell'emergenza ha poi legalizzato questo inferno.

Gaetano Vassallo è stato l'inventore del traffico: l'imprenditore che ha aperto la rotta dei rifiuti tossici alle aziende del Nord. E ha amministrato il grande affare per conto della famiglia Bidognetti, seguendone ascesa e declino nell'impero di Gomorra.

I primi clienti li ha raccolti in Toscana, in quelle aziende fiorentine dove la massoneria di Licio Gelli continua ad avere un peso. I controlli non sono mai stati un problema: dichiara di avere avuto a libro paga i responsabili. Anche con la politica ha curato rapporti e investimenti, prendendo la tessera di Forza Italia e puntando sul partito di Berlusconi.

La rete di protezione
Quando Vassallo si presenta ai magistrati dell'Antimafia di Napoli è il primo aprile. Mancano due settimane alle elezioni, tante cose dovevano ancora accadere. Due mesi esatti dopo, Michele Orsi, uno dei protagonisti delle sue rivelazioni è stato assassinato da un commando di killer Casalesi. E 42 giorni dopo Nicola Cosentino, il più importante parlamentare da lui chiamato in causa, è diventato sottosegretario del governo Berlusconi.

Vassallo non si è preoccupato. Ha continuato a riempire decine di verbali di accuse, che vengono vagliati da un pool di pm della direzione distrettuale antimafia napoletana e da squadre specializzate delle forze dell'ordine: poliziotti, finanzieri, carabinieri e Dia. Finora i riscontri alle sue testimonianze sono stati numerosi: per gli inquirenti è altamente attendibile.

Anche perché ha conservato pacchi di documenti per dare forza alle sue parole. Che aprono un abisso sulla devastazione dei suoli campani e poi, attraverso i roghi e la commercializzazione dei prodotti agro-alimentari, sulla minaccia alla salute di tutti i cittadini. Come è stato possibile?

"Nel corso degli anni, quanto meno fino al 2002, ho proseguito nella sfruttamento della ex discarica di Giugliano, insieme ai miei fratelli, corrompendo l'architetto Bovier del Commissariato di governo e l'ingegner Avallone dell'Arpac (l'agenzia regionale dell'ambiente). Il primo è stato remunerato continuativamente perché consentiva, falsificando i certificati o i verbali di accertamento, di far apparire conforme al materiale di bonifica i rifiuti che venivano smaltiti illecitamente. Ha ricevuto in tutto somme prossime ai 70 milioni di lire. L'ingegner Avallone era praticamente 'stipendiato' con tre milioni di lire al mese, essendo lo stesso incaricato anche di predisporre il progetto di bonifica della nostra discarica, progetto che ci consentiva la copertura formale per poter smaltire illecitamente i rifiuti".

Il gran pentito dei veleni parla anche di uomini delle forze dell'ordine 'a disposizione e di decine di sindaci prezzolati. Ci sono persino funzionari della provincia di Caserta che firmano licenze per siti che sono fuori dai loro territori. Una lista sterminata di tangenti, versate attraverso i canali più diversi: si parte dalle fideiussioni affidate negli anni Ottanta alla moglie di Rosario Gava, fratello del patriarca DC, fino alla partecipazione occulta dell'ultima leva politica alle società dell'immondizia.

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