NONOSTANTE LA SPAGNA PARTA DA UNA CONDIZIONE STORICA PEGGIORE, OGGI ESSA SUPERA L'ITALIA SUL PIL PRO-CAPITE.
NEGLI ULTIMI TRENT'ANNI, DALLA FINE DEL FRANCHISMO, I NOSTRI CUGINI HANNO FATTO PASSI DA GIGANTE RECUPERANDO L'ARRETRATEZZA SIA NEL CAMPO DELL'ECONOMIA CHE IN QUELLO DELLA DEMOCRAZIA.
NEGLI ULTIMI 10 ANNI LA CRESCITA SPAGNOLA È STATA IN MEDIA PIÙ DEL DOPPIO DELL'ITALIA E NEGLI ULTIMISSIMI LA CRESCITA ITALIANA È ANDATA DIMINUENDO. ERA QUINDI PREVEDIBILE CHE CI SAREBBE STATO IL SORPASSO.
L'ITALIA SCONTA UN "IMMOBILISMO" DEL SISTEMA POLITICO DA OLTRE 15 ANNI. IN QUESTI ANNI IL PAESE HA "DILAPIDATO" IL TEMPO E LE RISORSE A "LITIGARE" IN CONTINUAZIONE TRA LE COALIZIONI E LE VARIE FAZIONI POLITICHE.
NEL FRATTEMPO GLI ALTRI PAESI E LA SPAGNA IN PARTICOLARE, HANNO REALIZZATO UN SISTEMA POLITICO "STABILE" ED "EFFICIENTE" CHE HA PERMESSO IN POCHI ANNI A QUESTO PAESE, COME A TUTTI GLI ALTRI, D'ALTRONDE, DI "RIORGANIZZARE" IL SISTEMA "AMMINISTRATIVO" E "PRODUTTIVO" IN MODO TALE DA ESSERE OGGI IN GRADO DI REGGERE IL “MERCATO GLOBALE”.
LA MAGGIOR PARTE DEL CENTRO E DELLA SINISTRA SPAGNOLA HANNO AVUTO LA CAPACITÀ DI ORGANIZZARSI DENTRO UN UNICO GRANDE PARTITO SOCIALISTA CONTENDENDOSI IL POTERE CON UN ALTRO GRANDE PARTITO POPOLARE DI CENTRO-DESTRA.
INSIEME HANNO DATO VITA AD ALTERNANZE VIRTUOSE CHE HANNO PRODOTTO QUESTI RISULTATI. LA SPAGNA PERÒ NON SI FERMA, CONTINUA COME UN TRENO, MENTRE L'ITALIA RESTA PRATICAMENTE FERMA.
È EVIDENTE ALLORA CHE FINTANTO CHE IL NOSTRO PAESE RESTA IN "BALIA" DI UN SISTEMA "BLOCCATO" CHE NON GLI PERMETTE DI "DECIDERE" "RAPIDAMENTE" SULLE "RIFORME IMPORTANTI" NON SE NE ESCE E IL "DECLINO ECONOMICO" SARÀ LA CONSEGUENZA LOGICA CHE NE SEGUIRÀ CON GRAVE RIPERCUSSIONE SUL FUTURO DEI CITTADINI E SULLA NOSTRA DEMOCRAZIA.
NE GONSEGUE ORMAI CHE ABBIAMO RAGGIUNTO IL "PUNTO DI NON RITORNO" OLTRE IL QUALE O SI "RIORGANIZZA" IL "SISTEMA POLITICO" OPPURE NON VE NE SARÀ PIÙ IL TEMPO PER FARLO, PERCHÈ DA NOI I "GOVERNI" A TUTTI I LIVELLI, CON I POTERI CHE HANNO, POSSONO SOLO FARE "PICCOLE RIFORME" (QUANDO VA BENE), PER QUANTO "NECESSARI" MA NON PIÙ "SUFFICIENTI" PER RISOLLEVARE LE SORTI DEL PAESE.
LA POLITICA È COSÌ "MALATA" CHE NON POTRÀ MAI "GUARIRE" IL PAESE. NEMMENO SE CI PROVASSE VERAMENTE.
SOLO SE LA POLITICA "GUARISCE" SE STESSA “AUTORIFORMANDOSI” IN MODO ADEGUATO POTRÀ A SUA VOLTA "GUARIRE" IL PAESE FACENDOLO DIVENTARE UN "PAESE NORMALE" IN POCHI ANNI. PROPRIO COME HA FATTO LA SPAGNA.
Raffaele B.
ILSOLE24ORE
La lunga marcia di Madrid
di Mario Margiocco
19 Dicembre 2007
La marcia economica dell'Italia è stata assai più lunga e di maggior successo di quella spagnola, più di un secolo contro 40 anni. Con l'ingresso quasi mezzo secolo fa fra le maggiori potenze economiche mondiali. Ma l'indicazione data due giorni fa da Eurostat secondo cui il Pil pro capite spagnolo ha battuto quello italiano, fatto senza precedenti nel 900, lancia un segnale di allarme. Abituati a confrontarsi con la Francia, più strutturata ma con una ricchezza media delle famiglie assolutamente analoga a quella italiana, ci si trova battuti su una classifica non onnicomprensiva, ma citatissima e indicativa, dalla Spagna. Vuol dire che l'anno scorso gli spagnoli hanno prodotto più ricchezza, a testa, degli italiani. Il che implica alle spalle un sistema economico e amministrativo che, sia pure più piccolo di un quarto rispetto a quello italiano, ha funzionato assai meglio.
La ricetta è nota: classe politica e amministrativa migliore, banche più strutturate, maggiore apertura internazionale. In media la crescita del Pil è stata del 3,8% all'anno negli ultimi 10 anni, più del doppio di quella italiana. I consumi privati sono aumentati del 4% all'anno contro una media del 2% nell'area euro. Il debito pubblico è sceso dal 70% del Pil nel 96 al 40%, in forte contrasto con la persistenmza in Italia di un debito oltre il 100% della ricchezza prodotta. «Le quattro chiavi del successo spagnolo sono l'aumento della forza lavoro, grazie a maggiori impieghi nazionali, immigrazione, minore disoccupazione, migliore qualità di operai e impiegati, più apertura internazionale, e più innovazione", dice Stefan Bergheim, economista di Deutsche Bank Reserach, autore di un recente ed elogiativo studio sull'economia spagnola, destinata a crescere «e a superare non solo l'Italia, ma anche la Germania come Pil pro capite nel 2020».
La Spagna, a differenza dell'Italia, non ha trascorso gli ultimi 15 anni della politica a decidere poco e a litigare, astiosamente e senza esclusione di colpi a volte, molto.Il sorpasso ricorda inoltre che nelle grandi classifiche, quelle che l'Italia è stata ed è così fiera di avere scalato a partire dalla fine degli anni 50, si entra ma anche si esce.Al momento la fiducia internazionale nella capacità dell'Italia di mantenere la posizione acquisita fra le nazioni più ricche della terra è bassa. Goldman Sachs, McKinsey e altri ancora hanno fatto proiezioni di come potrebbe essere ripartita la ricchezza nel Globo fra 30-40 anni: tutti fanno compiere all'Italia un salto di categoria, al ribasso. Verso la metà dell'attuale secolo, secondo queste proiezioni sempre da prendere con le pinze, l'Italia lascerebbe il club dei Paesi ricchi, dove tutti gli altri attuali soci saranno riusciti a rimanere nonostante le grosse redistribuzioni internazionali dei capitali, e passerebbe in quella dei semi-ricchi. Non saremmo più in compagnia di Francia e Germania ma di Messico e Corea del Sud.
La demografia, con l'eccezionale peso dell'invecchiamento in Italia, condiziona molto il gudizio. E così le debolezze del sistema universitario e di ricerca, che spende sproporzionatamente rispetto a quanto produce. «Per anni pensavo che in Italia ci fosse soltanto la Bocconi, perché quasi tutti gli allievi italiani che avevo avuto venivano da quella scuola», ha detto recentemente il Nobel 2007 per l'economia, Eric Maskin.
L'unica cosa che si può aggiungere è che c'è sempre stato scetticismo sulle capacità italiane di arrivare ad essere una importante nazione industriale e, da 30 anni, di riuscire a mantenere quel ruolo. Uno scetticismo causato probabilmente anche dal fatto che l'Italia ufficiale sembra spesso non adatta al compito.
La Spagna ha i suoi punti deboli, e al momento il forte squilibrio delle partite correnti, che hanno un rosso più che triplo di quello italiano nel 2007, è pari a quasi il 10% del Pil contro il 2,4% italiano. Sono l'altra faccia dell'ottimismo spagnolo, che consuma più di quanto produce. Ma il debito pubblico indica che, a differenza di quanto fatto dall'Italia, gli spagnoli non presentano il conto allo Stato.
NEGLI ULTIMI TRENT'ANNI, DALLA FINE DEL FRANCHISMO, I NOSTRI CUGINI HANNO FATTO PASSI DA GIGANTE RECUPERANDO L'ARRETRATEZZA SIA NEL CAMPO DELL'ECONOMIA CHE IN QUELLO DELLA DEMOCRAZIA.
NEGLI ULTIMI 10 ANNI LA CRESCITA SPAGNOLA È STATA IN MEDIA PIÙ DEL DOPPIO DELL'ITALIA E NEGLI ULTIMISSIMI LA CRESCITA ITALIANA È ANDATA DIMINUENDO. ERA QUINDI PREVEDIBILE CHE CI SAREBBE STATO IL SORPASSO.
L'ITALIA SCONTA UN "IMMOBILISMO" DEL SISTEMA POLITICO DA OLTRE 15 ANNI. IN QUESTI ANNI IL PAESE HA "DILAPIDATO" IL TEMPO E LE RISORSE A "LITIGARE" IN CONTINUAZIONE TRA LE COALIZIONI E LE VARIE FAZIONI POLITICHE.
NEL FRATTEMPO GLI ALTRI PAESI E LA SPAGNA IN PARTICOLARE, HANNO REALIZZATO UN SISTEMA POLITICO "STABILE" ED "EFFICIENTE" CHE HA PERMESSO IN POCHI ANNI A QUESTO PAESE, COME A TUTTI GLI ALTRI, D'ALTRONDE, DI "RIORGANIZZARE" IL SISTEMA "AMMINISTRATIVO" E "PRODUTTIVO" IN MODO TALE DA ESSERE OGGI IN GRADO DI REGGERE IL “MERCATO GLOBALE”.
LA MAGGIOR PARTE DEL CENTRO E DELLA SINISTRA SPAGNOLA HANNO AVUTO LA CAPACITÀ DI ORGANIZZARSI DENTRO UN UNICO GRANDE PARTITO SOCIALISTA CONTENDENDOSI IL POTERE CON UN ALTRO GRANDE PARTITO POPOLARE DI CENTRO-DESTRA.
INSIEME HANNO DATO VITA AD ALTERNANZE VIRTUOSE CHE HANNO PRODOTTO QUESTI RISULTATI. LA SPAGNA PERÒ NON SI FERMA, CONTINUA COME UN TRENO, MENTRE L'ITALIA RESTA PRATICAMENTE FERMA.
È EVIDENTE ALLORA CHE FINTANTO CHE IL NOSTRO PAESE RESTA IN "BALIA" DI UN SISTEMA "BLOCCATO" CHE NON GLI PERMETTE DI "DECIDERE" "RAPIDAMENTE" SULLE "RIFORME IMPORTANTI" NON SE NE ESCE E IL "DECLINO ECONOMICO" SARÀ LA CONSEGUENZA LOGICA CHE NE SEGUIRÀ CON GRAVE RIPERCUSSIONE SUL FUTURO DEI CITTADINI E SULLA NOSTRA DEMOCRAZIA.
NE GONSEGUE ORMAI CHE ABBIAMO RAGGIUNTO IL "PUNTO DI NON RITORNO" OLTRE IL QUALE O SI "RIORGANIZZA" IL "SISTEMA POLITICO" OPPURE NON VE NE SARÀ PIÙ IL TEMPO PER FARLO, PERCHÈ DA NOI I "GOVERNI" A TUTTI I LIVELLI, CON I POTERI CHE HANNO, POSSONO SOLO FARE "PICCOLE RIFORME" (QUANDO VA BENE), PER QUANTO "NECESSARI" MA NON PIÙ "SUFFICIENTI" PER RISOLLEVARE LE SORTI DEL PAESE.
LA POLITICA È COSÌ "MALATA" CHE NON POTRÀ MAI "GUARIRE" IL PAESE. NEMMENO SE CI PROVASSE VERAMENTE.
SOLO SE LA POLITICA "GUARISCE" SE STESSA “AUTORIFORMANDOSI” IN MODO ADEGUATO POTRÀ A SUA VOLTA "GUARIRE" IL PAESE FACENDOLO DIVENTARE UN "PAESE NORMALE" IN POCHI ANNI. PROPRIO COME HA FATTO LA SPAGNA.
Raffaele B.
ILSOLE24ORE
La lunga marcia di Madrid
di Mario Margiocco
19 Dicembre 2007
La marcia economica dell'Italia è stata assai più lunga e di maggior successo di quella spagnola, più di un secolo contro 40 anni. Con l'ingresso quasi mezzo secolo fa fra le maggiori potenze economiche mondiali. Ma l'indicazione data due giorni fa da Eurostat secondo cui il Pil pro capite spagnolo ha battuto quello italiano, fatto senza precedenti nel 900, lancia un segnale di allarme. Abituati a confrontarsi con la Francia, più strutturata ma con una ricchezza media delle famiglie assolutamente analoga a quella italiana, ci si trova battuti su una classifica non onnicomprensiva, ma citatissima e indicativa, dalla Spagna. Vuol dire che l'anno scorso gli spagnoli hanno prodotto più ricchezza, a testa, degli italiani. Il che implica alle spalle un sistema economico e amministrativo che, sia pure più piccolo di un quarto rispetto a quello italiano, ha funzionato assai meglio.
La ricetta è nota: classe politica e amministrativa migliore, banche più strutturate, maggiore apertura internazionale. In media la crescita del Pil è stata del 3,8% all'anno negli ultimi 10 anni, più del doppio di quella italiana. I consumi privati sono aumentati del 4% all'anno contro una media del 2% nell'area euro. Il debito pubblico è sceso dal 70% del Pil nel 96 al 40%, in forte contrasto con la persistenmza in Italia di un debito oltre il 100% della ricchezza prodotta. «Le quattro chiavi del successo spagnolo sono l'aumento della forza lavoro, grazie a maggiori impieghi nazionali, immigrazione, minore disoccupazione, migliore qualità di operai e impiegati, più apertura internazionale, e più innovazione", dice Stefan Bergheim, economista di Deutsche Bank Reserach, autore di un recente ed elogiativo studio sull'economia spagnola, destinata a crescere «e a superare non solo l'Italia, ma anche la Germania come Pil pro capite nel 2020».
La Spagna, a differenza dell'Italia, non ha trascorso gli ultimi 15 anni della politica a decidere poco e a litigare, astiosamente e senza esclusione di colpi a volte, molto.Il sorpasso ricorda inoltre che nelle grandi classifiche, quelle che l'Italia è stata ed è così fiera di avere scalato a partire dalla fine degli anni 50, si entra ma anche si esce.Al momento la fiducia internazionale nella capacità dell'Italia di mantenere la posizione acquisita fra le nazioni più ricche della terra è bassa. Goldman Sachs, McKinsey e altri ancora hanno fatto proiezioni di come potrebbe essere ripartita la ricchezza nel Globo fra 30-40 anni: tutti fanno compiere all'Italia un salto di categoria, al ribasso. Verso la metà dell'attuale secolo, secondo queste proiezioni sempre da prendere con le pinze, l'Italia lascerebbe il club dei Paesi ricchi, dove tutti gli altri attuali soci saranno riusciti a rimanere nonostante le grosse redistribuzioni internazionali dei capitali, e passerebbe in quella dei semi-ricchi. Non saremmo più in compagnia di Francia e Germania ma di Messico e Corea del Sud.
La demografia, con l'eccezionale peso dell'invecchiamento in Italia, condiziona molto il gudizio. E così le debolezze del sistema universitario e di ricerca, che spende sproporzionatamente rispetto a quanto produce. «Per anni pensavo che in Italia ci fosse soltanto la Bocconi, perché quasi tutti gli allievi italiani che avevo avuto venivano da quella scuola», ha detto recentemente il Nobel 2007 per l'economia, Eric Maskin.
L'unica cosa che si può aggiungere è che c'è sempre stato scetticismo sulle capacità italiane di arrivare ad essere una importante nazione industriale e, da 30 anni, di riuscire a mantenere quel ruolo. Uno scetticismo causato probabilmente anche dal fatto che l'Italia ufficiale sembra spesso non adatta al compito.
La Spagna ha i suoi punti deboli, e al momento il forte squilibrio delle partite correnti, che hanno un rosso più che triplo di quello italiano nel 2007, è pari a quasi il 10% del Pil contro il 2,4% italiano. Sono l'altra faccia dell'ottimismo spagnolo, che consuma più di quanto produce. Ma il debito pubblico indica che, a differenza di quanto fatto dall'Italia, gli spagnoli non presentano il conto allo Stato.