giovedì, febbraio 08, 2007

CALIPARI – PER GLI AMERICANI IL CASO È CHIUSO

COME VOLEVASI DIMOSTRARE, NIENTE ESTRADIZIONE DEL SOLDATO USA LOZANO PER L’OMICIDIO DI CALIPARI E IL FERIMENTO DELLA SGRENA IN IRAQ.

SI PROSEGUE IL GIUDIZIO IN “CONTUMACIA” ANCHE SENZA LA PRESENZA DELL’IMPUTATO PERCHÉ È ACCERTATO DAI GIUDICI CHE SI È TRATTATO PROPRIO DI OMICIDIO POLITICO E CHE FU LESO, CON L’UCCISIONE DI UN AGENTE, GLI INTERESSI DELLO STATO ITALIANO.

SI È ACCERTATO ANCHE CHE SONO STATE FATTE “SPARIRE” MOLTE PROVE SUL POSTO PER RENDERE PIÙ DIFFICILE LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI.

LO STESSO SOLDATO ORA CI FA SAPERE CHE “SI RICONOSCE COMPLETAMENTE” NEL RAPPORTO DEGLI INQUIRENTI. INSOMMA I NOSTRI GIUDICI HANNO RAGIONE!

GLI USA, COME È NOTO, NON HANNO ADERITO ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE DELL’AJA PERCHÉ NON VOGLIONO CHE I LORO CITTADINI ED IN PARTICOLARE I LORO SOLDATI POSSANO ESSERE GIUDICATI DA ALTRI TRIBUNALI CHE NON SIANO I LORO.

QUESTA CONDIZIONE RENDE DI FATTO “PROBLEMATICA” L’ALLEANZA MILITARE CON LORO PERCHÉ A DIFFERENZA DEI NOSTRI SOLDATI, GLI AMERICANI SONO E RESTANO “IMMUNI E NON ESTRADABILI”. VI SONO NUMEROSI ESEMPI DI REATI ANCHE GRAVI COMMESSI DAI MILITARI AMERICANI IN ITALIA ED IN ALTRI PAESI CHE HANNO POTUTO “BENEFICIARE” DI “PROCESSI BENEVOLI” A CASA LORO CAVANDOSELA CON “CONDANNE” RIDICOLE, VEDI IL
MASSACRO DEL CERMIS NEL 1998.

VEDREMO COME ANDRÀ A FINIRE UNA VOLTA ACCERTATA L’INTERA VERITÀ E FINO A QUANDO GLI AMERICANI POTRANNO INSISTERE SULLA IMMUNITÀ DEI LORO SOLDATI SENZA INCIDERE GRAVEMENTE SUI LORO RAPPORTI CON GLI ALLEATI.

IL CENTRODESTRA NATURALMENTE NON PERDE NESSUNA OCCASIONE PER CHIEDERE LE DIMISSIONI DEL GOVERNO PRODI PERCHÉ CON LA SUA POLITICA ESTERA, NON PIÙ SUPINA E SUBALTERNA COME FU LA LORO, STANNO METTENDO, SECONDO LORO, IN SERIO PERICOLO LE NOSTRE RELAZIONI CON L’IMPORTANTE E POTENTE ALLEATO.
Raffaele B.

LASTAMPA
Il Pentagono: "Storia chiusa. Non vi daremo il soldato"
PAOLO MASTROLILLI
NEW YORK
8/2/2007 (7:15)


Il caso è chiuso e l'estradizione è esclusa. Così le autorità americane rispondono al rinvio a giudizio di Mario Lozano, mentre il soldato fa sapere che si riconosce «completamente nel rapporto degli inquirenti». A nome del Pentagono, ha parlato il comandante di Marina Joe Carpenter: «Il nostro governo ha espresso a suo tempo le condoglianze, che ribadiamo, per una morte tragica. Tuttavia noi restiamo ai risultati dell'inchiesta che fu condotta dalle forze della Coalizione nel 2005, incluse le conclusioni ufficiali che sottolineavano come nessuna ulteriore azione fosse richiesta contro i soldati di quel checkpoint». Carpenter ha detto che «non è utile aggiungere ulteriori commenti. Tocca ad altri elementi del governo Usa, in particolare il Dipartimento di Stato, discuterne con le autorità in Italia».
Ma la posizione del «ministero degli Esteri» non è diversa dal Pentagono. Secondo Terry Davidson, responsabile delle comunicazioni per l'Europa, il suo governo «è dispiaciuto per la tragica morte di Calipari, considerato un eroe dai funzionari americani che hanno lavorato con lui. Gli Stati Uniti e l'Italia hanno condotto insieme un'approfondita inchiesta congiunta su questo caso, che consideriamo chiuso». Davidson ha dichiarato di non poter commentare gli aspetti legali della vicenda, però una fonte anonima ha precisato all'Ansa che non c'è alcuna possibilità di estradizione. Il trattamento giuridico dei soldati americani all'estero, infatti, è un tema su cui Washington ha sempre avuto una posizione rigida, per evitare che possano essere portati in tribunale. Anche per questa ragione gli Usa non hanno aderito alla Corte penale internazionale dell'Aja. Il portavoce delle Casa Bianca Tony Snow ha evitato di commentare gli aspetti legali della vicenda: «Non intendo parlare di attività giudiziarie però intendo sottolineare che noi continueremo a lavorare molto strettamente con gli alleati degli Stati Uniti». Il colega del Dipartimento di Stato, Sean McCormack, ha aggiunto: «I soldati americani hanno agito in linea con le regole di ingaggio. Persone ragionevoli possono giungere a conclusioni diverse partendo dagli stessi fatti: penso che ciò sia accaduto in questo caso».
Il nome di Mario Lozano si è saputo solo per un errore nella criptazione dei documenti che lo citavano. Lui ha 35 anni, è originario del Bronx e ha due figlie, di 12 e 15 anni. Era andato in Iraq come specialist nel 69th Infantry Regiment della New York State National Guard. Secondo il tenente colonnello Paul Fanning, portavoce del reggimento, Lozano serve ancora nella sua unità. La Guardia Nazionale fa parte della riserva, e quindi i suoi membri non sono soldati a tempo pieno. Mario vive con la famiglia e lavora, e ogni tanto si addestra. Il portavoce non è sicuro, ma sarebbe stato promosso sergente. Lozano ha sempre rifiutato di parlare in pubblico della morte di Calipari, ma ieri Fanning lo ha sentito e ha raccolto questa dichiarazione: «Il rapporto frutto dell'investigazione è accurato». Dunque l'incidente, secondo il soldato di New York, è andato come ha scritto la commissione d'inchiesta.
Qualche tempo fa un suo compagno di reparto aveva detto al giornale Daily News che Mario era «devastato» dalla morte di Calipari. Fanning conferma che «tragedie così non le superi mai, anche perché il nostro reparto ha perso undici uomini in Iraq». Il tenente colonnello descrive Lozano come «una persona normalissima», al corrente degli sviluppi legali e politici del suo caso. Proprio perciò chiede di essere lasciato in pace. La questione dei grilletti facili in Iraq, però, sta avendo un impatto negli Usa. Secondo Marla Bertagnolli, direttrice associata della Campaign for Innocent Victims in Conflict, «il Pentagono tiene una statistica di questi casi, che sono molto più numerosi di quanto ammetta. Perciò in primavera verrà presentata una legge in Congresso, per ottenere almeno che i militari rivelino i loro errori e compensino i famigliari delle vittime».

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